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Home » Lifestyle » Se hai un’intolleranza alimentare la vita è più dura. Tra pregiudizi, domande sciocche e spesa tripla

Se hai un’intolleranza alimentare la vita è più dura. Tra pregiudizi, domande sciocche e spesa tripla

Cresce il numero dei "diversamente alimentati", ma i luoghi comuni restano inalterati. Le necessità considerate capricci o tentativi di perdere peso. E occhio: non ovunque si trovano prodotti ad hoc, meglio avere uno snack di riserva. I prezzi restano altissimi, malgrado i consumi in crescita

Cristiana Mariani
14 Aprile 2021
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“Diversamente alimentata“. Mi definisco così. Perché è inutile negarlo: sono diversa. Diversa dalla maggior parte della popolazione mondiale. Diversa dalla nascita, ma diversa anche con la crescita. A tavola io sono “l’amica diversa”, quella per la quale bisogna tener presente che una serata in pizzeria può creare problemi di salute importanti. Mi presento: sono allergica al latte – no, il grana padano invecchiato 36 mesi non va bene perché contiene comunque le proteine del latte -, ho un’alta sensibilità al glutine e sono intollerante a nichel e lieviti. Nient’altro? Potrei stare ore a raccontare del fatto che la mia pelle ha una reazione particolare se cammino in mezzo a un prato di erba appena tagliata oppure della mia allergia all’aloe vera, ma mi limito a parlare delle intolleranze alimentari. Perché comunque, seppur siamo ben lungi dall’essere la maggioranza, noi “diversamente alimentati” siamo tanti. E in tutta Italia.

 

I pregiudizi

Detto che i test riconosciuti scientificamente sulle intolleranze sono molto rari – l’intolleranza alimentare di norma non presenta marcatori evidenti nelle normali analisi del sangue -, le discriminazioni per chi si trova alle prese con problemi del genere sono numerose. Si va dal “Ma no, non sei grassa. Dai mangia” – immaginando che chi non ingerisce certi alimenti lo faccia per vezzo e che possa scegliere se farlo o non farlo – sino al “Sì, ma hai conseguenze pesanti se mangi quel cibo?” – come se servisse una sorta di patente di gravità degli effetti -, passando per l’intramontabile “Ma hai fatto  controlli specifici?”. Per non parlare di “Ma quindi è come se fossi vegana?”, dimenticando che il vegan è una scelta mentre quella di chi ha patologie è una necessità.

 

I luoghi comuni

“Io mangio senza glutine da due mesi, ma ancora non sono dimagrita”: questo è quello che ho sentito dire da una donna di una sessantina d’anni in erboristeria. I luoghi comuni sono tanti e tutti con un filo conduttore: considerare le patologie alimentari semplici vezzi che dovrebbero portare a perdere peso. E questo finisce per condizionare pesantemente la vita quotidiana di chi si trova realmente alle prese con problemi alimentari. Si va dal cameriere “distratto”, convinto che una spolverata di grana padano sul risotto non possa fare davvero male a chi chiede in maniera educata di evitare l’inserimento di latticini in un piatto, sino a chi in gelateria afferma con convinzione che un determinato tipo di gelato non contenga assolutamente latte, senza neppure informarsi e magari sbagliando di grosso. Come comportarsi, quindi? L’unica condotta di vita possibile, a oggi, è informare tempestivamente amici e conoscenti delle proprie intolleranze e allergie e avvisare in maniera molto chiara anche camerieri o inservienti. Drammatizzando anche la situazione, se necessario. D’altro canto, in una giungla del genere bisogna fare di necessità virtù.

 

Chi fa da sé fa per tre

Una volta scoperto di essere “diversamente alimentati”, in ogni caso, si imparano presto i “segreti del mestiere”. La regola aurea e intramontabile è: se vuoi che una cosa sia fatta a regola d’arte, falla da sola. Il che si traduce nella necessità di essere autosufficienti in caso di circostanze avverse. Quindi portare sempre con sè uno snack che possa tamponare la fame in caso non si trovassero posti adatti. Perché se è vero che l’Italia è fra i Paesi dove difficilmente un celiaco o intollerante rimane senza cibo,  in diverse zone d’Europa – compreso il nobilissimo Principato di Monaco – le difficoltà nel trovare locali adatti sono maggiori. E possono costare anche un digiuno forzato decisamente lungo.

 

Quanto costa 

Mediamente essere obbligati a puntare su cibi “speciali”, quindi senza glutine, senza lattosio, senza nichel o sprovvisti di combinazioni di due o più di questi allergeni può arrivare a costare anche tre volte di più rispetto a quanto si spenderebbe per alimenti “normali”. In alcuni casi si può anche avere la “fortuna” di “limitarsi” al doppio. Quello per intolleranti e allergici è un mercato che negli ultimi anni sta vivendo uno sviluppo senza precedenti. Per questo ci si aspetterebbe una diminuzione dei prezzi all’utente finale. Cosa che invece non avviene. Anzi. Uno dei motivi risiede senza dubbio nel fatto che a “mangiare diverso” sono anche coloro i quali non ne hanno davvero bisogno.

 

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  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
  • Paese che vai inquinamento che trovi. O, se volete, un mal comune che non diventa affatto un mezzo gaudio. Secondo uno studio pubblicato su “The Lancet Planetary Health”, primo autore il professore Yuming Guo, sono infatti a appena 8 milioni le persone che possono dire di respirare aria pulita: lo 0,001% della popolazione mondiale, che vive su una percentuale irrisoria del globo terraqueo, lo 0,18%.

Per i rimanenti 7 miliardi e passa la situazione è grama, se non critica, con la concentrazione annuale di polveri sottili che è costantemente al di sopra della soglia di sicurezza indicata dall’Oms, Organizzazione mondiale della sanità (PM2.5 inferiori a 5 µg/m3), un limite oltre il quale il rischio per la salute diventa considerevole. E come se non bastasse la concentrazione media giornaliera globale è di 32,8 µg/m3, più del doppio della soglia Oms.

Lo studio pubblicato su “Lancet” è il primo al mondo ad aver ricostruito i valori giornalieri di polveri sottili, ovvero smog, su tutto il Pianeta, attraverso un metodo complesso e multifattoriale che ha permesso di ottenere dei valori anche nelle regioni non monitorate, grazie a un mix fatto di osservazioni tradizionali di monitoraggio della qualità dell’aria, rilevatori meteorologici e di inquinamento atmosferico via satellite, metodi statistici e di apprendimento automatico (machine learning).

Dati allarmanti, dunque. Per quanto qualche segnale di miglioramento comincia a intravvedersi, con il totale dei giorni con concentrazioni eccessive che sta diminuendo nel complesso. I dati degli ultimi 20 anni rivelano delle tendenze positive in Europa e Nord America, dove l’inquinamento da PM2.5 è sceso, ma non in Asia meridionale, Australia e Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi, dove il trend è invece di crescita. Le concentrazioni più elevate di PM2.5 sono state rilevate nelle regioni dell’Asia orientale (50 µg/m3) e meridionale (37,2 µg/m3), seguite dall’Africa settentrionale (30,1 µg/m3). Poco da gioire, dunque e molto da lavorare.

#lucenews #inquinamento
  • L’arrivo della bella stagione ha il sapore del gelato 🍦

Golosi ma di qualità. È il rapporto degli italiani con il gelato artigianale secondo un’indagine di Glovo. Piattaforma di consegne, e Gusto17, brand gourmet, in vista del Gelato Day del prossimo 24 marzo.

Nel 2022 solo sull’app di Glovo gli italiani hanno ordinato più di 2 milioni di gelati, il 16% in più rispetto al 2021, con una media di 5.500 gelati al giorno, principalmente dalle gelaterie di quartiere, facendo aumentare le vendite del 138% per i piccoli esercenti. In particolare, il picco di ordini si registra alle 21.

Tra i gusti più amati dagli italiani ci sono: crema, pistacchio, nocciola e Nutella. Questa la Top 10 delle città più golose di gelato: Roma, Milano, Torino, Palermo, Napoli, Firenze, Catania, Bologna, Bari e Verona.

🍨E voi, amanti del gelato, qual è il vostro gusto preferito? 

📸 Credits: @netflixit 

#lucenews #lucelanazione #gelatoday
  • 🗣«Persi undici chili in poco tempo. Per cercare di rialzarmi iniziai un percorso con uno psicologo, ma ho capito presto qual era il motivo per cui ero caduta dentro quel tunnel. E ho iniziato presto a lavorare su di me, da sola.

Nel 2014 avevo ripreso ad allenarmi da pochissimo tempo, quando ho incontrato una donna, Luana Angeletti. Ho scoperto dopo che era la mamma di un amico, ma la cosa importante è quello che lei mi disse quella volta.

Che avevo una struttura fisica adatta a competere nella categoria bikini, nel body-building. Mi è scattato dentro qualcosa, ho iniziato a lavorare perché volevo migliorare e finalmente farmi vedere dagli altri, dopo che per otto anni non ero andata neanche al mare perché mi vergognavo del mio fisico e della mia scoliosi. Grazie a Luana sono passata dal nascondermi allo stare su un palco guardata da tante persone. È stata decisiva.

Imparate a volervi bene, e se non ci riuscite con le vostre forze, non abbiate paura di farvi aiutare e seguire da altri. È importantissimo».

Dai disturbi alimentari al body building, l
"Diversamente alimentata". Mi definisco così. Perché è inutile negarlo: sono diversa. Diversa dalla maggior parte della popolazione mondiale. Diversa dalla nascita, ma diversa anche con la crescita. A tavola io sono "l'amica diversa", quella per la quale bisogna tener presente che una serata in pizzeria può creare problemi di salute importanti. Mi presento: sono allergica al latte - no, il grana padano invecchiato 36 mesi non va bene perché contiene comunque le proteine del latte -, ho un'alta sensibilità al glutine e sono intollerante a nichel e lieviti. Nient'altro? Potrei stare ore a raccontare del fatto che la mia pelle ha una reazione particolare se cammino in mezzo a un prato di erba appena tagliata oppure della mia allergia all'aloe vera, ma mi limito a parlare delle intolleranze alimentari. Perché comunque, seppur siamo ben lungi dall'essere la maggioranza, noi "diversamente alimentati" siamo tanti. E in tutta Italia.  

I pregiudizi

Detto che i test riconosciuti scientificamente sulle intolleranze sono molto rari - l'intolleranza alimentare di norma non presenta marcatori evidenti nelle normali analisi del sangue -, le discriminazioni per chi si trova alle prese con problemi del genere sono numerose. Si va dal "Ma no, non sei grassa. Dai mangia" - immaginando che chi non ingerisce certi alimenti lo faccia per vezzo e che possa scegliere se farlo o non farlo - sino al "Sì, ma hai conseguenze pesanti se mangi quel cibo?" - come se servisse una sorta di patente di gravità degli effetti -, passando per l'intramontabile "Ma hai fatto  controlli specifici?". Per non parlare di "Ma quindi è come se fossi vegana?", dimenticando che il vegan è una scelta mentre quella di chi ha patologie è una necessità.  

I luoghi comuni

"Io mangio senza glutine da due mesi, ma ancora non sono dimagrita": questo è quello che ho sentito dire da una donna di una sessantina d'anni in erboristeria. I luoghi comuni sono tanti e tutti con un filo conduttore: considerare le patologie alimentari semplici vezzi che dovrebbero portare a perdere peso. E questo finisce per condizionare pesantemente la vita quotidiana di chi si trova realmente alle prese con problemi alimentari. Si va dal cameriere "distratto", convinto che una spolverata di grana padano sul risotto non possa fare davvero male a chi chiede in maniera educata di evitare l'inserimento di latticini in un piatto, sino a chi in gelateria afferma con convinzione che un determinato tipo di gelato non contenga assolutamente latte, senza neppure informarsi e magari sbagliando di grosso. Come comportarsi, quindi? L'unica condotta di vita possibile, a oggi, è informare tempestivamente amici e conoscenti delle proprie intolleranze e allergie e avvisare in maniera molto chiara anche camerieri o inservienti. Drammatizzando anche la situazione, se necessario. D'altro canto, in una giungla del genere bisogna fare di necessità virtù.  

Chi fa da sé fa per tre

Una volta scoperto di essere "diversamente alimentati", in ogni caso, si imparano presto i "segreti del mestiere". La regola aurea e intramontabile è: se vuoi che una cosa sia fatta a regola d'arte, falla da sola. Il che si traduce nella necessità di essere autosufficienti in caso di circostanze avverse. Quindi portare sempre con sè uno snack che possa tamponare la fame in caso non si trovassero posti adatti. Perché se è vero che l'Italia è fra i Paesi dove difficilmente un celiaco o intollerante rimane senza cibo,  in diverse zone d'Europa - compreso il nobilissimo Principato di Monaco - le difficoltà nel trovare locali adatti sono maggiori. E possono costare anche un digiuno forzato decisamente lungo.  

Quanto costa 

Mediamente essere obbligati a puntare su cibi "speciali", quindi senza glutine, senza lattosio, senza nichel o sprovvisti di combinazioni di due o più di questi allergeni può arrivare a costare anche tre volte di più rispetto a quanto si spenderebbe per alimenti "normali". In alcuni casi si può anche avere la "fortuna" di "limitarsi" al doppio. Quello per intolleranti e allergici è un mercato che negli ultimi anni sta vivendo uno sviluppo senza precedenti. Per questo ci si aspetterebbe una diminuzione dei prezzi all'utente finale. Cosa che invece non avviene. Anzi. Uno dei motivi risiede senza dubbio nel fatto che a "mangiare diverso" sono anche coloro i quali non ne hanno davvero bisogno.  
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