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Home » Lifestyle » “Viviamo una seconda pubertà, fra sbalzi d’umore e tanta energia. Noi, nonne sessanteenager cambieremo il mondo”

“Viviamo una seconda pubertà, fra sbalzi d’umore e tanta energia. Noi, nonne sessanteenager cambieremo il mondo”

Ha scritto col contributo di altre donne "The big change", la metamorfosi del dopo menopausa. Elena Mora è nonna orgogliosa e combattiva: "Ho avuto più diritti di mia madre e della madre di lei. Voglio che mia nipote ne abbia più di me". Intanto racconta Wallis Simpson, "che fece più danni alla corona britannica di Diana e Meghan"

Elisa Capobianco
1 Giugno 2021
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Menopausa prima e ‘nonnitudine’ poi non l’hanno fermata. Anzi, Elena Mora è un vulcano di irriverenza e simpatia pronto a esplodere alla vista di una donna, qualunque donna, accovacciata nel cono d’ombra in cui una certa parte del mondo (patriarcale) la vorrebbe ancora relegare. Piemontese trapiantata a Milano, giornalista per professione (storica firma di Diva e Donna, fra le massime esperte della royal family britannica)  e scrittrice per passione, nei suoi libri racconta con brioso realismo le stagioni della vita e dispensa consigli… per la sopravvivenza. Lo fa anche attraverso un blog che dichiara buoni propositi già dal titolo – ‘Un amore di nonna’ –, ma che in realtà è lì a ribadire, riga dopo riga, che il singolare femminile è un valore, senza età.

Elena Mora

Parlando di se stessa, si definisce “una donna impegnata”.
“Sì, mi impegno. Perché io ho avuto più diritti e possibilità di mia nonna, persino di mia mamma. Ora vorrei che mia nipote ne avesse più di me. Quindi appoggio tutte le cause delle donne come posso. Ho contribuito a fondare un premio per la saggistica femminile, ad esempio. Non ha notato che la saggistica sembra essere terreno prettamente maschile? Mi son domandata perché non veniamo mai prese in considerazione come esperte di qualcosa anche se ne sappiamo come, se non di più, di tanti colleghi. Ed ecco il Premio nazionale di saggistica Giuditta, organizzato dalla omonima fondazione di Alessandria”.

In effetti basta andare in edicola per scoprire che alle donne è ancora dedicato l’angolo del ricamo e dell’uncinetto, per gli uomini invece ci sono le riviste scientifiche. Senza nulla togliere alla nobiltà dei lavori manuali, fa un po’ strano. Non trova?
“La discriminazione passa dalle piccole cose, si ripropone nella quotidianità e anche nelle trappole del linguaggio. Ecco perché urge un’evoluzione culturale. Ognuna di noi può concorrere con le proprie azioni, basta chiedersi ‘Che cosa posso fare io?’. Non servono necessariamente gesti eclatanti, ma l’impegno deve essere condiviso e costante”.

Crede o teme, davvero, che sua nipote possa avere meno chance di lei? Eppure è tutto un gran parlare di emancipazione femminile e di pari opportunità…
“Purtroppo è una paura fondata. Finché ci troveremo a esultare per la nomina di una donna a un ruolo apicale saremo messi male… Il problema non è soltanto italiano, è mondiale. Pure in America il successo di una donna in certi ambiti fa ancora notizia. Estremizzando ci potremo ritenere salvi quando anche una donna mediocre potrà fare carriera. Per tanti uomini è già così, è evidente (sorride, ndr)”.

Insomma il machismo non è soltanto una malattia nazionale. Ma qualche esempio positivo o quantomeno controcorrente ci sarà?
“Certo. In Italia sto osservando con interesse e curiosità l’ascesa di un partito di destra guidato da una donna (il riferimento è a Fratelli d’Italia e a Giorgia Meloni, ndr). Tutto accade mentre proprio a sinistra, per definizione lo schieramento che ha costruito sulla difesa dei diritti e sulla parità di genere un’identità, si sta ancora discutendo su come poter valorizzare le donne. Un paradosso, no?”.

Il cammino per l’emancipazione femminile, dunque, è ancora lungo e irto di ostacoli. Qual è il suo contributo alla causa, come professionista?
“Ho firmato una trasmissione radiofonica per la prestigiosa Rai Radio Classica in cui racconto, in chiave femminile e femminista, le eroine della lirica. E mi impegno nel progetto ‘Donne di parola’ Leggi l’articolo : un gruppo di scrittrici che, da anni, trasforma l’opera narrativa in un segno di speranza a favore delle bambine in tutto il mondo. A maggio è arrivato in libreria per Giunti ‘Amiche Nemiche’: un libro davvero buono perché, grazie alle parole, aiuterà delle piccole a imparare a scrivere e leggere. Diritti d’autore e proventi saranno devoluti, infatti, alla Casa delle bambine di Busajo, in Etiopia. L’ultima mia ‘impresa’ personale invece è dedicata a Wallis Simpson (Morellini editore): la quarantenne americana, due volte divorziata, spiritosa e sgraziata che riuscì a conquistare il cuore di Edoardo VIII, il più affascinante principe di Galles. Una grande storia d’amore la loro, di cui è stata prima protagonista poi prigioniera. Va detto che soltanto Wallis è riuscita a fare più danni di Diana e ora di Meghan alla corona d’Inghilterra! Insomma, una donna che ha davvero rotto gli schemi”.

Elena Mora

E come donna-nonna cosa fa? Di certo ha contribuito ad abbattere lo stereotipo della nonnina con la crocchia di capelli bianchi e il grembiule a quadri.
“Ho due nipoti stupendi, un maschio e una femmina, gemelli ma molto diversi. Vorrei lasciar loro un’Italia che non viaggia con il freno a mano per evitare di andare indietro. Mi rendo conto invece che spesso ci troviamo a parlare di temi che dovrebbero essere ormai assodati… È arrivata pure la pandemia a rallentare l’evoluzione e ad aumentare il divario sociale tra chi ha gli strumenti, tecnologici e non solo, e chi non li ha. Pensiamo ai ragazzini alle prese con la didattica a distanza, ad esempio. Bisogna fare qualcosa, bisogna fare cultura. Tutto fa cultura. Anche noi due, parlando, la stiamo facendo. E la cultura fa bene, fa crescere”.

Nel frattempo ha pure coniato il termine “sessanteenager” per parlare della vita nel ‘dopo menopausa’.
“Alle donne, di tutte le età, dico di agire con determinazione per rompere gli schemi, di non autocensurarsi. È necessario, inoltre, imparare a giocare in squadra: ai maschi lo insegnano sin da piccoli. Togliamoci dalla testa che le donne siano in competizione! E togliamoci dalla testa anche che dopo la menopausa la vita sia finita. Ho voluto raccontare ‘The big change’, il grande cambiamento, attraverso il contributo di prestigiose esperte, rigorosamente tutte donne. Del resto gli uomini che cosa ne vogliono sapere più di noi… Perché sessanteenager? Perché le donne nel ‘dopo’ rivivono una seconda pubertà fatta di cambiamenti radicali e sbalzi d’umore ma anche tanta nuova energia”.

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Menopausa prima e ‘nonnitudine’ poi non l’hanno fermata. Anzi, Elena Mora è un vulcano di irriverenza e simpatia pronto a esplodere alla vista di una donna, qualunque donna, accovacciata nel cono d’ombra in cui una certa parte del mondo (patriarcale) la vorrebbe ancora relegare. Piemontese trapiantata a Milano, giornalista per professione (storica firma di Diva e Donna, fra le massime esperte della royal family britannica)  e scrittrice per passione, nei suoi libri racconta con brioso realismo le stagioni della vita e dispensa consigli… per la sopravvivenza. Lo fa anche attraverso un blog che dichiara buoni propositi già dal titolo – ‘Un amore di nonna’ –, ma che in realtà è lì a ribadire, riga dopo riga, che il singolare femminile è un valore, senza età.
Elena Mora
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E come donna-nonna cosa fa? Di certo ha contribuito ad abbattere lo stereotipo della nonnina con la crocchia di capelli bianchi e il grembiule a quadri. “Ho due nipoti stupendi, un maschio e una femmina, gemelli ma molto diversi. Vorrei lasciar loro un’Italia che non viaggia con il freno a mano per evitare di andare indietro. Mi rendo conto invece che spesso ci troviamo a parlare di temi che dovrebbero essere ormai assodati… È arrivata pure la pandemia a rallentare l’evoluzione e ad aumentare il divario sociale tra chi ha gli strumenti, tecnologici e non solo, e chi non li ha. Pensiamo ai ragazzini alle prese con la didattica a distanza, ad esempio. Bisogna fare qualcosa, bisogna fare cultura. Tutto fa cultura. Anche noi due, parlando, la stiamo facendo. E la cultura fa bene, fa crescere”.

Nel frattempo ha pure coniato il termine "sessanteenager" per parlare della vita nel ‘dopo menopausa’. “Alle donne, di tutte le età, dico di agire con determinazione per rompere gli schemi, di non autocensurarsi. È necessario, inoltre, imparare a giocare in squadra: ai maschi lo insegnano sin da piccoli. Togliamoci dalla testa che le donne siano in competizione! E togliamoci dalla testa anche che dopo la menopausa la vita sia finita. Ho voluto raccontare ‘The big change’, il grande cambiamento, attraverso il contributo di prestigiose esperte, rigorosamente tutte donne. Del resto gli uomini che cosa ne vogliono sapere più di noi… Perché sessanteenager? Perché le donne nel ‘dopo’ rivivono una seconda pubertà fatta di cambiamenti radicali e sbalzi d’umore ma anche tanta nuova energia”.
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