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Assunta Legnante, il lancio del peso da gioco di bimba a ragione di vita, che nemmeno la cecità è riuscita a fermare

di SOFIA FRANCIONI -
31 agosto 2021
Iegnante

Iegnante

La chiamano “cannoncino” da quando ad Ascoli Piceno nessuno aveva mai visto essere umano lanciare tanto lontano. Con la forza del suo braccio destro e del suo spirito, anche alle Paralimpiadi di quest’anno la campionessa del getto del peso e del lancio del disco paralimpica, Assunta Legnante, è riuscita a prendersi l’argento nel disco con la misura di 40,25 metri, distaccandosi di soli 58 centimetri dalla cinese Zhang Lianmin, che ha stabilito il record del mondo. Il suo palmares parla per lei: tesserata per l’Anthropos Civitanova Marche, ha esordito in Nazionale nel 2012 e ha partecipato alle Paralimpiadi di Londra e di Rio, conquistando due ori nel getto del peso. Poi, altre quattro medaglie d’oro ai Mondiali del 2013 a Lione, del 2015 a Doha, del 2017 a Londra e del 2019 a Dubai, dove si è laureata campionessa anche nel lancio del disco. A Tokyo è ora attesa alla prova di getto del peso, la sua specialità naturale. Ma, lei, così sintetizza la sua carriera: “La mia vita è sempre stata sui campi d’atletica e con un peso in mano”. Anche se, “non sono stata sempre non vedente”. La carriera sportiva di Legnante, originaria di Frattamaggiore, a Napoli, inizia infatti da bambina su uno spiazzo vicino a casa sua, dietro al cimitero, dove per allenarsi aveva disegnato con il gesso un cerchio della pedana. Si allena anche a scuola e durante i fatidici Giochi della Gioventù arrivano i primi risultati. Tanto buoni da far sì che sia il lancio del peso a scegliere lei, che preferiva di gran lunga la pallavolo, e non il contrario. Entra così nella nazionale italiana di atletica leggera, che nel 2007 guida da capitana, dopo aver vinto nel 2002 la medaglia d’argento ai campionati europei indoor e il titolo europeo. Ma nel 2009 la sua carriera si arresta e approda a un bivio imprevisto. A causa di un glaucoma congenito, che “ho sempre gestito con i medicinali”, racconta, “dal 2009 i miei occhi hanno iniziato ad abbandonarmi, finché nel 2012 ho perso completamente la vista”. Dopo essersi sottoposta a vari interventi chirurgici, Legnante a quel punto abbandona la pista, la palestra, e si chiude in se stessa “perché non avevo né la forza, né la voglia di reiniziare”. Finché “un giorno mi arrivò una chiamata dalla Fispes, che al tempo mi corteggiava insieme al Comitato Italiano Paralimpico per parlarmi delle Paralimpiadi. Alla proposta, io risposi: ‘Ma siete matti? Come fa un cieco a lanciare un peso?’ e loro mi spiegarono nel dettaglio la dinamica. A quel punto, dopo una grossa risata, decisi di provare”. A marzo del 2012 Legnante perde completamente la vista e un mese dopo è già di nuovo in pista, rifacendo a memoria il gesto di una vita, stavolta con la sua iconica mascherina dallo sguardo “fiero e cattivo”. “Da lì a due mesi, oltre alla vista, persi anche mia madre. Ma questa cosa invece di buttarmi ancora più giù e di rendermi più debole, mi ha resa più forte. Da quel momento sono arrivata ai miei successi per me stessa, ma anche per lei”.