Le immagini di Carlo Calenda che culla il figlio di Giulia Pastorella, deputata e vice presidente di Azione, durante una riunione del partito, sono divenute virali in poche ore. “Riunione dei parlamentari con ospite di livello. Benvenuto Ulysse”, così l’ex ministro dello Sviluppo economico nei governi Renzi e Gentiloni commenta le fotografie che ha postato sul proprio canale Instagram.
Visualizza questo post su Instagram
Il rientro al lavoro dopo il congedo
Un commento da cui – ilarità scaturita a parte – nascono facilmente alcune riflessioni su temi di forte attualità, come la necessità da parte delle neo mamme di rientrare al lavoro dopo il congedo di maternità e, allo stesso tempo, l’impossibilità nella stragrande maggioranza dei casi di poter contare su nidi interni agli ambienti di lavoro che permettano loro di tenere vicino i propri figli ancora molto piccoli, e di allattarli al bisogno.
In diverse occasioni, sulle pagine di Luce!, abbiamo toccato l’argomento della difficoltà di conciliare famiglia e lavoro da parte delle donne nel primo anno di vita dei bambini. Le madri in Italia devono ancora fare affidamento sull’aiuto dei nonni o, laddove assenti, sulla collaborazione di babysitter che però la famiglia deve retribuire autonomamente.
“La donna deve fare i conti con una società che non l’aiuta”
“La donna che abbia inteso emanciparsi – è stato per esempio il commento della giornalista Nicoletta Sipos – ha sempre e comunque dovuto fare i conti con una società che non l’aiuta. Tutt’oggi è così. In Italia la decrescita demografica dipende secondo me anche dal fatto che le famiglie sono costrette a fare i salti mortali per tirare avanti.
Non esistono sconti per l’assunzione di baby sitter, per esempio: se te la puoi permettere lavori, se no stai a casa. E questo non aiuta le donne ad evolversi e a formarsi, né le famiglie a crescere. In altri paesi la situazione è diversa”.
In Italia capita ancora troppo spesso che una professionista sia costretta a lasciare il proprio posto di lavoro, mentre in Europa ormai si ammette e anzi si sottolinea come la professionalità delle “quote rosa” sia capace di generare un valore aggiunto all’interno delle realtà lavorative che hanno avuto la prontezza di scommettere su di loro, destinando alle donne ruoli di rilievo.
Il report sulle aziende
Da una ricerca condotta da McKinsey & Company sull’importanza della Diversity & Inclusion nei luoghi di lavoro (“Diversity Wins”), che ha preso in esame 15 Paesi e oltre 1.000 società, è emerso che le aziende con team executive composto per oltre il 30% da donne hanno maggiore probabilità di buone performance rispetto a team con scarsa o nulla presenza femminile.
Eppure, la vera parità di genere potrà essere raggiunta solo abbattendo i numerosi ostacoli tuttora presenti a vari livelli in ambito lavorativo, compreso il cambio di un modello culturale ancora molto radicato in Italia. E il video trasmesso da Calenda, al di là delle strumentalizzazioni politiche, lascia indubbiamente ben sperare in merito.
Il video di Calenda e l’importanza della cooperazione
Se gli uomini – o per meglio dire i colleghi di lavoro, indipendentemente dal genere cui appartengono -, si dimostrano solidali nei confronti delle neo madri che hanno scelto di portare a lavoro con sé un figlio ancora bisognoso di attenzioni continue, allora significa che le cose si stanno muovendo e che il vento del cambiamento ha iniziato a spirare.
Un cambiamento che la gente chiede e segue con profondo interesse, anche grazie alla diffusione che situazioni come quella recentemente filmata ottengono sui social network. Non vanno infatti mai sottovalutati gli equilibrismi e le difficoltà serie che le donne affrontano quotidianamente nell’affermare il proprio valore professionale.
Difficoltà che si riflettono sull’andamento economico e sociale del nostro Paese, inquinandone il naturale sviluppo (anche economico). Sempre sulle pagine di Luce!, la direttrice della School of Gender Economics Azzurra Rinaldi commentava:
“La differenza di genere costa cara”
“La disuguaglianza di genere ha effetti sulla produzione di reddito: se il 50% della popolazione non lavora, allora non produce reddito. Invece le donne rappresentano un capitale umano di altissimo livello, hanno voti più alti, si laureano prima ecc. Nonostante questo la maggior parte della forza lavoro femminile non ha le condizioni per lavorare.
La differenza di genere costa, questo è un punto che deve essere ben chiaro a tutti. Tenere le donne a casa costa. Di questi tempi si sente tanto parlare di natalità, del fatto che nel nostro Paese non nascono più bambini.
La mia risposta è che bisogna fare in modo che le donne lavorino, altrimenti come fa una famiglia ad avere le condizioni economiche per mettere al mondo più di un figlio? I Paesi con la più alta natalità, non a caso, sono proprio quelli in cui le donne lavorano”.