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Home » Lifestyle » Pionieri Queer. Giovanni Comisso, il giornalista-soldato che scrisse di sessualità oltre i confini

Pionieri Queer. Giovanni Comisso, il giornalista-soldato che scrisse di sessualità oltre i confini

Volontario nella Grande Guerra, con un attaccamento fortissimo alla campagna trevigiana, non perse mai il gusto della provocazione

Luca Scarlini
19 Gennaio 2023
Giovanni Comisso

Giovanni Comisso

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Giovanni Comisso (1895-1969) è una delle personalità più interessanti della letteratura italiana del ‘900. Vitalista, irridente, ha posto sempre la sessualità al centro della propria opera; forse ancora oggi rimane valida la definizione, celebre, che dette della sua opera Goffredo Parise, allievo prediletto, parlando di “pansessualità“.

Cronache dalla Grande Guerra per “liberare se stesso”

La sua esperienza di scrittore si lega alla Grande Guerra: parte volontario soprattutto per “liberare se stesso” e godere a pieno della vita, di quella esperienza crudele dirà poi, con toni che furono giudicati antieroici, nello splendido “Giorni di guerra” del 1930, in cui trova il senso soprattutto di una prepotente urgenza biologica, che supera ogni retorica patriottica. Nel 1919 fu a Fiume e militò con i legionari di D’Annunzio (esperienza che rievoca anche nel racconto “Il Minotauro”, in cui si parla di un suo amico che si offriva come drag ai legionari), legandosi in specie all’aviatore Guido Keller e nel 1920 fondò con lui e con altri il movimento Yoga, un raggruppamento che inneggiava al Rinascimento e alla civiltà contadina con vari sconfinamenti nella teosofia e quella, dopo gli esordi poetici, è la prima esperienza di scrittura giornalistica.

Giovanni Comisso

L’attaccamento alla campagna

Il resto della sua vita sarà un continuo andirivieni tra viaggi, di cui scriveva come reporter delle maggiori testate nel periodo tra le due guerre, e un attaccamento fortissimo alla campagna trevigiana. Le sue opere, a partire dall’esordio felice de “Il porto dell’amore” (1925), furono intese inizialmente come legate al filone dannunziano, mentre poi se ne volle mettere in evidenza il tono di prosa d’arte. In entrambi i casi i riferimenti erano superati nella creazione di un universo espressivo che prendeva spesso spunto da momenti autobiografici e che ha il ritmo di una conquista della realtà, intesa soprattutto sub specie erotica. La sua percezione del paesaggio è simile a quella di Filippo De Pisis, poeta e pittore a cui fu legatissimo dal 1919 e basti vedere il lavoro comune per il volume “Questa è Parigi” (1929), raro esempio di una compenetrazione totale di scelte disegnate e scritte.

L’omosessualità: tra scandalo e provocazione

La scelta impressionistica non viene meno nemmeno negli anni ’30, quando vorrà provare a proporre una versione di sé più ‘matura’, con l’articolato “Storia di un patrimonio” (1933). Esteta sofisticato, trova nella dimensione della campagna una concrezione del proprio io immaginario, affidando spesso gli esiti più felici alla capacità di fissare i dettagli. Il tema omosessuale, a cui alludono numerose pagine, comincia ad essere più immediatamente riconoscibile in alcune opere concepite alla metà dei quegli anni, tra cui il “Gioco segreto” e il picaresco “Amori d’Oriente”, giudicato scandaloso all’uscita nel 1947, in cui si narrano le avventure di una torma di gaudenti italiani in giro per il mondo, a caccia di sesso con donne e/o uomini.

Giovanni Comisso

Negli anni dopo la guerra il suo ruolo come inviato è ridotto drasticamente e passa ad altre collaborazioni giornalistiche, sviluppando una vena satirica in chiave conservatrice che si confronta con la società contemporanea. La linea memorialistica prende il sopravvento in opere perfette come “La mia casa di campagna” (1958), eppure il gusto della provocazione non lo abbandona, malgrado le sue dichiarazioni contro una letteratura ‘d’istinti’ di cui è stato maestro. Nel 1949 esce infatti “Una donna al giorno”, firmato dal suo segretario-partner Gigetto Figallo, una “scandalosa” storia della Seconda Guerra Mondiale come sequenza di performances sessuali, e nel 1964 “Cribol”, sperimentalissimo inno alla felicità del corpo al di fuori dalle costrizioni del gender, dove l’omosessualità diventa infine per il protagonista una modalità di contatto con il reale.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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Giovanni Comisso (1895-1969) è una delle personalità più interessanti della letteratura italiana del '900. Vitalista, irridente, ha posto sempre la sessualità al centro della propria opera; forse ancora oggi rimane valida la definizione, celebre, che dette della sua opera Goffredo Parise, allievo prediletto, parlando di "pansessualità".

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Giovanni Comisso

L'attaccamento alla campagna

Il resto della sua vita sarà un continuo andirivieni tra viaggi, di cui scriveva come reporter delle maggiori testate nel periodo tra le due guerre, e un attaccamento fortissimo alla campagna trevigiana. Le sue opere, a partire dall’esordio felice de "Il porto dell’amore" (1925), furono intese inizialmente come legate al filone dannunziano, mentre poi se ne volle mettere in evidenza il tono di prosa d’arte. In entrambi i casi i riferimenti erano superati nella creazione di un universo espressivo che prendeva spesso spunto da momenti autobiografici e che ha il ritmo di una conquista della realtà, intesa soprattutto sub specie erotica. La sua percezione del paesaggio è simile a quella di Filippo De Pisis, poeta e pittore a cui fu legatissimo dal 1919 e basti vedere il lavoro comune per il volume "Questa è Parigi" (1929), raro esempio di una compenetrazione totale di scelte disegnate e scritte.

L'omosessualità: tra scandalo e provocazione

La scelta impressionistica non viene meno nemmeno negli anni '30, quando vorrà provare a proporre una versione di sé più 'matura', con l’articolato "Storia di un patrimonio" (1933). Esteta sofisticato, trova nella dimensione della campagna una concrezione del proprio io immaginario, affidando spesso gli esiti più felici alla capacità di fissare i dettagli. Il tema omosessuale, a cui alludono numerose pagine, comincia ad essere più immediatamente riconoscibile in alcune opere concepite alla metà dei quegli anni, tra cui il "Gioco segreto" e il picaresco "Amori d’Oriente", giudicato scandaloso all’uscita nel 1947, in cui si narrano le avventure di una torma di gaudenti italiani in giro per il mondo, a caccia di sesso con donne e/o uomini.
Giovanni Comisso
Negli anni dopo la guerra il suo ruolo come inviato è ridotto drasticamente e passa ad altre collaborazioni giornalistiche, sviluppando una vena satirica in chiave conservatrice che si confronta con la società contemporanea. La linea memorialistica prende il sopravvento in opere perfette come "La mia casa di campagna" (1958), eppure il gusto della provocazione non lo abbandona, malgrado le sue dichiarazioni contro una letteratura 'd'istinti' di cui è stato maestro. Nel 1949 esce infatti "Una donna al giorno", firmato dal suo segretario-partner Gigetto Figallo, una "scandalosa" storia della Seconda Guerra Mondiale come sequenza di performances sessuali, e nel 1964 "Cribol", sperimentalissimo inno alla felicità del corpo al di fuori dalle costrizioni del gender, dove l’omosessualità diventa infine per il protagonista una modalità di contatto con il reale.
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