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Home » Paralimpiadi » Da Chernobyl alla leggenda in bicicletta: Oksana Masters vince sempre, in estate e inverno

Da Chernobyl alla leggenda in bicicletta: Oksana Masters vince sempre, in estate e inverno

La ragazza ucraina è stata adottata negli Stati Uniti: nata con una malformazione dovuta alle radiazioni dell'esplosione, è la prima americana d’oro nelle due versioni dei Giochi

Federico Martini
3 Settembre 2021
(DIRE) Roma, 2 set. - "Quando riesci a immaginare qualcosa, puoi essere quella cosa e perfino raggiungerla": parole pronunciate da Oksana Masters, in un'intervista rilasciata a una testata americana prima di partire per Tokyo. E quelle parole si sono rivelate profetiche: l'atleta, che gareggia per gli Stati Uniti, si

(DIRE) Roma, 2 set. - "Quando riesci a immaginare qualcosa, puoi essere quella cosa e perfino raggiungerla": parole pronunciate da Oksana Masters, in un'intervista rilasciata a una testata americana prima di partire per Tokyo. E quelle parole si sono rivelate profetiche: l'atleta, che gareggia per gli Stati Uniti, si

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“Quando riesci a immaginare qualcosa, puoi essere quella cosa e perfino raggiungerla”: parole pronunciate da Oksana Masters, in un’intervista rilasciata a una testata americana prima di partire per Tokyo. E quelle parole si sono rivelate profetiche: l’atleta, che gareggia per gli Stati Uniti, si è già aggiudicata due medaglie d’oro alle Paralimpiadi, una nell’handbike e l’altra nell’handbike su strada. Masters ha battuto così due record: è stata la prima atleta americana ad aver vinto sia alle edizioni invernali che estive delle Paralimpiadi e nella sua carriera

è stata in grado di trionfare in ben quattro discipline sportive diverse: sci di fondo, paracanottaggio in coppia, parabiathlon (che combina lo sci di fondo con un tiro a segno) e handbike. Successi tutt’altro che scontati se si considera che Oksana è venuta al mondo in Ucraina nel 1989 con gravi malformazioni congenite, che i medici attribuirono alle radiazioni del disastro nucleare di Chernobyl.

Oksana Masters

La bambina nacque con una emimelia peroneale (vale a dire senza l’osso perone) e pertanto subì l’amputazione delle gambe sopra il ginocchio, la prima a nove anni e la seconda a 13. Oksana è stata sottoposta poi a ulteriori operazioni alle dita di entrambe le mani in modo da compensare la mancanza dei pollici. Date le sue condizioni, i suoi genitori naturali decisero subito di abbandonarla in un orfanotrofio, ma all’età di sette anni l’insegnante di logopedia Gay Masters decise di adottarla e portarla negli Stati Uniti, dove la bambina ricevette tutte le cure di cui aveva bisogno e potè anche iniziare a praticare lo sport, a partire dal paracanottaggio.

 

Proprio questa disciplina – iniziata prima di subire l‘amputazione della seconda gamba – le ha permesso di gareggiare e vincere in varie competizioni, nazionali e internazionali, fino a qualificarsi alle Paralimpiadi di Londra nel 2012 dove ha vinto una medaglia di bronzo in coppia con il veterano di guerra Rob Jones, che aveva perso entrambe le gambe nel 2010 durante una missione in Afghanistan. Dopo quella vittoria, Masters ha accusato problemi alla schiena ma non si è arresa: ha iniziato infatti a praticare sci di fondo e handbike, discipline che le sono valse altre medaglie ai Giochi Paralimpici di Sochi nel 2014 e a Pyeongchang nel 2018, di cui due ori, tre argenti e due bronzi. Ieri, al termine della gara di handbike su strada, ai giornalisti l’atleta, che ha 32 anni, ha detto: “Non posso crederci. Non avevo mai vinto una gara su strada in vita mia e non avrei mai pensato di potercela fare. Sono al settimo cielo. All’inizio ero così nervosa, non riuscivo nemmeno a sentire la presa ma quando ho sentito il fischio d’inizio sono partita col pilota automatico, ho semplicemente lasciato che il mio corpo andasse avanti“.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
"Quando riesci a immaginare qualcosa, puoi essere quella cosa e perfino raggiungerla": parole pronunciate da Oksana Masters, in un'intervista rilasciata a una testata americana prima di partire per Tokyo. E quelle parole si sono rivelate profetiche: l'atleta, che gareggia per gli Stati Uniti, si è già aggiudicata due medaglie d'oro alle Paralimpiadi, una nell'handbike e l'altra nell'handbike su strada. Masters ha battuto così due record: è stata la prima atleta americana ad aver vinto sia alle edizioni invernali che estive delle Paralimpiadi e nella sua carriera è stata in grado di trionfare in ben quattro discipline sportive diverse: sci di fondo, paracanottaggio in coppia, parabiathlon (che combina lo sci di fondo con un tiro a segno) e handbike. Successi tutt'altro che scontati se si considera che Oksana è venuta al mondo in Ucraina nel 1989 con gravi malformazioni congenite, che i medici attribuirono alle radiazioni del disastro nucleare di Chernobyl.
Oksana Masters
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