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Home » Politica » Aung San Suu Kyi condannata a 5 anni di carcere per corruzione: continuano i processi farsa

Aung San Suu Kyi condannata a 5 anni di carcere per corruzione: continuano i processi farsa

La politica 76enne è stata giudicata colpevole nel primo degli 11 processi a suo carico per corruzione. Le associazioni per i diritti umani denunciano: "processi segreti su accuse fasulle e inventate"

Marianna Grazi
27 Aprile 2022
Aung San Suu Kyi nuova condanna

Un tribunale del Myanmar ha condannato l'ex leader birmana a 5 anni di carcere per una delle 11 accuse di corruzione

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Nuova condanna per Aung San Suu Kyi: mercoledì un tribunale in Myanmar ha condannato l’ex leader birmana, 76 anni, a cinque anni di reclusione per corruzione, con l’accusa di aver accettato una tangente di 600mila dollari. Questa sentenza fa parte di una raffica di procedimenti penali riservati a carico della donna, Premio Nobel per la Pace nel nel 1991, che rischia di trascorrere il resto della vita in carcere.

Birmania: Aung San Suu Kyi condannata a 4 anni di carcere
Aung San Suu Kyi, 76 anni, agli arresti domiciliari dal febbraio del 2021 dopo il colpo di stato militare

I processi a porte chiuse

Suu Kyi è agli arresti domiciliari dal febbraio 2021, quando un colpo di stato militare ha spodestato il suo governo eletto. La 76enne, da allora, è stata accusata di tutta una serie di reati penali, tra cui la frode elettorale, ma ha sempre negato ogni accusa, dichiarandosi innocente. Le associazioni per i diritti umani infatti hanno più volte condannato i processi, celebrati da una giuria controllata dalla stessa giunta militare al governo, come una farsa. Le udienze si svolgono nella capitale Nay Pyi Taw, a porte chiuse, quindi senza la possibilità per il pubblico local e i media internazionali di partecipare, e agli avvocati dell’anziana politica è stato vietato di parlare con i giornalisti.
Sono 11 i reati di corruzione che le vengono imputati e questa è solo la prima sentenza di condanna in merito: secondo i giudici avrebbe accettato una tangente di circa 600mila dollari, sotto forma di contanti e lingotti d’oro, dall’ex capo di Yangon, la più grande città e regione del Myanmar. I suoi legali hanno detto alla Bbc di non essere riusciti ancora ad incontrarla.

Le sentenze precedenti

BIRMANIA: SUU KYI INCRIMINATA PER FRODI ELETTORALI
Suu Kyi, premio Nobel per la Pace (1991) è stata condannata già 3 volte, l’ultima per corruzione nel primo degli undici procedimenti per l’accusa

Quest’ultima decisione del tribunale del Myanmar porta la reclusione di Aung San Suu Kyi a un totale di oltre 10 anni, dato che in precedenza era stata giudicata colpevole per altri reati.
Tre mesi fa era stata infatti condannata a 4 anni di prigione, nello specifico due per sedizione (aveva incitato il dissenso contro l’esercito) e due per aver violato le restrizioni per il coronavirus durante la campagna elettorale. A gennaio era stata poi riconosciuta colpevole di altri 4 capi di imputazione – l’importazione illegale (di walkie-talkie), la detenzione di questi apparecchi di contrabbando in casa sua, la violazione della legge sulle telecomunicazioni e di nuovo il mancato rispetto di norme sanitarie per il Covid – e la pena anche in quel caso era stata di 4 anni. Aung San Suu Kyi deve affrontare altre 10 accuse di corruzione, ognuna delle quali comporta una pena massima di 15 anni, così come quelle di frode elettorale e di violazione della legge sui segreti ufficiali. Se per ognuno di questi procedimenti penali la Premio Nobel venisse giudicata colpevole dovrebbe affrontare una pena detentiva totale di più di 190 anni, secondo alcune stime.

La denuncia delle associazioni per i diritti

I sostenitori della politica e attivista 76enne sostengono che le accuse a suo carico sono state inventate dalla giunta al potere per assicurare che Suu Kyi, che in Myanmar è ancora considerata un’icona della democrazia, sia imprigionata a vita. I gruppi per i diritti civili e la democrazia, così come l’ONU, hanno denunciato anche quest’ultimo procedimento legale come una farsa. Human Rights Watch lo ha definito un “circo giudiziario di procedimenti segreti su accuse fasulle“. La giunta militare ha invece respinto tali accuse, affermando che la donna abbia ricevuto finora processi equi e un giusto processo legale.

Proteste contro la giunta militare al potere in Myanmar
Il volto di Aung San Suu Kyi viene mostrato durante le proteste contro la giunta militare al potere in Myanmar

La situazione in Myanamr

La violenta presa di potere dei militari lo scorso febbraio in Myanmar, conosciuta anche come Birmania, è avvenuta mesi dopo che la Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) di Aung San Suu Kyi aveva vinto le elezioni generali con una valanga di voti. Da quel momento l’esercito ha instaurato una dittatura militare, prendendo anche il controllo del sistema giudiziario e limitando molto le libertà personali. La leader di NLD – e molti membri del suo partito – sono tra le oltre 10.000 persone arrestate dalla giunta, che ha giustificato le azioni denunciando brogli elettorali nella vittoria. Il colpo di Stato ha scatenato vaste manifestazioni di protesta, spingendo i militari a reprimere brutalmente i cittadini, gli attivisti e i giornalisti a favore della democrazia: negli scontri che sono seguiti sono state uccise quasi 1.800 persone, secondo l’Associazione di assistenza ai prigionieri politici (Birmania). Il caos ha anche portato a continui combattimenti. La giunta militare affronta un’opposizione diffusa e in alcune parti del Paese il conflitto armato non si è mai spento.

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  • Il suo desiderio, più che legittimo, è semplicemente quello di partecipare al Jova Beach party di Viareggio, a settembre, insieme ai suoi amici. Eppure Enrico, classe 1965, padre di due meravigliosi figli adottivi e costretto su una sedia a rotelle dal 1988, non è riuscito a fare quello che tutto il resto della sua comitiva ha fatto con pochi semplici click sul sito di Ticketone: acquistare il suo biglietto. 

“Per noi disabili cose come questa sarebbero troppo semplici. Forse non tutti sanno che la realtà è che, se una persona nelle mie condizioni desidera partecipare a un qualsiasi evento, solitamente gli viene richiesto di individuare per conto proprio gli organizzatori, cercare sul rispettivo sito le indicazioni sulla modalità di richiesta dei biglietti (che variano da organizzatore ad organizzatore) e in fine allegare alla domanda di partecipazione il certificato di invalidità e un documento d’identità. Mai ci è permesso di usare le piattaforme online ad acquisto diretto come Ticketone.

Mi sono sentito ulteriormente discriminato: oltre ai miei limiti fisici mi sono dovuto scontrare con ulteriori ostacoli rappresentati da procedure imposte da persone che non hanno la minima idea di cosa significhi la parola ‘inclusione‘. E quello che più mi ha sorpreso è che questi limiti siano arrivati in abbinamento ad un evento di Jovanotti, che ritengo un paladino dell’inclusione. Mi chiedo se lui sia a conoscenza di tutto questo e cosa ne pensi in tal caso”.

Il racconto di Enrico nell’intervista a cura di Caterina Ceccuti ✍

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  • “Per cantare ho affrontato un lungo percorso di logopedia, ma voglio fare della musica un posto più inclusivo. 

Mi chiamo Francesco, in arte Brazzo, sono sordo e nella vita faccio rap”. In una frase, lo specchio di una vita in salita. La fatica di imparare a cantare senza poter ascoltare nulla se non “le vibrazioni delle casse”, gli anni della logopedia e la voglia di mettere in versi la realtà, le battaglie per il riconoscimento della propria comunità e la denuncia sociale.

Brazzo nasce a Taranto in una famiglia di sordi da tre generazioni e si trasferisce a Milano nel 2008.

“Già da bambino desideravo cantare solo che mi sentivo imbarazzato per il fatto che un sordo potesse cantare. Ho iniziato a parlare a cinque anni, all’inizio non parlavo molto bene e ho affrontato un lungo percorso di logopedia. Poi a trent’anni avevo questo desiderio lasciato nel cassetto e ho deciso di lanciarmi”.

Quando rappa – e rappa bene – lo fa anche attraverso la lingua dei segni. Nel 2020 ha partecipato a Italia
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