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Home » Lifestyle » Vittima di stalking e sfregiato con l’acido, Giuseppe Morgante si racconta: “L’amore mi ha salvato. Ma serve un fondo per aiutare le vittime a pagare le cure”

Vittima di stalking e sfregiato con l’acido, Giuseppe Morgante si racconta: “L’amore mi ha salvato. Ma serve un fondo per aiutare le vittime a pagare le cure”

Non solo le donne. Anche gli uomini sono vittime di aggressioni violente. Come è capitato a Morgante, perseguitato e poi aggredito dall'ex fidanzata Sara Del Mastro due anni fa. Da allora per lui è iniziato un purgatorio fatto di operazioni dolorose e ingenti spese per le cure

Ludovica Criscitiello
20 Settembre 2021
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Più di un mese fa si è sottoposto all’ultima operazione, la tredicesima, al collo. Giuseppe Morgante mostra in alcune foto sul suo profilo Facebook la cicatrice del post-operatorio, una delle tante non solo fisiche ma anche dell’anima. Un iter lungo e sofferto che lo accomuna a tutte le altre vittime di aggressioni con l’acido. Non solo donne, ma anche uomini. “È stato l’amore a salvarmi. Le persone che avevo intorno, i miei familiari, gli amici, i colleghi. Se non ci fossero stati loro non ce l’avrei fatta”, racconta, ritornando a quel maledetto giorno – il 7 maggio del 2019 – in cui Sara Del Mastro, la donna con cui aveva avuto una breve relazione, gli tese un agguato sotto casa gettandogli un bicchiere di acido in faccia. Rovinandogli la vita. Poco tempo prima Giuseppe si era rivolto alle Iene per denunciare una situazione per lui diventata insostenibile. Sara, dopo la rottura, aveva iniziato a perseguitarlo. Minacce di morte, chiamate continue (un giorno sono arrivate a 800), appostamenti sul luogo di lavoro e a casa, insomma ovunque. E per finire dodici gomme dell’auto bucate.

Sì, Giuseppe è stato una vittima di stalking, prima di subire un’aggressione violenta. Perché non capita solo alle donne. Succede anche agli uomini. Anche se è un fenomeno che fa più fatica a venire fuori. “L’uomo si vergogna di più perché è abituato a essere considerato ‘quello più forte’ – dice Paola Randelli, presidente dell’Unione nazionale vittime –, se non si tratta di aggressioni violente, ci sono quelle psicologiche e il dolore che provano è ugualmente grande e per nulla meno grave“.

 

L’incontro e l’aggressione

“L’avevo conosciuta su un sito di incontri, l’ho frequentata due mesi, ma poi non è andata“. Giuseppe me lo racconta al telefono. Gli rispondo che ricordo la storia. Mi era rimasta impressa perché fino a quel momento gran parte delle notizie di questo tipo aveva sempre riguardato donne vittime di aggressioni con l’acido. Stavolta no. “Quando finisce una storia tendo sempre a rimanere in buoni rapporti, stavolta è stata dura, avevo paura di uscire di casa perché spesso me la trovavo lì“. Sara Del Mastro ha iniziato a essere ossessionata da Giuseppe, “l’unica persona buona che gli era capitata in tutta la sua vita che non era stata facile, con una figlia a carico e un marito suicida”, come ha raccontato lei stessa alla giornalista delle Iene che l’aveva intervistata dopo la denuncia di Giuseppe. “Mi arrivavano offese sui social tutti i giorni da diversi profili falsi – continua Giuseppe – Sono andato anche a parlare con i suoi genitori per trovare una soluzione, ma niente”. Fino ad arrivare a quel tragico giorno quando la donna prima lo insegue all’uscita dal lavoro poi, una volta sotto casa, mentre Giuseppe è ancora in auto, con una scusa si avvicina e gli getta un bicchiere di acido in viso. Davanti agli occhi della madre e del fratello che nel frattempo, allertati da una chiamata di Giuseppe, erano scesi giù per aspettarlo. Anche loro erano spaventati dagli appostamenti della donna. “Sì, fatico ancora a trovare un senso, credo che nessuno ci riesca – dice Giuseppe -, quello che però non capisco è perché non agire prima che queste cose si verifichino. Io avevo denunciato Sara per stalking ma nessuno ha fatto nulla”.

Il dopo e le difficoltà

Quello che viene dopo è inimmaginabile. “Sono andato in aspettativa non retribuita per circa un anno, perché ho subito circa dodici operazioni”. Poi c’è stato il Covid e l’intervento che doveva fare nel marzo del 2020 salta. Riesce a farlo solo dopo un anno, qualche mese fa: “Un intervento funzionale a una parte del viso e del collo. Resto però invalido ad un occhio. Interventi non a carico mio fortunatamente“. Ma per quanto riguarda quelli a livello estetico, più tutte le cure, invece, devono essere pagati dalle vittime, anche perché i risarcimenti previsti in questi casi sono molto bassi. “L’appello è quello di istituire un fondo per le vittime di aggressione violenta che funzioni davvero sulla falsariga di quello per le vittime della strada. Gran parte delle cure a cui mi sono sottoposto le ho dovute pagare io e ho fatto sempre più fatica, nonostante l’affetto e il supporto dei miei parenti. Ma penso anche a persone come William Pezzullo. Lui, come me, non avrà un euro di risarcimento perché i gli aggressori sono nullatenenti. Quando rimarrà da solo chi penserà a lui?”.

Il quadro legislativo

Al momento per le vittime di aggressione come Morgante c’è la legge n.69/2019, cosiddetta “Codice rosso”, che ha modificato il codice penale e di procedura civile e introdotto nuovi reati, tra cui la “deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”, che punisce chiunque provochi a qualcuno lesioni personali dalle quali derivino la deformazione o lo sfregio permanente del volto. Ma la vera questione sono i risarcimenti per queste persone, soprattutto se gli aggressori sono nullatenenti, come è successo a Giuseppe Morgante. Ce lo conferma l’avvocato Domenico Musicco, che ha seguito Morgante nel processo contro Sara Del Mastro, e che è anche legale dell’associazione Avis onlus (Associazione vittime incidenti stradali, sul lavoro e malasanità). “Oggi esiste un Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, che è stato accorpato a quello delle vittime di mafia e di usura ed è gestito dalle prefetture. È un ente che interviene quando il responsabile di aggressioni non può risarcire le vittime. Il punto è che il Fondo non solo prevede cifre estremamente basse ma, di fatto, risulta spesso senza soldi e quindi non funziona. E per ottenere qualcosa bisogna poi compiere un’odissea perché si deve aspettare la sentenza definitiva ed espletare prima ogni tentativo possibile per recuperare il denaro dal reo”.

Ma a quanto avrebbe avuto diritto Morgante con la normativa che c’è in Italia? Secondo il decreto ministeriale del 22 novembre 2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nel gennaio del 2020, che ha introdotto i vari indennizzi, a un massimo di 25mila euro per danni e 10mila per spese mediche. “Largamente insufficienti anche solo per le numerose terapie di cui necessita per via dell’acido, che sono tutte a suo carico. Basti pensare che per un delitto sono previsti 50mila euro, molto meno che per un incidente stradale mortale”.

La proposta di legge

Per questo Musicco ha presentato con l’associazione Avis Onlus una bozza di legge, incontrando a Roma il sottosegretario del Ministero del Lavoro Tiziana Nisini e il senatore Emanuele Pellegrini della Commissione Giustizia del Senato. “L’idea è quella di un Fondo che supplisca alla richiesta della vittima o dei suoi famigliari già all’inizio del procedimento penale, in modo che esso possa intervenire anche qualora il colpevole non si sia trovato, come accade nei maggiori Paesi europei occidentali”.

Come funzionerebbe? “Noi pensiamo che vi si possa accedere dopo la richiesta di rinvio a giudizio con le aggravanti previste dal Fondo o in caso di archiviazione delle indagini contro ignoti. Il Fondo subentrerebbe così alla vittima o ai suoi parenti nella richiesta di risarcimento. Ovviamente nel caso in cui i procedimenti o successive indagini dimostrassero l’assenza dei presupposti per l’accesso o l’assoluzione dell’indagato con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, le cifre corrisposte verrebbero revocate. Questa nostra prospettiva costituisce l’unico modo per non tenere per anni sulla graticola persone già devastate dal dolore di aggressioni o morti violente senza sapere se riceveranno mai un ristoro”. Il cammino è ancora lungo, ma la speranza è dura da morire. Lo leggiamo nel sorriso e nelle parole di Giuseppe Morgante: “Io non mollo”.

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  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran
Più di un mese fa si è sottoposto all’ultima operazione, la tredicesima, al collo. Giuseppe Morgante mostra in alcune foto sul suo profilo Facebook la cicatrice del post-operatorio, una delle tante non solo fisiche ma anche dell'anima. Un iter lungo e sofferto che lo accomuna a tutte le altre vittime di aggressioni con l'acido. Non solo donne, ma anche uomini. "È stato l’amore a salvarmi. Le persone che avevo intorno, i miei familiari, gli amici, i colleghi. Se non ci fossero stati loro non ce l’avrei fatta", racconta, ritornando a quel maledetto giorno - il 7 maggio del 2019 - in cui Sara Del Mastro, la donna con cui aveva avuto una breve relazione, gli tese un agguato sotto casa gettandogli un bicchiere di acido in faccia. Rovinandogli la vita. Poco tempo prima Giuseppe si era rivolto alle Iene per denunciare una situazione per lui diventata insostenibile. Sara, dopo la rottura, aveva iniziato a perseguitarlo. Minacce di morte, chiamate continue (un giorno sono arrivate a 800), appostamenti sul luogo di lavoro e a casa, insomma ovunque. E per finire dodici gomme dell'auto bucate. Sì, Giuseppe è stato una vittima di stalking, prima di subire un'aggressione violenta. Perché non capita solo alle donne. Succede anche agli uomini. Anche se è un fenomeno che fa più fatica a venire fuori. "L'uomo si vergogna di più perché è abituato a essere considerato 'quello più forte' – dice Paola Randelli, presidente dell’Unione nazionale vittime –, se non si tratta di aggressioni violente, ci sono quelle psicologiche e il dolore che provano è ugualmente grande e per nulla meno grave".  

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"L’avevo conosciuta su un sito di incontri, l’ho frequentata due mesi, ma poi non è andata". Giuseppe me lo racconta al telefono. Gli rispondo che ricordo la storia. Mi era rimasta impressa perché fino a quel momento gran parte delle notizie di questo tipo aveva sempre riguardato donne vittime di aggressioni con l’acido. Stavolta no. "Quando finisce una storia tendo sempre a rimanere in buoni rapporti, stavolta è stata dura, avevo paura di uscire di casa perché spesso me la trovavo lì". Sara Del Mastro ha iniziato a essere ossessionata da Giuseppe, "l'unica persona buona che gli era capitata in tutta la sua vita che non era stata facile, con una figlia a carico e un marito suicida", come ha raccontato lei stessa alla giornalista delle Iene che l’aveva intervistata dopo la denuncia di Giuseppe. "Mi arrivavano offese sui social tutti i giorni da diversi profili falsi - continua Giuseppe - Sono andato anche a parlare con i suoi genitori per trovare una soluzione, ma niente". Fino ad arrivare a quel tragico giorno quando la donna prima lo insegue all’uscita dal lavoro poi, una volta sotto casa, mentre Giuseppe è ancora in auto, con una scusa si avvicina e gli getta un bicchiere di acido in viso. Davanti agli occhi della madre e del fratello che nel frattempo, allertati da una chiamata di Giuseppe, erano scesi giù per aspettarlo. Anche loro erano spaventati dagli appostamenti della donna. "Sì, fatico ancora a trovare un senso, credo che nessuno ci riesca - dice Giuseppe -, quello che però non capisco è perché non agire prima che queste cose si verifichino. Io avevo denunciato Sara per stalking ma nessuno ha fatto nulla".

Il dopo e le difficoltà

Quello che viene dopo è inimmaginabile. "Sono andato in aspettativa non retribuita per circa un anno, perché ho subito circa dodici operazioni". Poi c'è stato il Covid e l’intervento che doveva fare nel marzo del 2020 salta. Riesce a farlo solo dopo un anno, qualche mese fa: "Un intervento funzionale a una parte del viso e del collo. Resto però invalido ad un occhio. Interventi non a carico mio fortunatamente". Ma per quanto riguarda quelli a livello estetico, più tutte le cure, invece, devono essere pagati dalle vittime, anche perché i risarcimenti previsti in questi casi sono molto bassi. "L’appello è quello di istituire un fondo per le vittime di aggressione violenta che funzioni davvero sulla falsariga di quello per le vittime della strada. Gran parte delle cure a cui mi sono sottoposto le ho dovute pagare io e ho fatto sempre più fatica, nonostante l’affetto e il supporto dei miei parenti. Ma penso anche a persone come William Pezzullo. Lui, come me, non avrà un euro di risarcimento perché i gli aggressori sono nullatenenti. Quando rimarrà da solo chi penserà a lui?".

Il quadro legislativo

Al momento per le vittime di aggressione come Morgante c’è la legge n.69/2019, cosiddetta "Codice rosso", che ha modificato il codice penale e di procedura civile e introdotto nuovi reati, tra cui la "deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso", che punisce chiunque provochi a qualcuno lesioni personali dalle quali derivino la deformazione o lo sfregio permanente del volto. Ma la vera questione sono i risarcimenti per queste persone, soprattutto se gli aggressori sono nullatenenti, come è successo a Giuseppe Morgante. Ce lo conferma l'avvocato Domenico Musicco, che ha seguito Morgante nel processo contro Sara Del Mastro, e che è anche legale dell'associazione Avis onlus (Associazione vittime incidenti stradali, sul lavoro e malasanità). "Oggi esiste un Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, che è stato accorpato a quello delle vittime di mafia e di usura ed è gestito dalle prefetture. È un ente che interviene quando il responsabile di aggressioni non può risarcire le vittime. Il punto è che il Fondo non solo prevede cifre estremamente basse ma, di fatto, risulta spesso senza soldi e quindi non funziona. E per ottenere qualcosa bisogna poi compiere un'odissea perché si deve aspettare la sentenza definitiva ed espletare prima ogni tentativo possibile per recuperare il denaro dal reo". Ma a quanto avrebbe avuto diritto Morgante con la normativa che c'è in Italia? Secondo il decreto ministeriale del 22 novembre 2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nel gennaio del 2020, che ha introdotto i vari indennizzi, a un massimo di 25mila euro per danni e 10mila per spese mediche. "Largamente insufficienti anche solo per le numerose terapie di cui necessita per via dell'acido, che sono tutte a suo carico. Basti pensare che per un delitto sono previsti 50mila euro, molto meno che per un incidente stradale mortale".

La proposta di legge

Per questo Musicco ha presentato con l’associazione Avis Onlus una bozza di legge, incontrando a Roma il sottosegretario del Ministero del Lavoro Tiziana Nisini e il senatore Emanuele Pellegrini della Commissione Giustizia del Senato. "L'idea è quella di un Fondo che supplisca alla richiesta della vittima o dei suoi famigliari già all’inizio del procedimento penale, in modo che esso possa intervenire anche qualora il colpevole non si sia trovato, come accade nei maggiori Paesi europei occidentali". Come funzionerebbe? "Noi pensiamo che vi si possa accedere dopo la richiesta di rinvio a giudizio con le aggravanti previste dal Fondo o in caso di archiviazione delle indagini contro ignoti. Il Fondo subentrerebbe così alla vittima o ai suoi parenti nella richiesta di risarcimento. Ovviamente nel caso in cui i procedimenti o successive indagini dimostrassero l’assenza dei presupposti per l’accesso o l’assoluzione dell’indagato con la formula 'perché il fatto non sussiste', le cifre corrisposte verrebbero revocate. Questa nostra prospettiva costituisce l'unico modo per non tenere per anni sulla graticola persone già devastate dal dolore di aggressioni o morti violente senza sapere se riceveranno mai un ristoro". Il cammino è ancora lungo, ma la speranza è dura da morire. Lo leggiamo nel sorriso e nelle parole di Giuseppe Morgante: "Io non mollo".
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