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Home » Politica » Elezioni in Francia, per chi vota la comunità Lgbt? E perché il sostegno a Macron non è scontato

Elezioni in Francia, per chi vota la comunità Lgbt? E perché il sostegno a Macron non è scontato

Il ballottaggio tra Marine Le Pen e il presidente uscente si terrà il 24 aprile. Il padre della leader del Rassemblement National, Jean-Marie Le Pen, definiva l'omosessualità "un'anomalia biologica e sociale". Ecco come sua figlia è riuscita (in parte) a smarcarsi da quelle posizioni

Ettore Maria Colombo
13 Aprile 2022
Share on FacebookShare on Twitter

All’apparenza è facile, per la serie tertium non datur. Nelle elezioni in Francia chi ha a cuore i diritti civili, compresi quelli delle persone Lgbt, dovrebbe votare per il presidente uscente, Emmanuel Macron. Chi li vuole restringere o addirittura abolire dovrebbe votare per Marine Le Pen. Ma mai è tutto come sembra. Figurarsi in Francia, paese storicamente amante della figura retorica del ‘doppio’. Ma partiamo dai dati di realtà, per capire meglio.

Elezioni in Francia 2022, chi ha vinto al primo turno

I dati definitivi del ministero dell’Interno di Parigi vedono il presidente uscente Emmanuel Macron al 27,85%, davanti alla leader del Rassemblement National Marine Le Pen, al 23,15%. Il terzo classificato, Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale, France Insoumise, ottiene il 21,95%. Disfatta storica dei socialisti, al palo con il 2%, e del teorico astro nascente della destra, Zemmour, fermo al 7,1%. L’astensione è stata del 26,31%, il livello più alto dal primo turno presidenziale del 2002, quando fu del 28,4%. Il secondo turno, o ballottaggio, sarà il 24 aprile. I primi sondaggi indicano che Macron sarebbe favorito, ma la forbice tra i due è meno ampia rispetto a cinque anni fa.

Il presidente francese Emmanuel Macron, 44 anni, e la moglie Brigitte, 68 (Ansa)

Macron-Le Pen, chi vincerà al ballottaggio

Secondo i primi sondaggi, usciti dopo il voto di domenica, il presidente uscente potrebbe vincere al secondo turno contro Le Pen con un punteggio compreso tra il 54% e il 51% contro il 46%-49% della candidata di destra. Cinque anni fa Macron vinse il ballottaggio con il 66,1% dei voti contro il 33,9% di Marine Le Pen. Se è vero che il vantaggio del presidente è oggi più sottile, Macron resta il favorito: può contare sul sostegno di buona parte della destra e della sinistra. Ma tutto può tornare in discussione fra 15 giorni. I calcoli degli analisti dicono che su Marine Le Pen convergerà almeno il 7% dei voti in più rispetto a quelli che prese nella sfida di 5 anni fa (si tratta in pratica dell’intero blocco dei voti di Zemmour).

Il panorama delle elezioni francesi vede anche la definitiva evaporazione della sinistra moderata, guidata da un partito socialista la cui candidata, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, si ferma al 2%. Spicca invece il trionfo popolare di Jean-Luc Mélenchon, 70enne ex socialista ora candidato con la sinistra radicale di “France Insoumise”, salito per la prima volta oltre il 20% piazzandosi al terzo posto. Male gli ecologisti, con Yannick Jadot sotto la soglia del 5% nel pieno di un’emergenza climatica che è stato uno dei temi più ignorati della campagna elettorale.

Le urne non premiano, a destra, il polemista di estrema destra Eric Zemmour. Se prima del voto era dato al 9,5%, riesce a racimolare uno scarso 7%. Ha pagato le sue affermazioni filo-russe delle ultime settimane, ma soprattutto ha perso la scommessa di soppiantare la presidente del Rassemblement National come guida dell’estrema destra. Le Pen ha preso il triplo dei suoi voti nonostante le fallimentari fughe di alcuni suoi dirigenti – fra questi la nipote Marion Maréchal – per raggiungere Reconquete!, il movimento di Zemmour. Gli altri risultati descrivono altre clamorose sconfitte, come quella di Valérie Pécresse, prima donna a candidarsi all’Eliseo per i Républicains neogollisti, che sprofonda dal 16-17% iniziale al 5%.

Marine Le Pen, 53 anni, è presidente del Rassemblement National dal 16 gennaio 2011 (Ansa)

I candidati e gli appelli al voto per il secondo turno

“Nulla è ancora deciso, quello che succederà nei prossimi quindici giorni è decisivo per la Francia e per l’Europa“, dice Emmanuel Macron ai suoi. “Potete contare su di me”, dice il presidente acclamato dai militanti alla Porte de Versailles di Parigi, lanciando un appello ai connazionali di ogni colore politico affinché sbarrino la strada all’estrema destra. Mélenchon ha raccolto subito l’invito: “Neppure un voto deve andare a Marine Le Pen!”, ha gridato dal palco per quattro volte. Così come Hidalgo, che ha lanciato un appello “a votare contro l’estrema destra di Marine Le Pen e per Emmanuel Macron”. A favore del presidente uscente si è schierata anche Valérie Pécresse, ma il serbatoio neogollista ha subito una fuga del 15% dei voti, che rischiano di finire in parte a Le Pen. Atmosfera opposta in casa Zemmour, che ha invitato il suo 7% a votare per Le Pen.

Marine Le Pen può vincere?

Cinque anni dopo il suo secondo tentativo, dunque, con l’Europa travolta dall’invasione russa dell’Ucraina e al suo terzo tentativo per l’Eliseo, la 53enne leader dell’estrema destra transalpina punta al colpaccio, dopo aver strappato il 23% delle preferenze al primo turno. Mai aveva incassato tanti voti, con i sondaggi che annunciano un clamoroso testa a testa in vista del ballottaggio finale. 51% Macron, 49% LePen.

Ma il Rassemblement National può davvero puntare all’Eliseo? Nelle ultime settimane Marine ha portato avanti una campagna elettorale più edulcorata e meno aggressiva del solito, quasi intimista si potrebbe dire, facendo dimenticare ai francesi i mille complimenti rivolti negli anni a Vladimir Putin e ammorbidendo la propria immagine. Chiara l’intenzione: ripulire l’immagine di un partito di estrema destra che punta all’inimmaginabile jackpot, conquistando la presidenza di Francia. Le idee di Marine sono ampiamente conosciute, cavalcando perfettamente la visione della destra internazionale, sovranista, estremista e populista, che tanto piace in Itaia a Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Sébastien Chenu, 48 anni, ha fondato l’associazione di omosessuali di centrodestra GayLib. Una volta approdato nel Rassemblement National, Chenu ha rinnegato l’attivismo LGBTQ+

Perché Marine Le Pen piace ad alcuni membri della comunità Lgbt

Sul fronte dei diritti LGBTQ+, Marine le Pen si è opposta alla legge del 2013 che ha esteso il matrimonio alle coppie di persone dello stesso sesso, promettendo di cambiarla nel caso in cui dovesse approdare all’Eliseo. Eppure, la leader del Rassemblement National piace e non poco a molti francesi LGBTQ+. Anche se, per dire, sul tema ‘gestazione per altri’, Marine ha espresso netta contrarietà su qualsiasi ipotesi di approvazione da parte del governo francese: “È una deriva mortale per la nostra società, l’essere umano non è oggetto di consumo”.

Due ex mariti alle spalle e tre figli, perché la ‘famiglia tradizionale’ è sacra, Le Pen all’Eliseo potrebbe spaccare in due l’Europa, con Putin ad augurarsi un suo trionfo. Dovesse vincere, la candidata del Rassemblement National ha annunciato l’addio alla Nato della Francia.

Ma cosa potrebbero fare per i diritti LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali) i due candidati? La leader del Front National (Fronte nazionale; FN) non parla quasi mai dei diritti delle persone LGBTQI e questo silenzio è interpretato da molti come mancanza di omofobia o persino come una posizione gay-friendly. Il suo programma, in particolare al punto 87, è però molto chiaro ed esplicito: abrogare i matrimoni tra persone dello stesso sesso e rimpiazzarli con unioni civili senza diritto di adozione, mantenere il divieto per la gestazione per altri, riservare la procreazione medicalmente assistita alle coppie eterosessuali sterili. Insomma, nel programma ufficiale del Front National, c’è l’eliminazione del “mariage pour tous” (il matrimonio gay, autorizzato sotto François Hollande), nel caso il partito di estrema destra andasse al potere: l’Fn vuole ritornare alla situazione precedente, in cui erano disponibili solo i Pacs, le unioni civili.

Inoltre, Marine Le Pen nasconde l’omofobia dell’estrema destra dietro il silenzio e dietro alcuni personaggi gay a cui ha affidato ruoli importanti nel partito. Per esempio Florian Philippot, il suo vice che ha subito un outing e sostiene che non è importante essere gay-friendly. O Sébastian Chenu, fondatore dell’associazione di omosessuali di centrodestra GayLib che, una volta approdato nell’FN, ha rinnegato l’attivismo LGBTQ+ e l’esistenza stessa di una comunità gay.

Ma al di là di quella che il patriarca Jean-Marie Le Pen in testa, che definiva l’omosessualità “un’anomalia biologica e sociale”, che ha parlato della “lobby gay” dell’Fn, la Le Pen è riuscita a sfondare incredibilmente nell’elettorato Lgtb+.

Florian Philippot, 40 anni, ex esponente del Rassemblement National ha subito un outing

Macron dà per scontato il voto della comunità Lgbt

“È un po’ uomo e un po’ donna, come è di moda ora. Androgino”: così l’ex presidente Nicolas Sarkozy definì Emmanuel Macron su cui sono circolate voci che fosse omosessuale, nonostante sia sposato con una donna. Solo gossip, ovvio. Il candidato alla presidenza è accusato, oltre che di essere un infiltrato al servizio delle banche e degli Stati Uniti, di essere appoggiato anche dalla “ricchissima lobby gay”. Propaganda bieca. Il suo programma politico, però, resta fumoso: Macron promette grandi cambiamenti, ma non è sempre chiaro cosa voglia fare e quali alleati preferisca. Anche a proposito di diritti LGBTQ+ non si capisce bene cosa aspettarsi, a parte un netto rifiuto della legge sulla gestazione per altri e del fatto che, ovviamente, non intende toccare i Pacs.

Numeri alla mano, Macron sembrerebbe nettamente favorito. Il pallottoliere darebbe un 60% di consensi all’attuale presidente, con Marine appoggiata solamente da Zemmour e da Dupont-Aignan, che hanno conquistato il 9% dei voti al primo turno, arrivando al 35% del totale. Ma un ballottaggio è altra cosa, la rabbia dell’elettorato medio dopo 2 anni di Covid-19 e una guerra in corso con rialzo dei prezzi e una economia stagnante potrebbero incidere sorprendentemente sul risultato finale, anche perché chi non ha votato Macron al primo turno potrebbe semplicemente rimanere a casa. Il 24 aprile andrà in scena il secondo e forse definitivo scontro tra Emmanuel e Marine. Dopo le vittorie del serbo Vucic e dell’ungherese Orban, l’eventuale trionfo dell’ultradestra in Francia potrebbe essere il punto di non ritorno verso un’Europa mai più unita.

La Francia è considerato come uno dei Paesi più gay-friendly del mondo

La Francia, uno dei Paesi più gay-friendly del mondo

L’espressione dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) in Francia è considerata tra le più liberali dell’intera Europa ed una delle più avanzate nel mondo. L’età del consenso per le relazioni omosessuali è stata modificata più di una volta prima di essere equalizzata nel 1982 sotto l’allora presidente della Repubblica francese François Mitterrand. Dopo aver concesso alle coppie omosessuali i benefici di partnership (convivenza) a livello nazionale noti come il “patto di solidarietà civile” (PACS), la Francia è diventato il tredicesimo Paese al mondo a legalizzare il matrimonio omosessuale nel 2013, pur avendo ricevuto l’opposizione da molti gruppi e partiti. Le leggi che proibiscono la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere sono state emanate dal 1985, mentre i transessuali sono autorizzati a cambiare il loro genere legalmente a partire dal 2009. La Francia è diventato inoltre il primo Paese al mondo a declassare il transessualismo come una malattia mentale. La Francia è stato spesso nominato per essere uno dei Paesi più gay friendly del mondo.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere

All’apparenza è facile, per la serie tertium non datur. Nelle elezioni in Francia chi ha a cuore i diritti civili, compresi quelli delle persone Lgbt, dovrebbe votare per il presidente uscente, Emmanuel Macron. Chi li vuole restringere o addirittura abolire dovrebbe votare per Marine Le Pen. Ma mai è tutto come sembra. Figurarsi in Francia, paese storicamente amante della figura retorica del 'doppio'. Ma partiamo dai dati di realtà, per capire meglio.

Elezioni in Francia 2022, chi ha vinto al primo turno

I dati definitivi del ministero dell'Interno di Parigi vedono il presidente uscente Emmanuel Macron al 27,85%, davanti alla leader del Rassemblement National Marine Le Pen, al 23,15%. Il terzo classificato, Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale, France Insoumise, ottiene il 21,95%. Disfatta storica dei socialisti, al palo con il 2%, e del teorico astro nascente della destra, Zemmour, fermo al 7,1%. L'astensione è stata del 26,31%, il livello più alto dal primo turno presidenziale del 2002, quando fu del 28,4%. Il secondo turno, o ballottaggio, sarà il 24 aprile. I primi sondaggi indicano che Macron sarebbe favorito, ma la forbice tra i due è meno ampia rispetto a cinque anni fa.

Il presidente francese Emmanuel Macron, 44 anni, e la moglie Brigitte, 68 (Ansa)

Macron-Le Pen, chi vincerà al ballottaggio

Secondo i primi sondaggi, usciti dopo il voto di domenica, il presidente uscente potrebbe vincere al secondo turno contro Le Pen con un punteggio compreso tra il 54% e il 51% contro il 46%-49% della candidata di destra. Cinque anni fa Macron vinse il ballottaggio con il 66,1% dei voti contro il 33,9% di Marine Le Pen. Se è vero che il vantaggio del presidente è oggi più sottile, Macron resta il favorito: può contare sul sostegno di buona parte della destra e della sinistra. Ma tutto può tornare in discussione fra 15 giorni. I calcoli degli analisti dicono che su Marine Le Pen convergerà almeno il 7% dei voti in più rispetto a quelli che prese nella sfida di 5 anni fa (si tratta in pratica dell’intero blocco dei voti di Zemmour).

Il panorama delle elezioni francesi vede anche la definitiva evaporazione della sinistra moderata, guidata da un partito socialista la cui candidata, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, si ferma al 2%. Spicca invece il trionfo popolare di Jean-Luc Mélenchon, 70enne ex socialista ora candidato con la sinistra radicale di "France Insoumise", salito per la prima volta oltre il 20% piazzandosi al terzo posto. Male gli ecologisti, con Yannick Jadot sotto la soglia del 5% nel pieno di un'emergenza climatica che è stato uno dei temi più ignorati della campagna elettorale.

Le urne non premiano, a destra, il polemista di estrema destra Eric Zemmour. Se prima del voto era dato al 9,5%, riesce a racimolare uno scarso 7%. Ha pagato le sue affermazioni filo-russe delle ultime settimane, ma soprattutto ha perso la scommessa di soppiantare la presidente del Rassemblement National come guida dell'estrema destra. Le Pen ha preso il triplo dei suoi voti nonostante le fallimentari fughe di alcuni suoi dirigenti - fra questi la nipote Marion Maréchal - per raggiungere Reconquete!, il movimento di Zemmour. Gli altri risultati descrivono altre clamorose sconfitte, come quella di Valérie Pécresse, prima donna a candidarsi all'Eliseo per i Républicains neogollisti, che sprofonda dal 16-17% iniziale al 5%.

Marine Le Pen, 53 anni, è presidente del Rassemblement National dal 16 gennaio 2011 (Ansa)

I candidati e gli appelli al voto per il secondo turno

"Nulla è ancora deciso, quello che succederà nei prossimi quindici giorni è decisivo per la Francia e per l'Europa", dice Emmanuel Macron ai suoi. "Potete contare su di me", dice il presidente acclamato dai militanti alla Porte de Versailles di Parigi, lanciando un appello ai connazionali di ogni colore politico affinché sbarrino la strada all'estrema destra. Mélenchon ha raccolto subito l’invito: "Neppure un voto deve andare a Marine Le Pen!", ha gridato dal palco per quattro volte. Così come Hidalgo, che ha lanciato un appello "a votare contro l'estrema destra di Marine Le Pen e per Emmanuel Macron". A favore del presidente uscente si è schierata anche Valérie Pécresse, ma il serbatoio neogollista ha subito una fuga del 15% dei voti, che rischiano di finire in parte a Le Pen. Atmosfera opposta in casa Zemmour, che ha invitato il suo 7% a votare per Le Pen.

Marine Le Pen può vincere?

Cinque anni dopo il suo secondo tentativo, dunque, con l’Europa travolta dall’invasione russa dell’Ucraina e al suo terzo tentativo per l’Eliseo, la 53enne leader dell’estrema destra transalpina punta al colpaccio, dopo aver strappato il 23% delle preferenze al primo turno. Mai aveva incassato tanti voti, con i sondaggi che annunciano un clamoroso testa a testa in vista del ballottaggio finale. 51% Macron, 49% LePen.

Ma il Rassemblement National può davvero puntare all’Eliseo? Nelle ultime settimane Marine ha portato avanti una campagna elettorale più edulcorata e meno aggressiva del solito, quasi intimista si potrebbe dire, facendo dimenticare ai francesi i mille complimenti rivolti negli anni a Vladimir Putin e ammorbidendo la propria immagine. Chiara l’intenzione: ripulire l’immagine di un partito di estrema destra che punta all’inimmaginabile jackpot, conquistando la presidenza di Francia. Le idee di Marine sono ampiamente conosciute, cavalcando perfettamente la visione della destra internazionale, sovranista, estremista e populista, che tanto piace in Itaia a Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Sébastien Chenu, 48 anni, ha fondato l'associazione di omosessuali di centrodestra GayLib. Una volta approdato nel Rassemblement National, Chenu ha rinnegato l’attivismo LGBTQ+

Perché Marine Le Pen piace ad alcuni membri della comunità Lgbt

Sul fronte dei diritti LGBTQ+, Marine le Pen si è opposta alla legge del 2013 che ha esteso il matrimonio alle coppie di persone dello stesso sesso, promettendo di cambiarla nel caso in cui dovesse approdare all’Eliseo. Eppure, la leader del Rassemblement National piace e non poco a molti francesi LGBTQ+. Anche se, per dire, sul tema ‘gestazione per altri’, Marine ha espresso netta contrarietà su qualsiasi ipotesi di approvazione da parte del governo francese: “È una deriva mortale per la nostra società, l’essere umano non è oggetto di consumo”.

Due ex mariti alle spalle e tre figli, perché la 'famiglia tradizionale' è sacra, Le Pen all’Eliseo potrebbe spaccare in due l’Europa, con Putin ad augurarsi un suo trionfo. Dovesse vincere, la candidata del Rassemblement National ha annunciato l’addio alla Nato della Francia.

Ma cosa potrebbero fare per i diritti LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali) i due candidati? La leader del Front National (Fronte nazionale; FN) non parla quasi mai dei diritti delle persone LGBTQI e questo silenzio è interpretato da molti come mancanza di omofobia o persino come una posizione gay-friendly. Il suo programma, in particolare al punto 87, è però molto chiaro ed esplicito: abrogare i matrimoni tra persone dello stesso sesso e rimpiazzarli con unioni civili senza diritto di adozione, mantenere il divieto per la gestazione per altri, riservare la procreazione medicalmente assistita alle coppie eterosessuali sterili. Insomma, nel programma ufficiale del Front National, c’è l’eliminazione del “mariage pour tous” (il matrimonio gay, autorizzato sotto François Hollande), nel caso il partito di estrema destra andasse al potere: l’Fn vuole ritornare alla situazione precedente, in cui erano disponibili solo i Pacs, le unioni civili.

Inoltre, Marine Le Pen nasconde l’omofobia dell’estrema destra dietro il silenzio e dietro alcuni personaggi gay a cui ha affidato ruoli importanti nel partito. Per esempio Florian Philippot, il suo vice che ha subito un outing e sostiene che non è importante essere gay-friendly. O Sébastian Chenu, fondatore dell’associazione di omosessuali di centrodestra GayLib che, una volta approdato nell’FN, ha rinnegato l’attivismo LGBTQ+ e l’esistenza stessa di una comunità gay.

Ma al di là di quella che il patriarca Jean-Marie Le Pen in testa, che definiva l’omosessualità "un’anomalia biologica e sociale", che ha parlato della “lobby gay” dell’Fn, la Le Pen è riuscita a sfondare incredibilmente nell’elettorato Lgtb+.

Florian Philippot, 40 anni, ex esponente del Rassemblement National ha subito un outing

Macron dà per scontato il voto della comunità Lgbt

“È un po’ uomo e un po’ donna, come è di moda ora. Androgino”: così l’ex presidente Nicolas Sarkozy definì Emmanuel Macron su cui sono circolate voci che fosse omosessuale, nonostante sia sposato con una donna. Solo gossip, ovvio. Il candidato alla presidenza è accusato, oltre che di essere un infiltrato al servizio delle banche e degli Stati Uniti, di essere appoggiato anche dalla “ricchissima lobby gay”. Propaganda bieca. Il suo programma politico, però, resta fumoso: Macron promette grandi cambiamenti, ma non è sempre chiaro cosa voglia fare e quali alleati preferisca. Anche a proposito di diritti LGBTQ+ non si capisce bene cosa aspettarsi, a parte un netto rifiuto della legge sulla gestazione per altri e del fatto che, ovviamente, non intende toccare i Pacs.

Numeri alla mano, Macron sembrerebbe nettamente favorito. Il pallottoliere darebbe un 60% di consensi all’attuale presidente, con Marine appoggiata solamente da Zemmour e da Dupont-Aignan, che hanno conquistato il 9% dei voti al primo turno, arrivando al 35% del totale. Ma un ballottaggio è altra cosa, la rabbia dell’elettorato medio dopo 2 anni di Covid-19 e una guerra in corso con rialzo dei prezzi e una economia stagnante potrebbero incidere sorprendentemente sul risultato finale, anche perché chi non ha votato Macron al primo turno potrebbe semplicemente rimanere a casa. Il 24 aprile andrà in scena il secondo e forse definitivo scontro tra Emmanuel e Marine. Dopo le vittorie del serbo Vucic e dell’ungherese Orban, l’eventuale trionfo dell’ultradestra in Francia potrebbe essere il punto di non ritorno verso un’Europa mai più unita.

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