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Home » Paralimpiadi » Ambra Sabatini telefona al babbo: “È il riscatto dall’incidente, ora mi sento completa”

Ambra Sabatini telefona al babbo: “È il riscatto dall’incidente, ora mi sento completa”

Il genitori della campionessa paralimpica sui 100 metri hanno seguito la gara al maxischermo nella parrocchia del loro paese, Porto Ercole. Don Adorno ha suonato le campane a distesa e si sono formati cortei di auto imbandierate

Matteo Alfieri
5 Settembre 2021
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I genitori di Ambra Sabatini esultano in prima fila davanti al maxischermo nella parrocchia di Porto Ercole (foto Aprili)

“Non avevo paura delle avversarie. Ma solo di me stessa“. Dopo il pianto a dirotto sul podio con l’oro al collo, Ambra Sabatini ha preso il telefono e ha chiamato suo babbo, a Porto Ercole. Il babbo Ambrogio Sabatini ha seguito la finale al maxischermo allestito nella parrocchia del paese. Il parroco don Adorno Della Monaca ha suonato le campane a distesa subito dopo la vittoria.

Pochi secondi di telefonata perchè ci sono da espletare tante altre incombenze per chi vince una medaglia olimpica. Soprattutto se è d’oro.

“Mi sembra incredibile, ancora non ci posso credere. Era un sogno. Desideravo troppo la medaglia, rappresenta il riscatto di questi due anni dall’incidente e finalmente mi sento completa“. Poi sulla gara: “E’ stata una gara combattuta fino all’ultimo e siamo state tutte bravissime”, dice Ambra.

Poi sul record del mondo: “È stata tanta roba, volevo riprendermi il record dopo la semifinale e ci sono riuscita, ma il vero obiettivo era l’oro”.

La sua sicurezza si è vista fin dai blocchi di partenza: il record del mondo frantumato dimostra che la 19enne portercolese quella gara non l’avrebbe mai persa. Il tempo per raccontare quella valanga di emozioni che solo un atleta può dire di aver vissuto, lo avrà da domani quando salirà sull’aereo che la ripoterà a casa dal suo “mondo” all’Argentario.

I genitori, il fidanzato di Ambra e un amico di famiglia di fronte al maxischermo con le imamgini da Tokyo

E’ stata un’esplosione di lacrime e sorrisi, nella sala parrocchiale della chiesa di Sant’Erasmo e San Paolo della Croce a Porto Ercole, quando Ambra Sabatini ha tagliato il traguardo della finale dei 100, laureandosi campionessa Olimpica. Di fronte al maxischermo, organizzato da don Adorno, il parroco amico della famiglia Sabatini, c’erano tutti. Mamma Lorenzina, babbo Ambrogio, il fidanzato Alessandro Galatolo, l’allenatore Jacopo Boscarini, l’ex presidente della Fidal, Alfio Giomi, amici e parenti e anche tutte le autorità civili e militari della zona. Nessuno è riuscito a trattenere le lacrime per l’impresa leggendaria della 19enne ragazzina dal sorriso dolce e dagli occhi della tigre. La tensione iniziale è stata infatti spazzata via in una manciata di secondi: in prima fila a balzare in piedi a braccia alzate, come ha fatto Ambra, ci ha pensato mamma Lorenzina, sorretta dal babbo Ambrogio e da tutti gli amici più intimi che hanno voluto condividere quella che è diventata una festa di una comunità intera. Un boato che si è riverberato in tutto il paese: caroselli di auto in festa, bandiere tricolori alle finestre, sirene di giubilo. Persone che si abbracciavano e non riuscivano a trattenere le lacrime. Perché Ambra ha unito tutti: la sua voglia incredibile, poche ore dopo l’incidente, è rimasta scolpita nella memoria collettiva di un paese, quello di Porto Ercole, fatto di persone schiette e sincere. Pochi fronzoli, insomma. Come quelli che Ambra ripose in un cassetto due ore dopo l’intervento chirurgico che le ha cambiato la vita.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
I genitori di Ambra Sabatini esultano in prima fila davanti al maxischermo nella parrocchia di Porto Ercole (foto Aprili)
"Non avevo paura delle avversarie. Ma solo di me stessa". Dopo il pianto a dirotto sul podio con l’oro al collo, Ambra Sabatini ha preso il telefono e ha chiamato suo babbo, a Porto Ercole. Il babbo Ambrogio Sabatini ha seguito la finale al maxischermo allestito nella parrocchia del paese. Il parroco don Adorno Della Monaca ha suonato le campane a distesa subito dopo la vittoria. Pochi secondi di telefonata perchè ci sono da espletare tante altre incombenze per chi vince una medaglia olimpica. Soprattutto se è d’oro. "Mi sembra incredibile, ancora non ci posso credere. Era un sogno. Desideravo troppo la medaglia, rappresenta il riscatto di questi due anni dall’incidente e finalmente mi sento completa". Poi sulla gara: "E’ stata una gara combattuta fino all’ultimo e siamo state tutte bravissime", dice Ambra. Poi sul record del mondo: "È stata tanta roba, volevo riprendermi il record dopo la semifinale e ci sono riuscita, ma il vero obiettivo era l’oro". La sua sicurezza si è vista fin dai blocchi di partenza: il record del mondo frantumato dimostra che la 19enne portercolese quella gara non l’avrebbe mai persa. Il tempo per raccontare quella valanga di emozioni che solo un atleta può dire di aver vissuto, lo avrà da domani quando salirà sull’aereo che la ripoterà a casa dal suo "mondo" all’Argentario.
I genitori, il fidanzato di Ambra e un amico di famiglia di fronte al maxischermo con le imamgini da Tokyo
E’ stata un’esplosione di lacrime e sorrisi, nella sala parrocchiale della chiesa di Sant’Erasmo e San Paolo della Croce a Porto Ercole, quando Ambra Sabatini ha tagliato il traguardo della finale dei 100, laureandosi campionessa Olimpica. Di fronte al maxischermo, organizzato da don Adorno, il parroco amico della famiglia Sabatini, c’erano tutti. Mamma Lorenzina, babbo Ambrogio, il fidanzato Alessandro Galatolo, l’allenatore Jacopo Boscarini, l’ex presidente della Fidal, Alfio Giomi, amici e parenti e anche tutte le autorità civili e militari della zona. Nessuno è riuscito a trattenere le lacrime per l’impresa leggendaria della 19enne ragazzina dal sorriso dolce e dagli occhi della tigre. La tensione iniziale è stata infatti spazzata via in una manciata di secondi: in prima fila a balzare in piedi a braccia alzate, come ha fatto Ambra, ci ha pensato mamma Lorenzina, sorretta dal babbo Ambrogio e da tutti gli amici più intimi che hanno voluto condividere quella che è diventata una festa di una comunità intera. Un boato che si è riverberato in tutto il paese: caroselli di auto in festa, bandiere tricolori alle finestre, sirene di giubilo. Persone che si abbracciavano e non riuscivano a trattenere le lacrime. Perché Ambra ha unito tutti: la sua voglia incredibile, poche ore dopo l’incidente, è rimasta scolpita nella memoria collettiva di un paese, quello di Porto Ercole, fatto di persone schiette e sincere. Pochi fronzoli, insomma. Come quelli che Ambra ripose in un cassetto due ore dopo l’intervento chirurgico che le ha cambiato la vita.
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