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Home » Lifestyle » Rifiutano di indossare un bikini “imbarazzante”: multata la nazionale norvegese di handball

Rifiutano di indossare un bikini “imbarazzante”: multata la nazionale norvegese di handball

Sono ormai 15 anni che la Norvegia porta avanti una vera e propria campagna affinché i pantaloncini siano considerati ufficialmente accettabili nella pallamano da spiaggia, al posto del classico bikini, permettendo alle atlete di scegliere quale indossare

Marianna Grazi
22 Luglio 2021
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Quando si parla di competizioni sportive l’abbigliamento dovrebbe essere l’ultima delle preoccupazioni degli/delle atlet*. Ma troppo spesso, soprattutto nell’ultimo periodo, sono proprio gli indumenti, più che i risultati, ad attirare l’attenzione mediatica. L’ultimo caso riguarda la nazionale femminile norvegese di beach handball, la pallamano in spiaggia, che è stata multata per essersi rifiutata di giocare in bikini (tenuta ufficiale) durante una partita del torneo Euro 2021.

Domenica scorsa, in Bulgaria, le ragazze norvegesi hanno disputato la finale per il bronzo contro la nazionale della Spagna. Tuttavia quando sono scese in campo le atlete non indossavano il classico bikini, ma dei pantaloncini elastici lunghi fino alla coscia, in aperta protesta contro il regolamento che impone loro lo slip. L’indumento sportivo imposto è stato definito “imbarazzante” dallo stesso presidente della federazione norvegese dello sport. Una protesta che non è sfuggita alla Commissione disciplinare dell’Associazione europea di pallamano, che in un comunicato ufficiale ha dichiarato:

“Nella partita per la medaglia di bronzo contro la Spagna di domenica, la squadra della Norvegia ha giocato con pantaloncini che non rispettano il Regolamento dell’Uniforme dell’Atleta, definito nelle Regole del Gioco dell’IHF Beach Handball. La Commissione Disciplinare ha deciso di comminare una sanzione di 150 euro a giocatore, per un totale di 1.500 euro“.

La squadra ‘ribelle’ ha quindi ricevuto una multa euro per “abbigliamento improprio”, ma la sanzione non ha placato gli animi delle atlete e della federazione norvegese. “Siamo anche molto orgogliose di aver fatto una dichiarazione nella finale di bronzo giocando in pantaloncini anziché in bikini! Siamo sopraffatte dall’attenzione e dal supporto di tutto il mondo! Grazie mille a tutte le persone che ci sostengono e aiutano a diffondere il messaggio! Speriamo davvero che questo comporti un cambiamento di questa regola senza senso!”, ha scritto infatti il Team sul proprio profilo Instagram.

E in effetti su di loro si è concentrata, una volta diffusa la notizia della multa, l’attenzione di tanti, sia in Norvegia che all’estero. E tantissimi sono stati i messaggi di supporto e solidarietà a queste ragazze, che rivendicano la libertà di indossare ciò che più le mette a loro agio nelle gare, piuttosto che sottostare a una regola imposta dall’alto. Già dal 2006, infatti, la Norvegia porta avanti una campagna affinché i pantaloncini siano ufficialmente accettati nel regolamento della pallamano da spiaggia e, come dichiarato dal presidente Kåre Geir Lio a NBC News, “presenterà una mozione per modificare le regole in un congresso straordinario dell’IHF (Federazione internazionale di Pallamano) a novembre”.

Una lotta che si lega strettamente anche alla questione di genere. Negli sport da spiaggia soprattutto a genere diverso corrisponde diverso trattamento: gli atleti maschi, infatti, possono giocare in canottiera e pantaloncini fino a 10 centimetri sopra il ginocchio, mentre le donne sono tenute a indossare top e slip bikini “con una vestibilità aderente e tagliati con un angolo verso la parte superiore della gamba” e una larghezza laterale massima di 10 centimetri. Che, per molte giocatrici, significa non sentirsi a proprio agio ma anzi in imbarazzo visti i continui movimenti che il gioco impone.

La Federazione Internazionale di Pallavolo ha aggiornato le proprie regole sulle divise già nel 2012 e  alle Olimpiadi di Tokyo 2020 le giocatrici di beach volley potranno scegliere di giocare in pantaloncini e magliette. Per questo tutti ci auguriamo che, vista anche l’attenzione che la squadra norvegese di handball è riuscita ad ottenere, anche per loro le regole cambino presto.

 

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Quando si parla di competizioni sportive l'abbigliamento dovrebbe essere l'ultima delle preoccupazioni degli/delle atlet*. Ma troppo spesso, soprattutto nell'ultimo periodo, sono proprio gli indumenti, più che i risultati, ad attirare l'attenzione mediatica. L'ultimo caso riguarda la nazionale femminile norvegese di beach handball, la pallamano in spiaggia, che è stata multata per essersi rifiutata di giocare in bikini (tenuta ufficiale) durante una partita del torneo Euro 2021. Domenica scorsa, in Bulgaria, le ragazze norvegesi hanno disputato la finale per il bronzo contro la nazionale della Spagna. Tuttavia quando sono scese in campo le atlete non indossavano il classico bikini, ma dei pantaloncini elastici lunghi fino alla coscia, in aperta protesta contro il regolamento che impone loro lo slip. L'indumento sportivo imposto è stato definito "imbarazzante" dallo stesso presidente della federazione norvegese dello sport. Una protesta che non è sfuggita alla Commissione disciplinare dell'Associazione europea di pallamano, che in un comunicato ufficiale ha dichiarato: "Nella partita per la medaglia di bronzo contro la Spagna di domenica, la squadra della Norvegia ha giocato con pantaloncini che non rispettano il Regolamento dell'Uniforme dell'Atleta, definito nelle Regole del Gioco dell'IHF Beach Handball. La Commissione Disciplinare ha deciso di comminare una sanzione di 150 euro a giocatore, per un totale di 1.500 euro". La squadra 'ribelle' ha quindi ricevuto una multa euro per "abbigliamento improprio", ma la sanzione non ha placato gli animi delle atlete e della federazione norvegese. "Siamo anche molto orgogliose di aver fatto una dichiarazione nella finale di bronzo giocando in pantaloncini anziché in bikini! Siamo sopraffatte dall'attenzione e dal supporto di tutto il mondo! Grazie mille a tutte le persone che ci sostengono e aiutano a diffondere il messaggio! Speriamo davvero che questo comporti un cambiamento di questa regola senza senso!", ha scritto infatti il Team sul proprio profilo Instagram. E in effetti su di loro si è concentrata, una volta diffusa la notizia della multa, l'attenzione di tanti, sia in Norvegia che all'estero. E tantissimi sono stati i messaggi di supporto e solidarietà a queste ragazze, che rivendicano la libertà di indossare ciò che più le mette a loro agio nelle gare, piuttosto che sottostare a una regola imposta dall'alto. Già dal 2006, infatti, la Norvegia porta avanti una campagna affinché i pantaloncini siano ufficialmente accettati nel regolamento della pallamano da spiaggia e, come dichiarato dal presidente Kåre Geir Lio a NBC News, "presenterà una mozione per modificare le regole in un congresso straordinario dell'IHF (Federazione internazionale di Pallamano) a novembre". Una lotta che si lega strettamente anche alla questione di genere. Negli sport da spiaggia soprattutto a genere diverso corrisponde diverso trattamento: gli atleti maschi, infatti, possono giocare in canottiera e pantaloncini fino a 10 centimetri sopra il ginocchio, mentre le donne sono tenute a indossare top e slip bikini "con una vestibilità aderente e tagliati con un angolo verso la parte superiore della gamba" e una larghezza laterale massima di 10 centimetri. Che, per molte giocatrici, significa non sentirsi a proprio agio ma anzi in imbarazzo visti i continui movimenti che il gioco impone. La Federazione Internazionale di Pallavolo ha aggiornato le proprie regole sulle divise già nel 2012 e  alle Olimpiadi di Tokyo 2020 le giocatrici di beach volley potranno scegliere di giocare in pantaloncini e magliette. Per questo tutti ci auguriamo che, vista anche l'attenzione che la squadra norvegese di handball è riuscita ad ottenere, anche per loro le regole cambino presto.  
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