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Home » Politica » Due comuni senza donne fra i candidati e uno con liste tutte rosa. “Quote”, queste sconosciute

Due comuni senza donne fra i candidati e uno con liste tutte rosa. “Quote”, queste sconosciute

Fra i centri sotto i 5000 abitanti l'obbligo di quote rosa è solo formale. Si hanno gli estremi di due comuni del cuneese in uno dei quali c'è il 100% di aspiranti consiglieri maschi e nell'altro solo donne (ma almeno c'è una candidata sindaca). Un paese con urne "vietate alle donne" anche in Molise

Federico Martini
4 Ottobre 2021
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Prunetto, un comune di 471 abitanti in provincia di Cuneo, e Pescolanciano, nell’isernino (878 abitanti), sono considerano le presenze femminili nelle elezioni amminiostraive del 3 e 4 ottobre. Non lontano lo scenario nelle liste fra cui devono scegliere gli elettori di Orero (Genova) e Borghetto d’Arroscia (Imperia), dove le liste sono al 100% maschili ma, se non altro, due dei tre aspiranti sindaco, sono donne.

Particolarmente fuori dal coro il Comune di Santo Stefano Roero (1.407 abitanti), in provincia di Cuneo, che è l’unica amministrazione sotto i 5mila abitanti coinvolti in questa tornata elettorale, dove i due aspiranti sindaci (un uomo e una donna) hanno schierato due squadre tutte al femminile. Si tratta di una amministrazione che ha vissuto, nel recente passato, un dissesto e un commissariamento e sembra voler quindi ripartire dalle donne.

I dati esposti sono le estreme emergenze del fatto che le quote di genere non siano rispettate nei Comuni sotto i 5000 abitanti dove si vota il 3 e 4 ottobre 2021. A renderlo noto è il Csel, Centro studi enti locali, in un rapporto elaborato per l’Adnkronos nel quale si ricorda che nel giugno 2021 la terza sezione del Consiglio di Stato aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale sulle norme che regolano le elezioni nei Comuni fino a 5.000 abitanti. Sebbene il nostro ordinamento giuridico stabilisca il principio generale che nelle liste dei candidati debba essere ‘’assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi’’, di fatto nei comuni di piccole dimensioni, non è previsto alcun meccanismo sanzionatorio ove venga meno il rispetto della parità di genere. E’ giusto che non ci sia di fatto un vero e proprio obbligo di rispettare questo principio nella categoria di enti che comprende il 70% dei comuni italiani?

In attesa che la Consulta si esprima su questo tema, il Centro Studi Enti Locali ha si chiede quale impatto avrebbe una eventuale estensione dei vincoli anche agli enti di minori dimensioni.  Dei 755 Comuni con queste caratteristiche, chiamati alle urne tra il 3 e il 4 ottobre nelle Regioni a statuto ordinario, solo 384 hanno schierato almeno 1/3 di candidati di sesso femminile. Uno su due, esattamente come nel 2020. In 79 comuni (contro i 63 del 2020), i candidati uomini erano presenti in quote superiori all’80% del totale. Con i  casi limite citati all’inizio di Prunetto e Pescolanciano.

Rispetto al 2020 sono i 39 comuni (contro i 14 dello scorso anno) in cui i candidati donne hanno superato quelli appartenenti al genere maschile, con il citato caso estremo di Santo Stefano Roero.

I due generi sono ripartiti in maniera equa in 119 enti, con i 12 dell’anno scorso. Nei restanti 599 casi (pari all’80% del totale), i candidati uomini sono stati più di quelli di sesso femminile. Complessivamente le donne nelle liste esaminate sono il 32,87%,  dato in miglioramento rispetto al 2020 (31,8%).

Per quanto riguarda i candidati a sindaco le aspiranti sindache sono solo 255 su 1.539, pari al 16% del totale. In ben 533 casi su 755, non c’è alcuna rappresentante del gentil sesso a contendersi la fascia tricolore.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

#lucenews #isaacortman #minnesota #boyscout
Prunetto, un comune di 471 abitanti in provincia di Cuneo, e Pescolanciano, nell’isernino (878 abitanti), sono considerano le presenze femminili nelle elezioni amminiostraive del 3 e 4 ottobre. Non lontano lo scenario nelle liste fra cui devono scegliere gli elettori di Orero (Genova) e Borghetto d’Arroscia (Imperia), dove le liste sono al 100% maschili ma, se non altro, due dei tre aspiranti sindaco, sono donne. Particolarmente fuori dal coro il Comune di Santo Stefano Roero (1.407 abitanti), in provincia di Cuneo, che è l’unica amministrazione sotto i 5mila abitanti coinvolti in questa tornata elettorale, dove i due aspiranti sindaci (un uomo e una donna) hanno schierato due squadre tutte al femminile. Si tratta di una amministrazione che ha vissuto, nel recente passato, un dissesto e un commissariamento e sembra voler quindi ripartire dalle donne. I dati esposti sono le estreme emergenze del fatto che le quote di genere non siano rispettate nei Comuni sotto i 5000 abitanti dove si vota il 3 e 4 ottobre 2021. A renderlo noto è il Csel, Centro studi enti locali, in un rapporto elaborato per l’Adnkronos nel quale si ricorda che nel giugno 2021 la terza sezione del Consiglio di Stato aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale sulle norme che regolano le elezioni nei Comuni fino a 5.000 abitanti. Sebbene il nostro ordinamento giuridico stabilisca il principio generale che nelle liste dei candidati debba essere ‘’assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi’’, di fatto nei comuni di piccole dimensioni, non è previsto alcun meccanismo sanzionatorio ove venga meno il rispetto della parità di genere. E’ giusto che non ci sia di fatto un vero e proprio obbligo di rispettare questo principio nella categoria di enti che comprende il 70% dei comuni italiani? In attesa che la Consulta si esprima su questo tema, il Centro Studi Enti Locali ha si chiede quale impatto avrebbe una eventuale estensione dei vincoli anche agli enti di minori dimensioni.  Dei 755 Comuni con queste caratteristiche, chiamati alle urne tra il 3 e il 4 ottobre nelle Regioni a statuto ordinario, solo 384 hanno schierato almeno 1/3 di candidati di sesso femminile. Uno su due, esattamente come nel 2020. In 79 comuni (contro i 63 del 2020), i candidati uomini erano presenti in quote superiori all’80% del totale. Con i  casi limite citati all'inizio di Prunetto e Pescolanciano. Rispetto al 2020 sono i 39 comuni (contro i 14 dello scorso anno) in cui i candidati donne hanno superato quelli appartenenti al genere maschile, con il citato caso estremo di Santo Stefano Roero. I due generi sono ripartiti in maniera equa in 119 enti, con i 12 dell’anno scorso. Nei restanti 599 casi (pari all’80% del totale), i candidati uomini sono stati più di quelli di sesso femminile. Complessivamente le donne nelle liste esaminate sono il 32,87%,  dato in miglioramento rispetto al 2020 (31,8%). Per quanto riguarda i candidati a sindaco le aspiranti sindache sono solo 255 su 1.539, pari al 16% del totale. In ben 533 casi su 755, non c’è alcuna rappresentante del gentil sesso a contendersi la fascia tricolore.
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