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Danimarca, la prima ministra Mette Frederiksen cerca il bis. Ma la maggioranza traballa

Un solo voto di vantaggio per il blocco rosso e il tentativo di accordo con il Centro per formare il nuovo governo: ecco quali risultati emergono dalle elezioni anticipate

di DOMENICO GUARINO -
7 novembre 2022
General election in Denmark

General election in Denmark

Un solo seggio di vantaggio, per una vittoria che potrebbe nascondere molte insidie, aprendo a scenari inediti. In Danimarca il blocco "rosso", composto da cinque partiti di centrosinistra e capeggiato da Mette Frederiksen, prima ministra uscente, è riuscito a conquistare 90 dei 179 seggi del Parlamento. Una maggioranza risicatissima, arrivata per altro solo al termine di uno spoglio al cardiopalma. Frederiksen può comunque rallegrarsi, dato che, secondo i sondaggi della vigilia, sembrava destinata a perdere la maggioranza. Anche perché il voto anticipato di martedì 1° novembre era stata indetto dopo le dimissioni della stessa premier, a causa dal cosiddetto "scandalo dei visoni", la controversa decisione, adottata nel 2020, di eliminare milioni di visoni come misura di risposta alla pandemia di Covid-19.

Elezioni danesi: il blocco di sinistra vince con un solo seggio di scarto e cerca l'alleanza col Centro per formare il governo

Il blocco "blu" e i democratici danesi

Di contro, il blocco "blu" di destra - un'alleanza informale liberale e conservatrice sostenuta da tre partiti 'populisti'- ha ottenuto 73 seggi. Alla fine, nonostante i timori della vigilia, i socialdemocratici, hanno guadagnato due seggi rispetto alle elezioni del 2019, ottenendo il 27,5% dei voti. Tanto da far affermare a Frederiksen che "la socialdemocrazia ha avuto il suo miglior risultato da oltre 20 anni a questa parte". Di contro c’è da considerare che per la prima volta in Parlamento siederà, con 14 seggi, il partito dei "democratici danesi", che raccoglie un elettorato prevalentemente di estrema destra xenofoba. Mentre il partito liberale radicale, uno dei principali promotori del voto anticipato, ha perso oltre la metà dei seggi, a fronte del risultato dell’alleanza liberale, di centrodestra, ne ha guadagnati 10. I temi al centro della campagna elettorale sono stati la crisi energetica e lo stato del sistema sanitario. Frederiksen ha scommesso dall’inizio della convocazione delle elezioni su un governo di centro, con le principali forze politiche, ma escludendo i partiti più estremisti.

Cosa accadrà a questo punto nel Paese Scandinavo?

La sinistra del Paese nord europeo, guidata dalla primo ministro che, di fatto, ha la maggioranza per un solo voto, si è rivolta già nella notte dello spoglio al centro per formare una coalizione di governo. Ad accogliere l’appello potrebbe essere lo schieramento dei moderati, il nuovo partito centrista dell'ex primo ministro conservatore Lars Løkke Rasmussen, che farà il suo esordio in Parlamento con 16 seggi, ma non potrà giocare il ruolo di kingmaker - un risultato che sembrava probabile fino a quando Frederiksen non si è assicurata la maggioranza. Qualora, comunque, questa ipotesi si concretizzasse, si tratterebbe della prima alleanza dal 1978 tra i Socialdemocratici con un altro partito di centro. Quella volta l’accordo durò soltanto otto mesi. Quel che è certo è che lo scenario politico danese resta molto frazionato; una caratteristica comune, oramai, a tutti gli Stati del Vecchio Continente. E non solo.