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Home » Lifestyle » Vuoi un premio sul lavoro? Leggi un libro e raccontalo ai colleghi. “Così nella mia azienda facciamo squadra”

Vuoi un premio sul lavoro? Leggi un libro e raccontalo ai colleghi. “Così nella mia azienda facciamo squadra”

Danilo Dadda, amministatore delegato di un'azienda bergamasca di edilizia sostenibile offre ai lavoratori un premio per la lettura di un libro che raddoppia, triplica in base al numero di volumi affrontati. "Tutto è nato durante il lockdown: rientrando ci siamo accorti che tutti avevamo letto di più ed è stato naturale lo scambio di idee ed opinioni"

Arianna Fisicaro
6 Maggio 2021
Multi-national university or school illustration with successful men and women. Diverse smiling students with gadgets

Multi-national university or school illustration with successful men and women. Diverse smiling students with gadgets

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Il primo libro presentato a lavoro è stato “Il Profeta” di Gibran Kahlil Gibran e da allora la lista dei titoli si è allungata esponenzialmente in una grande varietà di tutti i generi. È così, a parlare di libri tra colleghi, che Danilo Dadda, amministratore delegato della Vanoncini che opera nel campo dell’edilizia sostenibile, ha aumentato la produttività dei suoi dipendenti. “Mi stupisce di essere considerato un caso – dice Dadda – dovrebbero essere di più le aziende che pagano i propri dipendenti per leggere e crescere”.

Danilo Dadda premia i dipendenti in base alla lettura di libri

Dadda paga in busta i suoi collaboratori con 100 euro per il primo libro letto e raccontato agli altri, 200 euro per il secondo e così via fino a raddoppiare il compenso se i testi sono in lingua straniera, ma niente di lontanamente simile al circolo aziendale del direttore Guidobaldo Maria Ricardelli che nel “Secondo tragico Fantozzi” costringeva i suoi impiegati alla visione del capolavoro “La corazzata Potëmkin”.

“Quando uno di noi racconta un libro, racconta un po’ anche se stesso – spiega Dadda – chi è, la sua storia e le sue emozioni che a cosa normali non racconterebbe. È un modo per conoscerci di più e forse anche per volersi più bene”.  Non sembra un imprenditore che guarda solo al profitto economico Danilo Dadda, cintura nera di lettura e maestro Jedi di empatia nelle relazioni sociali, eppure i risultati materiali si sono visti già dopo pochi mesi. “Quando si raccontano le emozioni provate – prosegue – si intensificano le relazioni con gli altri e si è indotti a frequentarsi anche fuori dal lavoro. E’ uno stato di benessere che aumenta anche la produttività”.

 

Sessanta titoli, subito “esauriti”

Ma come è nata l’idea? «Mia madre mi ha trasmesso la passione per la lettura, fin da piccolo. Poi l’anno scorso qui a Bergamo durante il lockdown abbiamo sofferto molto e abbiamo anche dovuto chiudere le aziende. La vita è cambiata e la gente in casa ha cominciato a leggere un po’ di più. Quando finalmente abbiamo potuto ritrovarci in qualche modo dopo aver sofferto tanto, abbiamo apprezzato molto di più la socialità e la condivisione di ogni cosa. Così ho pensato che avremmo potuto dedicare la prima parte delle riunioni a raccontarci i libri che leggiamo”.

Un’idea che ha entusiasmato tutti tanto che adesso anche i familiari dei dipendenti vogliono partecipare agli scambi del ‘circolo’. “Le prime a lanciarsi sono state le donne – prosegue Dadda – Avevo inizialmente proposto una lista di 60 titoli ma credo che la cosa sia sfuggita un po’ di mano visto che abbiamo 85 dipendenti e già la metà hanno contribuito a incrementare la lista, per non parlare dei loro familiari che vogliono essere coinvolti”.

 

“Ho fiducia nelle persone”

Eppure la sua formazione è di tipo tecnico. “Sono figlio di un muratore e nipote di un contadino e ho vissuto in campagna. Ho frequentato i cantieri fin da piccolo poi ho studiato per geometri. Ho rinunciato a laurearmi in ingegneria per avere autonomia economica, che ho trovato in questa azienda dove sono stato assunto anni fa e che mi ha permesso di crescere. Danilo Dadda ha letto di tutto e ha una grande fiducia nelle persone. “Se non l’avessi non sarei qui. Le persone fanno più lavoro introspettivo in se stesse di quanto si creda. Quando abbiamo davanti qualcuno, in quel momento quella persona diventa la più importante del mondo, fare questo ci permette di avere buone relazioni”. Ma il progetto dei libri in azienda non finirà qui. “Stiamo pensando di portare negli uffici e sui cantieri le espressioni che cogliamo dai libri che leggiamo”.

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  • "È passato un mese dall’incidente, e ogni giorno, penso costantemente a come le cose possano cambiare rapidamente e drasticamente, in un batter d’occhio, e in modi che non avrei mai potuto immaginare.”

Il protagonista di questa vicenda è Leonardo Lotto, studente aostano, che la mattina del 23 febbraio è rimasto vittima di un incidente in mare. Il ragazzo era a Melbourne con un gruppo di amici quando dopo un tuffo tra le onde sul bagnasciuga ha picchiato violentemente la testa contro il fondale di sabbia. In quel momento è iniziato l’incubo: prima gli amici lo hanno aiutato a uscire dall’acqua, poi la corsa disperata in ospedale. Dopo l’intervento d’urgenza, è arrivato il duro responso: “Frattura delle vertebre C3 e C5, spina dorsale danneggiata". Leonardo Lotto è paralizzato dalla testa in giù e non potrà più camminare.

"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
Il primo libro presentato a lavoro è stato "Il Profeta" di Gibran Kahlil Gibran e da allora la lista dei titoli si è allungata esponenzialmente in una grande varietà di tutti i generi. È così, a parlare di libri tra colleghi, che Danilo Dadda, amministratore delegato della Vanoncini che opera nel campo dell’edilizia sostenibile, ha aumentato la produttività dei suoi dipendenti. "Mi stupisce di essere considerato un caso – dice Dadda – dovrebbero essere di più le aziende che pagano i propri dipendenti per leggere e crescere".
Danilo Dadda premia i dipendenti in base alla lettura di libri
Dadda paga in busta i suoi collaboratori con 100 euro per il primo libro letto e raccontato agli altri, 200 euro per il secondo e così via fino a raddoppiare il compenso se i testi sono in lingua straniera, ma niente di lontanamente simile al circolo aziendale del direttore Guidobaldo Maria Ricardelli che nel "Secondo tragico Fantozzi" costringeva i suoi impiegati alla visione del capolavoro "La corazzata Potëmkin". "Quando uno di noi racconta un libro, racconta un po’ anche se stesso – spiega Dadda – chi è, la sua storia e le sue emozioni che a cosa normali non racconterebbe. È un modo per conoscerci di più e forse anche per volersi più bene".  Non sembra un imprenditore che guarda solo al profitto economico Danilo Dadda, cintura nera di lettura e maestro Jedi di empatia nelle relazioni sociali, eppure i risultati materiali si sono visti già dopo pochi mesi. "Quando si raccontano le emozioni provate – prosegue – si intensificano le relazioni con gli altri e si è indotti a frequentarsi anche fuori dal lavoro. E’ uno stato di benessere che aumenta anche la produttività".  

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Ma come è nata l’idea? «Mia madre mi ha trasmesso la passione per la lettura, fin da piccolo. Poi l’anno scorso qui a Bergamo durante il lockdown abbiamo sofferto molto e abbiamo anche dovuto chiudere le aziende. La vita è cambiata e la gente in casa ha cominciato a leggere un po’ di più. Quando finalmente abbiamo potuto ritrovarci in qualche modo dopo aver sofferto tanto, abbiamo apprezzato molto di più la socialità e la condivisione di ogni cosa. Così ho pensato che avremmo potuto dedicare la prima parte delle riunioni a raccontarci i libri che leggiamo". Un’idea che ha entusiasmato tutti tanto che adesso anche i familiari dei dipendenti vogliono partecipare agli scambi del 'circolo'. "Le prime a lanciarsi sono state le donne – prosegue Dadda – Avevo inizialmente proposto una lista di 60 titoli ma credo che la cosa sia sfuggita un po’ di mano visto che abbiamo 85 dipendenti e già la metà hanno contribuito a incrementare la lista, per non parlare dei loro familiari che vogliono essere coinvolti".  

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Eppure la sua formazione è di tipo tecnico. "Sono figlio di un muratore e nipote di un contadino e ho vissuto in campagna. Ho frequentato i cantieri fin da piccolo poi ho studiato per geometri. Ho rinunciato a laurearmi in ingegneria per avere autonomia economica, che ho trovato in questa azienda dove sono stato assunto anni fa e che mi ha permesso di crescere. Danilo Dadda ha letto di tutto e ha una grande fiducia nelle persone. "Se non l’avessi non sarei qui. Le persone fanno più lavoro introspettivo in se stesse di quanto si creda. Quando abbiamo davanti qualcuno, in quel momento quella persona diventa la più importante del mondo, fare questo ci permette di avere buone relazioni". Ma il progetto dei libri in azienda non finirà qui. "Stiamo pensando di portare negli uffici e sui cantieri le espressioni che cogliamo dai libri che leggiamo".
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