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"Tutti dovrebbero avere una bambola che gli assomigli": con "A Doll Like Me " si può

di MARIANNA GRAZI -
19 ottobre 2021
A doll like me 1

A doll like me 1

Spesso l'apparenza, il 'come' si viene rappresentati, conta più di quello che si è. Ce lo hanno insegnato prima il mondo dello spettacolo e quello della moda, oggi soprattutto i social. Ma a fare le spese di questa 'cultura dell'apparenza', se si può definire così, sono le persone che, esteticamente e appunto, apparentemente, sono diverse dalle altre. La geniale trovata di un'ex assistente sociale vuole intervenire proprio per scongiurare che, sin da piccoli, bambini e bambine con disabilità fisiche si sentano esclusi dal  mondo che li circonda.

Foto: A Doll Like Me

I loro sorrisi entusiasti, le lacrime di gioia nelle foto che la donna posta sul suo profilo Facebook e sulla pagina dedicata al progetto, sono la prova che anche un piccolo gesto può cambiare il futuro. Amy Jandrisevits, 45 anni, ha infatti aperto la sua piccola impresa "A Doll Like Me" in Wisconsin, con una missione ben precisa in mente: creare pupazzi che abbiano le stesse caratteristiche dei loro proprietari, con disabilità e/o malattie rare. È stata la mancanza di diversità nel mercato della bambole che l'ha spinta ad iniziare a crearne di nuove, diverse da qualsiasi altra, facendo sentire i bambini necessari e inclusi. E così, sei anni fa, dopo aver lavorato per anni come assistente sociale nel reparto di oncologia pediatrica, Amy ha iniziato a mettere in pratica il suo credo personale: "Se vedi qualcosa che deve essere cambiato, fai qualcosa".

Foto: A Doll Like Me

Sul suo account personale di Facebook racconta: "Anche quando ero un'assistente sociale, pensavo fosse importante avere bambole a disposizione dei bambini, perché tutti dovrebbero avere qualcosa da tenere in mano. Tutti dovrebbero avere una bambola che gli assomigli". E le sue creazioni, oltre ad essere bellissime, sono vere e proprie opere d'arte ispiratrici. Completamente personalizzate in base alle persone per cui le crea, Jandrisevits, dopo aver ricevuto la richiesta di un prodotto, presta molta attenzione ai dettagli che sono presentati nelle fotografie che le vengono inviate - etnia, aspetto fisico, eventuali disabilità - così come qualsiasi altra caratteristica distintiva dei suoi futuri destinatari. Poi inizia il processo creativo suo tavolo da pranzo di casa: per completare una figura possono volerci fino a sette ore, ma il risultato finale è straordinario. Ogni bambola è unica, ma hanno comunque una cosa in comune: tutte hanno un sorriso.

Foto: A Doll Like Me

"Ogni singola creazione racconta una storia e alcune sono terribili, strazianti ed emotive - dice l'artista -. Ho il privilegio di far parte delle loro storie e l'onore di dare uno sguardo al loro mondo. Non lo prendo alla leggera". Perché, aggiunge, è così difficile dire a un bambino "sei bello così come sei, ma non vedrai mai una bambola che ti assomiglia". Sulla pagina Facebook di "A Doll Like Me" è possibile fare una donazione in favore dell'iniziativa, o acquistare il proprio pupazzo. "In genere, i genitori o gli assistenti pagano le bambole, (che costano) circa 100 dollari con le spese di spedizione incluse - aggiunge Amy -. Quando non possono permetterselo, trovo un modo per coprirlo io stessa. Qualunque sia il costo, qualunque cosa io debba fare, farò arrivare una bambola nelle mani di questi bambini. Questo non è solo un business. È la cosa giusta da fare". La 45enne ha già realizzato più di 300 di queste meravigliose creazioni; il lavoro meticoloso è visto da Jandrisevits come un riflesso dei destinatari stessi: "Dobbiamo vedere ogni bambino come un'opera d'arte, un capolavoro. Mentre la creazione di bambole è una forma d'arte, la vera tela è il bambino stesso. Se vogliamo diventare una società che valorizza le differenze e l'inclusività, è da qui che si parte. Cominciamo con qualcosa di semplice come una bambola: una somiglianza umana".