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Bibbia e omossessuali, dall'"abominio" mediatico del senatore Malan a una preghiera laica

Dopo le dichiarazioni dell'esponente di Fratelli d'Italia, scontro politico sui matrimoni Lgbtq+, sui diritti civili e sulla libertà sessuale

di GIOVANNI PIEROZZI -
25 novembre 2022
Il capogruppo al Senato di Fratelli d'Italia, Lucio Malan

Il capogruppo al Senato di Fratelli d'Italia, Lucio Malan

L'ennesima bufera, l'ennesima frase che ci si poteva risparmiare: l'ennesima "antichità" spacciata per volontà di Dio. Questa volta è toccato a Lucio Malan. Il capogruppo al Senato di Fratelli d'Italia, infatti, invitato al programma "Un giorno da pecora" su Rai Radio1, racconta i motivi che lo hanno portato a cambiare casacca e a spostarsi dopo tanti anni da Forza Italia al partito di maggioranza attualmente al governo. Uno dei motivi dice essere stata la posizione del governo Draghi sul Ddl Zan, a cui il politico si discosta nettamente. Insomma, contrario ai diritti delle persone dello stesso sesso. Nello specifico Malan spiega di essere contrario ai matrimoni LGBTQ+ e, nonostante dica che nel testo sacro non venga fatto riferimento al matrimonio, lo fa citando la Bibbia: "l'omosessualità è un abominio", frase che dice essere presente sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento. Nel continuo della conversazione viene fatto notare al politico che la Chiesa Valdese, a cui lui aderisce e anch'essa fondata sulla Bibbia, si professa favorevole ai matrimoni omosessuali, ma lui risponde che i fedeli valdesi non hanno obbligo di obbedienza, in questo caso in tema di diritti civili.
bacio coppia gay

Una coppia di ragazzi si bacia avvolta nella bandiera arcobaleno

Le reazioni della politica

Molte sono state le reazioni della politica alle dichiarazioni del capogruppo di Fdl: l'ex ministro di Forza Italia e ora presidente di Azione, Mara Carfagna, ha dichiarato che "chi definisce l'omosessualità un abominio è fuori dal tempo  e dalla storia". Il leader del Terzo Polo Carlo Calenda ha detto che queste sono "parole indegne e sintomo di grande ignoranza. Se le nostre regole derivassero dal Vecchio Testamento adesso non saremmo molto diversi dai talebani. Per fortuna abbiamo avuto il Vangelo e lo Stato laico". Monica Cirinnà, responsabile nazionale Pd Diritti, ha definito le parole di Malan "lame affilate nelle vite di ragazze e ragazzi LGBTQ+ vittime di discriminazione. Parole fuori dalla storia e dalla civiltà. Ci aspettiamo che Giorgia Meloni le condanni subito". Tuttavia una parte della politica nazionale si è schierata dalla parte di Malan, difendendo le sue dichiarazioni. Un esempio è quello di Klevis Gjoka, dichiarato omosessuale e vicepresidente del Circolo "Pirandello" di Fratelli d'Italia a Milano. "Non credo che il senatore Malan abbia ragione alcuna di scusarsi", dice Gjoka, intervistato dall’Adnkronos. Per il giovane militante di Fdi, il capogruppo meloniano "non ha offeso la sensibilità di nessuno ribadendo un concetto sacrosanto, ovvero che l’istituzione del matrimonio nasce come istituzione religiosa ed è pertanto da sempre eterosessuale per definizione". E puntualizza: "Questo non significa che le coppie omosessuali debbano avere o abbiano meno diritti di fronte alla legge".

Klevis Gjoka, giovane esponente di Fratelli d'Italia

La risposta dell'"imputato"

"Al conduttore della trasmissione che mi chiedeva come mai fossi contrario al Ddl Zan, visto che la Chiesa valdese di cui sono membro è favorevole – spiega – ho risposto che la chiesa valdese è fondata sulla Bibbia, che è molto severa sull’omosessualità. E su specifica richiesta del conduttore ho citato, come esempio Levitico 18:22. La prossima volta, per evitare problemi di comprensione a chi mi ha attaccato, mi limiterò a citare il numero del versetto. E ricordo anche a tutti costoro, sempre pronti a parlare di laicità dello Stato, forse senza sapere di cosa parlano, che riconoscere giudizi morali di una religione, non significa volerli applicare per legge o non rispettare coloro che li infrangono. Il Cristianesimo insegna proprio il contrario. Mi sono sempre battuto per la libertà religiosa, e per la libertà sessuale delle persone. Libertà che vanno garantite in Italia e promosse nel mondo. Spesso la sinistra se ne è dimenticata", conclude l’esponente di Fdi.
Cathy La Torre

Cathy La Torre

Una preghiera laica

Unire insieme politica e religione è sempre pericoloso. Nella maggioranza dei casi nessuno dei due argomenti ricava del positivo: la politica diventa "vecchia" e non adatta al presente, mentre la religione, se avvicinata alla politica, diventa invasiva rispetto ai punti fermi di uno Stato laico. In teoria, se utilizzassimo la Bibbia alla lettera per vivere il quotidiano insieme, avremmo tante difficoltà. Lo fa notare Cathy La Torre, avvocata molto seguita e attiva sui social network. In uno dei suoi post infatti ricorda che, per esempio, nell'Esodo c'è scritto: "Durante sei giorni si lavori, ma il settimo giorno vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore. Chiunque farà un lavoro di sabato sarà messo a morte". O ancora: "Chi mangia pancetta al sangue o con grasso dev'essere decapitato", oppure "nessuno debba indossare abiti fatti di due tessuti diversi". Capiamo che tutto ciò è incompatibile con il quotidiano. In generale non si può accostare la pratica del fare politica, tutto ciò che distingue il vivere e il comunicare odierno, con la fede, anch'essa parte del quotidiano ma non condivisa da tutti. E' come imporre una lingua, non può esserci una comunicazione sana e utile. La cosa migliore, difficile da mettere in pratica perché da sempre in atto, sarebbe distinguere il discorso politico da quello religioso: spesso nel corso della storia si sono in toto sovrapposti, e ancora oggi capita in alcuni Paesi del mondo. Se pretendessimo questo chiederemmo troppo probabilmente. Sarebbe già ottimo se si evitasse, soprattutto per temi caldi e importanti come questo, di mettere Bibbia e omosessuale nella stessa frase. Ne nascerebbe sempre il solito dibattito sterile che non porta mai a qualcosa. "Preghiamo" affinché questo succeda sempre di meno, soprattutto che ad accendere la miccia sia un politico in vista e con un ruolo importante in Parlamento, che non può non essere (purtroppo) considerato.