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Home » Politica » Dieci anni della Convenzione di Istanbul. “La Turchia è stata la prima a firmarla e a ritirarsi”

Dieci anni della Convenzione di Istanbul. “La Turchia è stata la prima a firmarla e a ritirarsi”

A dieci anni dalla ratifica del concordato contro la violenza sulle donne e la violenza domestica anche Ursula Von der Leyen lancia l'allarme: “Molti Stati Ue non hanno aderito, è inaccettabile”

Marianna Grazi
11 Maggio 2021
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Sono trascorsi 10 anni. Era l’11 maggio 2011 quando a Istanbul, la capitale della Turchia, veniva firmata da 45 Paesi la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. Ottantuno articoli che affermano un principio semplice ma rivoluzionario (allora e ancora oggi): la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani. Colpisce le donne in quando donne, si fonda sul genere. È strutturale e non episodica, è figlia di una cultura maschilista, radicata, di sopraffazione. Un testo da cui sarebbero dovute discendere leggi e politiche di prevenzione dei femminicidi, dei maltrattamenti, delle disuguaglianze di genere.

E invece, un decennio dopo di passi avanti se ne sono visti pochi. Tanti, troppi, sono stati i passi indietro. A partire proprio dal primo firmatario della Convenzione: “La Turchia è stato il primo Paese a firmare e ratificare il trattato che porta il nome della sua città più iconica e, se non modificherà la sua decisione, sarà il primo Paese a lasciarlo“. Così la segretaria generale di Amnesty International, Agnes Callamard commentando la decisione presa dal presidente Recep Tayyip Erdogan il 20 marzo scorso.

Amnesty ha proclamato per oggi una Giornata globale di azione, sia online che con iniziative di piazza. “Dieci anni dopo la firma – continua Callamard – le donne parlano oggi con una voce sola per chiedere che le autorità turche modifichino una decisione che metterà a rischio la sicurezza di milioni di donne e ragazze in pericolo“.

Ma la situazione, sul fronte della violenza di genere, non è migliore anche nel mondo occidentale. “L’Ue deve inviare un segnale forte, che la violenza contro le donne e le ragazze è inaccettabile. E che la violenza domestica non è una questione privata. La Convenzione di Istanbul è la pietra miliare della protezione di donne e ragazze, in tutto il mondo. Una base importante su cui dobbiamo costruire ulteriormente”. La presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen ha voluto lanciare il suo messaggio in un video su Twitter. “Ma per essere credibili dobbiamo mantenere in ordine la nostra casa – ha evidenziato  – Tutti sapete che più Stati dell’Ue non hanno ratificato la Convenzione” mentre altri “stanno pensando a voce alta di uscirne”, e “questo è inaccettabile. La violenza contro le donne è un crimine e come tale deve essere punito”.

E in Italia? Cosa è stato fatto in dieci anni dalla ratifica? “Dieci anni dopo dobbiamo dire che in Italia buona parte della Convenzione è ancora da attuare – afferma amareggiata Valeria Valente, presidente della Commissione d’inchiesta sul femminicidio del Senato – Delle quattro P attraverso le quali si dovrebbero attuare i principi di Istanbul (prevenzione, protezione e sostegno delle vittime, perseguimento dei colpevoli e politiche integrate) l’unico vero passo in avanti fatto dal nostro paese è quello della P di punizione. Dalla ratifica abbiamo infatti scritto e approvato una serie di leggi fondamentali dal decreto-femminicidio del 2013 al Codice Rosso”.

Dall’inizio dell’anno, in Italia a sono state già uccise 38 donne da mariti, compagni, amanti o ex. Le leggi, severe ed efficaci, almeno sulla carta, ci sarebbero. Ma evidentemente non sono abbastanza dissuasive. E soprattutto mancano veri investimenti per la prevenzione e le pari opportunità.

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  • Stando alle ultime stime, in Italia vivono almeno 88mila donne vittima di mutilazioni genitali femminili, con tutti i gravi problemi fisici, funzionali, psicologici che ne derivano. In base ai dati diffusi dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa) e dall’Unicef, nel mondo ammonterebbero ad almeno 200 milioni donne e ragazze che hanno subito mutilazioni genitali. Nel 2023, circa 4,2 milioni di bambine e ragazze nel mondo sono a rischio di subire queste pratiche.

Attraverso la testimonianza di Ayaan Hirsi Ali, autrice de “L’infedele", proviamo a spiegare con le giuste parole in tutta la sua cruda realtà cosa racchiuda veramente:

“Mi afferrò e mi bloccò la parte superiore del corpo… Altre due donne mi tennero le gambe divaricate. L’uomo che era un cinconcisore tradizionale appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a tirare… Sentii il rumore, come un macellaio che rifila il grasso da un pezzo di carne.”

Nella Giornata Internazionale contro le mutilazioni genitali femminili il presidente della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica Sicpre, il professor Francesco Stagno d’Alcontres, dichiara: 

“Spesso l’evento della mutilazione viene rimosso dai ricordi, mentre restano i dolori nei rapporti sessuali, le difficoltà nella minzione e durante il parto. La mutilazione genitale è un evento che modifica il corso della vita e noi lo dobbiamo contrastare sul piano della cultura e affrontare sul piano medico e scientifico”.

L’edizione 2023 del Summit Itinerante contro la mutilazioni genitali femminili, l’evento che si svolge in data odierna a Roma, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustininani, sede della Presidenza del Senato della Repubblica, vede il saluto di esponenti del Governo, la testimonianza di una vittima e la partecipazione di importanti personalità, tra cui gli esperti della chirurgia plastica italiana chiamati a raccolta dalla Sicpre.

Letizia Cini ✨

#lucenews #lucelanazione #giornatamutilazionigenitalifemminili #linfedele
  • "Vorrei ringraziare la comunità queer per il vostro amore e per aver inventato un genere". 👑

Con queste parole di ringraziamento, Queen Bay riscrive la storia dei Grammy Awards. Beyoncé ier sera ha battuto tutti i record: con la 32esima vittoria incassata, è la star più premiata della storia degli Oscar della musica.

Con altri quattro grammofoni d’oro, la star americana, icona mondiale e paladina dei diritti civili e della body positivity, ha così superato il primato del direttore d’orchestra Georg Solti scomparso nel ‘97 e che, fino a stanotte, era rimasto imbattuto per due decenni con 31 vittorie. Queen Bay ha voluto dedicare la vittoria alla comunità Lgbtq+.

#lucenews #lucelanazione #qn #beyoncé #grammyawards2023
  • Stava regalando libri alle ragazze quando è stato arrestato a Kabul, giovedì 3 febbraio. Ismail Mashal, un professore universitario afghano, 37 anni, in aperta critica con il bando posto dai Talebani all’istruzione femminile, andava in giro con un carretto pieno di volumi gratuiti che distribuiva a donne e bambine, quando le forze di sicurezza lo hanno accusato di “azioni provocatorie” dalle autorità che lo hanno portato in carcere. Lo riferisce la Bbc.

Alcuni testimoni hanno riferito che il professore è stato schiaffeggiato, preso a pugni e a calci dalle forze di sicurezza locali durante l’arresto. Tuttavia Abdul Haq Hammad, un funzionario del ministero dell’Informazione e della Cultura talebani, ha dichiarato che il docente è stato trattato bene mentre era in custodia. 

Mashal è salito alla ribalta dopo aver strappato i documenti accademici in diretta tv per protestare contro il divieto dei talebani all’istruzione universitaria e secondaria per le donne. Il video in diretta televisiva è diventato virale. 

Ex giornalista, il 37enne dirigeva un’università privata a Kabul, frequentata da 450 studentesse che seguivano i corsi di giornalismo, ingegneria e informatica, tutte discipline che il ministro dell’Istruzione afghano sosteneva non dovessero essere insegnate alle ragazze in quanto contrarie all’islam e la cultura afghana. Quando a dicembre i Talebani hanno annunciato che alle studentesse universitarie non sarebbe più stato permesso di tornare a studiare fino a nuovo ordine, il professor Mashal ha chiuso definitivamente la sua scuola, affermando che “l’istruzione o si offre a tutti o a nessuno“.

“L’unico potere che ho è la mia penna, anche se mi uccidono, anche se mi fanno a pezzi, non resterò in silenzio“, ha dichiarato il mese scorso il professore. Ha anche affermato che un maggior numero di uomini deve insorgere per protestare contro le restrizioni imposte alle donne. Durante il loro incontro a Kabul, Mahsal, padre di due figli, ha precisato che non temeva di essere arrestato o ucciso. Si è detto invece certo che alla fine i Talebani avrebbero cercato di metterlo a tacere, ma è rimasto convinto che fosse un prezzo onesto da pagare.

#lucenews #kabul
  • ✨"Sento ancora la vertigine". Si intitola così il primo documentario dedicato a Elodie, la bellissima e talentuosa cantante romana, che la prossima settimana sarà in gara al Festival di Sanremo. Affascinante e ironica, sensuale e pungente, ma anche fragile e con i piedi per terra: la 32enne si mostra a 360 gradi e senza filtri in un documento reale di quello che l

Sono trascorsi 10 anni. Era l'11 maggio 2011 quando a Istanbul, la capitale della Turchia, veniva firmata da 45 Paesi la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. Ottantuno articoli che affermano un principio semplice ma rivoluzionario (allora e ancora oggi): la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani. Colpisce le donne in quando donne, si fonda sul genere. È strutturale e non episodica, è figlia di una cultura maschilista, radicata, di sopraffazione. Un testo da cui sarebbero dovute discendere leggi e politiche di prevenzione dei femminicidi, dei maltrattamenti, delle disuguaglianze di genere.

E invece, un decennio dopo di passi avanti se ne sono visti pochi. Tanti, troppi, sono stati i passi indietro. A partire proprio dal primo firmatario della Convenzione: "La Turchia è stato il primo Paese a firmare e ratificare il trattato che porta il nome della sua città più iconica e, se non modificherà la sua decisione, sarà il primo Paese a lasciarlo". Così la segretaria generale di Amnesty International, Agnes Callamard commentando la decisione presa dal presidente Recep Tayyip Erdogan il 20 marzo scorso.

Amnesty ha proclamato per oggi una Giornata globale di azione, sia online che con iniziative di piazza. "Dieci anni dopo la firma - continua Callamard - le donne parlano oggi con una voce sola per chiedere che le autorità turche modifichino una decisione che metterà a rischio la sicurezza di milioni di donne e ragazze in pericolo".

Ma la situazione, sul fronte della violenza di genere, non è migliore anche nel mondo occidentale. "L'Ue deve inviare un segnale forte, che la violenza contro le donne e le ragazze è inaccettabile. E che la violenza domestica non è una questione privata. La Convenzione di Istanbul è la pietra miliare della protezione di donne e ragazze, in tutto il mondo. Una base importante su cui dobbiamo costruire ulteriormente". La presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen ha voluto lanciare il suo messaggio in un video su Twitter. "Ma per essere credibili dobbiamo mantenere in ordine la nostra casa – ha evidenziato  – Tutti sapete che più Stati dell'Ue non hanno ratificato la Convenzione" mentre altri "stanno pensando a voce alta di uscirne", e "questo è inaccettabile. La violenza contro le donne è un crimine e come tale deve essere punito".

E in Italia? Cosa è stato fatto in dieci anni dalla ratifica? "Dieci anni dopo dobbiamo dire che in Italia buona parte della Convenzione è ancora da attuare – afferma amareggiata Valeria Valente, presidente della Commissione d’inchiesta sul femminicidio del Senato – Delle quattro P attraverso le quali si dovrebbero attuare i principi di Istanbul (prevenzione, protezione e sostegno delle vittime, perseguimento dei colpevoli e politiche integrate) l’unico vero passo in avanti fatto dal nostro paese è quello della P di punizione. Dalla ratifica abbiamo infatti scritto e approvato una serie di leggi fondamentali dal decreto-femminicidio del 2013 al Codice Rosso".

Dall'inizio dell'anno, in Italia a sono state già uccise 38 donne da mariti, compagni, amanti o ex. Le leggi, severe ed efficaci, almeno sulla carta, ci sarebbero. Ma evidentemente non sono abbastanza dissuasive. E soprattutto mancano veri investimenti per la prevenzione e le pari opportunità.

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