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Home » Lifestyle » Sara Gigliotti: “In Haier attraggo i talenti. E sui social ‘coltivo’ la mia community per i giovani”

Sara Gigliotti: “In Haier attraggo i talenti. E sui social ‘coltivo’ la mia community per i giovani”

Talent acquisition e HR Project manager di Haier Europe, la 28enne ci svela i segreti del suo lavoro: "Sacrificio, disciplina e competenza non devono mai mancare". E su Instagram, con Human Recruiter, fornisce preziosi consigli: "Ragazzi siate curiosi e coltivate la capacità di reinventarvi"

Marianna Grazi
2 Luglio 2021
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“Ricordiamoci che sono le persone a fare la differenza e grazie a loro posso poi continuare ad aumentare il circolo di creazione di valore”. Mettere le persone al primo posto, scovare talenti, è il motore del suo lavoro ma anche un po’ la sua ‘missione di vita’. Sara Gigliotti ha 28 anni, viene da una piccola cittadina della Calabria ma ha studiato a Milano Economia e management in Bocconi. Ha iniziato a lavorare a 23 anni in una società di ricerca e selezione e da lì è nato l’amore verso questo ruolo che ha continuato a ricoprire negli anni successivi in varie realtà. Oggi è Talent acquisition e HR Project manager in Haier Europe, la  divisione dedicata alla produzione di elettrodomestici del gruppo che in Italia ha il suo headquarter.

Un’azienda in crescita con un obiettivo strategico chiaro: essere la prima scelta dei consumatori nel segmento Smart home, puntando su intelligenza artificiale, IoT e connettività, sviluppando ecosistemi con i loro partner. “Haier Europe ha un modello organizzativo unico, nel senso che ci riteniamo ‘people oriented’ e mettiamo in pratica la filosofia della ‘zero distance to consumer’. Fare in modo, ogni giorno, di essere la scelta del consumatore nelle soluzioni per la casa intelligente”, spiega Sara.
Una struttura di impresa orizzontale dove al centro c’è il consumatore. “Ognuno di noi deve essere un po’ imprenditore di se stesso“.

Sara ci spiega meglio questa vostra filosofia?

“Abbiamo tre valori fondanti, che rappresentano le Haier attitudes. Si parla di imprenditorialità, quindi ognuno di noi deve avere un approccio aperto, pro-attivo, cercando di cogliere i fabbisogni del mercato e di potenziare le competenze per garantire delle esperienze di valore agli utenti; si basa poi sulla ‘connectivity e ecosystems thinking’, quindi ogni dipendente deve approcciarsi in maniera iper collaborativa, rompendo un po’ i silos interni e esterni, creando un ecosistema aperto di utenti; e infine la ‘zero distance’, quindi ognuno deve essere vicino al proprio consumatore, abbattendo la distanza tra questo e l’azienda. Personalmente nel mio lavoro cerco di mettere le Haier attitudes in pratica, ad esempio la ‘zero distance’ vuol dire essere vicina da una parte ai miei candidati e dall’altra ai miei clienti interni, gli Haier manager. Invece per quanto riguarda l’imprenditorialità devo cercare di cogliere i segnali anche dall’esterno e portarli all’interno, devo dare il mio contributo e avere un impatto per cambiare lo status quo. E se penso all’IoT e all’Ecosystems Thinking credo che, nel momento in cui vado ad inserire un candidato, lo devo pensare in un’ottica aziendale, non solo all’interno di quel ruolo”.

In cosa consiste, in concreto, il suo lavoro per Haier Europe? E perché è così importante in azienda?

“Il mio obiettivo principale è quello di aiutare l’azienda ad attrarre talenti. Ho due anime: da una parte come recruiter ricerco attivamente, seleziono persone, cercando di soddisfare le esigenze di assunzione considerando la direzione strategica. Poi in qualità di Employer brand ambassador ho il piacere di collaborare con l’università, i fornitori esterni, i colleghi, sempre con l’obiettivo di progettare insieme azioni e programmi specifici mirati ad attrarre potenziali candidati per il futuro. L’obiettivo finale è quello di posizionare l’azienda come Employer of Choise. Che vuol dire il datore di lavoro ideale che nella mente del candidato è il migliore. Credo che il ruolo di Talent acquisition sia strategico. Perché siamo il volto dell’azienda, il primo interlocutore con cui il candidato entra in contatto. E poi, il secondo motivo, è che abbiamo un impatto di business: l’azienda è fatta di persone e quindi andare a sbagliare inserimenti è un costo”.

Quindi quali sono le caratteristiche indispensabili per un Talent acquisition?

“Per fare questo mestiere penso sia fondamentale avere quattro attitudini. Carisma: perché siamo degli ambassador, dobbiamo attrarre candidati in un mercato dinamico in cui la competizione è altissima. Intelligenza emotiva, per capire se quella persona va bene all’interno del mio contesto. Curiosità: i profili sono diversi e le competenze cambiano, dobbiamo sempre rimanere al passo. E infine business acume: dobbiamo capire cosa vuole il business, che tipo di ruolo dobbiamo cercare perché non dobbiamo dimenticare che siamo lì per aiutare l’azienda a crescere”.

Tutti possono essere imprenditori. Allora qual è il segreto del successo o la chiave per distinguersi come il/la migliore?

“Per valutare un candidato mi baso su determinate caratteristiche. Ovviamente la competenza tecnica, deve rispondere ai fabbisogni del ruolo. Ma guardo anche tutto l’aspetto soft e devo assicurarmi che ci sia coerenza rispetto alla cultura aziendale. Qui rientrano in gioco le Haier attitudes: devo capire se quella persona può incarnarne i valori, quindi l’imprenditorialità, la capacità di essere vicini al consumatore e quella di pensare all’interno di un ecosistema. In generale, credo che la chiave per distinguere una persona come ‘il/la migliore’ è che questa abbia disciplina, sia disposta al sacrificio, deve essere organizzata e deve essere credibile. La credibilità passa per la competenza, che devi alimentare ogni giorno perché non è mai abbastanza. Se vuoi essere un imprenditore e vuoi essere il migliore sono queste le caratteristiche che non possono mancarti”.

Cos’è il talento oggi?

“Una definizione di talento è difficile di per sé. Di base credo che ognuno di noi ne abbia uno, deve soltanto scoprirlo e investirci del tempo, perché il talento senza sacrificio, disciplina e competenza non si alimenta. In generale oggi, anche alla luce della pandemia, per me il talento è la capacità di reinventarsi in contesti e ambienti sociali e temporali ostili. Se pensiamo all’anno che abbiamo passato tutti abbiamo perso tanto. Ma chi si è reinventato, cambiando direzione o facendo qualcosa di diverso, ha colto una grande opportunità perché si è aperto una strada. Per me questo è un po’ il talento, la capacità di dire “ok, questo è il contesto, queste sono le avversità. Cosa posso fare per raggiungere i miei obiettivi?””

Il suo canale Instagram ‘Human Recruiter’ è nato proprio durante il lockdown. Ce ne parla?

“Ero molto frustrata dalla situazione, sono stata anche in cassa integrazione per un po’. E mi sono chiesta: ma io cosa posso fare di diverso per lasciare un impatto sociale, per essere soddisfatta e felice? Ma anche per impegnare il mio tempo in un modo produttivo. E così è nato il mio canale (@Sara Gigliotti – Job Tips). Avevo tempo, faccio molta fatica a stare ferma. Conosco il lavoro, cosa vogliono i datori dai ragazzi, conosco il gap tra università e mondo lavorativo e quanto i ragazzi siano inconsapevoli di tante cose. Perciò sono scesa in campo e ho rotto un po’ di schemi iniziando a parlare di HR in un modo diverso. Perché spesso viene vista come una cosa impersonale, che non ‘scende’ al livello del candidato, e io volevo cambiare questa visione ‘reverenziale’. Sulla pagina parlo attraverso un linguaggio giovane, in maniera diretta, spontanea del mondo del lavoro. In più ci ho messo accanto la mia volontà di orientare le nuove generazioni verso il mondo del lavoro. Mi sono messa nei loro panni”.

E che riscontro sta avendo?

“Per me è stata una cosa nuova, non conoscevo il mezzo dal punto di vista professionale, ho dovuto un po’ reinventarmi anche io. Però il riscontro oggi è positivo, è una community di quasi 10 mila persone dove ci scambiamo pareri, ci confrontiamo. Sono diventata un po’ un punto di riferimento per i follower, soprattutto sui temi della selezione. Questa è un po’ la benzina che mi fa andare avanti”.

Ormai lei è punto di riferimento del settore. Era il suo sogno lavorare nell’HR e nella Talent acquisition?

“No, da piccola non avevo questo sogno. Sono sempre stata una persona molto determinata e ambiziosa, ma non avevo una direzione specifica. Però ho sempre avuto questa fame di voler fare qualcosa di diverso. L’università mi ha aiutata molto: quando ho avuto modo di approcciarmi ai primi esami che parlavano di HR ho capito che poteva essere il mio settore. Allora ho iniziato ad approfondire: cosa mi interessa? dove mi vedo? Sono sempre stata incuriosita dalla selezione. Per cui ho deciso di seguire i mio istinto, mi fido molto di questo. E ho deciso di fare il primo stage in una società di ricerca e selezione. È stato subito amore. Da lì in poi ho deciso che non avrei più voluto lasciarlo e, anche se seguo anche altre cose e ho fatto altre cose, il mio cuore batte per il Talent acquisition. Non era un sogno ma nel tempo lo è diventato: mi sono detta di voler essere un punto di riferimento da una parte per una community giovane, dall’altra per i professionisti. Per il futuro spero di continuare su questa strada e un obiettivo che mi sono data è divulgare ancora di più il mio know how magari scrivendo un libro”.

Diversità e inclusione. Cosa rappresentano queste due parole per lei?

“Diversità, per me, rappresenta la capacità di ascoltare diversi punti di vista, un ascolto attivo, e di mettersi in discussione. L’inclusione è abbracciare un po’ la diversità. Si legano, tanto. Diversità è saper ascoltare in maniera attiva, inclusione è lo sposare questo ascolto, diventare ambassador della diversità. Per noi come Haier il mondo della responsabilità sociale è pienamente integrato nella nostra strategia di business. Abbiamo tanto da fare ma è un punto importantissimo per noi e si lega al nostro modello organizzativo: vogliamo avere un impatto, creare valore per le comunità locali, un valore umano”.

Cosa consiglia ai giovani di oggi?

“Non deve mai mancare la curiosità. La pappa pronta non te la da nessuno, sei tu che ti devi mettere in discussione, senza cercare alibi. Investite su voi stessi, sulle vostre competenze, siate curiosi sempre”.

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  • "È passato un mese dall’incidente, e ogni giorno, penso costantemente a come le cose possano cambiare rapidamente e drasticamente, in un batter d’occhio, e in modi che non avrei mai potuto immaginare.”

Il protagonista di questa vicenda è Leonardo Lotto, studente aostano, che la mattina del 23 febbraio è rimasto vittima di un incidente in mare. Il ragazzo era a Melbourne con un gruppo di amici quando dopo un tuffo tra le onde sul bagnasciuga ha picchiato violentemente la testa contro il fondale di sabbia. In quel momento è iniziato l’incubo: prima gli amici lo hanno aiutato a uscire dall’acqua, poi la corsa disperata in ospedale. Dopo l’intervento d’urgenza, è arrivato il duro responso: “Frattura delle vertebre C3 e C5, spina dorsale danneggiata". Leonardo Lotto è paralizzato dalla testa in giù e non potrà più camminare.

"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
"Ricordiamoci che sono le persone a fare la differenza e grazie a loro posso poi continuare ad aumentare il circolo di creazione di valore". Mettere le persone al primo posto, scovare talenti, è il motore del suo lavoro ma anche un po' la sua 'missione di vita'. Sara Gigliotti ha 28 anni, viene da una piccola cittadina della Calabria ma ha studiato a Milano Economia e management in Bocconi. Ha iniziato a lavorare a 23 anni in una società di ricerca e selezione e da lì è nato l’amore verso questo ruolo che ha continuato a ricoprire negli anni successivi in varie realtà. Oggi è Talent acquisition e HR Project manager in Haier Europe, la  divisione dedicata alla produzione di elettrodomestici del gruppo che in Italia ha il suo headquarter. Un'azienda in crescita con un obiettivo strategico chiaro: essere la prima scelta dei consumatori nel segmento Smart home, puntando su intelligenza artificiale, IoT e connettività, sviluppando ecosistemi con i loro partner. "Haier Europe ha un modello organizzativo unico, nel senso che ci riteniamo ‘people oriented’ e mettiamo in pratica la filosofia della 'zero distance to consumer'. Fare in modo, ogni giorno, di essere la scelta del consumatore nelle soluzioni per la casa intelligente", spiega Sara. Una struttura di impresa orizzontale dove al centro c’è il consumatore. "Ognuno di noi deve essere un po' imprenditore di se stesso". Sara ci spiega meglio questa vostra filosofia? "Abbiamo tre valori fondanti, che rappresentano le Haier attitudes. Si parla di imprenditorialità, quindi ognuno di noi deve avere un approccio aperto, pro-attivo, cercando di cogliere i fabbisogni del mercato e di potenziare le competenze per garantire delle esperienze di valore agli utenti; si basa poi sulla ‘connectivity e ecosystems thinking’, quindi ogni dipendente deve approcciarsi in maniera iper collaborativa, rompendo un po’ i silos interni e esterni, creando un ecosistema aperto di utenti; e infine la ‘zero distance’, quindi ognuno deve essere vicino al proprio consumatore, abbattendo la distanza tra questo e l'azienda. Personalmente nel mio lavoro cerco di mettere le Haier attitudes in pratica, ad esempio la 'zero distance' vuol dire essere vicina da una parte ai miei candidati e dall’altra ai miei clienti interni, gli Haier manager. Invece per quanto riguarda l’imprenditorialità devo cercare di cogliere i segnali anche dall’esterno e portarli all’interno, devo dare il mio contributo e avere un impatto per cambiare lo status quo. E se penso all’IoT e all’Ecosystems Thinking credo che, nel momento in cui vado ad inserire un candidato, lo devo pensare in un’ottica aziendale, non solo all’interno di quel ruolo". In cosa consiste, in concreto, il suo lavoro per Haier Europe? E perché è così importante in azienda? "Il mio obiettivo principale è quello di aiutare l'azienda ad attrarre talenti. Ho due anime: da una parte come recruiter ricerco attivamente, seleziono persone, cercando di soddisfare le esigenze di assunzione considerando la direzione strategica. Poi in qualità di Employer brand ambassador ho il piacere di collaborare con l'università, i fornitori esterni, i colleghi, sempre con l'obiettivo di progettare insieme azioni e programmi specifici mirati ad attrarre potenziali candidati per il futuro. L'obiettivo finale è quello di posizionare l'azienda come Employer of Choise. Che vuol dire il datore di lavoro ideale che nella mente del candidato è il migliore. Credo che il ruolo di Talent acquisition sia strategico. Perché siamo il volto dell'azienda, il primo interlocutore con cui il candidato entra in contatto. E poi, il secondo motivo, è che abbiamo un impatto di business: l'azienda è fatta di persone e quindi andare a sbagliare inserimenti è un costo". Quindi quali sono le caratteristiche indispensabili per un Talent acquisition? "Per fare questo mestiere penso sia fondamentale avere quattro attitudini. Carisma: perché siamo degli ambassador, dobbiamo attrarre candidati in un mercato dinamico in cui la competizione è altissima. Intelligenza emotiva, per capire se quella persona va bene all'interno del mio contesto. Curiosità: i profili sono diversi e le competenze cambiano, dobbiamo sempre rimanere al passo. E infine business acume: dobbiamo capire cosa vuole il business, che tipo di ruolo dobbiamo cercare perché non dobbiamo dimenticare che siamo lì per aiutare l'azienda a crescere". Tutti possono essere imprenditori. Allora qual è il segreto del successo o la chiave per distinguersi come il/la migliore? "Per valutare un candidato mi baso su determinate caratteristiche. Ovviamente la competenza tecnica, deve rispondere ai fabbisogni del ruolo. Ma guardo anche tutto l'aspetto soft e devo assicurarmi che ci sia coerenza rispetto alla cultura aziendale. Qui rientrano in gioco le Haier attitudes: devo capire se quella persona può incarnarne i valori, quindi l'imprenditorialità, la capacità di essere vicini al consumatore e quella di pensare all'interno di un ecosistema. In generale, credo che la chiave per distinguere una persona come 'il/la migliore' è che questa abbia disciplina, sia disposta al sacrificio, deve essere organizzata e deve essere credibile. La credibilità passa per la competenza, che devi alimentare ogni giorno perché non è mai abbastanza. Se vuoi essere un imprenditore e vuoi essere il migliore sono queste le caratteristiche che non possono mancarti". Cos'è il talento oggi? "Una definizione di talento è difficile di per sé. Di base credo che ognuno di noi ne abbia uno, deve soltanto scoprirlo e investirci del tempo, perché il talento senza sacrificio, disciplina e competenza non si alimenta. In generale oggi, anche alla luce della pandemia, per me il talento è la capacità di reinventarsi in contesti e ambienti sociali e temporali ostili. Se pensiamo all'anno che abbiamo passato tutti abbiamo perso tanto. Ma chi si è reinventato, cambiando direzione o facendo qualcosa di diverso, ha colto una grande opportunità perché si è aperto una strada. Per me questo è un po' il talento, la capacità di dire "ok, questo è il contesto, queste sono le avversità. Cosa posso fare per raggiungere i miei obiettivi?"" Il suo canale Instagram 'Human Recruiter' è nato proprio durante il lockdown. Ce ne parla? "Ero molto frustrata dalla situazione, sono stata anche in cassa integrazione per un po'. E mi sono chiesta: ma io cosa posso fare di diverso per lasciare un impatto sociale, per essere soddisfatta e felice? Ma anche per impegnare il mio tempo in un modo produttivo. E così è nato il mio canale (@Sara Gigliotti - Job Tips). Avevo tempo, faccio molta fatica a stare ferma. Conosco il lavoro, cosa vogliono i datori dai ragazzi, conosco il gap tra università e mondo lavorativo e quanto i ragazzi siano inconsapevoli di tante cose. Perciò sono scesa in campo e ho rotto un po' di schemi iniziando a parlare di HR in un modo diverso. Perché spesso viene vista come una cosa impersonale, che non 'scende' al livello del candidato, e io volevo cambiare questa visione 'reverenziale'. Sulla pagina parlo attraverso un linguaggio giovane, in maniera diretta, spontanea del mondo del lavoro. In più ci ho messo accanto la mia volontà di orientare le nuove generazioni verso il mondo del lavoro. Mi sono messa nei loro panni". E che riscontro sta avendo? "Per me è stata una cosa nuova, non conoscevo il mezzo dal punto di vista professionale, ho dovuto un po' reinventarmi anche io. Però il riscontro oggi è positivo, è una community di quasi 10 mila persone dove ci scambiamo pareri, ci confrontiamo. Sono diventata un po' un punto di riferimento per i follower, soprattutto sui temi della selezione. Questa è un po' la benzina che mi fa andare avanti". Ormai lei è punto di riferimento del settore. Era il suo sogno lavorare nell'HR e nella Talent acquisition? "No, da piccola non avevo questo sogno. Sono sempre stata una persona molto determinata e ambiziosa, ma non avevo una direzione specifica. Però ho sempre avuto questa fame di voler fare qualcosa di diverso. L'università mi ha aiutata molto: quando ho avuto modo di approcciarmi ai primi esami che parlavano di HR ho capito che poteva essere il mio settore. Allora ho iniziato ad approfondire: cosa mi interessa? dove mi vedo? Sono sempre stata incuriosita dalla selezione. Per cui ho deciso di seguire i mio istinto, mi fido molto di questo. E ho deciso di fare il primo stage in una società di ricerca e selezione. È stato subito amore. Da lì in poi ho deciso che non avrei più voluto lasciarlo e, anche se seguo anche altre cose e ho fatto altre cose, il mio cuore batte per il Talent acquisition. Non era un sogno ma nel tempo lo è diventato: mi sono detta di voler essere un punto di riferimento da una parte per una community giovane, dall'altra per i professionisti. Per il futuro spero di continuare su questa strada e un obiettivo che mi sono data è divulgare ancora di più il mio know how magari scrivendo un libro". Diversità e inclusione. Cosa rappresentano queste due parole per lei? "Diversità, per me, rappresenta la capacità di ascoltare diversi punti di vista, un ascolto attivo, e di mettersi in discussione. L'inclusione è abbracciare un po' la diversità. Si legano, tanto. Diversità è saper ascoltare in maniera attiva, inclusione è lo sposare questo ascolto, diventare ambassador della diversità. Per noi come Haier il mondo della responsabilità sociale è pienamente integrato nella nostra strategia di business. Abbiamo tanto da fare ma è un punto importantissimo per noi e si lega al nostro modello organizzativo: vogliamo avere un impatto, creare valore per le comunità locali, un valore umano". Cosa consiglia ai giovani di oggi? "Non deve mai mancare la curiosità. La pappa pronta non te la da nessuno, sei tu che ti devi mettere in discussione, senza cercare alibi. Investite su voi stessi, sulle vostre competenze, siate curiosi sempre".
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