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Pionieri Queer. Piero Santi, l'omosessualità il fil rouge della sua arte: dai romanzi alle gallerie

Autore e critico cinematografico volterrano, scomparso nel 1990, filtrava il mondo attraverso la sua identità. Nei libri la descrizione delle città con la lente sentimentale

di LUCA SCARLINI -
12 gennaio 2023
luce!

luce!

Piero Santi (Volterra, 1912-Firenze, 1990) è tra gli scrittori italiani che hanno più lavorato su tematiche connesse all'omosessualità, inventando un complesso sistema espressivo in cui autobiografia e fiction coincidono. Il debutto è nel 1939 con "Amici per le vie", raccolta di racconti in cui si attraversano i territori, non privi di lati d’ombra, di una Firenze popolare, non troppo dissimile da certi scorci di Ottone Rosai, a cui egli sarà legato d’amicizia e di cui scriverà spesso. Il libro seguente precisa ulteriormente il tiro, alludendo a una città doppia, diurna e notturna, che ne "Le avventure al parco" di cui si fa descrittore, trovano una dimensione allusa eppure fortemente presente.

Gadda, Santi e Penna negli anni CinquantaDa sinistra: Carlo Emilio Gadda, Piero Santi e Sandro Penna negli anni Cinquanta (Giovanni Dall'Orto)

Nelle pagine dello scrittore volterrano vibra una qualità coloristica, in cui si ritrova la sua attenzione per il mondo dell'immagine, sia come gallerista, presso il noto spazio fiorentino de L’Indiano, ancora in attività, o nell’ambito della grafica di satira, di cui a lungo si occupò sulla rivista Cabalà, di cui fu direttore. La misura autobiografica è quella in cui dà le sue prove migliori; nel 1950 esce il "Diario", in cui vuole dare conto della registrazione del mondo filtrato attraverso la sua identità, usando l’omosessualità come cartina di tornasole per il racconto del reale; lo stesso libro sarà poi rielaborato in una nuova versione dal titolo più esplicito, "La sfida dei giorni" (1968). Il cinema è un interesse costante dagli anni giovanili, in cui si esercitò come critico sulle pagine del mensile cattolico Il Frontespizio,  lavorando in seguito su quelle del Giornale del Mattino, ma è anche concrezione di desideri e luogo del battuage, di cui Santi ha dato una delle prime descrizioni attendibili nella letteratura del Belpaese. "Ombre rosse" (1954) è, in tal senso, un volume programmatico, laddove il titolo del celebre film di John Ford diventa racconto di una vera e propria mappa sentimentale, che nel prologo prende in esame le sale di varie città italiane, definendole "templi dell’oscurità". Uno spazio in particolare, il Marconi, lo seduce al ricordo, nella celebrazione del luogo in cui "tanti giovani hanno imparato i segreti più neri, quelli meno dicibili", rivelandosi a se stessi in una dimensione che l’autore definisce esplicitamente come sacrale, epifanica. I capitoli sono scanditi da altrettante indicazioni di nomi e luoghi, che fanno scattare storie di umiliazione e riscatto, in una continua altalena tra realizzazione e frustrazione del desiderio.

Ritratto dello scrittore Piero Santi di Ottone Rosai, archivio digitale Musei Civici Fiorentini

Nel 1963 Santi torna all’attenzione dopo quasi un decennio con un romanzo, sia pure di esplicito impianto autobiografico, "Il sapore della menta", storia a chiave in cui viene narrata Firenze sullo sfondo della guerra (con riferimenti gay analoghi a quelli che Danilo Donati ha inserito nel suo analogo "Coprifuoco", del 2000), per passare poi a Roma, giungendo fino agli Anni ’60, al momento in cui il libro viene pubblicato, nel tentativo di dare il senso di un'epoca e dei suoi sviluppi attraverso il prisma dei sensi. Il decennio seguente sarà il tempo di opere per lo più pubblicate nel giro delle gallerie d’arte con illustrazioni di numerosi artisti (Luigi Guerricchio, Renato Guttuso, Ernesto Treccani), per giungere poi nel 1985 a "Sic2, ultimo e ambizioso romanzo, magmatica scrittura in cui fatti personali sono riattraversati in una scorribanda picaresca; tra i suoi esiti migliori stanno alcune prose brevi, come il "Trittico per Luca" o certi versi (come quellli di "Mi corazon, ohimè, no duerme", 1981), in cui riesce a catturare esattamente un atteggiamento verso il mondo in cui la sessualità è discrimine e punto di riferimento.