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Home » Lifestyle » Vanessa Benelli Mosell: “Con la musica accanto alle donne. Resilienza? Un fare spontaneo ciò per cui si è nati”

Vanessa Benelli Mosell: “Con la musica accanto alle donne. Resilienza? Un fare spontaneo ciò per cui si è nati”

La pianista toscana si è esibita nelle più prestigiose sale da concerto del mondo ed è la madrina di un collettivo francese, "Mots et Maux de Femmes", patrocinato dal presidente Emmanuel Macron, che denuncia le violenze sulle donne

Guido Guidi Guerrera
17 Gennaio 2022
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Bella, affascinante, volitiva e dai modi sbrigativi, impressi nel carattere dal suo segno astrologico, lo scorpione. Vanessa Benelli Mosell, una giovane pianista di fama internazionale, è nata in Toscana, a Prato: il padre è un noto primario di chirurgia ortopedica, la madre di Firenze vanta antiche origini alsaziane. Vanessa è stata quella che si definisce ‘bambina prodigio’, avendo  partecipato a soli quattro anni a un concerto con una Sonatina di Clementi e a nove debuttato come solista.

Vanessa Benelli Mosell, ha debuttato come solista a 9 anni

Dal suo esordio alla Wigmore Hall e al Lincoln Center di New York si è esibita nelle sale concertistiche più prestigiose del mondo, riscuotendo apprezzamenti trionfali. Ha suonato con le più importanti orchestre del panorama classico e lei stessa è stata direttrice di diversi concerti. Benelli Mosell con l’impegno costante e un senso del sacrificio quasi mistico è riuscita a tagliare il traguardo del grande successo, ad affermarsi come artista e donna. Un modello di caparbia volontà di riuscita, forgiato nel talento raro di cui l’universo le ha fatto dono. E la ragazza si pone con la sua musica accanto alle donne, a tutte le donne che a dispetto di mille pregiudizi possono farcela. Perché la passione, coniugata allo studio, alla volontà indomita di farcela, non conoscono ostacoli. E il segreto che Vanessa sembra trasmettere ha come nome ‘resilienza‘, una qualità che, per dirla con le sue stesse parole, può essere innata ma va riconosciuta alla stregua di ogni valore che aspetta solo di essere portato alla luce per brillare. Non a caso forte è il suo impegno nel progetto antiviolenza Mots et Maux de Femmes, sostenuto dallo stesso presidente francese Macron.

Vanessa, lei è una donna che precocemente si è messa in campo. Quali rinunce ha dovuto fare ?

“Ho cercato, e cerco ancora oggi, ogni giorno, di portare a compimento le molteplici singolarità del mio essere. Sono convinta che la più grande, edificante prova è arrivare a rinunciare a noi stessi. Per me viviamo in due dimensioni distinte: il reale e l’immaginario. Il reale, a mio parere, si pone al di là dei piccoli segni che provengono dagli stimoli del piacere che noi chiamiamo felicità, una condizione legata piuttosto all’ideale dell’immaginario che non a quello della ragione. Direi dunque che la mia impressione è quella di aver rinunciato a tutto e nello stesso tempo a niente”.

Qual è il segreto del suo successo?

“La mancanza che spinge a ottenerlo e per un altro verso non cercarlo mai compulsivamente, perché spesso pretendendolo non si raggiunge”.

La pianista e direttrice toscana si è esibita nelle più prestigiose sale del mondo, tra cui la Wigmore Hall e il Lincoln Center di New York

Lei è un esempio per eccellenza delle donne vincenti. Cosa raccomanda a ogni donna per realizzarsi?

“Conoscere e trovare se stesse. La conoscenza di chi siamo, così come del mondo che ci circonda, può fornire l’accesso alla felicità più grande, quella dello spirito. Una forma di auto-realizzazione attraverso le nostre virtù, che devono essere portate a compimento non con lo scopo di una conquista della felicità in sé, che può essere effimera, ma proprio in funzione di quei valori”.

Le costa essere spesso lontana dalla Toscana, da casa sua?

“Per fortuna posso tornare di frequente: appago volentieri la mia nostalgia perché ci sono molte cose che mi legano ad ogni luogo in cui ho vissuto. A dire il vero non mi sento mai del tutto lontana da qualcosa o da qualcuno tanto dal punto di vista psicologico che emotivo, le distanze per me hanno significato soltanto in senso strettamente geografico”.

In che modo concilia vita privata con la sua carriera?

“Ci riesco in maniera naturale: il tempo si trova sempre per le cose che si ritengono importanti”.

“La mia musica –dice Benelli Mosell– è per tutti, ma soprattutto per chi non la conosce e non la ama ancora”

E l’amore che posto occupa nella sua vita?

“L’amore è una ricerca. La ricchezza del suo piacere, per me, è direttamente proporzionale alla potenza del pensiero che anima un determinato rapporto”.

Oggi si parla tanto di resilienza. Crede di poterne essere, in qualche misura, testimonianza?

“Siamo tutti artefici del sistema nel quale viviamo e ci muoviamo. Ne siamo figli/e, madri e padri. Proviamo a spiegarlo, ad inventarlo: io personalmente riesco a farlo attraverso la musica, tesa ad esprimerne tutta la complessità e la normalità del mio essere. Poi è naturale che ognuno lo rappresenti con i propri mezzi. Personalmente interpreto il concetto di resilienza alla stregua di un fare in modo spontaneo ciò per cui si è nati e questo equivale a cercarsi per ritrovarsi ad ogni istante”.

La musica che interpreta tocca l’anima. A chi le piacerebbe dedicarla ?

“La mia musica è per tutti. È dedicata a chi la ama, la apprezza e la conosce ma soprattutto a chi ancora non la ama, apprezza o conosce”.

Qual è la sua reazione di fronte alla violenza nei confronti delle donne. Ne ha mai fatto esperienza?

“Sono madrina di un collettivo francese dal nome Mots et Maux de Femmes (gioco di parole in francese, “Parole e disturbi delle donne”) sotto il patronato del presidente Emmanuel Macron, collettivo che denuncia le violenze subite dalle donne. Il progetto mi interessa e mi tocca molto, anche se fortunatamente non sono mai stata vittima di abusi. Sono pronta ad espormi in prima linea se necessario per difendere i diritti delle donne e rendermene portavoce, facendo appello alla sensibilità collettiva per una generale presa di coscienza delle violenze fisiche e morali al fine di avere risposte concrete”.

Madrina del collettivo francese “Mots et Maux de Femmes” (un gioco di parole che significa “Parole e disturbi delle donne”), che lotta contro la violenza di genere

Ha mai detto no per ragioni personali?

“Per adesso, poche volte, forse nessuna. L’ambito personale e quello professionale in campo artistico sono inestricabilmente connessi”.

Cosa le riserva il futuro, quali i suoi progetti?

“Diverse esibizioni con orchestre e direttori prestigiosi, in Recital in vari Festival. Ma i progetti più importanti sono ancora riservatissimi e a conoscenza di pochi intimi”.

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È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
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  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
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"La mia musica –dice Benelli Mosell– è per tutti, ma soprattutto per chi non la conosce e non la ama ancora"
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