Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Lifestyle » “Tutti dovrebbero avere una bambola che gli assomigli”: con “A Doll Like Me ” si può

“Tutti dovrebbero avere una bambola che gli assomigli”: con “A Doll Like Me ” si può

Amy Jandrisevits, ex assistente sociale di 45 anni, ha aperto la sua piccola impresa con una missione: creare bambole che abbiano le stesse caratteristiche -e disabilità- dei loro piccoli proprietari. "La vera tela è il bambino stesso"

Marianna Grazi
19 Ottobre 2021
Share on FacebookShare on Twitter

Spesso l’apparenza, il ‘come’ si viene rappresentati, conta più di quello che si è. Ce lo hanno insegnato prima il mondo dello spettacolo e quello della moda, oggi soprattutto i social. Ma a fare le spese di questa ‘cultura dell’apparenza’, se si può definire così, sono le persone che, esteticamente e appunto, apparentemente, sono diverse dalle altre. La geniale trovata di un’ex assistente sociale vuole intervenire proprio per scongiurare che, sin da piccoli, bambini e bambine con disabilità fisiche si sentano esclusi dal  mondo che li circonda.

Foto: A Doll Like Me

I loro sorrisi entusiasti, le lacrime di gioia nelle foto che la donna posta sul suo profilo Facebook e sulla pagina dedicata al progetto, sono la prova che anche un piccolo gesto può cambiare il futuro.

Amy Jandrisevits, 45 anni, ha infatti aperto la sua piccola impresa “A Doll Like Me” in Wisconsin, con una missione ben precisa in mente: creare pupazzi che abbiano le stesse caratteristiche dei loro proprietari, con disabilità e/o malattie rare. È stata la mancanza di diversità nel mercato della bambole che l’ha spinta ad iniziare a crearne di nuove, diverse da qualsiasi altra, facendo sentire i bambini necessari e inclusi. E così, sei anni fa, dopo aver lavorato per anni come assistente sociale nel reparto di oncologia pediatrica, Amy ha iniziato a mettere in pratica il suo credo personale: “Se vedi qualcosa che deve essere cambiato, fai qualcosa“.

Foto: A Doll Like Me

Sul suo account personale di Facebook racconta: “Anche quando ero un’assistente sociale, pensavo fosse importante avere bambole a disposizione dei bambini, perché tutti dovrebbero avere qualcosa da tenere in mano. Tutti dovrebbero avere una bambola che gli assomigli“. E le sue creazioni, oltre ad essere bellissime, sono vere e proprie opere d’arte ispiratrici. Completamente personalizzate in base alle persone per cui le crea, Jandrisevits, dopo aver ricevuto la richiesta di un prodotto, presta molta attenzione ai dettagli che sono presentati nelle fotografie che le vengono inviate – etnia, aspetto fisico, eventuali disabilità – così come qualsiasi altra caratteristica distintiva dei suoi futuri destinatari. Poi inizia il processo creativo suo tavolo da pranzo di casa: per completare una figura possono volerci fino a sette ore, ma il risultato finale è straordinario. Ogni bambola è unica, ma hanno comunque una cosa in comune: tutte hanno un sorriso.

Foto: A Doll Like Me

“Ogni singola creazione racconta una storia e alcune sono terribili, strazianti ed emotive – dice l’artista -. Ho il privilegio di far parte delle loro storie e l’onore di dare uno sguardo al loro mondo. Non lo prendo alla leggera”. Perché, aggiunge, è così difficile dire a un bambino “sei bello così come sei, ma non vedrai mai una bambola che ti assomiglia”. Sulla pagina Facebook di “A Doll Like Me” è possibile fare una donazione in favore dell’iniziativa, o acquistare il proprio pupazzo. “In genere, i genitori o gli assistenti pagano le bambole, (che costano) circa 100 dollari con le spese di spedizione incluse – aggiunge Amy -. Quando non possono permetterselo, trovo un modo per coprirlo io stessa. Qualunque sia il costo, qualunque cosa io debba fare, farò arrivare una bambola nelle mani di questi bambini. Questo non è solo un business. È la cosa giusta da fare“.

La 45enne ha già realizzato più di 300 di queste meravigliose creazioni; il lavoro meticoloso è visto da Jandrisevits come un riflesso dei destinatari stessi: “Dobbiamo vedere ogni bambino come un’opera d’arte, un capolavoro. Mentre la creazione di bambole è una forma d’arte, la vera tela è il bambino stesso. Se vogliamo diventare una società che valorizza le differenze e l’inclusività, è da qui che si parte. Cominciamo con qualcosa di semplice come una bambola: una somiglianza umana”.

Potrebbe interessarti anche

Classe 1969, Fiona May (una delle atlete più importanti nella storia dell’atletica italiana e non solo), è originaria di Slough, Inghilterra
Spettacolo

Fiona May salta in scena con ‘La prova contraria’: “Razzismo? Ni…”

25 Marzo 2023
Il cast di Mare Fuori (Ufficio stampa Rai)
Spettacolo

Mare Fuori, il bacio gay per il gran finale di stagione

23 Marzo 2023
La Comunicazione Aumentativa Alternativa è ancora poco diffusa nelle scuole italiane
Attualità

Disabilità comunicative, parte “Popy on the Road”

24 Marzo 2023

Instagram

  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Spesso l'apparenza, il 'come' si viene rappresentati, conta più di quello che si è. Ce lo hanno insegnato prima il mondo dello spettacolo e quello della moda, oggi soprattutto i social. Ma a fare le spese di questa 'cultura dell'apparenza', se si può definire così, sono le persone che, esteticamente e appunto, apparentemente, sono diverse dalle altre. La geniale trovata di un'ex assistente sociale vuole intervenire proprio per scongiurare che, sin da piccoli, bambini e bambine con disabilità fisiche si sentano esclusi dal  mondo che li circonda.
Foto: A Doll Like Me
I loro sorrisi entusiasti, le lacrime di gioia nelle foto che la donna posta sul suo profilo Facebook e sulla pagina dedicata al progetto, sono la prova che anche un piccolo gesto può cambiare il futuro. Amy Jandrisevits, 45 anni, ha infatti aperto la sua piccola impresa "A Doll Like Me" in Wisconsin, con una missione ben precisa in mente: creare pupazzi che abbiano le stesse caratteristiche dei loro proprietari, con disabilità e/o malattie rare. È stata la mancanza di diversità nel mercato della bambole che l'ha spinta ad iniziare a crearne di nuove, diverse da qualsiasi altra, facendo sentire i bambini necessari e inclusi. E così, sei anni fa, dopo aver lavorato per anni come assistente sociale nel reparto di oncologia pediatrica, Amy ha iniziato a mettere in pratica il suo credo personale: "Se vedi qualcosa che deve essere cambiato, fai qualcosa".
Foto: A Doll Like Me
Sul suo account personale di Facebook racconta: "Anche quando ero un'assistente sociale, pensavo fosse importante avere bambole a disposizione dei bambini, perché tutti dovrebbero avere qualcosa da tenere in mano. Tutti dovrebbero avere una bambola che gli assomigli". E le sue creazioni, oltre ad essere bellissime, sono vere e proprie opere d'arte ispiratrici. Completamente personalizzate in base alle persone per cui le crea, Jandrisevits, dopo aver ricevuto la richiesta di un prodotto, presta molta attenzione ai dettagli che sono presentati nelle fotografie che le vengono inviate - etnia, aspetto fisico, eventuali disabilità - così come qualsiasi altra caratteristica distintiva dei suoi futuri destinatari. Poi inizia il processo creativo suo tavolo da pranzo di casa: per completare una figura possono volerci fino a sette ore, ma il risultato finale è straordinario. Ogni bambola è unica, ma hanno comunque una cosa in comune: tutte hanno un sorriso.
Foto: A Doll Like Me
"Ogni singola creazione racconta una storia e alcune sono terribili, strazianti ed emotive - dice l'artista -. Ho il privilegio di far parte delle loro storie e l'onore di dare uno sguardo al loro mondo. Non lo prendo alla leggera". Perché, aggiunge, è così difficile dire a un bambino "sei bello così come sei, ma non vedrai mai una bambola che ti assomiglia". Sulla pagina Facebook di "A Doll Like Me" è possibile fare una donazione in favore dell'iniziativa, o acquistare il proprio pupazzo. "In genere, i genitori o gli assistenti pagano le bambole, (che costano) circa 100 dollari con le spese di spedizione incluse - aggiunge Amy -. Quando non possono permetterselo, trovo un modo per coprirlo io stessa. Qualunque sia il costo, qualunque cosa io debba fare, farò arrivare una bambola nelle mani di questi bambini. Questo non è solo un business. È la cosa giusta da fare". La 45enne ha già realizzato più di 300 di queste meravigliose creazioni; il lavoro meticoloso è visto da Jandrisevits come un riflesso dei destinatari stessi: "Dobbiamo vedere ogni bambino come un'opera d'arte, un capolavoro. Mentre la creazione di bambole è una forma d'arte, la vera tela è il bambino stesso. Se vogliamo diventare una società che valorizza le differenze e l'inclusività, è da qui che si parte. Cominciamo con qualcosa di semplice come una bambola: una somiglianza umana".
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto