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Home » Lifestyle » Nero Addosso, la storia di un’antieroina dei nostri tempi dalla penna di Caterina Ceccuti

Nero Addosso, la storia di un’antieroina dei nostri tempi dalla penna di Caterina Ceccuti

La scrittrice e giornalista fiorentina affronta il lato oscuro della società: dallo sfruttamento minorile al rapimento, nel racconto di una madre che ha perso suo figlio e di un ragazzo di strada che ha perduto il proprio futuro

Maurizio Costanzo
28 Novembre 2022
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Nessuno sa di lui, di quel bambino che non c’è più. Non morto: sparito nel nulla, misteriosamente scomparso. Eppure la sua mamma deve averlo atteso impaziente, aspettando nervosa il suo turno per la prima ecografia, seduta composta, sfogliando una rivista, in una sala d’aspetto dalla luce artificiale, e un mezzo sorriso sulle labbra che tradisce i suoi pensieri, mentre inganna l’attesa lavorando di fantasia, immaginandosi il colore degli occhi o il taglio della bocca. Lei distesa col vestito arrotolato sotto il seno, lui in piedi che la guarda carica di promesse e le tiene la mano. La dottoressa spalma il gel sulla sonda che poi appoggia sotto l’ombelico, gli occhi di tutti e tre puntati sul monitor che sembra uno di quei primi televisori in bianco e nero, con dentro la sagoma di un cucciolo d’uomo in miniatura. Il rassicurante sorriso di quel camice bianco che in poche parole dice quel che basta dire, quel che basta sapere, che la gravidanza procede bene e poco più.
C’è un momento, nella vita di una coppia, in cui il futuro sembra pronto ad esaudire tutti i desideri desiderati. Sembra che un Genio addormentato troppo a lungo nella Lampada si sia svegliato di colpo, e finalmente si sia deciso a uscire. E come prima cosa abbia pensato bene di trasformare un minuscolo granello di sabbia piantato nel ventre di una donna, in una perla, che l’ecografia disegna in un gioco d’ombre, quasi fosse un film muto. Lui e lei che si guardano carichi di promesse, che già si vedono prendersi in giro nel tira e molla della scelta del nome, consapevoli che non saranno mai più soli ma felici sì, senza dover più guardare il mondo con paura o invidia: le altre donne col pancione, le famiglie al parco la domenica, le carrozzine coi bebè, i negozi pre-natal che sembra siano stati aperti, preparati, addobbati con cura, costruiti mattone su mattone apposta per loro due, apposta per loro figlio.

Caterina Ceccuti, giornalista e scrittrice fiorentina, con il suo nuovo libro, “Nero Addosso”

Badate bene: questa storia, in “Nero Addosso“, non c’è. Quella che Caterina Ceccuti ha scritto nel suo ultimo libro, è la pagina successiva a questa storia, una di quelle che nessuno vuole vivere, condividere, e ancor meno raccontare. Ma che lei ha fatto, con coraggio prima ancora che con bravura. E lo ha fatto scrivendo di una donna di fronte al dolore più grande – la perdita di un figlio – accaduto nel modo più assurdo, un rapimento. Di una coppia con un segreto che li unisce e li separa. Di una moglie che ha tutto un mondo dentro, che chiede il suo tempo, che nessuno può capire o sa aspettare. Di una vita che da un momento all’altro diventa un vicolo cieco. Di una mamma orfana di un figlio, consapevole che oramai il suo tempo non coincide più né con gli orologi alle pareti né con tutto il resto. E ogni giorno il mondo glielo ricorda impietoso, e lei lo nota in ogni particolare che la circonda, anche nelle scarpe all’ultima moda che porta la gente, quelle che “pare possiedono tutti tranne me”. Lo ha fatto scrivendo di un luogo buio di periferia, dove il destino chiama la protagonista di questa storia una sera qualunque, e dove, contro ogni logica, ogni sera lei tornerà: è così che tutto comincia.
Oltre la siepe l’aspetta una disarmante realtà, fatta di sfruttamento minorile, prostituzione, violenza, schiavitù, e quel che è peggio, a incarnare tutto questo è un bambino di appena 12 anni. Un fruscìo oltre le foglie quella prima sera la fa tremare, ma subito dopo la paura lascia il posto a una visione a mezzo busto che sbuca a tradimento, ombra tra le ombre nel nero della notte. Quel ragazzo è lì pronto a vendere il suo corpo a chi lo desidera: è così che si incontrano. Lui sembra sbocciato tra le frasche di quella siepe, colto e reciso già tante, troppe volte, da chi capita, da chi passa di lì, da chi ne ha voglia. Invece di scappare temendo l’assalto di uno sconosciuto, lei si ferma per un attimo a guardarlo, “perché una visione celeste merita ci si fermi per approfondire”. Ha gli occhi nero petrolio il ragazzo, lo sguardo tagliente, la giacca sdrucita sui gomiti, e piccole mani nervose che raccontano di un passato e di un presente tormentati. “Nero Addosso”, l’ultimo libro di Caterina Ceccuti, è un viaggio che inizia così, e sta aspettando i lettori per condurli in una terra coraggiosa e terribile, avvolta in una nebbia che nasconde una realtà sconosciuta, dove il prezzo della felicità non è mai troppo alto per chi ha perso tutto.

Lidia, protagonista e antieroina

La protagonista si chiama Lidia, è una pittrice 40enne, ancora bella “nelle linee di contorno e nei colori da tramonto” ma vulnerabile, spaesata e soprattutto morta dentro, da quando, sette anni prima, ha perso il suo bambino in un parco, senza un saluto e senza un rumore, sfuggito da un momento all’altro alla sua vista e alla sua vita, sulla quale da quell’istante è calato il sipario, il buio, il Nero che per sempre si porta Addosso, e dentro. Da allora il Genio benigno, ammesso che sia mai esistito, pronto ad esaudire i suoi desideri, si è ricacciato nella Lampada. Da allora il cielo della vita di Lidia è tornato buio come la Notte, come quando sta per arrivare non un semplice acquazzone né un temporale passeggero, piuttosto un diluvio della peggiore ed eterna solitudine. Da allora, senza più un copione da seguire, non si è mai saputa scrollare di dosso il senso di colpa ma, in cuor suo, non ha mai smesso di desiderare il suo ritorno. Da allora è diventata una naufraga in un oceano di assenza. Da allora i suoi dipinti, che prima erano perfetti nello stile ma privi di vita, hanno smarrito la tecnica per lasciare spazio all’emozione, come se – per un assurdo contrappasso – aver perduto l’anima avesse permesso ai suoi quadri di guadagnarne una propria. Il parallelo con l’arte pittorica calza a pennello, visto che sono proprio i colori, con le emozioni che evocano, a trascinare il lettore pagina dopo pagina, fino alla scoperta del fragile ed irrisolto mondo interiore di una antieroina dei nostri tempi. Una notte Lidia incontra quel ragazzino dalla vita segnata dai traumi dello sfruttamento minorile, e la sua vita si intreccia irrimediabilmente alla sua. Vorrebbe ricomporre la matassa ingarbugliata della sua esistenza, e quel ragazzo sembra essere il filo perso e magico di Penelope, l’ultima speranza dopo tanta attesa. Vorrebbe salvarlo quel ragazzo, riempire il suo vuoto di madre orfana tenendolo con sé, liberarlo dalla schiavitù e dalle sofferenze, non lasciarlo più andare via.

L’autrice: “È il mio libro più autobiografico”

Caterina Ceccuti, giornalista e scrittrice fiorentina, con il suo nuovo libro, “Nero Addosso”

In questa storia carica di pathos, raccontata con ritmo incalzante, il lettore è conquistato dalla trama, condotto in un valzer di emozioni tanto forti quanto inattese, rapito dal fascino di parole e dialoghi che sembrano dosati come su uno spartito. Straordinaria voce della narrativa italiana, la penna felice della giornalista de La Nazione e scrittrice fiorentina, Caterina Ceccuti – già vincitrice del Fiorino d’oro per la narrativa edita nel 2015 con “La generatrice di miracoli”, e nella rosa degli otto finalisti del Premio Viareggio Repaci nel 2020 con “T’insegnerò la notte” – firma un libro coraggioso e necessario che affonda le radici nel suo passato. Caterina è infatti rimasta orfana della figlia Sofia, di appena otto anni, e non a caso il romanzo breve è stato inserito dall’editore Antonio Pagliai nella collana dei tascabili “Libro verità”. Sarà presentato il 15 dicembre alle 18 nel Teatro Niccolini, ad ingresso libero, dalla giornalista di QN Letizia Cini, dall’editore Antonio Pagliai e dall’attore Massimo Blaco.

“Di tutti i libri che ho scritto – confessa l’autrice – è forse questo quello più intimamente autobiografico, benché neppure in un solo rigo si parli di me stessa. La Lidia del racconto sono io. Non nei passaggi della trama, piuttosto nell’odissea delle emozioni, nella deriva psicologica ed emotiva che l’esperienza della perdita comporta per un genitore, per una madre”. “Nero Addosso” è un monito al godimento della vita quotidiana, della meraviglia rappresentata dalla normalità. Perché il cambiamento può nascondersi dietro l’angolo per ciascuno di noi, e la dedica delle prime pagine ne è memento: “Alle mamme annoiate che non hanno più voglia di giocare a cucù”. “Avevo questa storia nella testa da molto tempo – spiega Caterina – ma non sapevo come raccontarla. Ho iniziato a farlo almeno tre volte, cancellando via via i file per insoddisfazione. Volevo descrivere bene tutto: emozioni, personaggi, trama, ambientazione. Ma, rileggendo, la cosa non funzionava per niente, non assomigliava neppure lontanamente all’effetto finale che volevo ottenere. Un giorno ho pensato che forse il problema ero io, cioè il fatto di volermi interporre tra i personaggi e il lettore. Allora ho lasciato che ciascun protagonista si raccontasse da solo, usando le poche e semplici parole che – se fosse stato vivo- avrebbe utilizzato davvero. Lidia, Ric, Massimo e Alejandro parlano da soli ai lettori, ognuno come sa fare, senza bisogno che io mi metta nel mezzo. Nel giro di poche settimane il romanzo è nato: piccolo, essenziale, concentrato, duro, forse troppo duro, ma reale. Ed è esattamente come volevo che fosse: spietato, come solo la realtà sa essere”.

Un libro di domande, per chiunque abbia perso qualcosa

Chi è quel 12enne e cos’è che Lidia ha visto o riconosciuto in lui? Come mai il caos del suo mondo di donna sola è sembrato ricomporsi davanti allo sguardo di quel ragazzo? Dopo essersi chiesta per tanto tempo dove fosse finito suo figlio, cos’è che ha spinto Lidia a fidarsi e a fare progetti su quella piccola e triste esistenza? E che fine faranno lei e il ragazzo? Vivranno insieme, fuggiranno insieme, si perderanno a vicenda? E quando tutte le strade sembrano portare a un vicolo cieco, qual è la cosa più giusta da fare, e fino a che punto potranno salvarsi? In “Nero Addosso” il lettore troverà risposte ma soprattutto domande, di una donna – Lidia – che vede quel che nessun altro vede, che sente quel che nessun altro sente, che non ci sta ad essere come gli altri la vogliono; che abita il poco spazio che il dolore le ha lasciato e sa tenere gli altri sulla porta, mentre lei è ferma da anni allo stesso ricordo, a quel parco, a suo figlio, a quel giorno. Una donna che però sotto le macerie di una vita franata non ci sta a seppellire anche la speranza e il futuro che le rimane, e li fa risorgere entrambi in un modo nuovo e tutto suo.

Ci sono libri che andrebbero messi in tasca, per essere tirati fuori quando servono. Nero Addosso è uno di questi. Perché è più di un romanzo, molto più di una storia. È una confidenza sussurrata da Caterina all’orecchio di ciascun lettore. Una lezione per chiunque abbia perso qualcosa – qualsiasi cosa – nella vita. E un conforto per chi, dopo qualsiasi ieri, ha smesso di credere nei miracoli, ma crede ancora – e crederà sempre – nei ritorni. Anche in quelli impossibili.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Nessuno sa di lui, di quel bambino che non c’è più. Non morto: sparito nel nulla, misteriosamente scomparso. Eppure la sua mamma deve averlo atteso impaziente, aspettando nervosa il suo turno per la prima ecografia, seduta composta, sfogliando una rivista, in una sala d’aspetto dalla luce artificiale, e un mezzo sorriso sulle labbra che tradisce i suoi pensieri, mentre inganna l’attesa lavorando di fantasia, immaginandosi il colore degli occhi o il taglio della bocca. Lei distesa col vestito arrotolato sotto il seno, lui in piedi che la guarda carica di promesse e le tiene la mano. La dottoressa spalma il gel sulla sonda che poi appoggia sotto l’ombelico, gli occhi di tutti e tre puntati sul monitor che sembra uno di quei primi televisori in bianco e nero, con dentro la sagoma di un cucciolo d’uomo in miniatura. Il rassicurante sorriso di quel camice bianco che in poche parole dice quel che basta dire, quel che basta sapere, che la gravidanza procede bene e poco più. C’è un momento, nella vita di una coppia, in cui il futuro sembra pronto ad esaudire tutti i desideri desiderati. Sembra che un Genio addormentato troppo a lungo nella Lampada si sia svegliato di colpo, e finalmente si sia deciso a uscire. E come prima cosa abbia pensato bene di trasformare un minuscolo granello di sabbia piantato nel ventre di una donna, in una perla, che l’ecografia disegna in un gioco d’ombre, quasi fosse un film muto. Lui e lei che si guardano carichi di promesse, che già si vedono prendersi in giro nel tira e molla della scelta del nome, consapevoli che non saranno mai più soli ma felici sì, senza dover più guardare il mondo con paura o invidia: le altre donne col pancione, le famiglie al parco la domenica, le carrozzine coi bebè, i negozi pre-natal che sembra siano stati aperti, preparati, addobbati con cura, costruiti mattone su mattone apposta per loro due, apposta per loro figlio.
Caterina Ceccuti, giornalista e scrittrice fiorentina, con il suo nuovo libro, "Nero Addosso"
Badate bene: questa storia, in "Nero Addosso", non c’è. Quella che Caterina Ceccuti ha scritto nel suo ultimo libro, è la pagina successiva a questa storia, una di quelle che nessuno vuole vivere, condividere, e ancor meno raccontare. Ma che lei ha fatto, con coraggio prima ancora che con bravura. E lo ha fatto scrivendo di una donna di fronte al dolore più grande - la perdita di un figlio - accaduto nel modo più assurdo, un rapimento. Di una coppia con un segreto che li unisce e li separa. Di una moglie che ha tutto un mondo dentro, che chiede il suo tempo, che nessuno può capire o sa aspettare. Di una vita che da un momento all’altro diventa un vicolo cieco. Di una mamma orfana di un figlio, consapevole che oramai il suo tempo non coincide più né con gli orologi alle pareti né con tutto il resto. E ogni giorno il mondo glielo ricorda impietoso, e lei lo nota in ogni particolare che la circonda, anche nelle scarpe all’ultima moda che porta la gente, quelle che “pare possiedono tutti tranne me”. Lo ha fatto scrivendo di un luogo buio di periferia, dove il destino chiama la protagonista di questa storia una sera qualunque, e dove, contro ogni logica, ogni sera lei tornerà: è così che tutto comincia. Oltre la siepe l’aspetta una disarmante realtà, fatta di sfruttamento minorile, prostituzione, violenza, schiavitù, e quel che è peggio, a incarnare tutto questo è un bambino di appena 12 anni. Un fruscìo oltre le foglie quella prima sera la fa tremare, ma subito dopo la paura lascia il posto a una visione a mezzo busto che sbuca a tradimento, ombra tra le ombre nel nero della notte. Quel ragazzo è lì pronto a vendere il suo corpo a chi lo desidera: è così che si incontrano. Lui sembra sbocciato tra le frasche di quella siepe, colto e reciso già tante, troppe volte, da chi capita, da chi passa di lì, da chi ne ha voglia. Invece di scappare temendo l’assalto di uno sconosciuto, lei si ferma per un attimo a guardarlo, “perché una visione celeste merita ci si fermi per approfondire”. Ha gli occhi nero petrolio il ragazzo, lo sguardo tagliente, la giacca sdrucita sui gomiti, e piccole mani nervose che raccontano di un passato e di un presente tormentati. "Nero Addosso", l’ultimo libro di Caterina Ceccuti, è un viaggio che inizia così, e sta aspettando i lettori per condurli in una terra coraggiosa e terribile, avvolta in una nebbia che nasconde una realtà sconosciuta, dove il prezzo della felicità non è mai troppo alto per chi ha perso tutto.

Lidia, protagonista e antieroina

La protagonista si chiama Lidia, è una pittrice 40enne, ancora bella "nelle linee di contorno e nei colori da tramonto" ma vulnerabile, spaesata e soprattutto morta dentro, da quando, sette anni prima, ha perso il suo bambino in un parco, senza un saluto e senza un rumore, sfuggito da un momento all’altro alla sua vista e alla sua vita, sulla quale da quell’istante è calato il sipario, il buio, il Nero che per sempre si porta Addosso, e dentro. Da allora il Genio benigno, ammesso che sia mai esistito, pronto ad esaudire i suoi desideri, si è ricacciato nella Lampada. Da allora il cielo della vita di Lidia è tornato buio come la Notte, come quando sta per arrivare non un semplice acquazzone né un temporale passeggero, piuttosto un diluvio della peggiore ed eterna solitudine. Da allora, senza più un copione da seguire, non si è mai saputa scrollare di dosso il senso di colpa ma, in cuor suo, non ha mai smesso di desiderare il suo ritorno. Da allora è diventata una naufraga in un oceano di assenza. Da allora i suoi dipinti, che prima erano perfetti nello stile ma privi di vita, hanno smarrito la tecnica per lasciare spazio all’emozione, come se – per un assurdo contrappasso - aver perduto l’anima avesse permesso ai suoi quadri di guadagnarne una propria. Il parallelo con l'arte pittorica calza a pennello, visto che sono proprio i colori, con le emozioni che evocano, a trascinare il lettore pagina dopo pagina, fino alla scoperta del fragile ed irrisolto mondo interiore di una antieroina dei nostri tempi. Una notte Lidia incontra quel ragazzino dalla vita segnata dai traumi dello sfruttamento minorile, e la sua vita si intreccia irrimediabilmente alla sua. Vorrebbe ricomporre la matassa ingarbugliata della sua esistenza, e quel ragazzo sembra essere il filo perso e magico di Penelope, l’ultima speranza dopo tanta attesa. Vorrebbe salvarlo quel ragazzo, riempire il suo vuoto di madre orfana tenendolo con sé, liberarlo dalla schiavitù e dalle sofferenze, non lasciarlo più andare via.

L'autrice: "È il mio libro più autobiografico"

Caterina Ceccuti, giornalista e scrittrice fiorentina, con il suo nuovo libro, "Nero Addosso"
In questa storia carica di pathos, raccontata con ritmo incalzante, il lettore è conquistato dalla trama, condotto in un valzer di emozioni tanto forti quanto inattese, rapito dal fascino di parole e dialoghi che sembrano dosati come su uno spartito. Straordinaria voce della narrativa italiana, la penna felice della giornalista de La Nazione e scrittrice fiorentina, Caterina Ceccuti - già vincitrice del Fiorino d'oro per la narrativa edita nel 2015 con “La generatrice di miracoli”, e nella rosa degli otto finalisti del Premio Viareggio Repaci nel 2020 con “T'insegnerò la notte” - firma un libro coraggioso e necessario che affonda le radici nel suo passato. Caterina è infatti rimasta orfana della figlia Sofia, di appena otto anni, e non a caso il romanzo breve è stato inserito dall'editore Antonio Pagliai nella collana dei tascabili “Libro verità”. Sarà presentato il 15 dicembre alle 18 nel Teatro Niccolini, ad ingresso libero, dalla giornalista di QN Letizia Cini, dall'editore Antonio Pagliai e dall'attore Massimo Blaco. “Di tutti i libri che ho scritto - confessa l'autrice - è forse questo quello più intimamente autobiografico, benché neppure in un solo rigo si parli di me stessa. La Lidia del racconto sono io. Non nei passaggi della trama, piuttosto nell'odissea delle emozioni, nella deriva psicologica ed emotiva che l'esperienza della perdita comporta per un genitore, per una madre”. "Nero Addosso" è un monito al godimento della vita quotidiana, della meraviglia rappresentata dalla normalità. Perché il cambiamento può nascondersi dietro l'angolo per ciascuno di noi, e la dedica delle prime pagine ne è memento: "Alle mamme annoiate che non hanno più voglia di giocare a cucù". “Avevo questa storia nella testa da molto tempo – spiega Caterina - ma non sapevo come raccontarla. Ho iniziato a farlo almeno tre volte, cancellando via via i file per insoddisfazione. Volevo descrivere bene tutto: emozioni, personaggi, trama, ambientazione. Ma, rileggendo, la cosa non funzionava per niente, non assomigliava neppure lontanamente all'effetto finale che volevo ottenere. Un giorno ho pensato che forse il problema ero io, cioè il fatto di volermi interporre tra i personaggi e il lettore. Allora ho lasciato che ciascun protagonista si raccontasse da solo, usando le poche e semplici parole che - se fosse stato vivo- avrebbe utilizzato davvero. Lidia, Ric, Massimo e Alejandro parlano da soli ai lettori, ognuno come sa fare, senza bisogno che io mi metta nel mezzo. Nel giro di poche settimane il romanzo è nato: piccolo, essenziale, concentrato, duro, forse troppo duro, ma reale. Ed è esattamente come volevo che fosse: spietato, come solo la realtà sa essere”.

Un libro di domande, per chiunque abbia perso qualcosa

Chi è quel 12enne e cos’è che Lidia ha visto o riconosciuto in lui? Come mai il caos del suo mondo di donna sola è sembrato ricomporsi davanti allo sguardo di quel ragazzo? Dopo essersi chiesta per tanto tempo dove fosse finito suo figlio, cos’è che ha spinto Lidia a fidarsi e a fare progetti su quella piccola e triste esistenza? E che fine faranno lei e il ragazzo? Vivranno insieme, fuggiranno insieme, si perderanno a vicenda? E quando tutte le strade sembrano portare a un vicolo cieco, qual è la cosa più giusta da fare, e fino a che punto potranno salvarsi? In "Nero Addosso" il lettore troverà risposte ma soprattutto domande, di una donna - Lidia - che vede quel che nessun altro vede, che sente quel che nessun altro sente, che non ci sta ad essere come gli altri la vogliono; che abita il poco spazio che il dolore le ha lasciato e sa tenere gli altri sulla porta, mentre lei è ferma da anni allo stesso ricordo, a quel parco, a suo figlio, a quel giorno. Una donna che però sotto le macerie di una vita franata non ci sta a seppellire anche la speranza e il futuro che le rimane, e li fa risorgere entrambi in un modo nuovo e tutto suo. Ci sono libri che andrebbero messi in tasca, per essere tirati fuori quando servono. Nero Addosso è uno di questi. Perché è più di un romanzo, molto più di una storia. È una confidenza sussurrata da Caterina all’orecchio di ciascun lettore. Una lezione per chiunque abbia perso qualcosa - qualsiasi cosa - nella vita. E un conforto per chi, dopo qualsiasi ieri, ha smesso di credere nei miracoli, ma crede ancora - e crederà sempre - nei ritorni. Anche in quelli impossibili.
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