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Eutanasia rimandata a settembre, come lo Zan. Il testo base finalmente c’è, ma incombe il referendum

di ETTORE MARIA COLOMBO -
6 agosto 2021
eutanasia

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“Rimandato a settembre”, proprio come il ddl Zan, ma con qualche possibilità - dopo anni, anzi decenni - di vedere finalmente la luce, è ripresa, in Parlamento, la battaglia per l’eutanasia legale.

Finalmente adottato il testo base sul ‘fine vita’

Il 7 luglio scorso, nell’indifferenza generale dei media (a differenza dell’attenzione parossistica sul ddl Zan…) è stato adottato il ‘testo base’ della legge sul ‘fine vita’ da parte delle due commissioni congiunte, la II (Giustizia) e la XIII (Affari sociali) della Camera dei Deputati.  

L’ostruzionismo di centrodestra e Italia Viva

Un passaggio cruciale perché, senza ‘testo base’, una legge non procede, neppure in commissione, figurarsi se può, di conseguenza, andare in Aula. Però, lo stesso testo ha subito, in contemporanea, e proprio ieri, ultimo giorno di lavoro della Camera dei Deputati prima delle vacanze estive, un ulteriore stop. Infatti, il termine per gli emendamenti da proporre al testo è stato posticipato alla ripresa dei lavori post-ferie dei deputati. Quindi, se ne riparlerà dal 6 settembre, quando, una volta esaminati e votati, in commissione, gli emendamenti, il testo base sul ‘fine vita’ dovrà essere calendarizzato per l’Aula. “La colpa – spiega il deputato Riccardo Magi (+Europa), non nuovo a battaglie sui diritti civili (sua la proposta di legge sulla cannabis legale) – è del centrodestra, ma anche di Italia Viva, che, alla faccia del suo presunto ‘riformismo’, fa da mesi ostruzionismo all’approvazione della legge”. Magi, però, mette sotto accusa pure “le resistenze di una parte del Pd, quella cattolica, che di fatto non vuole una legge sull’eutanasia”. L'altro problema è, ovviamente, l'ostruzionismo che, di certo, il centrodestra metterà in campo, a partire da settembre, sia in commissione che in Aula, “per ordine di Salvini”, dicono le voci di Montecitorio e che rischia di impedire che il ddl diventi davvero legge. Come sul ddl Zan, i trucchi regolamentari, sugli emendamenti e sugli articoli, prima in commissione e poi in Aula, da mettere in campo, se si vuole, ce ne sono a iosa.  

Trizzino, relatore del testo,  ‘dimissionato’…

I relatori del testo base – approvato con i voti della vecchia maggioranza giallorossa (M5s-Pd-LeU-Iv, più gran parte del gruppo Misto) mentre il centrodestra (Lega-FI-FdI-altri del Misto) ha votato contro – erano stati, fino a ieri, due: il deputato dem, Alfredo Bazoli (il quale, a sua volta, aveva sostituito il primo relatore, il leghista Roberto Turri), molto tiepido e circospetto su una legge ‘urticante’ per un cattolico come lui, e Giorgio Trizzino, ex deputato del M5s, a marzo passato al Misto, che, a “Luce”, spiega il motivo delle sue dimissioni da relatore: “In realtà, non mi sono dimesso mea sponte, sono stato ‘dimissionato’ dal presidente della commissione Giustizia (il pentastellato Mario Perantoni ndr) per una motivazione assai opinabile: uscito dal Movimento, non garantivo più l’M5s. Per questo provvedimento, però, mi batto da anni, ho mediato con tutte le forze politiche, anche quelle di centrodestra, che vi si oppongono, e dopo due anni e mezzo di duro lavoro, abbiamo scritto, con Bazoli, un testo equilibrato che consente la morte volontaria assistita, anche se non direttamente il suicidio assistito, e che risparmia il viaggio in Svizzera a chi desideri morire come meglio crede. In buona sostanza, penso che una legge non perfetta sia meglio che non avere nessuna legge”...    Il dem Bazoli: "Rispettati gli indirizzi della Corte Costituzionale"    Ma, come si diceva, c'è anche l'altro relatore del testo base, Alfredo Bazoli, capogruppo dem in commissione Giustizia, il quale dichiara: “Il testo base approvato si limita a riprendere le condizioni e i limiti per l’accesso al suicidio assistito che la Corte costituzionale ha individuato nella sua sentenza del 2019 (quella sul “dj Fabo” o “caso Cappato”, stabilendo che, a determinate condizioni, non è punibile una forma di eutanasia definita assistenza al suicidio, ndr.), invitando il legislatore a intervenire con sollecitudine per approvare una disciplina compiuta. Ci arriviamo dopo un lunghissimo percorso istruttorio compiuto in commissione, iniziato oltre tre anni fa, che ci ha consentito di avere un'enorme mole di informazioni, proposte e suggerimenti. Il voto di oggi (del 6 luglio, ndr) rappresenta un punto di partenza e non pregiudica ulteriori interventi di modifica, miglioramento e affinamento del testo in sede di valutazione degli emendamenti, nell’auspicio di poter trovare, come sempre abbiamo dichiarato, la più larga condivisione in commissione e poi in aula”.  

La lunga ‘inerzia’ del Parlamento

L’iter per una legge sul fine vita, dunque, è stato lungo e tormentato e si trascina da anni, anzi da decenni, in pratica di legislatura in legislatura. Nei mesi precedenti la sentenza, il Parlamento aveva provato più volte ad approvare una legge sull’eutanasia, incoraggiata anche da un’altra sentenza della Corte Costituzionale del 2018, ma senza trovare un possibile compromesso. In pratica, in ben due legislature (la XVII e, finora, la XVIII), il Parlamento non ha prodotto nulla, in materia, nonostante la poderosa raccolta di firme (70 mila) per una legge di iniziativa popolare e, ora, un referendum che incombe, sulla materia.  

Filomena Gallo e Marco Cappato con Mina Welby

L’associazione Luca Coscioni: "Doppia carenza"

L’Associazione “Luca Coscioni”, che si occupa da molti anni dei diritti dei malati che chiedono l’eutanasia, teme però che la proposta di legge della Camera sia troppo circoscritta e limitativa. Sia la presidente, Filomena Gallo, che il tesoriere, il radicale Marco Cappato, hanno criticato il testo della Camera perché esclude di fatto i malati di tumore, che molto spesso non sono sottoposti a trattamenti di sostegno vitale e non prevede la “eutanasia attiva” (quando è il medico a somministrare il farmaco mortale).  

La proposta di referendum

La proposta dell’Associazione prevede, invece, un referendum abrogativo di una parte dell’articolo 579 del codice penale, quello che punisce l’assistenza al suicidio: in questo modo sarebbe permessa l’eutanasia attiva oltre a una forma molto più ampia di suicidio assistito. La raccolta di firme avrà tempo fino al 30 settembre per ottenerne 500 mila da presentare in Corte di Cassazione: nel caso riuscisse (al 5 agosto ne sono state raccolte già 320 mila) e se la Corte Costituzionale riterrà legittimo il quesito, il voto si terrà non prima della primavera 2022. La domanda, dunque, a oggi, è solo una: arriverà prima il Parlamento ‘lumaca’ o il referendum?