Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

Stefano e il suo "Bambino 23": "Servono forza e aiuti concreti per vincere la Bestia di Brando"

di GIOVANNA ROMANO -
20 gennaio 2022
luce1

luce1

Stefano e il figlio Brando, colpito da una mutazione genetica della sindrome di West

CAMK2B. Sembra una password, un mezzo codice fiscale, un nickname impronunciabile. E invece è il nome di una rara forma di mutazione genetica che si manifesta nei primi mesi di vita con la comparsa di crisi epilettiche. Una mutazione che ha colpito ventitré bambini in tutto il mondo, uno solo in Italia. Lui si chiama Brando, occhi profondamente scuri, riccioli neri, la fotocopia del fratello maggiore Alessandro se non fosse per la bestia che a sei mesi ha preso possesso del suo corpo, della sua vita, della sua famiglia. Stefano Buttafuoco è un nome noto nel mondo del pugilato ed è un giornalista del servizio pubblico, autore del libro Il Bambino 23, la storia e i Sogni di Brando e de Il cacciatore di sogni, programma tv nato dopo aver maturato la sua intima esperienza con la disabilità. La bestia è il nome che lui e la moglie Alessia hanno dato alla malattia di Brando, prima ancora di sapere di cosa di trattasse. Tutto è iniziato una notte, senza preavviso. "Un rantolo sordo, il visino bianco, le gambe rigide al punto di far scomparire la rotondità delle ginocchia. Un pezzo di marmo impossibile da piegare. La corsa in ospedale, lo smarrimento e il senso di impotenza che ti blocca. Da quella notte è cambiata la vita di tutta la nostra famiglia, è stato l’anno zero".

Stefano Buttafuoco è l'autore del libro "Il Bambino 23, la storia e i sogni di Brando" e del programma "Il cacciatore di sogni"

Poi La bestia ha avuto un nome… "Abbiamo fatto l’analisi dell’esoma che studia circa 20mila geni e il risultato è stato come una doccia fredda. Non eravamo preparati. Oggi viviamo alla giornata, con la consapevolezza che ci potrà essere qualche miglioramento, ma difficilmente la guarigione. Nel 50-60% dei casi l'epilessia è resistente alle cure e, anche se gli spasmi possono essere tenuti sotto controllo con i farmaci, non esiste un rimedio al rallentamento psicomotorio che la malattia comporta. Non so cosa ci sia di più difficile da affrontare per una famiglia che di fatto è lasciata a se stessa: dal momento in cui ci hanno comunicato il nome della mutazione abbiamo dovuto arrangiarci: mia moglie ha dovuto lasciare il lavoro e ogni giorno siamo alla ricerca di soluzioni per alleviare le crisi di Brando". La ricerca scientifica non aiuta? "Purtroppo non c’è sufficiente letteratura in merito. Le malattie rare identificate sono più di 6000 ma coinvolgono pochi soggetti per tipologia, un numero troppo esiguo per sperare nella scienza. Ci sono delle terapie geniche sperimentali che funzionano per alcune mutazioni, ma non nel nostro caso, quindi possiamo lavorare solo sui sintomi. Abbiamo trovato un centro in Olanda, ad Amsterdam, che sta studiando questa mutazione: al momento la ricerca è a livello embrionale e si basa anche sui dati che forniamo noi e le altre 22 famiglie".

Marco Liorni e Stefano Buttafuoco

Una comunità che avete trovato sui social… "Appena abbiamo saputo di cosa si trattava abbiamo fatto un po’ di ricerche e abbiamo trovato un gruppo Facebook di famiglie che vivevano la nostra stessa situazione. Speravo di avere delle risposte, delle soluzioni, ma in realtà anche loro, nel loro Paese – dalla Cina agli Stati Uniti – si sono trovati nella nostra condizione. Siamo accomunati dal centro ricerche olandese, che è la nostra unica speranza concreta. Per ora ci consoliamo a vicenda condividendo i piccoli progressi dei figli". Chi vi fornisce un aiuto concreto? "Senz’altro la scuola: Brando va all’asilo e lì passa delle ore molto tranquille, forse perché è in mezzo ai coetanei. I giorni del fine settimana sono assolutamente i più difficili: Brando ha un comportamento spesso autolesionistico e dobbiamo usare tutta la nostra forza per contenerlo". Di cosa hanno bisogno le famiglie con dei figli disabili? "C’è bisogno di un aiuto concreto, pratico: va bene l’incoraggiamento, ma quello che serve davvero è un amico che, anche una volta a settimana, per un’ora, si mette a disposizione per aiutarti a fare quello di cui c’è bisogno: dal fare la spesa o delle commissioni all’accompagnare Brando a fare fisioterapia o Alessandro all’allenamento. Alle famiglie serve veramente una comunità che condivida con loro questo percorso. Noi iniziamo a prendere le misure, ma all’inizio c’è stato uno smarrimento che ancora ogni tanto riappare". A cosa si aggrappa in quei momenti? "Allo sport, al mio lavoro, all’esempio di mia moglie, alla forza di Alessandro che mi stupisce sempre per quanto è maturo alla sua età. Ogni tanto cerchiamo momenti di normalità e usciamo tutti insieme a cena, andiamo a fare una gita. Abbiamo ricalcolato tutto il percorso della nostra vita dopo quella notte".

Buttafuoco nel suo programma "Il cacciatore di sogni" si confronta con il mondo della disabilità, raccontando la storia di tante persone "che conducono una vita comunque sognata"

Questa esperienza l'ha cambiata? "Brando mi ha spogliato di ogni sovrastruttura. Mi ha fatto capire l’importanza della sostanza, dell’essenzialità ed ha cambiato i miei parametri di giudizio e di riferimento. È indubbio negarlo. La mia vita è cambiata ma mi ha insegnato a godere ancora di più delle piccole cose della vita quotidiana. Serve forza, tanta forza per andare avanti, spesso mi chiedo se sono il pugile o il sacco, come dico anche nel mio libro. Ma il mondo della disabilità nasconde storie straordinarie che ho voluto raccontare in un programma che ho ideato e condotto. Si chiama “Il cacciatore di sogni” ed è un programma in onda su Rai Tre che racconta la storia di tante persone che conducono una vita comunque sognata, nonostante siano partite qualche metro dietro gli altri".