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Home » Politica » Donne e Potere: al Parlamento Ue appena il 39,3%, in Italia solo 3% amministratrici delegate

Donne e Potere: al Parlamento Ue appena il 39,3%, in Italia solo 3% amministratrici delegate

I dati mostrano quanto sia difficile per le donne ricoprire cariche ai vertici. Basti pensare che in Europa le ministre non superano il 30%

Margherita Ambrogetti Damiani
23 Luglio 2022
Donne al lavoro

Donne al lavoro

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Per capire quanto ancora sia lunga – e in salita – la strada per le donne al potere basta dare un’occhiata veloce ai numeri. Le donne che siedono in Parlamento europeo sono il 39.3%. In Europa, le ministre non superano il 30%. Sui premier la faccenda si complica: solo il 14.3% è donna. “Sì, ma la Commissione europea e la BCE sono guidate da due donne”, starete pensando e non a torto. Certo, Ursula von der Leyen e Christine Lagarde rappresentano un segnale positivo ma non sono sufficienti due nomi per invertire la rotta.

Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea

Nel mondo, sono solo 20 i capi di Stato donna. In Italia, non abbiamo mai avuto una premier né una Presidente della Repubblica e attualmente vantiamo – si fa per dire – solo 8 donne su 23 ministri. Nelle aziende la situazione non è tanto più rosea. Le dirigenti sono solo il 17%, le CEO il 3%, contro una media europea del 7%. Al netto dei ruoli apicali, le donne che lavorano in Italia sono solo il 53,2%  contro il 78% delle svedesi. Appare chiaro, dunque, che l’ascensore sociale per la maggior parte delle italiane è bloccato al piano zero e che le condizioni di partenza rappresentano di per sé un deterrente. Un cane che si morde la coda, si direbbe. Eppure, ci sono schiere di donne convinte che qualcosa possa davvero cambiare, a partire dai sistemi di potere che, per come sono oggi, sono accoglienti solo per gli uomini.

La chiave, dunque, parte essere una vera e propria rivoluzione, a cominciare proprio dal significato della parola “potere” che, troppo spesso, dalle donne viene interpretata solo nella sua accezione più negativa ma che, invece, potrebbe diventare la chiave di volta per un cambiamento radicale non solo nei fatti ma anche nei presupposti.

Sanna Marin, Primo ministro della Finlandia

Le donne aprono le strade alle donne

Alcune studiose sono convinte del fatto che alle ragazze sia necessario spiegare perché il potere non è il male assoluto e soprattutto perché è così importante riuscire a guadagnare ruoli apicali. C’è poi un altro tema: le donne aprono la strada alle donne. Anche in questo caso affidiamoci ai numeri: quando a dirigere c’è una donna, sono di più quelle ad avere ruoli di rilievo (il 38% in più, per la precisione). A questo punto, viene da porsi un quesito banale ma evidentemente quasi del tutto inedito: e se il cambiamento per innescarsi pienamente avesse bisogno di passare anche dalla comunicazione?

La narrazione delle donne al potere è ancora troppo debole, ma c’è da scommettere che niente quanto qualche modello positivo potrebbe rappresentare una nuova spinta propulsiva per la battaglia di genere. Qualche giorno fa, ad esempio, la premier finlandese ha assistito a un concerto in shorts e giubbotto in pelle, dando prova del fatto che essere una donna di potere non significa perdere la propria identità. Un bell’esempio che, forse, dovrebbe essere raccontato di più e meglio per provare a costruire generazioni di giovani donne con l’ambizione di esserci.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Per capire quanto ancora sia lunga - e in salita - la strada per le donne al potere basta dare un’occhiata veloce ai numeri. Le donne che siedono in Parlamento europeo sono il 39.3%. In Europa, le ministre non superano il 30%. Sui premier la faccenda si complica: solo il 14.3% è donna. “Sì, ma la Commissione europea e la BCE sono guidate da due donne”, starete pensando e non a torto. Certo, Ursula von der Leyen e Christine Lagarde rappresentano un segnale positivo ma non sono sufficienti due nomi per invertire la rotta.
Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea
Nel mondo, sono solo 20 i capi di Stato donna. In Italia, non abbiamo mai avuto una premier né una Presidente della Repubblica e attualmente vantiamo - si fa per dire - solo 8 donne su 23 ministri. Nelle aziende la situazione non è tanto più rosea. Le dirigenti sono solo il 17%, le CEO il 3%, contro una media europea del 7%. Al netto dei ruoli apicali, le donne che lavorano in Italia sono solo il 53,2%  contro il 78% delle svedesi. Appare chiaro, dunque, che l’ascensore sociale per la maggior parte delle italiane è bloccato al piano zero e che le condizioni di partenza rappresentano di per sé un deterrente. Un cane che si morde la coda, si direbbe. Eppure, ci sono schiere di donne convinte che qualcosa possa davvero cambiare, a partire dai sistemi di potere che, per come sono oggi, sono accoglienti solo per gli uomini. La chiave, dunque, parte essere una vera e propria rivoluzione, a cominciare proprio dal significato della parola “potere” che, troppo spesso, dalle donne viene interpretata solo nella sua accezione più negativa ma che, invece, potrebbe diventare la chiave di volta per un cambiamento radicale non solo nei fatti ma anche nei presupposti.
Sanna Marin, Primo ministro della Finlandia

Le donne aprono le strade alle donne

Alcune studiose sono convinte del fatto che alle ragazze sia necessario spiegare perché il potere non è il male assoluto e soprattutto perché è così importante riuscire a guadagnare ruoli apicali. C’è poi un altro tema: le donne aprono la strada alle donne. Anche in questo caso affidiamoci ai numeri: quando a dirigere c’è una donna, sono di più quelle ad avere ruoli di rilievo (il 38% in più, per la precisione). A questo punto, viene da porsi un quesito banale ma evidentemente quasi del tutto inedito: e se il cambiamento per innescarsi pienamente avesse bisogno di passare anche dalla comunicazione? La narrazione delle donne al potere è ancora troppo debole, ma c’è da scommettere che niente quanto qualche modello positivo potrebbe rappresentare una nuova spinta propulsiva per la battaglia di genere. Qualche giorno fa, ad esempio, la premier finlandese ha assistito a un concerto in shorts e giubbotto in pelle, dando prova del fatto che essere una donna di potere non significa perdere la propria identità. Un bell’esempio che, forse, dovrebbe essere raccontato di più e meglio per provare a costruire generazioni di giovani donne con l’ambizione di esserci.
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