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Home » Paralimpiadi » “Diario da Tokyo” Trionfi, boom mediatico, grandi esempi: l’Italia paese sia degna dell’Italia paralimpica

“Diario da Tokyo” Trionfi, boom mediatico, grandi esempi: l’Italia paese sia degna dell’Italia paralimpica

Pancalli auspicava che ogni azzurro diventasse un modello per incoraggiare allo sport le persone disabili che non vi si sono mai accostate. Ora è prevedibile una grande risposta dal paese. Ma servono impianti, insegnanti specializzati e l'abbattimento di barriere, non solo fisiche

Piero Ceccatelli
6 Settembre 2021
Italy's Beatrice Vio with her gold medal after winning the wheelchair fencing women's foil individual category B during the Tokyo 2020 Paralympic Games at Makuhari Messe Hall in Chiba on August 28, 2021. (Photo by Behrouz MEHRI / AFP)

Italy's Beatrice Vio with her gold medal after winning the wheelchair fencing women's foil individual category B during the Tokyo 2020 Paralympic Games at Makuhari Messe Hall in Chiba on August 28, 2021. (Photo by Behrouz MEHRI / AFP)

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“La medaglia più bella sarà l’esempio che avremo dato alle persone che pur potendo farlo, non si sono ancora avvicinate allo sport paralimpico e inizieranno a praticarlo”. Parole di Luca Pancalli (leggi l’articolo) alla vigilia di Tokyo2020. Il presidente del Comitato Italiano Paralimpico rispondeva cosi alla richiesta di quante medaglie avrebbe vinto il nostro paese. Un po’ perché, dicono, sia scaramantico ed eviti ad ogni costo previsioni numeriche. Molto, perché il proselitismo riuscito sarà il vero tesoro che rimarrà dell’appuntamento giapponese. Più prezioso del caveau riempito di metalli accumulati con sessantanove ascese al podio, pari alla media di oltre una medaglia ogni due partecipanti.

Luca Pancalli consegna la medaglia di bronzo a Sara Morganti, equitazione

Un tesoro dovuto ai trionfi degli atleti, combinati alla straordinaria copertura mediatica assicurata dalla Rai e dagli altri media diffusi su carta, nell’etere, sul web. Una “pentecoste” che ha diffuso la buona novella di successi in serie che, per uscir dalla metafora religiosa, non si possono definire “miracoli”, ma sono frutto di umanissimi impegno, volontà, organizzazione, idee chiare. Se si aggiunge che un benigno destino (o – chissà – una strepitosa pianificazione mediatica) ha piazzato al sabato i due successi emotivamente più esaltanti e coinvolgenti – gli ori di Bebe Vio e il podio egemonizzato dalle Fantastiche 3 dei cento metri, – ne è risultato che per due domeniche consecutive atlete paralimpiche hanno conquistato le prime pagine dei giornali, le copertine dei tg, sono dilagate sui social con vittorie che completano storie umane che intrecciate  a temi attuali come l’Afghanistan e i vaccini. Che raccontano di persone che avranno pur perduto parti del corpo ma grazie allo sport hanno fermamente conservato e fortificato carattere ed anima. E sono esempi positivi non solo per chi ha subito avversità, ma per tutti: che l’Osservatore Romano abbia ospitato uno scritto di Martina Caironi il sabato dei cento metri vale come una medaglia in più nel palmares dell’Italia paralimpica.

Le vittorie ci sono state, l’immagine è bellissima e diffusa capillarmente. L’auspicio di Pancalli si è realizzato oltre la più rosea previsione. Ora tocca all’Italia far fronte alla auspicabile e benedetta corsa allo sport praticato da parte delle persone con disabilità. Serviranno più insegnanti specializzati (anche nelle scuole) e più impianti. E meno barriere non solo architettoniche, ma culturali e sociali.

Ora tocca all’Italia paese mostrarsi all’altezza dell’Italia paralimpica.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
“La medaglia più bella sarà l’esempio che avremo dato alle persone che pur potendo farlo, non si sono ancora avvicinate allo sport paralimpico e inizieranno a praticarlo”. Parole di Luca Pancalli (leggi l'articolo) alla vigilia di Tokyo2020. Il presidente del Comitato Italiano Paralimpico rispondeva cosi alla richiesta di quante medaglie avrebbe vinto il nostro paese. Un po’ perché, dicono, sia scaramantico ed eviti ad ogni costo previsioni numeriche. Molto, perché il proselitismo riuscito sarà il vero tesoro che rimarrà dell’appuntamento giapponese. Più prezioso del caveau riempito di metalli accumulati con sessantanove ascese al podio, pari alla media di oltre una medaglia ogni due partecipanti.
Luca Pancalli consegna la medaglia di bronzo a Sara Morganti, equitazione
Un tesoro dovuto ai trionfi degli atleti, combinati alla straordinaria copertura mediatica assicurata dalla Rai e dagli altri media diffusi su carta, nell’etere, sul web. Una “pentecoste” che ha diffuso la buona novella di successi in serie che, per uscir dalla metafora religiosa, non si possono definire “miracoli”, ma sono frutto di umanissimi impegno, volontà, organizzazione, idee chiare. Se si aggiunge che un benigno destino (o - chissà - una strepitosa pianificazione mediatica) ha piazzato al sabato i due successi emotivamente più esaltanti e coinvolgenti - gli ori di Bebe Vio e il podio egemonizzato dalle Fantastiche 3 dei cento metri, - ne è risultato che per due domeniche consecutive atlete paralimpiche hanno conquistato le prime pagine dei giornali, le copertine dei tg, sono dilagate sui social con vittorie che completano storie umane che intrecciate  a temi attuali come l’Afghanistan e i vaccini. Che raccontano di persone che avranno pur perduto parti del corpo ma grazie allo sport hanno fermamente conservato e fortificato carattere ed anima. E sono esempi positivi non solo per chi ha subito avversità, ma per tutti: che l’Osservatore Romano abbia ospitato uno scritto di Martina Caironi il sabato dei cento metri vale come una medaglia in più nel palmares dell’Italia paralimpica. Le vittorie ci sono state, l'immagine è bellissima e diffusa capillarmente. L’auspicio di Pancalli si è realizzato oltre la più rosea previsione. Ora tocca all’Italia far fronte alla auspicabile e benedetta corsa allo sport praticato da parte delle persone con disabilità. Serviranno più insegnanti specializzati (anche nelle scuole) e più impianti. E meno barriere non solo architettoniche, ma culturali e sociali. Ora tocca all’Italia paese mostrarsi all’altezza dell’Italia paralimpica.
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