Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

Rebecca Mollica vince gli stereotipi grazie al coraggio di cambiare, da legge alla carriera di programmatrice

La 31enne di Siracusa, dopo gli studi classici, ha deciso di prendere una strada diversa, seguendo finalmente la sua passione. "Prima avevo paura, è un settore maschile"

di NICOLÒ GUELFI -
29 luglio 2022
Rebecca Mollica

Rebecca Mollica

Cambiare strada per seguire le proprie passioni. Rebecca Mollica, 31 anni, è una giovane donna che vive a Siracusa. Dopo gli anni del liceo classico e un travagliato percorso come studentessa di giurisprudenza, ha preso la decisione di tentare un nuovo percorso: quello della programmatrice. La sua storia ci insegna come il coraggio di cambiare può essere un passo importante per tutti, ma anche come certi stereotipi possano pesare sulle nostre scelte. “Ho iniziato ad appassionarmi al mondo del coding quando già alle medie. Mio padre lavorava al Comune di Siracusa e lì ho conosciuto il tecnico informatico che curava il sito. Mi sono incuriosita, volevo capire come funzionasse e da lì ho cominciato a imparare per conto mio. Ho continuato a coltivare la passione per il coding nel tempo libero”. Rebecca inizialmente non considerava questo interesse come un possibile lavoro. Dopo il liceo classico aveva valutato l’idea di iscriversi a ingegneria informatica, ma un pensiero in particolare l’ha scoraggiata: "Nel mondo della programmazione sono tutti uomini. Mi ero convinta che anche se mi fossi cimentata in questa strada le altre persone mi avrebbero messo davanti degli ostacoli, cose del tipo: ‘tu sei donna, quindi ne capisci di meno’. Esiste un pregiudizio secondo cui le donne sono meno portate per le materie scientifiche rispetto agli uomini, ed è una cosa che ha delle ripercussioni. Nel mio percorso ho incontrato altre ragazze con la mia stessa percezione, e questo ci ha messo in difficoltà. La cosa che più mi ha sconvolto, studiando storia dell’informatica, è che la prima programmatrice nella storia è stata una donna: Ada Lovelace”.

La prima programmatrice: Augusta Ada Byron contessa di Lovelance

Augusta Ada Byron contessa Lovelance

Augusta Ada Byron contessa Lovelance è considerata la prima programmatrice della storia

Molti non lo sanno, la contessa di Lovelace Augusta Ada Byron, matematica inglese figlia del poeta romantico Lord Byron e vissuta nella prima metà del XIX secolo, è una sorta di caposcuola della materia. Grazie ai suoi studi relativi alle macchine analitiche, in particolare a quella ideata da Charles Babbage, riuscì a sviluppare un algoritmo in grado di generare i numeri di Bernoulli, il primo a poter essere elaborato specificamente da una macchina. Ancora oggi il suo contributo per la moderna informatica è determinante e la donna è considerata da molti come la prima programmatrice al mondo. In generale, l’idea per la quale le donne siano meno portate per le materie scientifiche, non trova alcun riscontro. Solo in Italia, nel secolo scorso, abbiamo avuto esempi come Rita Levi Montalcini nel campo della biologia o Margherita Hack in quello dell’astronomia.

Una scelta sofferta ma "non bisogna vergognarsi di cambiare"

Rebecca, spinta anche dalla famiglia, decide quindi di iscriversi all’università per studiare giurisprudenza, ma la scelta risulta sofferta e il percorso molto difficile: “Studiare legge mi era sembrata una possibilità e anche per la mia famiglia risultava la scelta migliore, ma già dalle prime lezioni avevo capito che gli argomenti non mi appassionavano. Dare gli esami era un vero incubo e questo mi ha portato a protrarre gli studi molto più a lungo. Non ho mollato per rispetto nei confronti dei miei genitori, ma sapevo che quella realtà non mi piaceva”. Tanti sono i ragazzi nella stessa situazione, bloccati in un percorso di studi frustrante di cui non si vede la fine, ma l’importante è non cedere alla vergogna e guardare oltre: “Ragazzi non fatevi schiacciare sotto il peso della responsabilità – afferma Mollica –. Discutete con i vostri cari, capite cosa volete fare, pensate a quali sono le vostre passioni. Possiamo fare altre facoltà, possiamo anche non fare affatto l'università, non c’è nulla di cui vergognarsi. Consiglio anche ai genitori di ascoltare i propri figli, di non avere la convinzione di sapere meglio di loro quale sia il loro bene. C'è ancora la convinzione che bisogna studiare certe cose perché solo quelle sono in grado di garantire un lavoro, che quindi esistano facoltà di serie A e di serie B. È una mentalità da superare”.

La svolta grazie alla società Edgemony

Nel 2020 arriva il Covid. Mollica, che ne frattempo assiste il padre nel lavoro, si ritrova ferma a casa con la sola possibilità di proseguire gli studi in giurisprudenza, con l’ovvio disagio della Dad e degli esami a distanza. Messa di fronte a un muro, la svolta arriva per puro caso, o meglio (ironia della sorte) grazie all’algoritmo: tramite un’inserzione su Facebook, la società Edgemony mette in palio borse di studio per 14 donne per un corso di formazione di 4 mesi nel mondo dell’informatica e della programmazione, chiamato "Coding Women Sicily". Si tratta di un’iniziativa sociale che vuole contrastare la disoccupazione femminile in Sicilia e ridurre il gender gap tecnologico, dedicata alle ragazze dell'isola che vogliono intraprendere la professione di sviluppatrice. All’insaputa della famiglia e degli amici, Rebecca tenta la prova di ammissione e vince una delle borse in palio. “In quel momento ho fatto una scelta. Inizialmente non ne ho parlato con la mia famiglia perché non volevo creare in loro (o in me stessa) troppe aspettative. Quando ho saputo di essere stata presa ho raccontato tutto e ho detto loro 'questo è il lavoro che vorrei fare. Nel caso migliore, voglio continuare su questa strada. Nel caso peggiore, avrò perso un semestre ma tornerò a studiare con impegno'. Fortunatamente poi le cose sono andate davvero bene”.

La società Edgemony ha messo in palio borse di studio per 14 donne siciliane e Rebecca ne ha vinta una

Rimanere a lavorare in Sicilia "Per me significa tutto"

Rebecca si è specializzata nei linguaggi di programmazione Html, Javascript e Css, dedicandosi allo sviluppo front-end, ovvero quello che concerne l’utilizzo delle pagine web dal lato dell’utente: “Mi occupo di creare e curare l'interfaccia per l’utilizzatore. Ora sto cominciando a scrivere un po' di test per verificare che non ci siano bug all’interno del sito. Consiglio a tutti gli sviluppatori di farlo: perdete cinque ore all’inizio, ma poi potrete stare tranquilli che il sito funzionerà alla grande senza più metterci le mani!”. Oggi lavora per la compagnia Mia Burton, nel settore della vendita di occhiali di lusso, ma la cosa più bella per Rebecca è che può farlo senza lasciare la città dove è nata e cresciuta: “Per me poter vivere a Siracusa significa tutto. Significa stare accanto alle persone che amo, ai miei cani che adoro. Un giorno forse vorrò andarmene in giro per vedere il mondo, per fare nuove esperienze, ma non perché sono costretta. Troppe persone, tra cui molti giovani, se ne sono andate non perché volevano, ma perché dovevano”. Dare a tutti e tutte la possibilità di autodeterminarsi e seguire le proprie passioni è il segno di una società libera ed equa e offrire sufficienti opportunità lavorative è ciò che rende questa società produttiva e aperta sul futuro. In un Paese in cui i giovani e le giovani sono costretti a seguire percorsi obbligati e arretrati, dove non esiste per loro una prospettiva professionale, ciò che viene a mancare è il futuro stesso.