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Home » Lifestyle » Un anno di storie da mettere in Luce!: il 2022 nei ritratti della speranza e del coraggio

Un anno di storie da mettere in Luce!: il 2022 nei ritratti della speranza e del coraggio

Bambini, donne, uomini, persone transgender: quello che vi abbiamo raccontato su Luce! è stato un anno pieno di persone, vero motore della società e protagoniste assolute delle nostre 'pagine'

Marianna Grazi
1 Gennaio 2023
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Un saggio, in un film che amo, dice: “La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda… di accendere la luce“. Con l’inizio del 2023 molte delle tenebre che ci circondano, dal cambiamento climatico alla guerra, dalla fame e le carestie ai diritti calpestati, continuano a diffondersi, a dilagare, un’onda nera che attanaglia il mondo intero e di cui non si conosce inizio né fine. Ma nelle ombre più dense, più scure, brillano le luci più forti. Quello appena trascorso è stato un anno pieno di avvenimenti ma soprattutto è stato un anno di persone: quelle che hanno segnato un’epoca, quelle che con gesti semplici hanno cambiato la loro o l’altrui vita, personaggi che ci hanno lasciato. Donne, uomini, persone queer, bambini, ragazze… Un anno di storie minute e giganti, belle e brutte, tristi e felici. Un anno di Luce! Per celebrare e ricordare il 2022 abbiamo scelto dieci storie, quelle che hanno segnato una svolta, un piccolo o grande cambiamento. Quelle che, insomma, hanno acceso una scintilla di speranza in un contesto di disperazione.
E l’augurio, che vogliamo rivolgere a tuttə, è che quest’anno questi piccoli barlumi di gioia, di buone notizie, possano crescere, possano diventare tanti, in tutto il mondo, per spazzare via le tenebre. Perché un sorriso può illuminare anche la notte più buia.

Mustafa: dalla Siria alla nuova vita in Italia

La foto simbolo di Mustafa in braccio a suo padre Munzir

Il primo sorriso che ricordiamo, del 2022, è quello del bambino siriano Mustafa, 6 anni, nato senza arti superiori e inferiori a causa dei bombardamenti e della guerra in Siria. Il bambino e la sua famiglia, a gennaio dello scorso anno, sono stati trasferiti in Italia per iniziare una nuova vita nel nostro Paese. La foto che lo ritrae, felice, in braccio al padre Munzir El Nezzel, 35 anni, anche lui rimasto mutilato a causa delle bombe, scattata dal fotografo turco Mehmet Aslan, è un simbolo di amore e rinascita, della speranza negli occhi di un bambino che, dopo le macerie, guarda finalmente fiducioso al suo futuro.

La solidarietà “vince” la guerra in Ucraina

La piccola Sasha ha perso il braccio a causa dei bombardamenti a Kiev

E se di conflitti si parla, purtroppo non ci possiamo dimenticare che il 2022 è stato l’anno in cui la guerra è tornata a scoppiare alle porte dell’Europa, in Ucraina: a fine febbraio il mondo intero è stato scosso dalla notizia dell’invasione del Paese da parte delle truppe russe. Da quel momento, nel susseguirsi di bombe, missili e, purtroppo, morte e distruzione, si è però accesa la macchina della solidarietà internazionale: piccoli e grandi gesti di supporto alla popolazione colpita, da chi, anche nel nostro Paese, ha deciso di accogliere le famiglie sfollate, come quella di Mario Sabatino e sua moglie Olena, che hanno trovato rifugio a Firenze, ai personaggi famosi (ad esempio David Beckham, che ha ceduto il suo account Instagram ad una dottoressa che salva donne incinte e neonati a Kharkiv) che hanno deciso di supportare la causa della popolazione ucraina, con donazioni, visite e appelli alla pace. La storia che vogliamo ricordare, per tenere alta l’attenzione su quello che ancora oggi è un conflitto aperto, è la storia di Sasha, una bimba di nove anni che ha perso il braccio in un bombardamento a Kiev mentre con la famiglia cercava di scappare dalla città. In ospedale la bimba aveva avanzato una richiesta commovente: “Potete regalarmi una protesi rosa con i fiorellini?“. Un desiderio esaudito in Italia, a Roma, dove la piccola è stata trasferita con la mamma.

Gli imprenditori che puntano sulle mamme

Eleonora Sepe con sua figlia Bianca

Che il nostro Paese abbia seri problemi con le mamme, o meglio, con le tutele che (non) supportano le donne che scelgono di avere una famiglia ma vogliono comunque continuare a lavorare, è ormai un fatto assodato. Ma ci sono, anche in questo caso, esempi virtuosi che brillano per la loro lungimiranza: una di questi è Virginia Sciré, 43enne di Castelfranco Veneto, che nella sua azienda “Wear me” assume principalmente donne, giovani, possibilmente mamme. A nessuna viene chiesto di rinunciare alla propria vita familiare, né soprattutto alla propria maternità, pur di poter lavorare. Oppure c’è Simone Terreni, imprenditore toscano che lavora come managing director presso la VoipVoice di Montelupo Fiorentino (Empoli), che ha assunto Federica Granai, 27 anni nonostante fosse incinta. E c’è Eleonora Sepe, ccon sé l’esperienza di donna di 40 anni assunta al nono mese di gravidanza, a 40 anni – checché ne dica Elisabetta Franchi, le quarantenni possono essere lavoratrici e neo mamme – da una società di consulenza aziendale di Torino.

Una donna trans alla corte del Papa

Alessia Nobile incontra Papa Francesco

Siamo certe che, nonostante la gioia di averlo potuto incontrare, di avergli consegnato il suo libro, Alessia Nobile non si aspettasse certo di ricevere una lettera da Papa Francesco, in cui il Pontefice le scrive che “Agli occhi di Dio siamo tutti suoi figli, e questo è quello che conta”. La donna, transgender pugliese, prima ad ottenere il cambio di genere sui documenti nella Regione, si è sempre definita infatti una “Bambina Invisibile” tanto che questa definizione è diventata poi il titolo di un libro in cui ha ripercorso la sua esistenza, che ha regalato in udienza al Santo Padre. La sincerità e la spontaneità di Alessia hanno colpito e commosso Francesco, che a distanza di alcuni mesi ha voluto ricordare quell’incontro, scrivendole una lettera in cui, racconta “Mi ha infuso tanto coraggio e mi ha raccomandato di raccontarmi, senza smettere mai di farlo, a beneficio anche di quelle persone che vivono una esperienza come la mia e non hanno voce”.

Mamma Jennifer: cacciata di casa e accolta Firenze

Jennifer e Viola a Piazzale Michelangelo, Firenze

Un altra storia minuta, un’altra scintilla di speranza, riguarda ancora una mamma: è quella accesa a Firenze e dintorni, da tutti i cittadini che hanno risposto all’appello di Jennifer, una giovane donna di 36 anni abbandonata dal compagno ad inizio gravidanza, che a giugno 2022 si è rivolta ai media per lanciare una richiesta disperata. Rimasta senza casa e senza lavoro, con una bimba di appena 11 mesi da mantenere e crescere, Jennifer cercava urgentemente una sistemazione su Firenze, ma fino ad allora si era vista sbattere tante, troppe porte in faccia: “Purtroppo molti proprietari non gradiscono bambini e sto avendo veramente tanta difficoltà a trovare un posto per noi”. Una ricerca che avevamo deciso di rilanciare su Luce! e che, sin dal giorno successivo, ci aveva lasciate senza parole per la risposta ricevuta: centinaia di messaggi da parte di famiglie, cittadini e cittadine che volevano offrire un alloggio alle due.

Al Jova Beach Party in carrozzina: la vittoria di Enrico

Enrico circondato dai suoi amici

Un altro appello, un’altra richiesta, un’altra luce che si accende. Questa volta parliamo di Enrico, 57enne di Mantova che, grazie ad un articolo sul nostro canale è riuscito a realizzare il suo sogno: assistere al concerto di Jovanotti a Viareggio, durante il tour estivo “Jova Beach Party”. Un sogno che per lui, in sedia a rotelle da decenni, sembrava sfumare di fronte a una burocrazia che a volte rappresenta un muro più difficile da buttar giù di quelli fisici. L’uomo si era rivolto a Luce! raccontando di non essere riuscito ad acquistare il suo biglietto, perché nonostante la sua disabilità – e a causa di questa – gli veniva chiesto di recarsi in una biglietteria fisica in Toscana per ottenere uno dei pochi biglietti riservati alle persone con problematiche di accesso. È così che, venuto a conoscenza del suo caso, il sindaco di Viareggio in persona, Giorgio del Ghingaro, si è interessato alla vicenda e ha contattato l’organizzatore dell’evento per far avere i biglietti ad Enrico e al suo accompagnatore, e dando la possibilità in questo modo al mantovano di godersi un’incredibile giornata al ritmo della musica di Jova.

Federico Carboni, la libertà di morire

Federico Carboni, conosciuto come “Mario” primo paziente a ottenere l’accesso in Italia al suicidio assistito

Ci sono storie, poi, che hanno un lieto fine anche se agli occhi di tanti non sembra tale. Storie che parlano della scomparsa,  della morte, di persone. E allora dove sarebbe la bella notizia? Dov’è il ‘lieto’ in questa fine? È nel sorriso di Federico Carboni. Appena percettibile, forse lo si scorge nei suoi occhi, negli occhi di un uomo che ha rincorso la morte come liberazione, come pace, e che, primo in Italia, è riuscito a ottenerla tramite una procedura tanto discussa quanto ancora inattuata: il suicidio assistito. “Mario“, così si è fatto conoscere il 44enne tetraplegico marchigiano quando ha ottenuto il via libera, in una prima volta di portata storica per il nostro Paese, ha lottato 10 anni per liberarsi da quelle catene che lo tenevano in vita con enormi sofferenze. Poi l’Asur Marche ha detto sì e, dopo alcuni mesi ancora di rinvii e dolorosi ritardi, Mario/Federico il 17 giugno è finalmente riuscito a vincere la battaglia più importante della sua vita: quella per la libertà di scegliere, la libertà di morire. O di rinascere, chissà.

Il bambino ritrovato dei Super8

Francesco il protagonista della storia da bambini e oggi a 63 anni

Ci sono poi vicende così sorprendenti che sembrano uscite dalle favole. È il caso di Francesco, 63enne professore a Tor Vergata, bimbo nei primi anni Sessanta, che fino a qualche giorno fa era solo il piccolo protagonista di quattro bobine, pellicole 8 millimetri, scoperte nella bancarella di un mercato dell’usato di Montemurlo. A far sì che questi due individui distinti si scoprissero la stessa persona è stato Nicola, collezionista fiorentino, che ha comprato per curiosità (e per caso) le pellicole e una volta tornato a casa le ha posizionate nel suo proiettore. Così ha scoperto un bambino, al suo primo giorno di scuola nel 1965, alle elementari presso l’istituto religioso ‘Suore adoratrici del preziosissimo sangue di Cristo’ a Villa Colombaia, in via Santa Maria a Marignolle. Così ha deciso di scoprire chi fosse, oggi, quel bambino e grazie a un appello sui social, giostrandosi tra le decine di messaggi arrivati, ha letto quello di Ottavia, una donna la cui mamma si è riconosciuta nel video del saggio scolastico. Un giro veloce tra i contatti ed ecco spuntare Francesco, che oggi vive a Roma e insegna algebra all’Università di Tor Vergata. E che, naturalmente, è felicissimo che i suoi ricordi del tempo siano riemersi dal passato.

La truccatrice e il parrucchiere dei senzatetto

Irene Scaringi e C1r0

Due vicende simili, di solidarietà, umanità e soprattutto due storie di chi ha un cuore grande, grandissimo. Irene Scaringi è una make-up artist pugliese, che ha avviato un bellissimo progetto chiamato street make-up e, come dice il nome, è dedicato alle donne senza fissa dimora di Bari. Grazie alla collaborazione con l’associazione Incontra Scaringi fa di tutto per restituire a queste persone la dignità ma anche la femminilità che, a causa della loro situazione di indigenza e povertà hanno perso ormai da troppo tempo. “Vedere negli sguardi di queste signore dall’aspetto trasandato tanta emozione, lo stupore di riscoprirsi belle e curate ha rafforzato in me la convinzione che la strada imboccata sia quella giusta”. La stessa strada che, in una regione poco lontana, ha scelto di percorrere anche C1r0, che a Napoli ha messo il proprio mestiere di hairstylist a servizio degli ultimi, degli invisibili della società: da quasi un anno gira per le strade della sua città con una sedie pieghevole, un pettine e un paio di forbici per regalare un taglio ai clochard. Lo fa con un cappuccio sulla testa, una sciarpa a coprire il volto e il numero 10 sulle spalle, quello del “Dios”, Diego Armando Maradona.

Il medico afghano arrivato in Italia

Mohammad Naderi, medico e attivista afghano

Infine, come una sorta di regalo di Natale, impossibile non citare la terribile vicenda di Mohammad Naderi, il medico e attivista afghano perseguitato dai talebani per le sue attività a favore dei diritti delle donne e per le collaborazioni con media italiani, che dopo quasi due anni è finalmente arrivato in Italia.
Dopo la disperata fuga da Kabul, Mohammad, la moglie Masouda (anche lei medico) e la loro bambina di due anni sono riusciti a rifugiarsi a Teheran, dove Naderi ha trovato un impiego come lavoratore (illegale) di sartoria. Nonostante la durezza del lavoro l’uomo ha sempre avuto chiaro in mente l’obiettivo da raggiungere: arrivare in Europa e ricominciare la loro vita. Grazie ai contatti con Quotidiano Nazionale, grazie ai nostri lettori e alla mediazione dell’Associazione Amad pochi giorni fa la richiesta di ingresso in Italia ha avuto finalmente esito positivo. Oggi Mohammad, la moglie e la loro bambina sono ospitati da Luca Foresti, amministratore del Centro Medico Santagostino, che ha fornito la prima assistenza alla famiglia dopo averne letto la storia.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

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  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

#lucenews #isaacortman #minnesota #boyscout
Un saggio, in un film che amo, dice: "La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda... di accendere la luce". Con l’inizio del 2023 molte delle tenebre che ci circondano, dal cambiamento climatico alla guerra, dalla fame e le carestie ai diritti calpestati, continuano a diffondersi, a dilagare, un’onda nera che attanaglia il mondo intero e di cui non si conosce inizio né fine. Ma nelle ombre più dense, più scure, brillano le luci più forti. Quello appena trascorso è stato un anno pieno di avvenimenti ma soprattutto è stato un anno di persone: quelle che hanno segnato un’epoca, quelle che con gesti semplici hanno cambiato la loro o l’altrui vita, personaggi che ci hanno lasciato. Donne, uomini, persone queer, bambini, ragazze… Un anno di storie minute e giganti, belle e brutte, tristi e felici. Un anno di Luce! Per celebrare e ricordare il 2022 abbiamo scelto dieci storie, quelle che hanno segnato una svolta, un piccolo o grande cambiamento. Quelle che, insomma, hanno acceso una scintilla di speranza in un contesto di disperazione. E l’augurio, che vogliamo rivolgere a tuttə, è che quest’anno questi piccoli barlumi di gioia, di buone notizie, possano crescere, possano diventare tanti, in tutto il mondo, per spazzare via le tenebre. Perché un sorriso può illuminare anche la notte più buia.

Mustafa: dalla Siria alla nuova vita in Italia

La foto simbolo di Mustafa in braccio a suo padre Munzir
Il primo sorriso che ricordiamo, del 2022, è quello del bambino siriano Mustafa, 6 anni, nato senza arti superiori e inferiori a causa dei bombardamenti e della guerra in Siria. Il bambino e la sua famiglia, a gennaio dello scorso anno, sono stati trasferiti in Italia per iniziare una nuova vita nel nostro Paese. La foto che lo ritrae, felice, in braccio al padre Munzir El Nezzel, 35 anni, anche lui rimasto mutilato a causa delle bombe, scattata dal fotografo turco Mehmet Aslan, è un simbolo di amore e rinascita, della speranza negli occhi di un bambino che, dopo le macerie, guarda finalmente fiducioso al suo futuro.

La solidarietà "vince" la guerra in Ucraina

La piccola Sasha ha perso il braccio a causa dei bombardamenti a Kiev
E se di conflitti si parla, purtroppo non ci possiamo dimenticare che il 2022 è stato l'anno in cui la guerra è tornata a scoppiare alle porte dell'Europa, in Ucraina: a fine febbraio il mondo intero è stato scosso dalla notizia dell'invasione del Paese da parte delle truppe russe. Da quel momento, nel susseguirsi di bombe, missili e, purtroppo, morte e distruzione, si è però accesa la macchina della solidarietà internazionale: piccoli e grandi gesti di supporto alla popolazione colpita, da chi, anche nel nostro Paese, ha deciso di accogliere le famiglie sfollate, come quella di Mario Sabatino e sua moglie Olena, che hanno trovato rifugio a Firenze, ai personaggi famosi (ad esempio David Beckham, che ha ceduto il suo account Instagram ad una dottoressa che salva donne incinte e neonati a Kharkiv) che hanno deciso di supportare la causa della popolazione ucraina, con donazioni, visite e appelli alla pace. La storia che vogliamo ricordare, per tenere alta l'attenzione su quello che ancora oggi è un conflitto aperto, è la storia di Sasha, una bimba di nove anni che ha perso il braccio in un bombardamento a Kiev mentre con la famiglia cercava di scappare dalla città. In ospedale la bimba aveva avanzato una richiesta commovente: "Potete regalarmi una protesi rosa con i fiorellini?". Un desiderio esaudito in Italia, a Roma, dove la piccola è stata trasferita con la mamma.

Gli imprenditori che puntano sulle mamme

Eleonora Sepe con sua figlia Bianca
Che il nostro Paese abbia seri problemi con le mamme, o meglio, con le tutele che (non) supportano le donne che scelgono di avere una famiglia ma vogliono comunque continuare a lavorare, è ormai un fatto assodato. Ma ci sono, anche in questo caso, esempi virtuosi che brillano per la loro lungimiranza: una di questi è Virginia Sciré, 43enne di Castelfranco Veneto, che nella sua azienda “Wear me” assume principalmente donne, giovani, possibilmente mamme. A nessuna viene chiesto di rinunciare alla propria vita familiare, né soprattutto alla propria maternità, pur di poter lavorare. Oppure c'è Simone Terreni, imprenditore toscano che lavora come managing director presso la VoipVoice di Montelupo Fiorentino (Empoli), che ha assunto Federica Granai, 27 anni nonostante fosse incinta. E c'è Eleonora Sepe, ccon sé l'esperienza di donna di 40 anni assunta al nono mese di gravidanza, a 40 anni - checché ne dica Elisabetta Franchi, le quarantenni possono essere lavoratrici e neo mamme - da una società di consulenza aziendale di Torino.

Una donna trans alla corte del Papa

Alessia Nobile incontra Papa Francesco
Siamo certe che, nonostante la gioia di averlo potuto incontrare, di avergli consegnato il suo libro, Alessia Nobile non si aspettasse certo di ricevere una lettera da Papa Francesco, in cui il Pontefice le scrive che "Agli occhi di Dio siamo tutti suoi figli, e questo è quello che conta". La donna, transgender pugliese, prima ad ottenere il cambio di genere sui documenti nella Regione, si è sempre definita infatti una "Bambina Invisibile" tanto che questa definizione è diventata poi il titolo di un libro in cui ha ripercorso la sua esistenza, che ha regalato in udienza al Santo Padre. La sincerità e la spontaneità di Alessia hanno colpito e commosso Francesco, che a distanza di alcuni mesi ha voluto ricordare quell'incontro, scrivendole una lettera in cui, racconta "Mi ha infuso tanto coraggio e mi ha raccomandato di raccontarmi, senza smettere mai di farlo, a beneficio anche di quelle persone che vivono una esperienza come la mia e non hanno voce".

Mamma Jennifer: cacciata di casa e accolta Firenze

Jennifer e Viola a Piazzale Michelangelo, Firenze
Un altra storia minuta, un'altra scintilla di speranza, riguarda ancora una mamma: è quella accesa a Firenze e dintorni, da tutti i cittadini che hanno risposto all'appello di Jennifer, una giovane donna di 36 anni abbandonata dal compagno ad inizio gravidanza, che a giugno 2022 si è rivolta ai media per lanciare una richiesta disperata. Rimasta senza casa e senza lavoro, con una bimba di appena 11 mesi da mantenere e crescere, Jennifer cercava urgentemente una sistemazione su Firenze, ma fino ad allora si era vista sbattere tante, troppe porte in faccia: "Purtroppo molti proprietari non gradiscono bambini e sto avendo veramente tanta difficoltà a trovare un posto per noi". Una ricerca che avevamo deciso di rilanciare su Luce! e che, sin dal giorno successivo, ci aveva lasciate senza parole per la risposta ricevuta: centinaia di messaggi da parte di famiglie, cittadini e cittadine che volevano offrire un alloggio alle due.

Al Jova Beach Party in carrozzina: la vittoria di Enrico

Enrico circondato dai suoi amici
Un altro appello, un'altra richiesta, un'altra luce che si accende. Questa volta parliamo di Enrico, 57enne di Mantova che, grazie ad un articolo sul nostro canale è riuscito a realizzare il suo sogno: assistere al concerto di Jovanotti a Viareggio, durante il tour estivo "Jova Beach Party". Un sogno che per lui, in sedia a rotelle da decenni, sembrava sfumare di fronte a una burocrazia che a volte rappresenta un muro più difficile da buttar giù di quelli fisici. L'uomo si era rivolto a Luce! raccontando di non essere riuscito ad acquistare il suo biglietto, perché nonostante la sua disabilità - e a causa di questa - gli veniva chiesto di recarsi in una biglietteria fisica in Toscana per ottenere uno dei pochi biglietti riservati alle persone con problematiche di accesso. È così che, venuto a conoscenza del suo caso, il sindaco di Viareggio in persona, Giorgio del Ghingaro, si è interessato alla vicenda e ha contattato l'organizzatore dell’evento per far avere i biglietti ad Enrico e al suo accompagnatore, e dando la possibilità in questo modo al mantovano di godersi un'incredibile giornata al ritmo della musica di Jova.

Federico Carboni, la libertà di morire

Federico Carboni, conosciuto come "Mario" primo paziente a ottenere l'accesso in Italia al suicidio assistito
Ci sono storie, poi, che hanno un lieto fine anche se agli occhi di tanti non sembra tale. Storie che parlano della scomparsa,  della morte, di persone. E allora dove sarebbe la bella notizia? Dov'è il 'lieto' in questa fine? È nel sorriso di Federico Carboni. Appena percettibile, forse lo si scorge nei suoi occhi, negli occhi di un uomo che ha rincorso la morte come liberazione, come pace, e che, primo in Italia, è riuscito a ottenerla tramite una procedura tanto discussa quanto ancora inattuata: il suicidio assistito. "Mario", così si è fatto conoscere il 44enne tetraplegico marchigiano quando ha ottenuto il via libera, in una prima volta di portata storica per il nostro Paese, ha lottato 10 anni per liberarsi da quelle catene che lo tenevano in vita con enormi sofferenze. Poi l'Asur Marche ha detto sì e, dopo alcuni mesi ancora di rinvii e dolorosi ritardi, Mario/Federico il 17 giugno è finalmente riuscito a vincere la battaglia più importante della sua vita: quella per la libertà di scegliere, la libertà di morire. O di rinascere, chissà.

Il bambino ritrovato dei Super8

Francesco il protagonista della storia da bambini e oggi a 63 anni
Ci sono poi vicende così sorprendenti che sembrano uscite dalle favole. È il caso di Francesco, 63enne professore a Tor Vergata, bimbo nei primi anni Sessanta, che fino a qualche giorno fa era solo il piccolo protagonista di quattro bobine, pellicole 8 millimetri, scoperte nella bancarella di un mercato dell’usato di Montemurlo. A far sì che questi due individui distinti si scoprissero la stessa persona è stato Nicola, collezionista fiorentino, che ha comprato per curiosità (e per caso) le pellicole e una volta tornato a casa le ha posizionate nel suo proiettore. Così ha scoperto un bambino, al suo primo giorno di scuola nel 1965, alle elementari presso l’istituto religioso ‘Suore adoratrici del preziosissimo sangue di Cristo’ a Villa Colombaia, in via Santa Maria a Marignolle. Così ha deciso di scoprire chi fosse, oggi, quel bambino e grazie a un appello sui social, giostrandosi tra le decine di messaggi arrivati, ha letto quello di Ottavia, una donna la cui mamma si è riconosciuta nel video del saggio scolastico. Un giro veloce tra i contatti ed ecco spuntare Francesco, che oggi vive a Roma e insegna algebra all’Università di Tor Vergata. E che, naturalmente, è felicissimo che i suoi ricordi del tempo siano riemersi dal passato.

La truccatrice e il parrucchiere dei senzatetto

Irene Scaringi e C1r0
Due vicende simili, di solidarietà, umanità e soprattutto due storie di chi ha un cuore grande, grandissimo. Irene Scaringi è una make-up artist pugliese, che ha avviato un bellissimo progetto chiamato street make-up e, come dice il nome, è dedicato alle donne senza fissa dimora di Bari. Grazie alla collaborazione con l’associazione Incontra Scaringi fa di tutto per restituire a queste persone la dignità ma anche la femminilità che, a causa della loro situazione di indigenza e povertà hanno perso ormai da troppo tempo. "Vedere negli sguardi di queste signore dall’aspetto trasandato tanta emozione, lo stupore di riscoprirsi belle e curate ha rafforzato in me la convinzione che la strada imboccata sia quella giusta". La stessa strada che, in una regione poco lontana, ha scelto di percorrere anche C1r0, che a Napoli ha messo il proprio mestiere di hairstylist a servizio degli ultimi, degli invisibili della società: da quasi un anno gira per le strade della sua città con una sedie pieghevole, un pettine e un paio di forbici per regalare un taglio ai clochard. Lo fa con un cappuccio sulla testa, una sciarpa a coprire il volto e il numero 10 sulle spalle, quello del “Dios”, Diego Armando Maradona.

Il medico afghano arrivato in Italia

Mohammad Naderi, medico e attivista afghano
Infine, come una sorta di regalo di Natale, impossibile non citare la terribile vicenda di Mohammad Naderi, il medico e attivista afghano perseguitato dai talebani per le sue attività a favore dei diritti delle donne e per le collaborazioni con media italiani, che dopo quasi due anni è finalmente arrivato in Italia. Dopo la disperata fuga da Kabul, Mohammad, la moglie Masouda (anche lei medico) e la loro bambina di due anni sono riusciti a rifugiarsi a Teheran, dove Naderi ha trovato un impiego come lavoratore (illegale) di sartoria. Nonostante la durezza del lavoro l'uomo ha sempre avuto chiaro in mente l'obiettivo da raggiungere: arrivare in Europa e ricominciare la loro vita. Grazie ai contatti con Quotidiano Nazionale, grazie ai nostri lettori e alla mediazione dell’Associazione Amad pochi giorni fa la richiesta di ingresso in Italia ha avuto finalmente esito positivo. Oggi Mohammad, la moglie e la loro bambina sono ospitati da Luca Foresti, amministratore del Centro Medico Santagostino, che ha fornito la prima assistenza alla famiglia dopo averne letto la storia.
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