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Home » Lifestyle » Sempre più odio e violenza nel linguaggio web. Combattiamoli con l’educazione digitale a scuola

Sempre più odio e violenza nel linguaggio web. Combattiamoli con l’educazione digitale a scuola

L'insegnamento scolastico del corretto uso del linguaggio in rete è uno degli obiettivi di Parole O_stili, l'associazione che ha redatto un manifesto per eliminare dal web espressioni intolleranti e offensive. "Rosy Russo: "la rete è especchio della società: donne, immigrati, disabili, mondo +lgtb sono le vittime più frequenti"

Giancarlo Ricci
16 Aprile 2021
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L’associazione no-profit Parole O_Stili è nata a Trieste nell’agosto 2016. Ha l’obiettivo di responsabilizzare ed educare gli utenti della Rete a scegliere forme di comunicazione non ostile. Promuove i valori espressi nel “Manifesto della comunicazione non ostile”. Organizza iniziative di sensibilizzazione e formazione. Si rivolge a tutti i cittadini consapevoli del fatto che “virtuale è reale”, e che l’ostilità in Rete ha conseguenze concrete, gravi e permanenti nella vita delle persone.
Parole O_Stili lavora con le scuole, le università, le imprese, le associazioni e le istituzioni nazionali e territoriali per diffondere le pratiche virtuose della comunicazione in Rete, e per promuovere una consapevolezza diffusa delle responsabilità individuali. Abbiamo incontrato la sua fondatrice presidente, Rosy Russo.
Come nasce l’idea di Parole_O_stili?
“Lavoro nel mondo della comunicazione da sempre, ho una piccola agenzia a Trieste e quattro anni e mezzo fa, con alcuni colleghi abbiamo cominciato a confrontarci sui primi fenomeni d’odio che circolavano sul web. Ho quindi deciso di mandare un messaggio ad una sessantina fra giornalisti, politici, comunicatori, influencer, che avevo conosciuto grazie al mio lavoro chiedendo loro se provavano lo stesso mio disagio nel notare come, in rete, si stesse diffondendo questa ‘cultura dell’odio’. Tutti hanno risposto che avevano lo stesso problema e alla fine abbiamo deciso di realizzare vero e proprio manifesto. Lo abbiamo pubblicato sui social, chiedendo a tutti di contribuire e il 17 febbraio 2017  pubblicammo il ‘manifesto della comunicazione non ostile'”.
Gli effetti?
“Il tutto è poi diventato una vera e propria missione: creare consapevolezza nel vivere la rete. A me piace dire che internet è come una nuova stanza della nostra vita. C’è chi ci entra di più, chi di meno, chi l’ha già arredata, chi invece ha un grande casino dentro. Ma abbiamo tutti una stanza in più con cui dobbiamo fare i conti, ed è una stanza dove anche i più giovani possono esporsi uscendo in balcone o affacciandosi alla finestra. Ecco, facendolo si può però incontrare chi può offenderli, ferirli o anche far loro del male; e quando rientrano in questa stanza, noi dobbiamo esserci per poterli aiutare. Ma dobbiamo conoscere bene quella stanza, e tutti quello che ci può girare dentro, nel bene e nel male”.
Dove e a chi portate questo manifesto?
“Siamo subito entrati nel mondo della scuola. Continuiamo a collaborare con il ministero della Pubblica istruzione, ma abbiamo anche incontrato insegnanti che, conosciuto il manifesto, hanno chiesto aiuto per farlo arrivare nelle classi, raccontarlo e spiegarlo ai ragazzi. Assieme a loro abbiamo quindi creato oltre 200 schede didattiche pensate per le scuole di ogni ordine e grado. Il nostro sogno, ne stiamo già parlando col ministero, è arrivare ad un’ora di ‘educazione digitale’ in tutte le scuole. Sarebbe un risultato fantastico e aiuterebbe i giovani a crescere con una consapevolezza diversa di quelli che sono i vantaggi e i rischi della rete”.
Non vi siete però limitati solo alle scuole.
“Abbiamo diffuso il manifesto anche alla politica. Nel dicembre del 2017  sottoponemmo la declinazione del manifesto per il mondo politico, a una trentina tra spin doctor e comunicatori, affidando loro alcuni principi e chiedendo di aiutarci a declinarlo nel loro settore. Stessa operazione l’abbiamo fatta con le aziende, nazionali e multinazionali”.
Ogni settore, una versione del manifesto. 
“Alla fine sono usciti diversi manifesti: per la politica, per le scuole, per le aziende, per le istituzioni, per lo sport, per la scienza. A giugno del 2019 presentammo il manifesto dell’inclusione, che usiamo all’interno delle aziende. Esiste anche una declinazione del nostro manifesto per i bambini di tre o quattro anni. Una guida che aiuta i genitori a raccontare loro i nostri dieci principi. Il più grande risultato che abbiamo ottenuto è che oggi si parla del nostro manifesto senza che noi facciamo più nulla, se ne parla in maniera spontanea”
Internet e i social come megafono dei linguaggi violenti. A che punto siamo e quanto è grave il problema?
“Purtroppo, non ho buone notizie. Recentemente, grazie al contributo di SWG (azienda che progetta e realizza ricerche di mercato ndr) abbiamo realizzato una ricerca sull’odio online. E’ emerso è che nel 2017 la percezione dell’odio sul web era al 64%, nel 2019 era calata al 54%, nel 2021 è risalita e siamo praticamente tornati ai valori di partenza. Sicuramente la pandemia sta esasperando un po’ tutto. Lo si vede da tante cose. La volgarità dilaga, la maleducazione pure e la violenza digitale è, purtroppo, arrivata un po’ ovunque. In questo momento c’è una maggiore accessibilità alla rete, e se non c’è educazione e non si fa cultura le persone che si affacciano sul web per la prima volta non sanno come comportarsi e diventano vittime, o protagonisti di episodi spiacevoli di varia natura. Finché la pandemia non finirà, credo che questa escalation continuerà”.
Quali sono le categorie più colpite dal linguaggio violento?
“Sostanzialmente, le stesse già colpite nel mondo reale: donne, disabili, mondo LGBT+, immigrati. Da questo punto di vista non vediamo differenze tra mondo reale e digitale”.
Quali sono invece, i sistemi che vengono usati per offendere e discriminare in rete?
“In generale esiste proprio un’intolleranza alla diversità. Il body shaming (commenti offensivi, sarcastici e velenosi, su chi si mostra “troppo grasso”, “troppo magro” o semplicemente ha un corpo che non corrisponde ai parametri imposti dalla società, ndr) è sicuramente uno dei fenomeni più diffusi. Ma anche la religione, spesso, viene utilizzata per discriminazioni digitali di ogni genere. In fondo, il web, non è altro che un altro modo di rappresentare la realtà e purtroppo il digitale è specchio del mondo reale. Solo che qui è molto più facile discriminare perché si hanno più strumenti”.
Una parola che voi amate ed usate molto è “consapevolezza”. Perché secondo voi questo termine è così importante?
“Essere consapevoli di dove ci si trova è fondamentale per essere rispettosi di sé e degli altri. Se sei consapevole di essere nel mondo digitale, che viaggia ad una certa velocità ed amplifica ogni cosa, devi essere capace di scegliere le parole giuste per evitare che siano offensive per qualcuno. Devi prenderti del tempo per valutare quello che stai per fare o per dire. E invece, in rete tutti corrono, tutti credono di dover fare le cose di fretta e reagire immediatamente. Perché se è vero che le relazioni sono il cuore della nostra vita, dobbiamo sempre ricordarci che quello che ci portiamo dentro sono le persone che abbiamo incontrato, quello che ci hanno detto, quello che ci hanno fatto provare. Che sia al lavoro, a casa o su un social network. Ripeto: internet è solo un’altra stanza dove viviamo la nostra vita. Perché se nella vita reale dosiamo le parole, non facciamo lo stesso sul web?”.

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Una vera e propria montagna di letame è stata infatti scaricata questa mattina al grattacielo della Regione Piemonte, insieme a tanti fiori lasciati sopra. 

Due persone si sono arrampicate sulla tettoia dell’ingresso e i trovano ancora li. Al posto dell’insegna portata via dal vento qualche settimana fa, hanno appeso l’enorme scritta “Dalla regione non nasce niente, dal letame nascono i fiori”, riprendendo una canzone di Fabrizio De André. 

Una chiara denuncia dell
  • Riccardo Monco parte da una location d’eccellenza, Enoteca Pinchiorri di Firenze, uno dei ristoranti italiani più conosciuti al mondo e approda come new entry tra i giudici della sfida Alessandro Borghese Celebrity Chef (su TV8, dal lunedì al venerdì alle 19.10), Monco più che chef, si sente un cuoco.

🗣 Non è una diminutio?

“Assolutamente no, chef in realtà significa capo, in cucina è colui che comanda, come il capo cuoco, appunto, o il capo partita. Ormai lo chef ha assunto i connotati di un personaggio mitologico, proprio in virtù dei tanti show cooking proposti. Un’arma a doppio taglio”.

🗣 In che senso?

“Sono tantissimi i giovani che sognano di indossare una giacca da cuoco, ma fra quello che si vede fare in Tv e la fatica vera che richiede la cucina, c’è una differenza abissale”.

🗣 Vuol dire che avere l’ambizione non sempre corrisponde all’effettiva voglia di fare?

“Un po’ è così. Le nuove generazioni hanno un’idea precisa della qualità della vita, la fatica e gli orari della cucina non vanno bene per tutti”.

🗣 Dall’alto delle sue tre stelle Michelin, cosa consiglia agli aspiranti chef?

L
  • Un assistente di volo speciale ha viaggiato da Londra Heathrow a Los Angeles sorprendendo i passeggeri a bordo.

@lewiscapaldi ha presentato il suo nuovo singolo “Wish You The Best” con uno show ad alta quota, servendo snack e bevande. 

#lucenews #lewiscapaldi #wishyouthebest
  • Utero in affitto e adozioni per gli omosessuali. Sono temi caldissimi. Intanti il Parlamento europeo censura il governo italiano per la recente circolare del ministro Piantedosi che ha bloccato le registrazioni all’anagrafe dei figli di coppie gay, effettuate da alcuni sindaci. 

All’Eurocamera è stato infatti approvato un emendamento al testo della Risoluzione sullo Stato di diritto che condanna la circolare perché porterebbe “alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli”, e invita anche Roma "a revocare immediatamente la decisione”. Un invito che il governo non ha intenzione di seguire, e che è stato criticato dal centrodestra e salutato positivamente dalle opposizioni, unite questa volta sia in Italia che a Bruxelles. 

✍ Ma com’è la legislazione attuale in Italia su questi temi?

L
L’associazione no-profit Parole O_Stili è nata a Trieste nell’agosto 2016. Ha l’obiettivo di responsabilizzare ed educare gli utenti della Rete a scegliere forme di comunicazione non ostile. Promuove i valori espressi nel “Manifesto della comunicazione non ostile”. Organizza iniziative di sensibilizzazione e formazione. Si rivolge a tutti i cittadini consapevoli del fatto che “virtuale è reale”, e che l’ostilità in Rete ha conseguenze concrete, gravi e permanenti nella vita delle persone.
Parole O_Stili lavora con le scuole, le università, le imprese, le associazioni e le istituzioni nazionali e territoriali per diffondere le pratiche virtuose della comunicazione in Rete, e per promuovere una consapevolezza diffusa delle responsabilità individuali. Abbiamo incontrato la sua fondatrice presidente, Rosy Russo.
Come nasce l’idea di Parole_O_stili?
"Lavoro nel mondo della comunicazione da sempre, ho una piccola agenzia a Trieste e quattro anni e mezzo fa, con alcuni colleghi abbiamo cominciato a confrontarci sui primi fenomeni d’odio che circolavano sul web. Ho quindi deciso di mandare un messaggio ad una sessantina fra giornalisti, politici, comunicatori, influencer, che avevo conosciuto grazie al mio lavoro chiedendo loro se provavano lo stesso mio disagio nel notare come, in rete, si stesse diffondendo questa 'cultura dell’odio'. Tutti hanno risposto che avevano lo stesso problema e alla fine abbiamo deciso di realizzare vero e proprio manifesto. Lo abbiamo pubblicato sui social, chiedendo a tutti di contribuire e il 17 febbraio 2017  pubblicammo il 'manifesto della comunicazione non ostile'".
Gli effetti?
"Il tutto è poi diventato una vera e propria missione: creare consapevolezza nel vivere la rete. A me piace dire che internet è come una nuova stanza della nostra vita. C’è chi ci entra di più, chi di meno, chi l’ha già arredata, chi invece ha un grande casino dentro. Ma abbiamo tutti una stanza in più con cui dobbiamo fare i conti, ed è una stanza dove anche i più giovani possono esporsi uscendo in balcone o affacciandosi alla finestra. Ecco, facendolo si può però incontrare chi può offenderli, ferirli o anche far loro del male; e quando rientrano in questa stanza, noi dobbiamo esserci per poterli aiutare. Ma dobbiamo conoscere bene quella stanza, e tutti quello che ci può girare dentro, nel bene e nel male".
Dove e a chi portate questo manifesto?
"Siamo subito entrati nel mondo della scuola. Continuiamo a collaborare con il ministero della Pubblica istruzione, ma abbiamo anche incontrato insegnanti che, conosciuto il manifesto, hanno chiesto aiuto per farlo arrivare nelle classi, raccontarlo e spiegarlo ai ragazzi. Assieme a loro abbiamo quindi creato oltre 200 schede didattiche pensate per le scuole di ogni ordine e grado. Il nostro sogno, ne stiamo già parlando col ministero, è arrivare ad un’ora di 'educazione digitale' in tutte le scuole. Sarebbe un risultato fantastico e aiuterebbe i giovani a crescere con una consapevolezza diversa di quelli che sono i vantaggi e i rischi della rete".
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"Abbiamo diffuso il manifesto anche alla politica. Nel dicembre del 2017  sottoponemmo la declinazione del manifesto per il mondo politico, a una trentina tra spin doctor e comunicatori, affidando loro alcuni principi e chiedendo di aiutarci a declinarlo nel loro settore. Stessa operazione l’abbiamo fatta con le aziende, nazionali e multinazionali".
Ogni settore, una versione del manifesto. 
"Alla fine sono usciti diversi manifesti: per la politica, per le scuole, per le aziende, per le istituzioni, per lo sport, per la scienza. A giugno del 2019 presentammo il manifesto dell’inclusione, che usiamo all’interno delle aziende. Esiste anche una declinazione del nostro manifesto per i bambini di tre o quattro anni. Una guida che aiuta i genitori a raccontare loro i nostri dieci principi. Il più grande risultato che abbiamo ottenuto è che oggi si parla del nostro manifesto senza che noi facciamo più nulla, se ne parla in maniera spontanea"
Internet e i social come megafono dei linguaggi violenti. A che punto siamo e quanto è grave il problema?
"Purtroppo, non ho buone notizie. Recentemente, grazie al contributo di SWG (azienda che progetta e realizza ricerche di mercato ndr) abbiamo realizzato una ricerca sull’odio online. E' emerso è che nel 2017 la percezione dell’odio sul web era al 64%, nel 2019 era calata al 54%, nel 2021 è risalita e siamo praticamente tornati ai valori di partenza. Sicuramente la pandemia sta esasperando un po’ tutto. Lo si vede da tante cose. La volgarità dilaga, la maleducazione pure e la violenza digitale è, purtroppo, arrivata un po’ ovunque. In questo momento c’è una maggiore accessibilità alla rete, e se non c’è educazione e non si fa cultura le persone che si affacciano sul web per la prima volta non sanno come comportarsi e diventano vittime, o protagonisti di episodi spiacevoli di varia natura. Finché la pandemia non finirà, credo che questa escalation continuerà".
Quali sono le categorie più colpite dal linguaggio violento?
"Sostanzialmente, le stesse già colpite nel mondo reale: donne, disabili, mondo LGBT+, immigrati. Da questo punto di vista non vediamo differenze tra mondo reale e digitale".
Quali sono invece, i sistemi che vengono usati per offendere e discriminare in rete?
"In generale esiste proprio un’intolleranza alla diversità. Il body shaming (commenti offensivi, sarcastici e velenosi, su chi si mostra “troppo grasso”, “troppo magro” o semplicemente ha un corpo che non corrisponde ai parametri imposti dalla società, ndr) è sicuramente uno dei fenomeni più diffusi. Ma anche la religione, spesso, viene utilizzata per discriminazioni digitali di ogni genere. In fondo, il web, non è altro che un altro modo di rappresentare la realtà e purtroppo il digitale è specchio del mondo reale. Solo che qui è molto più facile discriminare perché si hanno più strumenti".
Una parola che voi amate ed usate molto è “consapevolezza”. Perché secondo voi questo termine è così importante?
"Essere consapevoli di dove ci si trova è fondamentale per essere rispettosi di sé e degli altri. Se sei consapevole di essere nel mondo digitale, che viaggia ad una certa velocità ed amplifica ogni cosa, devi essere capace di scegliere le parole giuste per evitare che siano offensive per qualcuno. Devi prenderti del tempo per valutare quello che stai per fare o per dire. E invece, in rete tutti corrono, tutti credono di dover fare le cose di fretta e reagire immediatamente. Perché se è vero che le relazioni sono il cuore della nostra vita, dobbiamo sempre ricordarci che quello che ci portiamo dentro sono le persone che abbiamo incontrato, quello che ci hanno detto, quello che ci hanno fatto provare. Che sia al lavoro, a casa o su un social network. Ripeto: internet è solo un’altra stanza dove viviamo la nostra vita. Perché se nella vita reale dosiamo le parole, non facciamo lo stesso sul web?".
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