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Home » Politica » Usa, dopo l’abolizione del diritto all’aborto a rischio matrimoni gay e contraccezione

Usa, dopo l’abolizione del diritto all’aborto a rischio matrimoni gay e contraccezione

La decisione della Corte Suprema che ha rovesciato la Roe v. Wade potrebbe aprire ad altre sentenze simili su importanti diritti

Marianna Grazi
25 Giugno 2022
Usa abolizione aborto proteste

La disperazione di due ragazze dopo la decisione della Corte Suprema Usa di rovesciare la Roe v. Wade sul diritto all'aborto

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Il 24 giugno 2022 si potrebbe definire come il “venerdì nero” per i diritti delle donne negli Stati Uniti. Una pietra tombale piombata come un macigno sui loro corpi, sulla loro possibilità di decidere, sulla loro libertà di gestire la loro persona fisica e non solo. Ma la decisione della Corte Suprema Usa che ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade potrebbe aprire la porta ai tribunali federali per rovesciare il matrimonio omosessuale o interraziale, la contraccezione, l’assistenza sanitaria per la transizione di genere e altri importantissimi diritti. Il rischio è anche quello di accrescere il clima di razzismo che è già profondamente radicato in tutto il Paese.

L’opinione sull’aborto separata da quella sugli altri diritti

Il parere di ieri ha già scatenato un dibattito tra i giudici sul fatto che l’annullamento della Roe metta in pericolo anche questi precedenti. L’opinione di maggioranza, espressa dal giudice Samuel Alito – lo stesso che ne aveva fatta trapelare una bozza già a inizio maggio –, ha voluto mantenere separata la sentenza sull’aborto dalle altre decisioni, ma il giudice Clarence Thomas in una nota separata avrebbe chiesto esplicitamente che anche le sentenze in materia di diritti civili siano riesaminate. “In futuro, dovremo riconsiderare tutti i precedenti di questa Corte in materia di giusto processo, compresi ‘Griswold’, ‘Lawrence’ e ‘Obergefell'”, ha scritto Thomas, riferendosi ai nomi dei casi sulla contraccezione, l’omosessualità e il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

I giudici della corte suprema usa nel 2020
I giudici della Corte Suprema: (seduti da sx a dx) Samuel A. Alito, Clarence Thomas, John G. Roberts, Stephen G. Breyer e Sonia Sotomayor; (in piedi da sx a dx) Brett M. Kavanaugh, Elena Kagan, Neil M. Gorsuch e Amy Coney Barrett

Alito, in una nuova sezione del parere che non era presente nella bozza trapelata a maggio, ha risposto alle accuse dei dissidenti, in particolare quelle rivolte dai giudici liberali che temono un attacco incondizionato ai diritti non solo delle donne bianche, ma soprattutto a quelle nere, o asiatiche, o alle persone omosessuali e alla comunità Lgbtq+. Il portavoce dei conservatori ha sottolineato una frase del parere di maggioranza che dice: “Nulla in questa opinione deve essere inteso come una messa in dubbio di precedenti che non riguardano l’aborto”. “Abbiamo anche spiegato perché è così: i diritti relativi alla contraccezione e alle relazioni omosessuali sono intrinsecamente diversi dal diritto all’aborto perché quest’ultimo (come abbiamo sottolineato) coinvolge in modo unico ciò che Roe e Casey hanno definito ‘vita potenziale’“, ha concluso Alito.

I giudici liberali: “Sentenze collegate, ora diritti a rischio”

Una donna nera protesta contro la decisione della Corte Suprema di abolire il diritto all’aborto nazionale: “Cittadine di seconda classe” si legge sullo scotch che le copre la bocca

I tre giudici liberali della corte – Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan – hanno emesso un dissenso congiunto contro il rovesciamento della Roe v. Wade: “Qualunque sia l’esatta portata delle prossime leggi, un risultato della decisione odierna è certo: la riduzione dei diritti delle donne e del loro status di cittadine libere ed eguali“, hanno scritto. Secondo loro anche le altre sentenze sono ora a rischio: “Il diritto riconosciuto dalla Roe e dalla Casey (una sentenza del 1992 chiamata ‘Planned Parenthood of Southeastern Pennsylvania v. Casey’ che aveva riaffermato il diritto all’aborto e proibito le leggi che impongono un “onere indebito” sull’accesso alla procedura) non è isolato“, hanno scritto. “Al contrario, la Corte lo ha collegato per decenni ad altre libertà consolidate che riguardano l’integrità fisica, le relazioni familiari e la procreazione. Ovviamente, il diritto di interrompere una gravidanza è nato direttamente dal diritto di acquistare e utilizzare la contraccezione – aggiungono –. A loro volta, questi diritti hanno portato, più recentemente, ai diritti all’intimità e al matrimonio tra persone dello stesso sesso”. “O la sostanza dell’opinione espressa dalla maggioranza è l’ipocrisia, o ulteriori diritti costituzionali sono in pericolo. O l’uno o l’altro”, hanno concluso.

Diritti a rischio, la battaglia continua

gli-anti-abortisti-sono-razzisti
Un cartello di protesta dei pro choice recita: “Gli anti abortisti sono razzisti”

Da venerdì 24 giugno 2022, quindi, negli Stati Uniti l’aborto non è più un diritto costituzionale. Ma se la sentenza della Corte Suprema segna inevitabilmente una battuta d’arresto in termini di diritti umani fondamentali, o peggio un salto indietro di 50 anni, questa non rappresenta però la fine di una battaglia ma l’inizio di una ‘guerra’ fatta di tante altre battaglie. Dalle istituzioni democratiche agli attivisti di strada, dalle organizzazioni ai semplici sostenitori, migliaia di persone si continueranno a impegnare con ancora più forza per garantire l’accesso ad aborti sicuri e alla contraccezione per i milioni di donne, o ai matrimoni per le coppie dello stesso sesso. Persone, esseri umani, che oggi vedono minacciati i loro diritti più intimi, più personali, più inalienabili.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

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  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Il 24 giugno 2022 si potrebbe definire come il "venerdì nero" per i diritti delle donne negli Stati Uniti. Una pietra tombale piombata come un macigno sui loro corpi, sulla loro possibilità di decidere, sulla loro libertà di gestire la loro persona fisica e non solo. Ma la decisione della Corte Suprema Usa che ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade potrebbe aprire la porta ai tribunali federali per rovesciare il matrimonio omosessuale o interraziale, la contraccezione, l'assistenza sanitaria per la transizione di genere e altri importantissimi diritti. Il rischio è anche quello di accrescere il clima di razzismo che è già profondamente radicato in tutto il Paese.

L'opinione sull'aborto separata da quella sugli altri diritti

Il parere di ieri ha già scatenato un dibattito tra i giudici sul fatto che l'annullamento della Roe metta in pericolo anche questi precedenti. L'opinione di maggioranza, espressa dal giudice Samuel Alito – lo stesso che ne aveva fatta trapelare una bozza già a inizio maggio –, ha voluto mantenere separata la sentenza sull'aborto dalle altre decisioni, ma il giudice Clarence Thomas in una nota separata avrebbe chiesto esplicitamente che anche le sentenze in materia di diritti civili siano riesaminate. "In futuro, dovremo riconsiderare tutti i precedenti di questa Corte in materia di giusto processo, compresi 'Griswold', 'Lawrence' e 'Obergefell'", ha scritto Thomas, riferendosi ai nomi dei casi sulla contraccezione, l'omosessualità e il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
I giudici della corte suprema usa nel 2020
I giudici della Corte Suprema: (seduti da sx a dx) Samuel A. Alito, Clarence Thomas, John G. Roberts, Stephen G. Breyer e Sonia Sotomayor; (in piedi da sx a dx) Brett M. Kavanaugh, Elena Kagan, Neil M. Gorsuch e Amy Coney Barrett
Alito, in una nuova sezione del parere che non era presente nella bozza trapelata a maggio, ha risposto alle accuse dei dissidenti, in particolare quelle rivolte dai giudici liberali che temono un attacco incondizionato ai diritti non solo delle donne bianche, ma soprattutto a quelle nere, o asiatiche, o alle persone omosessuali e alla comunità Lgbtq+. Il portavoce dei conservatori ha sottolineato una frase del parere di maggioranza che dice: "Nulla in questa opinione deve essere inteso come una messa in dubbio di precedenti che non riguardano l'aborto". "Abbiamo anche spiegato perché è così: i diritti relativi alla contraccezione e alle relazioni omosessuali sono intrinsecamente diversi dal diritto all'aborto perché quest'ultimo (come abbiamo sottolineato) coinvolge in modo unico ciò che Roe e Casey hanno definito 'vita potenziale'", ha concluso Alito.

I giudici liberali: "Sentenze collegate, ora diritti a rischio"

Una donna nera protesta contro la decisione della Corte Suprema di abolire il diritto all'aborto nazionale: "Cittadine di seconda classe" si legge sullo scotch che le copre la bocca
I tre giudici liberali della corte – Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan – hanno emesso un dissenso congiunto contro il rovesciamento della Roe v. Wade: "Qualunque sia l'esatta portata delle prossime leggi, un risultato della decisione odierna è certo: la riduzione dei diritti delle donne e del loro status di cittadine libere ed eguali", hanno scritto. Secondo loro anche le altre sentenze sono ora a rischio: "Il diritto riconosciuto dalla Roe e dalla Casey (una sentenza del 1992 chiamata 'Planned Parenthood of Southeastern Pennsylvania v. Casey' che aveva riaffermato il diritto all'aborto e proibito le leggi che impongono un "onere indebito" sull'accesso alla procedura) non è isolato", hanno scritto. "Al contrario, la Corte lo ha collegato per decenni ad altre libertà consolidate che riguardano l'integrità fisica, le relazioni familiari e la procreazione. Ovviamente, il diritto di interrompere una gravidanza è nato direttamente dal diritto di acquistare e utilizzare la contraccezione – aggiungono –. A loro volta, questi diritti hanno portato, più recentemente, ai diritti all'intimità e al matrimonio tra persone dello stesso sesso". "O la sostanza dell'opinione espressa dalla maggioranza è l'ipocrisia, o ulteriori diritti costituzionali sono in pericolo. O l'uno o l'altro", hanno concluso.

Diritti a rischio, la battaglia continua

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Un cartello di protesta dei pro choice recita: "Gli anti abortisti sono razzisti"
Da venerdì 24 giugno 2022, quindi, negli Stati Uniti l'aborto non è più un diritto costituzionale. Ma se la sentenza della Corte Suprema segna inevitabilmente una battuta d'arresto in termini di diritti umani fondamentali, o peggio un salto indietro di 50 anni, questa non rappresenta però la fine di una battaglia ma l’inizio di una 'guerra' fatta di tante altre battaglie. Dalle istituzioni democratiche agli attivisti di strada, dalle organizzazioni ai semplici sostenitori, migliaia di persone si continueranno a impegnare con ancora più forza per garantire l’accesso ad aborti sicuri e alla contraccezione per i milioni di donne, o ai matrimoni per le coppie dello stesso sesso. Persone, esseri umani, che oggi vedono minacciati i loro diritti più intimi, più personali, più inalienabili.
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