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Home » Lifestyle » Quel bimbo è insicuro? Un giorno spiccherà il volo. “Nessuno è imperfetto”

Quel bimbo è insicuro? Un giorno spiccherà il volo. “Nessuno è imperfetto”

Vladimiro Polti racconta nel suo libro le storie di decine di personaggi di ogni epoca esaminando le loro fragilità infantili e adolescenziali. "Delle diversità non bisogna avere paura: sono la molla che può permetterci di trovare la nostra strada nella vita".

Giancarlo Ricci
15 Aprile 2021
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La copertina del libro di Vladimiro Polchi

Nessuno è imperfetto di Vladimiro Polchi, edito da De Agostini è un libro che tutti dovrebbero leggere. I protagonisti sono grandi artisti, stelle del cinema, sportivi affermati, inventori di successo, intellettuali, geni che però, si scopre sfogliando le pagine erano bambini insicuri, adolescenti che allo specchio vedevano solo difetti, ragazze e ragazzi come tanti altri alle prese con problemi all’apparenza insormontabili.

Attraverso le storie di Alexandria Ocasio-Cortez, Daisy Ridley, Lionel Messi, Frida Kahlo, Steve Jobs e tanti altri, l’autore aiuta il lettore a scoprire che là fuori, qualsiasi siano il colore della pelle, le doti o le passioni, c’è sempre qualcuno pronto a usare le parole “diverso” e “imperfetto”. Ma a volte è proprio partendo dal basso che si ha la spinta per saltare più in alto, perché spesso il talento si nasconde lì dove nessuno guarderebbe mai. Nei dubbi e nelle paure dei protagonisti di questo libro, così come nel loro coraggio e nella loro tenacia, l’autore spinge il lettore a riconoscere anche i propri: perché se tutti siamo imperfetti allora, in fondo, nessuno lo è.

Giornalista e autore televisivo, Vladimiro che ha due figli di 3 e 10 anni, ha deciso di scrivere questo libro proprio pensando a loro. Noi di Luce! Lo abbiamo incontrato e con lui abbiamo parlato del libro, della diversità e di come l’essere diversi e imperfetti è qualcosa di molto comune, ma sicuramente non un difetto.

Vladimiro come nasce l’idea di questo libro?
“L’idea nasce dal fatto che io ho due figli, Leòn e Valerio a cui dedico anche il libro. Valerio ha 10 anni, e durante il lockdown ho cominciato a raccontargli alla sera storie vere di vita vissuta per fargli capire come le sue timidezze crescenti erano normali, anzi c’erano persone che ne avevano avute di ben maggiori e di come la diversità è ovunque intorno a noi, nel compagno di scuola, in quello di banco, nel collega di lavoro: siamo tutti diversi e tutti in qualche modo speciali. La prima storia che gli ho raccontato è quella di Ray Charles, una storia terribile di sventure, che poi però lo hanno aiutato a diventare ‘The Genius’ un mito della musica blues. Raccontando queste storie mi sono confrontato con alcuni amici e colleghi e ho capito che tutte queste storie potevano diventare un libro, e così è stato”.

Come hai scelto queste 30 storie e dove le hai trovate?
“Il mio intento era quello di giocare con due cifre, in modo che tutti potessero identificarsi: quella storia, andando millenni indietro e raccontando la storia di Omero, il poeta cieco ma che racconta eroi perfetti per eccellenza fino ad arrivare ai nostri giorni. E poi giocare con le mille imperfezioni, come ad esempio tutti i problemi dell’apprendimento che accomunano molti dei protagonisti del libro che erano dislessici, discalculici. Ma nel libro ci sono tante altre “diversità” nei racconti dei protagonisti. O cercato, insomma, di raccogliere una casistica di imperfezioni che fosse la più ampia possibile. Poi, visto che era un libro per ragazzi, ho cercato di scegliere personaggi che potessero colpire il loro interesse e per questo mi sono concentrato sul mondo dello spettacolo e dello sport, che spesso sono riferimenti per i ragazzi”.

Qual è stata la maggiore difficoltà dello scrivere un libro per ragazzi nel quale si parla dell’importanza di essere diversi?
“Io ho scritto finora sei libri, questo è il primo che ho pensato per i ragazzi e devo ammettere che è stato il più difficile di tutti. Scrivere per loro, infatti, comporta uno sforzo non solo di semplificazione perché bisogna usare immagini e metafore, ma anche essere in grado di appassionarli con quello che si sta scrivendo; bisogna saperli emozionare e non essere mai piatti. Non sono sicuro di aver fatto un libro che davvero possa piacere a loro, ma di sicuro non è stato facile farlo!”.

Una delle storie che ti è piaciuto molto raccontare è quella di Ray Charles. Perché credi che sia così importante per raccontare la diversità?
“Chi lo conosce sa che Charles è praticamente considerato l’inventore del soul, l’uomo da milioni di dischi, che ha suonato per i presidenti degli Stati Uniti ed altri grandi della terra, un gigante assoluto che racconta come la musica sia l’elettricità che ha illuminato la sua vita. Ma come è diventato “The Genius”? La sua vicenda è a dir poco catastrofica: lui nasce nel 1930 nel Sud degli Stati Uniti all’epoca della segregazione razziale e nasce con il colore della pelle sbagliato per quel periodo storico perché gli vengono impediti gli accessi alle scuole migliori (che erano riservati solo ai bianchi, ndr). Suo padre è un mezzo disgraziato che abbandona la famiglia quando lui è piccolissimo. Dopodiché a cinque anni suo fratello minore muore annegato in una grande vasca del bucato bollente. Due anni più tardi perde la vista completamente. In qualche modo però, grazie ad una madre molto presente, si affida alla musica in cui cerca riscatto e un modo per salvarsi. A 15 anni però gli arriva l’ennesima batosta, muore anche la mamma e quindi a quell’età si ritrova solo, orfano, povero e rischia letteralmente di impazzire Decide di viaggiare per gli Stati Uniti senza una meta precisa facendo musica e ad un certo punto esplode affidandosi a questo suo talento incredibile. La lezione che ci insegna Ray Charles è che se si fanno i conti con le proprie fragilità, non nascondendole e anzi mettendole in gioco, queste possono diventare un elemento della nostra identità che non ci indebolisce ma che anzi ci caratterizza e ci rinforza”.

Da autore di questo libro e da padre, quanto credi sia importante raccontare e spiegare l’importanza della diversità ai giovani?
“Le difficoltà di questo periodo hanno portato allo scoperto molti temi dei quali si parlava poco: il bullismo , ad esempio è sempre esistito ma se ne parlava molto molto. Concetti come il body shaming, il catcalling, in generale il rispetto per chi è diverso sono temi di cui oggi, per fortuna si sente parlare sempre di più, nel bene e nel male. Io credo che il ruolo dei genitori, della scuola e della società siano ora più che mai centrali per dire a tutti che siamo tutti diversi e che ognuno ha le sue particolarità e le sue difficoltà. E soprattutto in un periodo della vita come l’adolescenza in cui tutti cercano di essere uniformati, uguali e riconoscersi negli stessi valori, sentirsi diversi può essere un serio problema da gestire. Raccontare invece che la diversità è qualcosa di cui non bisogna avere paura e che può permetterci di trovare la nostra strada nella vita”.

 

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Instagram

  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
  • La tolleranza, l’inclusione e il rispetto svaniscono nel momento in cui ci si mette davanti alla tastiera di un computer. Gli haters non sono spariti né accennano a diminuire. Esistono, sono molti più di prima, attaccano e anzi rilanciano. Oltre lo schermo, sono le donne soprattutto, e poi le persone con disabilità e le persone omosessuali, a essere i destinatari di insulti e offese di ogni tipo.

È questo il triste podio che ci consegna la ricerca condotta da Vox, Osservatorio italiano sui diritti, che ha fotografato l’odio via social, in particolare attraverso l’esame dei tweet. E le cose non vanno meglio rispetto all’anno precedente, anzi. Dalla settima edizione di questa ricerca è emerso infatti che nel 2022, da gennaio a ottobre, sono stati estratti quasi 630mila tweet, 583mila dei quali negativi, pari al 93% del totale, mentre invece l’anno prima i tweet presi in esame erano stati poco più di 797mila, 550mila dei quali erano negativi, cioè il 69% del totale.

Le donne si confermano essere il bersaglio numero uno, seguite appunto dalle persone con disabilità e dalle persone omosessuali, tornate nuovamente al centro del mirino, e non solo di quello che fa riferimento all’hate speech.

Oltre agli onnipresenti atteggiamenti di body shaming, molti attacchi hanno avuto come contenuto la competenza e la professionalità delle donne stesse. E, dunque, è il lavoro delle donne a emergere anche quest’anno quale co-fattore scatenante lo hate speech misogino, a conferma di una tendenza già rilevata lo scorso anno. Quanto alle persone con disabilità, risultata la seconda categoria più colpita.

Per quanto concerne invece gli stranieri e i migranti, la categoria sociale con una percentuale più alta di incremento di tweet negativi all’interno del cluster rispetto al 2021. Anche qui, va sottolineata la forte attenzione mediatica che si accende sugli sbarchi dei migranti e sulla situazione dei profughi provenienti dall’Ucraina, nonché dal contesto politico italiano e dalla sua relazione con l’Unione europea circa la gestione della situazione migratoria.

📲Come difendersi? Qual è la cura contro l
  • “Sesso. Libertà. Uguaglianza. Amore in tutti i sensi. E tutti a tavola!”. È il messaggio che Rosa Chemical, all’anagrafe Manuel Franco Rocati, porta a Sanremo 2023 per quello che sarà il suo esordio al festival con il brano “Made in Italy”.

Il rapper classe 1998, arriva da debuttante, ma con una storia già ben definita alle spalle. Poliedrico, eclettico, difficilmente etichettabile, ha dato sfogo alla sua creatività non solo a livello musicale – con influenze che spaziano dall’hiphop alla trap all’elettronica -, ma lavorando anche come modello per Gucci, come art and creative director e dedicandosi anche alla scrittura di videoclip. 

Nel 2019 ha pubblicato “Forever”, il suo primo album, che è stato certificato disco d’oro, da lì una serie di collaborazioni che lo hanno portato anche ad affiancare Tananai l’anno scorso nella serata cover del Festival.

“Molto spesso sono giudicato perché diverso, ma dal diverso bisogna imparare, assorbire. In Italia invece ciò che è diverso è giudicato. E io da diverso in passato mi sono sentito sbagliato” racconta Rosa Chemical. 

Non a caso, a Sanremo, il 25enne paladino della libertà di essere se stessi senza farsi condizionare dalle norme della società, arriva con il brano “Made in Italy” e un obiettivo ben preciso: “portare un messaggio di libertà contro ogni tipo di discriminazione, per promuovere l’uguaglianza e il rispetto. Cerco di creare dibattito: sono sempre pronto a spiegare il mio punto di vista, ma se non c’è apertura mentale non mi sento di dover dire nulla”.

Il brano “È piedi, con cui calpestare ciò che è generalista e che chiude tutto dentro una gabbia fatta di tabù. ‘Made in Italy vuole’ liberarci dalle censure, dagli stereotipi e dal politicamente corretto”. 

Come il titolo e la copertina, anche il testo è provocatorio e racchiude al suo interno tutta l’essenza e l’irriverenza prorompente di Rosa Chemical perché parla in maniera sfrontata di temi ancora oggi considerati tabù come il sesso, la fluidità e il poliamore. 

“Non c’è cosa più ‘Made in Italy’ del Festival di Sanremo. Non vedo l’ora di salire su quel palco”.

#lucenews #sanremo2023 #rosachemical
La copertina del libro di Vladimiro Polchi
Nessuno è imperfetto di Vladimiro Polchi, edito da De Agostini è un libro che tutti dovrebbero leggere. I protagonisti sono grandi artisti, stelle del cinema, sportivi affermati, inventori di successo, intellettuali, geni che però, si scopre sfogliando le pagine erano bambini insicuri, adolescenti che allo specchio vedevano solo difetti, ragazze e ragazzi come tanti altri alle prese con problemi all’apparenza insormontabili. Attraverso le storie di Alexandria Ocasio-Cortez, Daisy Ridley, Lionel Messi, Frida Kahlo, Steve Jobs e tanti altri, l’autore aiuta il lettore a scoprire che là fuori, qualsiasi siano il colore della pelle, le doti o le passioni, c’è sempre qualcuno pronto a usare le parole “diverso” e “imperfetto”. Ma a volte è proprio partendo dal basso che si ha la spinta per saltare più in alto, perché spesso il talento si nasconde lì dove nessuno guarderebbe mai. Nei dubbi e nelle paure dei protagonisti di questo libro, così come nel loro coraggio e nella loro tenacia, l’autore spinge il lettore a riconoscere anche i propri: perché se tutti siamo imperfetti allora, in fondo, nessuno lo è. Giornalista e autore televisivo, Vladimiro che ha due figli di 3 e 10 anni, ha deciso di scrivere questo libro proprio pensando a loro. Noi di Luce! Lo abbiamo incontrato e con lui abbiamo parlato del libro, della diversità e di come l’essere diversi e imperfetti è qualcosa di molto comune, ma sicuramente non un difetto. Vladimiro come nasce l’idea di questo libro? "L’idea nasce dal fatto che io ho due figli, Leòn e Valerio a cui dedico anche il libro. Valerio ha 10 anni, e durante il lockdown ho cominciato a raccontargli alla sera storie vere di vita vissuta per fargli capire come le sue timidezze crescenti erano normali, anzi c’erano persone che ne avevano avute di ben maggiori e di come la diversità è ovunque intorno a noi, nel compagno di scuola, in quello di banco, nel collega di lavoro: siamo tutti diversi e tutti in qualche modo speciali. La prima storia che gli ho raccontato è quella di Ray Charles, una storia terribile di sventure, che poi però lo hanno aiutato a diventare 'The Genius' un mito della musica blues. Raccontando queste storie mi sono confrontato con alcuni amici e colleghi e ho capito che tutte queste storie potevano diventare un libro, e così è stato". Come hai scelto queste 30 storie e dove le hai trovate? "Il mio intento era quello di giocare con due cifre, in modo che tutti potessero identificarsi: quella storia, andando millenni indietro e raccontando la storia di Omero, il poeta cieco ma che racconta eroi perfetti per eccellenza fino ad arrivare ai nostri giorni. E poi giocare con le mille imperfezioni, come ad esempio tutti i problemi dell’apprendimento che accomunano molti dei protagonisti del libro che erano dislessici, discalculici. Ma nel libro ci sono tante altre “diversità” nei racconti dei protagonisti. O cercato, insomma, di raccogliere una casistica di imperfezioni che fosse la più ampia possibile. Poi, visto che era un libro per ragazzi, ho cercato di scegliere personaggi che potessero colpire il loro interesse e per questo mi sono concentrato sul mondo dello spettacolo e dello sport, che spesso sono riferimenti per i ragazzi". Qual è stata la maggiore difficoltà dello scrivere un libro per ragazzi nel quale si parla dell’importanza di essere diversi? "Io ho scritto finora sei libri, questo è il primo che ho pensato per i ragazzi e devo ammettere che è stato il più difficile di tutti. Scrivere per loro, infatti, comporta uno sforzo non solo di semplificazione perché bisogna usare immagini e metafore, ma anche essere in grado di appassionarli con quello che si sta scrivendo; bisogna saperli emozionare e non essere mai piatti. Non sono sicuro di aver fatto un libro che davvero possa piacere a loro, ma di sicuro non è stato facile farlo!". Una delle storie che ti è piaciuto molto raccontare è quella di Ray Charles. Perché credi che sia così importante per raccontare la diversità? "Chi lo conosce sa che Charles è praticamente considerato l’inventore del soul, l’uomo da milioni di dischi, che ha suonato per i presidenti degli Stati Uniti ed altri grandi della terra, un gigante assoluto che racconta come la musica sia l’elettricità che ha illuminato la sua vita. Ma come è diventato “The Genius”? La sua vicenda è a dir poco catastrofica: lui nasce nel 1930 nel Sud degli Stati Uniti all’epoca della segregazione razziale e nasce con il colore della pelle sbagliato per quel periodo storico perché gli vengono impediti gli accessi alle scuole migliori (che erano riservati solo ai bianchi, ndr). Suo padre è un mezzo disgraziato che abbandona la famiglia quando lui è piccolissimo. Dopodiché a cinque anni suo fratello minore muore annegato in una grande vasca del bucato bollente. Due anni più tardi perde la vista completamente. In qualche modo però, grazie ad una madre molto presente, si affida alla musica in cui cerca riscatto e un modo per salvarsi. A 15 anni però gli arriva l’ennesima batosta, muore anche la mamma e quindi a quell’età si ritrova solo, orfano, povero e rischia letteralmente di impazzire Decide di viaggiare per gli Stati Uniti senza una meta precisa facendo musica e ad un certo punto esplode affidandosi a questo suo talento incredibile. La lezione che ci insegna Ray Charles è che se si fanno i conti con le proprie fragilità, non nascondendole e anzi mettendole in gioco, queste possono diventare un elemento della nostra identità che non ci indebolisce ma che anzi ci caratterizza e ci rinforza". Da autore di questo libro e da padre, quanto credi sia importante raccontare e spiegare l’importanza della diversità ai giovani? "Le difficoltà di questo periodo hanno portato allo scoperto molti temi dei quali si parlava poco: il bullismo , ad esempio è sempre esistito ma se ne parlava molto molto. Concetti come il body shaming, il catcalling, in generale il rispetto per chi è diverso sono temi di cui oggi, per fortuna si sente parlare sempre di più, nel bene e nel male. Io credo che il ruolo dei genitori, della scuola e della società siano ora più che mai centrali per dire a tutti che siamo tutti diversi e che ognuno ha le sue particolarità e le sue difficoltà. E soprattutto in un periodo della vita come l’adolescenza in cui tutti cercano di essere uniformati, uguali e riconoscersi negli stessi valori, sentirsi diversi può essere un serio problema da gestire. Raccontare invece che la diversità è qualcosa di cui non bisogna avere paura e che può permetterci di trovare la nostra strada nella vita".  
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