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Home » Lifestyle » Fino al Polo Sud da sola: il nuovo record di Harpreet Chandi. “Credete sempre in voi stessi”

Fino al Polo Sud da sola: il nuovo record di Harpreet Chandi. “Credete sempre in voi stessi”

Polar Preet colpisce ancora: l'anno scorso era stata la prima donna di colore ad attraversare da sola l'Antartide. Ora si è nuovamente superata

Irene Carlotta Cicora
26 Gennaio 2023
Harpreet Chandi

Harpreet Chandi

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Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, avvolta in un nulla glaciale a 360 gradi. La capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. Ed ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il viaggio di Harpreet Chandi fino al centro del Polo Sud

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare – ha scritto sul suo profilo Instagram -. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”. Poi è iniziato il percorso alla rovescia per andare incontro al ‘pick up flight’: il volo pronto a riportarla a casa. “Avrei potuto chiudere la spedizione una volta raggiunto il centro del Polo Sud ma ho pensato a tutte quelle motivazioni che mi avevano portato qui e spinto a compiere questa impresa: voglio essere d’esempio per altri, far sì che desiderino e provino a espandere i propri orizzonti”.

Harpreet Chandi, capitana dell’esercito britannico e fisioterapista

Harpreet ‘Polar Preet’ Chandi si è confrontata, lungo questi oltre due intensi mesi, con difficoltà legate a temperature che sono andate anche 30-40 gradi sotto lo zero, subendo le sferzate di un vento glaciale che molte volte le hanno impedito di proseguire quanto avrebbe voluto per rispettare la tabella di marcia. L’avversità del meteo è stata una costante lungo il percorso, ormai giunto al termine dopo aver sfondato il muro dei 70 giorni complessivi. Kate Middleton, principessa del Galles, ha tenuto a battesimo la spedizione augurando a “Polar Preet” buona fortuna prima della partenza, sostenendo formalmente la sfida della capitana il cui obiettivo era attraversare il continente ghiacciato sola e senza supporto. Sulle orme di leggende senza tempo, legate a doppio filo all’Antartide: nomi di inglesi scolpiti per sempre nel ghiaccio come quelli di Ernest Shackleton, Henry Worsley, Robert Falcon Scott e non solo. Ma lei porta in alto la bandiera delle donne e punta a dimostrare che è importante ampliare sempre gli orizzonti: “Spero che fare qualcosa che mi ha spinto così lontano dalla mia zona di comfort possa ispirare gli altri a credere in se stessi e a spingersi oltre i propri limiti”.

Ogni giorno ha tenuto compagnia ai suoi follower via Instagram e tramite il sito “Polar Preet” postando foto e registrando un breve audio dall’Antartide. Spiegando, ad esempio, quanto fosse importante prendersi cura dei propri piedi cambiando continuamente calzini speciali per preservare la rotta sul ghiaccio. Ha ‘marciato’ anche per 15 ore di seguito al giorno e calcolando che gliene servivano 4 circa per sciogliere la neve da usare per cucinare, mangiare e bere è facile capire come le restassero sulle 5-6 ore al massimo di sonno. L’hashtag #breakingbundaries (letteralmente “superare confini”) ha tenuto compagnia per tutto questo tempo ad appassionati dell’esplorazione polare, curiosi e donne di tutto il mondo. Che hanno trovato nella capitana Preet un nuovo simbolo di indipendenza e forza.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, avvolta in un nulla glaciale a 360 gradi. La capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un'impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un'unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. Ed ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare - sola e senza assistenza - della storia.
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Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: "Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare - ha scritto sul suo profilo Instagram -. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno". Poi è iniziato il percorso alla rovescia per andare incontro al 'pick up flight': il volo pronto a riportarla a casa. "Avrei potuto chiudere la spedizione una volta raggiunto il centro del Polo Sud ma ho pensato a tutte quelle motivazioni che mi avevano portato qui e spinto a compiere questa impresa: voglio essere d’esempio per altri, far sì che desiderino e provino a espandere i propri orizzonti".
Harpreet Chandi, capitana dell’esercito britannico e fisioterapista
Harpreet 'Polar Preet' Chandi si è confrontata, lungo questi oltre due intensi mesi, con difficoltà legate a temperature che sono andate anche 30-40 gradi sotto lo zero, subendo le sferzate di un vento glaciale che molte volte le hanno impedito di proseguire quanto avrebbe voluto per rispettare la tabella di marcia. L'avversità del meteo è stata una costante lungo il percorso, ormai giunto al termine dopo aver sfondato il muro dei 70 giorni complessivi. Kate Middleton, principessa del Galles, ha tenuto a battesimo la spedizione augurando a "Polar Preet" buona fortuna prima della partenza, sostenendo formalmente la sfida della capitana il cui obiettivo era attraversare il continente ghiacciato sola e senza supporto. Sulle orme di leggende senza tempo, legate a doppio filo all’Antartide: nomi di inglesi scolpiti per sempre nel ghiaccio come quelli di Ernest Shackleton, Henry Worsley, Robert Falcon Scott e non solo. Ma lei porta in alto la bandiera delle donne e punta a dimostrare che è importante ampliare sempre gli orizzonti: "Spero che fare qualcosa che mi ha spinto così lontano dalla mia zona di comfort possa ispirare gli altri a credere in se stessi e a spingersi oltre i propri limiti”. Ogni giorno ha tenuto compagnia ai suoi follower via Instagram e tramite il sito "Polar Preet" postando foto e registrando un breve audio dall’Antartide. Spiegando, ad esempio, quanto fosse importante prendersi cura dei propri piedi cambiando continuamente calzini speciali per preservare la rotta sul ghiaccio. Ha ‘marciato’ anche per 15 ore di seguito al giorno e calcolando che gliene servivano 4 circa per sciogliere la neve da usare per cucinare, mangiare e bere è facile capire come le restassero sulle 5-6 ore al massimo di sonno. L’hashtag #breakingbundaries (letteralmente “superare confini”) ha tenuto compagnia per tutto questo tempo ad appassionati dell’esplorazione polare, curiosi e donne di tutto il mondo. Che hanno trovato nella capitana Preet un nuovo simbolo di indipendenza e forza.
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