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Home » Politica » Coppie omogenitoriali: in Italia i loro figli sono bimbi di serie B

Coppie omogenitoriali: in Italia i loro figli sono bimbi di serie B

Nel nostro Paese non esiste ancora una legge che tuteli i bambini delle famiglie omogenitoriali nella loro registrazione alla nascita

Geraldina Fiechter
15 Marzo 2023
Coppie omosessuali figli

In Italia i figli delle coppie omosessuali sono ancora considerati bambini di serie B

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A differenza della maggior parte dei Paesi europei, l’Italia non ha mai varato una legge per tutelare le registrazioni alla nascita dei figli delle coppie omogenitoriali. Tanto che la Corte costituzionale l’anno scorso ha fatto un richiamo ufficiale ai politici e ai legislatori (quindi al Parlamento) sottolineando il vuoto giuridico che lascia senza tutela i figli delle coppie dello stesso sesso, creando di fatto bambini di serie A e bambini di serie B.

Strade diverse, stessi ostacoli

mamme_famiglia_omogenitoriale
Margherita con le sue mamme Francesca e Mary

Come hanno fatto, fino a ora, le coppie omogenitoriali? Ognuna di loro ha scelto di far valere i diritti nei confronti dei figli seguendo strade diverse, appellandosi alle leggi esistenti e chiedendo di adattarle al loro caso. In pratica, dipendeva dalla ‘creatività’ delle coppie o degli avvocati e dalla disponibilità dei tribunali. È per questo che alcuni sindaci, fra cui Torino e Milano, avevano deciso di riconoscere all’anagrafe i bambini e i genitori delle famiglie cosiddette arcobaleno. Ma il governo ha recentemente stabilito che la scelta dei sindaci non era corretta, lasciando fra l’altro un grande dubbio: è una decisione retroattiva? Anche i bambini già iscritti a quell’anagrafe tornano nel limbo?

Le iniziative dei tribunali

Due madri di Roma hanno recentemente ottenuto dal tribunale ordinario il riconoscimento di entrambe sui documenti della figlia

Nel frattempo anche i tribunali si erano mossi per riempire il vuoto. Nel 2014 ha cominciato il Tribunale di Roma, concedendo l’adozione “in casi particolari”, una forma limitata prevista dalla legge che permette di tutelare un “preesistente rapporto stabile e duraturo” tra un adulto e il minore. Le madri intenzionali “adottano” così il loro figlio, partorito dalla compagna o moglie, acquisendo però diritti e doveri limitati (madri di serie B). Nel 2017 i giudici hanno poi iniziato a far trascrivere gli atti di nascita americani che riportavano due padri (per ora solo Canada e Stati Uniti permettono alle coppie gay italiane di accedere alla maternità surrogata).

E quelle dei sindaci

Papà per Scelta
La famiglia Tumino De Florio: Carlo, Christian, Sebastian e Julian

Ad aprire la strada ai sindaci è stata invece Chiara Appendino, a Torino, che basandosi su un’interpretazione della legge 40 sulla fecondazione assistita (secondo cui basta il consenso all’eterologa fatta all’estero, dove è legale, per diventare genitori), ha permesso ai padri e alle madri omosessuali di essere riconosciuti come genitori all’atto dell’iscrizione all’anagrafe.

Le decisioni più recenti

Ma i colpi di scena non finiscono mai, e a dicembre la Corte di Cassazione ha sancito che i bambini nati all’estero con la maternità surrogata da due padri gay non devono essere riconosciuti con la trascrizione all’anagrafe bensì con l’adozione dei “casi particolari”. E nel gennaio scorso il ministero dell’Interno ha ordinato ai prefetti di far applicare la sentenza nei Comuni di loro competenza, chiedendo l’annullamento di eventuali riconoscimenti alla nascita. Fino all’ultimo capitolo, che ora vieta l’iscrizione di questi figli al regolamento europeo sui diritti per tutti i bambini. In Europa solo Italia e Grecia non riconoscono il matrimonio egualitario e parità di diritti ai genitori dello stesso sesso.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
A differenza della maggior parte dei Paesi europei, l’Italia non ha mai varato una legge per tutelare le registrazioni alla nascita dei figli delle coppie omogenitoriali. Tanto che la Corte costituzionale l’anno scorso ha fatto un richiamo ufficiale ai politici e ai legislatori (quindi al Parlamento) sottolineando il vuoto giuridico che lascia senza tutela i figli delle coppie dello stesso sesso, creando di fatto bambini di serie A e bambini di serie B.

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Due madri di Roma hanno recentemente ottenuto dal tribunale ordinario il riconoscimento di entrambe sui documenti della figlia
Nel frattempo anche i tribunali si erano mossi per riempire il vuoto. Nel 2014 ha cominciato il Tribunale di Roma, concedendo l’adozione "in casi particolari", una forma limitata prevista dalla legge che permette di tutelare un "preesistente rapporto stabile e duraturo" tra un adulto e il minore. Le madri intenzionali "adottano" così il loro figlio, partorito dalla compagna o moglie, acquisendo però diritti e doveri limitati (madri di serie B). Nel 2017 i giudici hanno poi iniziato a far trascrivere gli atti di nascita americani che riportavano due padri (per ora solo Canada e Stati Uniti permettono alle coppie gay italiane di accedere alla maternità surrogata).

E quelle dei sindaci

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Ad aprire la strada ai sindaci è stata invece Chiara Appendino, a Torino, che basandosi su un’interpretazione della legge 40 sulla fecondazione assistita (secondo cui basta il consenso all’eterologa fatta all’estero, dove è legale, per diventare genitori), ha permesso ai padri e alle madri omosessuali di essere riconosciuti come genitori all’atto dell’iscrizione all’anagrafe.

Le decisioni più recenti

Ma i colpi di scena non finiscono mai, e a dicembre la Corte di Cassazione ha sancito che i bambini nati all’estero con la maternità surrogata da due padri gay non devono essere riconosciuti con la trascrizione all’anagrafe bensì con l’adozione dei "casi particolari". E nel gennaio scorso il ministero dell’Interno ha ordinato ai prefetti di far applicare la sentenza nei Comuni di loro competenza, chiedendo l’annullamento di eventuali riconoscimenti alla nascita. Fino all’ultimo capitolo, che ora vieta l’iscrizione di questi figli al regolamento europeo sui diritti per tutti i bambini. In Europa solo Italia e Grecia non riconoscono il matrimonio egualitario e parità di diritti ai genitori dello stesso sesso.
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