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Home » Lifestyle » La fortuna ripaga il coraggio di Tess Asplund: “Grazie a quella foto di 6 anni fa ho ritrovato la mia famiglia”

La fortuna ripaga il coraggio di Tess Asplund: “Grazie a quella foto di 6 anni fa ho ritrovato la mia famiglia”

Lo scatto della donna che affrontò da sola un corteo di 300 neonazisti in Svezia fece il giro del mondo. "Spero che qualcosa di positivo possa scaturire dal mio gesto", disse nel 2016 l'attivista. È successo: grazie a quella fotografia Tess, svedese di adozione, riuscì per la prima volta a mettersi in contatto con la sua famiglia di origine in Colombia

Remy Morandi
5 Maggio 2022
tess asplund foto donna nazisti svezia

tess asplund foto donna nazisti svezia

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Sono passati 6 anni da quella foto. Uno scatto che divenne subito un simbolo: il coraggio di una donna sola che con il pugno chiuso e il braccio destro alzato decise di sfidare un corteo di 300 neonazisti svedesi. Quella donna si chiama Tess Asplund, 48 anni, svedese di adozione, originaria di Cali, in Colombia. Mentre quella foto la scattò David Lagerlöf, un fotografo svedese, la mattina del 3 maggio 2016. Tutti parlarono di quella fotografia, tutti raccontarono la storia di quella donna che non aveva paura di niente e nessuno pur di manifestare il suo pensiero e il suo dissenso davanti a quel corteo neonazista. Tutti si innamorarono di quello scatto. Che oltre a essere di una bellezza e di una potenza senza paragoni, ebbe anche un altro merito: grazie a quella foto Tess Asplund, svedese di adozione, è riuscita a ritrovare la sua famiglia d’origine in Colombia. E lo ha raccontato lei stessa su Instagram.

Tess Asplund con il pugno chiuso e il braccio alzato davanti ai manifestanti neonazisti del ‘Movimento di resistenza nordico’ a Borlänge, Svezia (Foto di David Lagerlöf / Expo / TT News Agency / Press Association Images)

Tess Asplund, la storia di quella foto simbolo di 6 anni fa

Era il 3 maggio 2016 quando Tess Asplund si trovò davanti, nelle strade di Borlänge in Svezia, un corteo di 300 neonazisti del ‘Nordiska Motståndsrörelsen’ (‘Movimento di resistenza nordico’) che quel giorno stava sfilando in difesa del “white power”, la “supremazia dei bianchi”. La donna non riuscì a trattenersi di fronte a quella marcia e di impulso – come raccontò 6 anni fa al Guardian – decise di affrontare quei 300 uomini bianchi. Si mise di fronte a loro mentre marciavano, in silenzio, con il pugno chiuso e il braccio destro alzato. Lo stesso gesto di Tommie Smith, l’ex velocista e giocatore di football americano, che alzò appunto il pugno sul podio dei 200 metri alle Olimpiadi di Città del Messico, 1968.

“Li ho visti sfilare, mi sono detta che non è ammissibile che razzisti ed estremisti predicatori di odio come loro sfilino in piazza. E mi sono messa in mezzo alla strada, decisa a tentare di fermare il loro corteo”, disse Tess Asplund a Repubblica. In quegli attimi i manifestanti neonazisti la fissarono, senza dire una parola. Poi però un uomo si avvicinò per spingerla via. Ma intervenne subito la polizia, bloccando l’uomo.

Tess Asplund è sempre stata un’attivista contro i movimenti xenofobi e razzisti. Ha iniziato a combattere all’età di 16 anni: “Prima partecipavo alle manifestazioni – disse Tess a Repubblica -, poi sono entrata nell’organizzazione Fokus Afrofobi, di cui ora sono vicepresidente e portavoce. Impari pian piano che la paura è normale. Sono attiva anche nel movimento per il diritto d’asilo a Stoccoloma: aiutiamo i rifugiati. Da 26 anni è l’attività centrale nella mia vita”.

“Viviamo in un’Europa in cui le idee di estrema destra stanno diventando sempre più popolari”, disse al Guardian Daniel Poohl, di Expo, la fondazione antirazzista di Stoccolma, il cui fotografo David Lagerlöf scattò quell’immagine. Una situazione che è diventata insostenibile in Svezia, sottolineò ancora al quotidiano inglese Tess Asplund. “Quel movimento che provai a fermare è noto per prendere di mira gli antirazzisti. Ho amici che sono stati attaccati da loro e che hanno dovuto cambiare indirizzo. Anche io ho ricevuto chiamate di notte da numeri privati che mi urlavano contro. Il razzismo è stato normalizzato in Svezia. Ma nessuno ci ha prestato attenzione. Forse adesso quello che ho fatto può servire a far capire che qualcosa si può comunque fare. Se una persona può farlo, chiunque può farlo. Spero che qualcosa di positivo esca fuori”. Così diceva nel 2016 Tess Asplaund, senza sapere che in effetti “qualcosa di positivo” ne uscì da quella storia.

Tess Asplund con la sua famiglia d’origine in Colombia: “Li ho trovati grazie a quella foto del 2016” (Foto / Instagram / Tess Asplund)

Tess Asplund: “Grazie a quella foto ho ritrovato la mia famiglia”

Tess Asplund non poteva immaginare cosa sarebbe successo dopo la pubblicazione di quella sua foto, mentre affrontava nel 2016 il corteo di neonazisti. E quello che capitò lo ha raccontato lei stessa in un post su Instagram. “Ero sempre così triste a pensare alla mia famiglia. Sono stata adottata da piccola e mi facevo tante domande su mia madre, colei che mi aveva dato alla luce. Poi nel maggio del 2016 una foto si diffuse in tutto il mondo”. E successe quello che Tess Asplund stava aspettando da tanti anni. Fu contattata dalla sua famiglia in Colombia. “Grazie a quella foto – ha scritto su Instagram l’attivista – ho ritrovato mia madre, mio fratello, suo figlio e il resto della mia famiglia“.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Maria-Teresa Asplund (@mariateresaasplund)

Sette mesi dopo quello scatto, Tess Asplund andò in Colombia a festeggiare il capodanno 2016/2017 con la sua famiglia. Un’altra foto simbolo, magari non per il mondo, ma sicuramente per l’attivista. E dopo quel capodanno, Tess rimase sempre in contatto con i suoi familiari da Cali. “Per il mio compleanno – ha fatto sapere Tess su Instagram – ho ricevuto per la prima volta quella chiamata che desideravo da tanto tempo. Era mia madre in Colombia che mi diceva: “Buon compleanno a noi…“.

Tess Asplund insieme alla madre a Bogota in Colombia. Le due si sono ritrovate dopo 42 anni (Foto / Instagram / Tess Asplund)

Tess adesso vive ancora in Svezia. Ha un compagno, Bjorn, e una figlia, Gabrielle. Il profilo Instagram dell’attivista è intasato dalle foto della sua famiglia, delle sue famiglie. Quella in Svezia e quella in Colombia. A maggio del 2021 Tess ha pubblicato un’altra foto stupenda, insieme a sua madre. Le due si abbracciano e camminano insieme di spalle. “Io e mamma. Separate l’una dall’altra per 42 anni. Il pezzo del puzzle è a posto”. Tante foto simbolo per Tess. La dimostrazione che la fortuna ha ripagato il coraggio di quella donna. “Spero che qualcosa di positivo esca fuori dalla mia foto”, disse nel 2016 Tess. È successo.

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  • Addio alle distinzioni di genere all’Università di Pisa. Arrivano i bagni ‘genderless’, adottati per superare le categorizzazioni uomo-donna, che identificano il genere, e che possono far sentire a disagio o discriminato chi non si riconosce in quello assegnatogli dalla società. 

“È un atto di civiltà per dichiarare in modo fermo il nostro essere un’Università aperta, in cui la differenza è una ricchezza e le discriminazioni non hanno diritto alla cittadinanza", dichiara il rettore Paolo Mancarella.

Sono 86 quelli attivi dal 29 giugno in tutta l’Università di Pisa, la prima in Toscana e tra le prime in Italia ad adottare questa misura. 

"Mi auguro che sia solo l’inizio di una serie di cambiamenti e che possa essere di ispirazione per le altre università e scuole”, ha commentato Geremia, studente diventato in poco tempo il simbolo della battaglia per l’ottenimento della carriera alias. 

Di Gabriele Masiero e Ilaria Vallerini ✍

#lucenews #lucelanazione #universitàdipisa #unipi #bagnigenderless #genderless #geremia #genderrightsandequality
  • La decisione della Corte suprema americana di abolire il diritto all’aborto come principio costituzionale ha scatenato una vera e propria ondata di terrore anche al di fuori dei confini Usa. Una scelta che ha immediatamente sancito una sorta di condanna per milioni di donne in America ma che ha fatto indignare anche cittadini e cittadine di altri Paesi, non ultimi quelli italiani.

La sola legge 194 non basta più.

Anche se il numero di interruzioni volontarie di gravidanza in Italia continua a scendere e i tassi di abortività sono tra i più bassi al mondo, a spaventare è l’indagine “Mai Dati!” condotta su oltre 180 strutture dalla professoressa Chiara Lalli e da Sonia Montegiove, informatica e giornalista, pubblicata dall’Associazione Luca Coscioni.

Il quadro che emerge è drammatico: sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie nazionali con il 100% di personale sanitario obiettore, tra ginecologi, anestesisti, infermieri e OSS. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%.

A rimetterci, come sempre, sono però le persone, le donne.

L
  • “Quando tutti potranno mostrarsi per quello che sono e che sentono senza subire discriminazioni, allora solo a quel punto potremo dire di aver raggiunto l’uguaglianza“. 

A dichiararlo è Sara Lorusso che in occasione del Pride Month ha tradotto questo pensiero nella sua esposizione fotografica “Our Generation”, curata da Marcella Piccinni, in mostra negli spazi dello Student Hotel di Firenze fino a venerdì 8 luglio. 

“In occasione del Pride Month ho deciso di legare insieme diversi progetti fotografici sull’amore queer e non binary, ma anche sulla libertà di espressione del singolo, che ho realizzato nel corso del tempo. A partire da ‘Love is love’, dove ho immortalato i ritratti di coppie queer. ‘Protect love and lovers’ in cui avevo chiesto a diverse coppie di baciarsi in luoghi pubblici che stessero loro a cuore. E poi ‘Our Generation’ che ritrae persone queer e no-binary libere di esprimersi attraverso l’abbigliamento, gli accessori e il trucco”.

L’intervista completa a cura di Ilaria Vallerini è disponibile sul sito ✨

#lucenews #lucelanazione #saralorusso #ourgeneration #queerlove #pridemonth #proudtobepride #studenthotelfirenze
  • Sono tanti gli esperti e gli attivisti americani che si interrogano se la sentenza della Corte Suprema, che elimina il diritto all’aborto negli Usa, potrà avere impatti anche su altri diritti, compresi quelli alla privacy.

I procuratori possono decidere di indagare su qualsiasi donna che sia stata incinta ma non abbia portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

“La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti”.

A dirlo è la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin.

Il caso più eclatante è stato quello di Latice Fisher, la donna del Mississippi che nel 2017 era stata accusata di omicidio di secondo grado dopo aver partorito un bambino nato morto nel terzo trimestre perché, nelle settimane precedenti, aveva cercato online informazioni sulle pillole abortive. Non esisteva nessun’altra prova che Fisher avesse comprato le pillole, ma il caso è comunque durato fino al 2020, quando era stato archiviato.

Le autorità possono decidere di chiedere direttamente alle aziende di fornire i dati in loro possesso relativi a specifici utenti. Non si tratta soltanto di Google, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon: a raccogliere dati che possono essere potenzialmente incriminanti sono anche i servizi di telefonia mobile, i provider di servizi Internet e qualsiasi app abbia accesso ai dati sulla posizione. Di solito queste informazioni vengono raccolte a fini pubblicitari, ma possono anche essere acquistate da privati o da forze dell’ordine.

Proprio per questo motivo negli ultimi giorni molte donne americane hanno cancellato le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni dai loro cellulari, che secondo le stime vengono usate da un terzo delle donne statunitensi, nel timore che i dati raccolti sul proprio ciclo mestruale, o altri dettagli legati alla salute riproduttiva, dalle applicazioni possano essere usati contro di loro in future cause penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #dirittoallaborto #dirittoallaprivacy #usa #roevwade
Sono passati 6 anni da quella foto. Uno scatto che divenne subito un simbolo: il coraggio di una donna sola che con il pugno chiuso e il braccio destro alzato decise di sfidare un corteo di 300 neonazisti svedesi. Quella donna si chiama Tess Asplund, 48 anni, svedese di adozione, originaria di Cali, in Colombia. Mentre quella foto la scattò David Lagerlöf, un fotografo svedese, la mattina del 3 maggio 2016. Tutti parlarono di quella fotografia, tutti raccontarono la storia di quella donna che non aveva paura di niente e nessuno pur di manifestare il suo pensiero e il suo dissenso davanti a quel corteo neonazista. Tutti si innamorarono di quello scatto. Che oltre a essere di una bellezza e di una potenza senza paragoni, ebbe anche un altro merito: grazie a quella foto Tess Asplund, svedese di adozione, è riuscita a ritrovare la sua famiglia d'origine in Colombia. E lo ha raccontato lei stessa su Instagram.
Tess Asplund con il pugno chiuso e il braccio alzato davanti ai manifestanti neonazisti del 'Movimento di resistenza nordico' a Borlänge, Svezia (Foto di David Lagerlöf / Expo / TT News Agency / Press Association Images)

Tess Asplund, la storia di quella foto simbolo di 6 anni fa

Era il 3 maggio 2016 quando Tess Asplund si trovò davanti, nelle strade di Borlänge in Svezia, un corteo di 300 neonazisti del 'Nordiska Motståndsrörelsen' ('Movimento di resistenza nordico') che quel giorno stava sfilando in difesa del "white power", la "supremazia dei bianchi". La donna non riuscì a trattenersi di fronte a quella marcia e di impulso - come raccontò 6 anni fa al Guardian - decise di affrontare quei 300 uomini bianchi. Si mise di fronte a loro mentre marciavano, in silenzio, con il pugno chiuso e il braccio destro alzato. Lo stesso gesto di Tommie Smith, l'ex velocista e giocatore di football americano, che alzò appunto il pugno sul podio dei 200 metri alle Olimpiadi di Città del Messico, 1968. "Li ho visti sfilare, mi sono detta che non è ammissibile che razzisti ed estremisti predicatori di odio come loro sfilino in piazza. E mi sono messa in mezzo alla strada, decisa a tentare di fermare il loro corteo", disse Tess Asplund a Repubblica. In quegli attimi i manifestanti neonazisti la fissarono, senza dire una parola. Poi però un uomo si avvicinò per spingerla via. Ma intervenne subito la polizia, bloccando l'uomo. Tess Asplund è sempre stata un'attivista contro i movimenti xenofobi e razzisti. Ha iniziato a combattere all'età di 16 anni: "Prima partecipavo alle manifestazioni - disse Tess a Repubblica -, poi sono entrata nell'organizzazione Fokus Afrofobi, di cui ora sono vicepresidente e portavoce. Impari pian piano che la paura è normale. Sono attiva anche nel movimento per il diritto d'asilo a Stoccoloma: aiutiamo i rifugiati. Da 26 anni è l'attività centrale nella mia vita". "Viviamo in un'Europa in cui le idee di estrema destra stanno diventando sempre più popolari", disse al Guardian Daniel Poohl, di Expo, la fondazione antirazzista di Stoccolma, il cui fotografo David Lagerlöf scattò quell'immagine. Una situazione che è diventata insostenibile in Svezia, sottolineò ancora al quotidiano inglese Tess Asplund. "Quel movimento che provai a fermare è noto per prendere di mira gli antirazzisti. Ho amici che sono stati attaccati da loro e che hanno dovuto cambiare indirizzo. Anche io ho ricevuto chiamate di notte da numeri privati che mi urlavano contro. Il razzismo è stato normalizzato in Svezia. Ma nessuno ci ha prestato attenzione. Forse adesso quello che ho fatto può servire a far capire che qualcosa si può comunque fare. Se una persona può farlo, chiunque può farlo. Spero che qualcosa di positivo esca fuori". Così diceva nel 2016 Tess Asplaund, senza sapere che in effetti "qualcosa di positivo" ne uscì da quella storia.
Tess Asplund con la sua famiglia d'origine in Colombia: "Li ho trovati grazie a quella foto del 2016" (Foto / Instagram / Tess Asplund)

Tess Asplund: "Grazie a quella foto ho ritrovato la mia famiglia"

Tess Asplund non poteva immaginare cosa sarebbe successo dopo la pubblicazione di quella sua foto, mentre affrontava nel 2016 il corteo di neonazisti. E quello che capitò lo ha raccontato lei stessa in un post su Instagram. "Ero sempre così triste a pensare alla mia famiglia. Sono stata adottata da piccola e mi facevo tante domande su mia madre, colei che mi aveva dato alla luce. Poi nel maggio del 2016 una foto si diffuse in tutto il mondo". E successe quello che Tess Asplund stava aspettando da tanti anni. Fu contattata dalla sua famiglia in Colombia. "Grazie a quella foto - ha scritto su Instagram l'attivista - ho ritrovato mia madre, mio fratello, suo figlio e il resto della mia famiglia".
 
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Un post condiviso da Maria-Teresa Asplund (@mariateresaasplund)

Sette mesi dopo quello scatto, Tess Asplund andò in Colombia a festeggiare il capodanno 2016/2017 con la sua famiglia. Un'altra foto simbolo, magari non per il mondo, ma sicuramente per l'attivista. E dopo quel capodanno, Tess rimase sempre in contatto con i suoi familiari da Cali. "Per il mio compleanno - ha fatto sapere Tess su Instagram - ho ricevuto per la prima volta quella chiamata che desideravo da tanto tempo. Era mia madre in Colombia che mi diceva: "Buon compleanno a noi...".
Tess Asplund insieme alla madre a Bogota in Colombia. Le due si sono ritrovate dopo 42 anni (Foto / Instagram / Tess Asplund)
Tess adesso vive ancora in Svezia. Ha un compagno, Bjorn, e una figlia, Gabrielle. Il profilo Instagram dell'attivista è intasato dalle foto della sua famiglia, delle sue famiglie. Quella in Svezia e quella in Colombia. A maggio del 2021 Tess ha pubblicato un'altra foto stupenda, insieme a sua madre. Le due si abbracciano e camminano insieme di spalle. "Io e mamma. Separate l'una dall'altra per 42 anni. Il pezzo del puzzle è a posto". Tante foto simbolo per Tess. La dimostrazione che la fortuna ha ripagato il coraggio di quella donna. "Spero che qualcosa di positivo esca fuori dalla mia foto", disse nel 2016 Tess. È successo.
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