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Home » Politica » Doppio divieto all’aborto in Oklahoma: in una delle leggi vietato anche in caso di stupro e incesto

Doppio divieto all’aborto in Oklahoma: in una delle leggi vietato anche in caso di stupro e incesto

Due misure, una più restrittiva e una che pone tra le eccezioni ammesse per praticare legalmente l'interruzione di gravidanza anche lo stupro o l'incesto. Gli stati repubblicani si stanno muovendo ancor prima che la Corte Suprema decida sulla Roe v. Wade

Marianna Grazi
30 Aprile 2022
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Non è passato neppure un mese e le leggi per vietare l’aborto nello stato dell’Oklahoma da una sono diventate due. Due misure molto pesanti, che vanno a attaccare deliberatamente un diritto, quello delle donne di decidere sul proprio corpo, già profondamente minato in molti Stati americani a guida repubblicana. E non solo, dando un’occhiata più generale al resto del mondo si vede come la libertà di scegliere se portare avanti o meno una gravidanza è tra le più minacciate anche nei Paesi civili e democratici. Figuriamoci in quelli guidati da governi tradizionalisti o autoritari.

OKLAHOMA-ABORTO_GOVERNATORE
Il governatore repubblicano dell’Oklahoma, Kevin Stitt, dovrebbe firmare la nuova legge che vieta l’aborto dopo 6 settimane di gravidanza

Entrambi i disegni di legge sono modellati sulla restrittiva norma del Texas, promulgata il 1° settembre scorso, che finora è riuscita ad eludere l’intervento della Corte Suprema (ricordiamo che la giurisprudenza in materia abortiva si basa sulla storica sentenza Roe v. Wade del 1973) con una nuova strategia legale che autorizza i privati cittadini a far rispettare la misura.

In Oklahoma la prima legge, più restrittiva, è quella approvata giovedì 28 aprile dalla Camera dei rappresentanti, che a fine marzo aveva già ricevuto il voto favorevole del Congresso: la proposta repubblicana mette al bando tutti gli aborti dopo sei settimane di gravidanza, facendo eccezioni solo per le emergenze mediche che mettono a rischio la sopravvivenza delle madri ma non per lo stupro o l’incesto. Dopo il via libera dei legislatori ora il testo passa al governatore Kevin Stitt e, una volta firmata da questo, entrerà in vigore. La misura bloccherebbe immediatamente, e nella maggioranza dei casi, l’accesso all’Igv in uno Stato che ha assorbito quasi la metà di tutte le pazienti che sono dovute uscire dal proprio per abortire da quando il Texas ha emanato la Senate Bill 8.

corte_suprema_Roe_v._wade
La Corte Suprema è chiamata a decidere in estate se rovesciare la storica sentenza Roe v. Wade sul diritto all’aborto

Ore dopo, il Senato dell’Oklahoma ha votato in merito a una legge simile, che però farebbe un passo avanti in termini di ‘scelta’, vietando gli aborti in tutte le fasi della gravidanza, con eccezioni però anche per lo stupro e l’incesto oltre alle emergenze mediche. Questa legge dovrà però tornare ora alla Camera, che aveva approvato un testo leggermente diverso in precedenza, ma c’è da aspettarsi che passi senza alcuna opposizione prima di finire anch’essa sulla scrivania dal governatore Stitt.

In vista di un’attesissima decisione della Corte Suprema sull’aborto prevista per quest’estate, le misure dell’Oklahoma mostrano che gli Stati non stanno aspettando che i nove giudici rovescino la storica decisione Roe v. Wade prima di agire per vietare la procedura all’interno dei loro confini.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Non è passato neppure un mese e le leggi per vietare l'aborto nello stato dell'Oklahoma da una sono diventate due. Due misure molto pesanti, che vanno a attaccare deliberatamente un diritto, quello delle donne di decidere sul proprio corpo, già profondamente minato in molti Stati americani a guida repubblicana. E non solo, dando un'occhiata più generale al resto del mondo si vede come la libertà di scegliere se portare avanti o meno una gravidanza è tra le più minacciate anche nei Paesi civili e democratici. Figuriamoci in quelli guidati da governi tradizionalisti o autoritari.
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Ore dopo, il Senato dell'Oklahoma ha votato in merito a una legge simile, che però farebbe un passo avanti in termini di 'scelta', vietando gli aborti in tutte le fasi della gravidanza, con eccezioni però anche per lo stupro e l'incesto oltre alle emergenze mediche. Questa legge dovrà però tornare ora alla Camera, che aveva approvato un testo leggermente diverso in precedenza, ma c'è da aspettarsi che passi senza alcuna opposizione prima di finire anch'essa sulla scrivania dal governatore Stitt. In vista di un'attesissima decisione della Corte Suprema sull'aborto prevista per quest'estate, le misure dell'Oklahoma mostrano che gli Stati non stanno aspettando che i nove giudici rovescino la storica decisione Roe v. Wade prima di agire per vietare la procedura all'interno dei loro confini.
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