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Home » Lifestyle » Victoria’s Secret, gli angeli dietro i demoni. La storia del marchio diventa una serie tv

Victoria’s Secret, gli angeli dietro i demoni. La storia del marchio diventa una serie tv

Il regista Matt Tyrnauer va oltre piume, lustrini e corpi statuari per raccontare il lato oscuro del famoso brand di lingerie

Barbara Berti
28 Luglio 2022
La sfilata Fashion Show del 2018

La sfilata Fashion Show del 2018

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I demoni dietro gli angeli. E’ quanto racconta “Victoria’s Secret: Angels and Demons“, la docuserie appena uscita sulla piattaforma americana Hulu che presto arriverà anche in Italia su Disney+. Il regista americano e giornalista investigativo, Matt Tyrnauer (già noto per i documentari “Valentino: The Last Emperor” del 2009, “Citizen Jane: Battle for the City” del 2016, “Scotty and the Secret History of Hollywood” del 2017 e “Studio 54″ del 2018”) prova ad andare oltre le piume e i lustrini degli angeli di Victoria’s Secret.

 

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Un post condiviso da Hulu (@hulu)

 

Nel mondo della moda, Victoria’s Secret è forse uno dei brand universalmente più noti: il marchio di lingerie (super sexy) e altri prodotti per la bellezza femminile è stato fondato negli Stati Uniti nel 1977 e si è sviluppato rapidamente in tutto il paese e poi nel mondo grazie al suo immaginario estetico molto riconoscibile: modelle bellissime dal corpo stereotipicamente perfetto, le cosiddette “angels“. Tra il 1990 e il 2000 Victoria’s Secret raggiunse il massimo del suo successo. Le “angels”, tra cui si distinguevano Adriana Lima, Gisele Bündchen, Heidi Klum, Miranda Kerr, Gigi Hadid, Naomi Campbell, sfilavano sulle passerelle con ali da sessanta libbre e reggiseni da un milione di dollari.

Un momento del Fashion Show 2016 (Instagram)
Un momento del Fashion Show 2016 (Instagram)

Negli ultimi anni, però, diversi scandali hanno colpito l’azienda, che dal 2016 ha conosciuto una crisi senza precedenti e ha perso molto della sua allure conquistata nei decenni. Tra i motivi anche il nascente movimento Me Too (noto anche come #MeToo) che non ha fatto altro che scoperchiare scandali tenuti precedentemente nascosti, come la discriminazione nei confronti di alcune modelle, la proposta di un modello corporeo irreale e persino poco salubre, la mercificazione del corpo femminile. Per anni, infatti, il brand si è basato su testimonial dai corpi magri e statuari che diventavano l’aspirazione di qualsiasi donna. Poi, però, il cambiamento nei gusti del pubblico ha portato a un calo delle vendite e a un ripensamento di quella immagine pubblica, tanto che il Fashion Show del 2019 è stato cancellato e non è ancora stato riproposto.

Poster pubblicitario degli anni Novanta
Poster pubblicitario degli anni Novanta

Il brand, comunque, da qualche tempo sta cercando di cambiare pelle, con un restyling ideologico oltre che estetico: via le veneri alate, ammantate di strass e piume, per far spazio a donne famose che brillano innanzitutto per i propri successi. Il marchio, poi, sta puntando molto sull’inclusività con modelle curvy e, recentemente, con l’arrivo della prima modella con sindrome di Down.

 

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La docuserie, attraverso varie testimonianze, scava anche sul rapporto d’amicizia tra il fondatore del marchio Les Wexner e Jeffrey Epstein, il finanziere americano accusato di pedofilia e suicidatosi in prigione nel 2019. Il documentario racconta anche che Epstein utilizzò la sua influenza sul brand di intimo per adescare le sue prede. A testimoniarlo è proprio una vittima, Alicia Arden che nel 1997 venne aggredita da Epstein poco dopo un colloquio di lavoro

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  • Bebe Vio “torna subito" a colpire con il suo ormai proverbiale (auto)sarcasmo.

Sul suo profilo Instagram pubblica una foto delle protesi lasciate sul lettino, prima di fare un tuffo in mare. Libera. 🏊‍♀️

#lucenews #lucelanazione #bebevio #inclusivity #libera #protesi #tornosubito
  • Maura Nardi, 41 anni a novembre, ed Emanuele Loati, 25, oltre ad essere innamorati, sono due giovani transgender che, dopo una vera e propria odissea, hanno completato insieme la transizione per il cambio di sesso. E ora, nuovi documenti alla mano, coroneranno finalmente il loro sogno d’amore con le nozze.

“Con l’identità di genere non si può scendere a patti: puoi lottarci per un po’, ma alla fine devi accettare quello che sei perché in ballo c’è la tua vita”.

Emanuele e Maura si sono conosciuti 3 anni fa, proprio durante il difficile e lungo percorso che li avrebbe portati alla loro nuova identità. Da quel primo incontro, proprio come in una favola con la freccia di Cupido scoccata che non lascia scampo, i due non si sono più lasciati.

Uniti, supportandosi a vicenda senza mai smettere di amarsi, hanno affrontato tutte le difficoltà che si sono presentate e non sono state poche: prima la sofferenza emotiva (ma anche fisica) per la transizione, aggravata poi dalla burocrazia dello Stato. E dopo tante peripezie la luce è apparsa in fondo al tunnel: l’ufficio anagrafe del comune di Recanati, in provincia di Macerata, ha provveduto a rettificare i loro documenti di identità. Era l’ultimo step da superare prima del via libera al matrimonio. Ora non resta che organizzare.

Se quella di Nardi e Loati è una vicenda già particolarmente travagliata, anche se a lieto fine, per Maura le cose sono state, se possibile, ancora più difficili. Ha iniziato la transizione nel 2016 e quando ha completato il percorso, è stata la prima persona non vedente italiana a riuscirci. Da quando ha 19 anni soffre di una forma di cecità a causa dello sviluppo di una rara malattia alla retina, nel suo caso “è stato più semplice convivere con la cecità che con l’incongruenza di genere”.

E aggiunge: “Nonostante il supporto non è stata una passeggiata: ho avuto diversi momenti di sconforto e paura, altri in cui mi sono sentita in colpa per aver trascinato la mia famiglia in questo cammino così complesso. Oggi so che rifarei tutto. La ciliegina sulla torta è stata l’arrivo del mio compagno. Ora finalmente siamo pronti a sposarci e possiamo pensare a una cosa bella”.

#lucenews #recanati #nozze
  • Quello che molti temevano è purtroppo accaduto: per scoprire le interruzioni di gravidanza negli Usa le autorità stanno facendo ricorso anche ai dati personali contenuti nelle app di messaggistica e sui social. 

A destare scalpore è un caso in Nebraska, dove Celeste Burgess, 18 anni, e sua madre Jessica, 41, sono finite in tribunale per un presunto aborto illegale, con molteplici capi d’imputazione. La polizia ha presentato come prove i messaggi su Facebook che le due donne si sarebbero scambiate e a cui, con l’autorizzazione dei gestori della piattaforma – in questo caso Meta –, ha avuto accesso. Le chat private, secondo le autorità, mostrano le prove di un aborto farmacologico illegale, autogestito alla 28esima settimana di gestazione (settimo mese), e di un piano per nascondere "i resti”.

Dopo che la polizia ha ottenuto il materiale dai due mandati di perquisizione, Jessica è stata accusata di altri due reati, induzione all’aborto illegale e pratica dell’aborto come persona diversa da un medico autorizzato, per i quali si è nuovamente dichiarata non colpevole. Attualmente il Nebraska proibisce gli aborti dopo le 20 settimane, una legge in vigore da prima dell’annullamento della sentenza Roe v. Wade.

Il problema di fondo che emerge da questa e da tante altre vicende in materia di diritti ha un duplice aspetto: da una parte c’è l’obbligo di una società di fornire i dati alle forze dell’ordine che ne fanno richiesta per le indagini e dall’altra la possibilità di disporre di questi dati. 

Mai come oggi grandi aziende private possono disporre di informazioni personali relative ai propri utenti, e se queste sono utili per fermare chi commette crimini è un conto, ma se le leggi vengono modificate ciò che può essere giudicato come crimine cambia. Il caso di Celeste Burgess è solo un esempio, ma conferma anche che negare il diritto all’aborto non eradica il fenomeno, ma lo trasporta in una dimensione di illegalità e pericolo per la salute della donna.

#lucenews #lucelanazione #aborto #nebraska #abortion #usa
  • La scelta coraggiosa del calciatore croato Robert Peric-Komsic non poteva non fare il giro del mondo in un baleno. Nel fiore dell’età, e con tutta la vita davanti, a soli 23 anni ha deciso di lasciare il mondo del pallone. La sua non è stata una scelta forzata, è stata intimamente voluta, e se ha detto addio alla sua carriera è stato solo per una scelta d’amore. Dimostrando che la vita della propria madre viene prima di qualunque cosa. Prima della passione per il pallone, prima del successo, prima di ogni carriera.

“Non c’erano altre opzioni, io era l’unica possibilità, l’ultima. Ho avuto ben chiara qual era la mia missione: salvarla.”

L’attaccante del Cibalia Vinkovci non ci ha pensato due volte quando si è trattato di scegliere tra il suo futuro nel mondo calcistico e la salute della sua mamma malata. Per tanto, troppo tempo l’aveva vista lottare contro una malattia al fegato. Ora non c’era più tempo da perdere: si trattava di trovare un donatore compatibile, e al più presto. Lo stomaco della donna si stava oramai riempiendo di acqua, e questo voleva dire che le rimaneva poco tempo, secondo i medici che l’avevano in cura. Questione di qualche giorno appena. Il calciatore della seconda divisione croata era l’unico compatibile. A quel punto Peric-Komsic si è tolto la tuta, ha riposto maglietta e calzoncini da calciatore nella sua valigia e ha preso l’aereo, salendo sul primo volo con destinazione Istanbul. Lì ha trovato sua mamma Ljiljiana che l’aspettava per abbracciarlo, in fin di vita.

“Dopo aver lottato duramente per 13 anni, il vero eroe è lei. Io ho solo fatto quello che chiunque al posto mio avrebbe fatto."

Sono passati quattro mesi e più dall’intervento. Il trapianto è andato benee la signora Ljiljiana è migliorata molto da allora. Giorno dopo giorno ce l’ha messa tutta, e con una straordinaria forza di volontà, animata dall’amore di suo figlio, si sta piano piano riprendendo. E a chi si complimenta per aver fatto qualcosa di straordinario, con l’umiltà dei grandi risponde: “È stata mia madre a darmi la vita. Io l’ho solo estesa a lei”.

#lucenews #lucelanazione #donazionefegato #RobertPericKomsic #donarelavitaperamore
I demoni dietro gli angeli. E' quanto racconta "Victoria's Secret: Angels and Demons", la docuserie appena uscita sulla piattaforma americana Hulu che presto arriverà anche in Italia su Disney+. Il regista americano e giornalista investigativo, Matt Tyrnauer (già noto per i documentari "Valentino: The Last Emperor" del 2009, "Citizen Jane: Battle for the City" del 2016, "Scotty and the Secret History of Hollywood" del 2017 e "Studio 54" del 2018") prova ad andare oltre le piume e i lustrini degli angeli di Victoria's Secret.
 
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  Nel mondo della moda, Victoria's Secret è forse uno dei brand universalmente più noti: il marchio di lingerie (super sexy) e altri prodotti per la bellezza femminile è stato fondato negli Stati Uniti nel 1977 e si è sviluppato rapidamente in tutto il paese e poi nel mondo grazie al suo immaginario estetico molto riconoscibile: modelle bellissime dal corpo stereotipicamente perfetto, le cosiddette “angels". Tra il 1990 e il 2000 Victoria’s Secret raggiunse il massimo del suo successo. Le “angels”, tra cui si distinguevano Adriana Lima, Gisele Bündchen, Heidi Klum, Miranda Kerr, Gigi Hadid, Naomi Campbell, sfilavano sulle passerelle con ali da sessanta libbre e reggiseni da un milione di dollari.
Un momento del Fashion Show 2016 (Instagram)
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Negli ultimi anni, però, diversi scandali hanno colpito l'azienda, che dal 2016 ha conosciuto una crisi senza precedenti e ha perso molto della sua allure conquistata nei decenni. Tra i motivi anche il nascente movimento Me Too (noto anche come #MeToo) che non ha fatto altro che scoperchiare scandali tenuti precedentemente nascosti, come la discriminazione nei confronti di alcune modelle, la proposta di un modello corporeo irreale e persino poco salubre, la mercificazione del corpo femminile. Per anni, infatti, il brand si è basato su testimonial dai corpi magri e statuari che diventavano l'aspirazione di qualsiasi donna. Poi, però, il cambiamento nei gusti del pubblico ha portato a un calo delle vendite e a un ripensamento di quella immagine pubblica, tanto che il Fashion Show del 2019 è stato cancellato e non è ancora stato riproposto.
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Il brand, comunque, da qualche tempo sta cercando di cambiare pelle, con un restyling ideologico oltre che estetico: via le veneri alate, ammantate di strass e piume, per far spazio a donne famose che brillano innanzitutto per i propri successi. Il marchio, poi, sta puntando molto sull'inclusività con modelle curvy e, recentemente, con l'arrivo della prima modella con sindrome di Down.
 
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  La docuserie, attraverso varie testimonianze, scava anche sul rapporto d'amicizia tra il fondatore del marchio Les Wexner e Jeffrey Epstein, il finanziere americano accusato di pedofilia e suicidatosi in prigione nel 2019. Il documentario racconta anche che Epstein utilizzò la sua influenza sul brand di intimo per adescare le sue prede. A testimoniarlo è proprio una vittima, Alicia Arden che nel 1997 venne aggredita da Epstein poco dopo un colloquio di lavoro
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