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Pionieri Queer. Nino Gennaro, testimone e cantore di un'umanità tanto “esclusa” quanto vitale e creativa

Poeta, "politico di strada" e autore teatrale, si è sempre speso per i diritti. A Corleone negli anni '70 ha dato vita ai primi circoli ricreativi e culturali

di LUCA SCARLINI -
2 febbraio 2023
Nino Gennaro a Corleone (Facebook)

Nino Gennaro a Corleone (Facebook)

Nino Gennaro (Corleone, 1948 – Palermo, 1995) cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.
La copertina del libro "Teatro Madre" (Facebook)

La copertina del libro "Teatro Madre" (Facebook)

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale "Teatro Madre", che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano "Bocca viziosa", "La faccia è erotica", "Il tardo mafioso Impero"), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995. La sua produzione, di norma ospitata su riviste, ha avuto più ampia circolazione solo con gli anni Novanta (tre le sillogi poetiche pubblicate nel 1995: "Una calìa al completo", "Tutto questo ridere" e "Le rotte della vita") e resta a tutt’oggi largamente inedita. Nel 1991, dall’incontro con Massimo Verdastro, attore e regista, nasce una nuova vita dei suoi testi in scena con quattro produzioni importanti, apprezzate da pubblico e critica: "Una divina di Palermo" (1993), "La via del Sexo" (1996), "Rosso Liberty" (1997) e "Teatro madre" (1999), questi ultimi due realizzati insieme alla cantante Francesca Della Monica. La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.
Nino Gennaro e Maria Di Carlo (da www.sicilymag.it)

Nino Gennaro e Maria Di Carlo (da www.sicilymag.it)

Sfilano immagini della quotidianità narrate con lampi di sarcasmo (e con non poca autoironia, come ben testimoniano anche i titoli dei suoi lavori) e senza indietreggiare di fronte alla violenza di una street life, tra droga e battuage sfrenato, ma c’è spazio anche per momenti più intimi (come in "Ho bisogno di un angelo"), per giungere poi all’invettiva, che sceglie i bersagli nei numerosi agenti di oppressione. In tal senso è paradigmatico un brano violento come "Gesuita ti odio", che cede poi il passo a riflessioni precise e taglienti sulla relazione estetica/etica, come nell’esilarante “lettera aperta” all’attrice Alida Giardina, rimproverata perché aveva protestato con il pubblico popolare per il troppo rumore. Questi momenti sono tratti da "Una divina di Palermo", ma percorsi simili sono reperibili negli altri lavori citati, in una continua sfida alle regole accreditate nel tentativo di costruire un universo espressivo che sia in primo luogo gesto, fino alla ridondanza, per poi giungere a momenti di improvvisa rarefazione lirica.