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Home » Lifestyle » Quelle dieci ore senza Facebook e Whatsapp: come sarebbe la vita se non ci fossero più

Quelle dieci ore senza Facebook e Whatsapp: come sarebbe la vita se non ci fossero più

L'improvviso black out dei social e lo smarrimento generale, stemperato con il passare dei minuti nella riflessione che in fondo nulla è indispensabile. Su questo aspetto Zuckemberg potrebbe fare una riflessione

Domenico Guarino
5 Ottobre 2021
epa09506018 A man reads news about the services of major social media services going down, in Karachi, Pakistan, 04 October 2021. Facebook’s services and applications: Instagram, WhatsApp and Messenger went down on Monday 04 october in various parts of the world, users denounced on the Downdetector website.  EPA/SHAHZAIB AKBER

epa09506018 A man reads news about the services of major social media services going down, in Karachi, Pakistan, 04 October 2021. Facebook’s services and applications: Instagram, WhatsApp and Messenger went down on Monday 04 october in various parts of the world, users denounced on the Downdetector website. EPA/SHAHZAIB AKBER

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Le 10 ore che sconvolsero il mondo. Per qualcuno addirittura una prova generale del colpo di stato planetario orchestrato dai fautori dalla dittatura che sta per impadronirsi del globo, attraverso il controllo delle nuove tecnologie. Per altri una prova esistenziale che ci riconnette con lo spirito e con la nostra intimità. Per molti, diciamolo francamente, solo una grande scocciatura.
Perché sarà quel che sarà, sarà che attraverso i cellulari ci controllano tutti, sarà che oramai fanno parte della nostra biologia, sono estensione del nostro corpo, dei nostri arti e della mostra stessa testa (intesa come cervello), ma di certo i dannati/benedetti cellulari, sono oramai parte integrante delle nostre vite. E con loro i social. Direttamente -per qualcuno più per qualcuno meno- o indirettamente. Ma farne a meno sembra (quasi) impensabile.
Certo nella storia i cataclismi capitano. Ma abbiamo visto che gli uomini hanno sempre saputo adattarsi e trovare nuove strade. Così anche la tecnologia di cui fruiamo ora è un passaggio, un pezzettino forse insignificante della storia dell’universo, ed anche di questo piccolo mondo.

Social interdetti per quasi metà giornata

Ma una cosa è giudicare un tornado dall’occhio del ciclone, altro farlo comodamente seduti a casa sul proprio divano. Quindi, il buco spazio temporale che si è prodotto ieri su scala globale, deve farci riflettere su quello che potrebbe accadere oggi, qui, ora se il crash da momentaneo diventasse definitivo.
Dalle piccole cose: dagli aperitivi saltati, alle cene posticipate, agli appuntamenti disdetti. A quelle grandi: messaggi di lavoro non partiti in tempo, scadenze non rispettate, informazioni non date o non ricevute.
Certo si può sempre ricorrere agli sms. Ma se saltassero anche quelli?

Sopravviverebbe una società complessa come la nostra a due, tre, dieci giorni, senza social, senza possibilità di far circolare le informazioni con la velocità che conosciamo? Non giriamoci intorno, la risposta è no.

Sopravviverebbe una società diversa. Quanto auspicabile? Quanto necessaria? Quanto possibile? Queste sono le domande che ci portiamo dietro da ieri. Con la considerazione che da quando WA, Fb e compagnia sono ripartiti, è ripartita anche la nostra ‘normale’ vita, fatta di messaggi, di chat, di decisioni prese in un click etc etc. Che poi sia davvero ‘normale’ o meno, questo è un altro discorso.
Ecco, nell’intercapedine della mancanza, nel vuoto dell’assenza, ognuno di noi si sarà dato la risposta agli interrogativi di cui sopra. La mia, ma è solo la mia, è che probabilmente si starebbe molto meglio. Questo non vuol dire che da oggi smetterò di usare i social. Solo che lo farò con la certezza che se scomparissero, per me, non cambierebbe nulla, anzi. Forse la mia vita migliorerebbe. Di molto.
Fossi in Zuckemberg, insomma, su questo rifletterei. Perché può non essere indispensabile. Basta volerlo.

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"Ve lo risparmio ragazzi, non è proprio il mio forte" ha risposto l
  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran
Le 10 ore che sconvolsero il mondo. Per qualcuno addirittura una prova generale del colpo di stato planetario orchestrato dai fautori dalla dittatura che sta per impadronirsi del globo, attraverso il controllo delle nuove tecnologie. Per altri una prova esistenziale che ci riconnette con lo spirito e con la nostra intimità. Per molti, diciamolo francamente, solo una grande scocciatura. Perché sarà quel che sarà, sarà che attraverso i cellulari ci controllano tutti, sarà che oramai fanno parte della nostra biologia, sono estensione del nostro corpo, dei nostri arti e della mostra stessa testa (intesa come cervello), ma di certo i dannati/benedetti cellulari, sono oramai parte integrante delle nostre vite. E con loro i social. Direttamente -per qualcuno più per qualcuno meno- o indirettamente. Ma farne a meno sembra (quasi) impensabile. Certo nella storia i cataclismi capitano. Ma abbiamo visto che gli uomini hanno sempre saputo adattarsi e trovare nuove strade. Così anche la tecnologia di cui fruiamo ora è un passaggio, un pezzettino forse insignificante della storia dell’universo, ed anche di questo piccolo mondo.
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Ma una cosa è giudicare un tornado dall’occhio del ciclone, altro farlo comodamente seduti a casa sul proprio divano. Quindi, il buco spazio temporale che si è prodotto ieri su scala globale, deve farci riflettere su quello che potrebbe accadere oggi, qui, ora se il crash da momentaneo diventasse definitivo. Dalle piccole cose: dagli aperitivi saltati, alle cene posticipate, agli appuntamenti disdetti. A quelle grandi: messaggi di lavoro non partiti in tempo, scadenze non rispettate, informazioni non date o non ricevute. Certo si può sempre ricorrere agli sms. Ma se saltassero anche quelli? Sopravviverebbe una società complessa come la nostra a due, tre, dieci giorni, senza social, senza possibilità di far circolare le informazioni con la velocità che conosciamo? Non giriamoci intorno, la risposta è no. Sopravviverebbe una società diversa. Quanto auspicabile? Quanto necessaria? Quanto possibile? Queste sono le domande che ci portiamo dietro da ieri. Con la considerazione che da quando WA, Fb e compagnia sono ripartiti, è ripartita anche la nostra ‘normale’ vita, fatta di messaggi, di chat, di decisioni prese in un click etc etc. Che poi sia davvero ‘normale’ o meno, questo è un altro discorso. Ecco, nell’intercapedine della mancanza, nel vuoto dell’assenza, ognuno di noi si sarà dato la risposta agli interrogativi di cui sopra. La mia, ma è solo la mia, è che probabilmente si starebbe molto meglio. Questo non vuol dire che da oggi smetterò di usare i social. Solo che lo farò con la certezza che se scomparissero, per me, non cambierebbe nulla, anzi. Forse la mia vita migliorerebbe. Di molto. Fossi in Zuckemberg, insomma, su questo rifletterei. Perché può non essere indispensabile. Basta volerlo.
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