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Giovani al voto: tra prime volte e indecisi alle prossime elezioni occhi puntati sui diciottenni

Sono tanti (4 milioni) e ci sono i neo maggiorenni che votano da questa tornata elettorale sia alla Camera che al Senato. Il cambiamento legislativo basterà a garantire maggior governbilità?

di ETTORE MARIA COLOMBO -
2 settembre 2022
giovani elettori

giovani elettori

Secondo l'Istituto "Carlo Cattaneo" di Bologna l'incertezza del voto delle prossime elezioni politiche riguarda innanzi tutto chi per la prima volta si reca alle urne, poi i giovani e quindi gli astenuti che decidono di rinsavire. Neppure il 5% di chi vota da molti anni, infatti, cambia, di solito, partito e schieramento. Può tradire il suo partito ma rimanere comunque all'interno dell'alleanza per cui è solito votare. Quindi, a modificare gli equilibri politici sono stati in passato, più che le elezioni, i cambiamenti avvenuti dopo, come la nascita di nuovi partiti.

Un voto giovanile assai difficile da prevedere

Questa volta, però, il voto dei giovani, non legato ad alcun retaggio comportamentale o ideologico, è assai arduo da prevedere. C'è anche da considerare che per la prima volta i diciottenni voteranno per il Senato. I giovani sono una quota considerevole di quel 35% di indecisi che registrano i sondaggi e che potrebbero se non ribaltare l'esito, certamente modificare le percentuali e quindi i rapporti di forza tra i partiti. Ma la difficoltà nell'interpretare le loro intenzioni di voto è grande. C'è da aggiungere che finora in questa campagna elettorale non è emerso un particolare interesse verso le nuove generazioni. Una sottovalutazione di cui i partiti potrebbero amaramente pentirsi.
Elezioni giovani voto

Sono quasi 4 milioni i neo diciottenni che il 25 settembre potranno votare per la prima volta sia per la Camera che per il Senato

La Generazione Z: un bacino potenziale di 6 milioni di elettori, 3,8 milioni solo al Senato…

Va anche detto, però, che si dice ancora indeciso il 35,4% degli elettori intervistati. Chi non sa ancora se andrà alle urne il 25 settembre è il 23,8% degli indecisi, chi non sa quale forza politica votare costituisce invece il 76,2% degli indecisi. Gli elettori tra i 18 e 26 anni sono 9,9 milioni, 3,8 milioni coloro che votano per la prima volta al Senato (in totale gli aventi diritti al voto sono poco più di 51 milioni, in leggero calo rispetto al 2018, le donne sono 1,5 milioni più dei maschi). E, guarda caso, gli indecisi sono soprattutto quelli compresi nella fascia d’età tra 18 e 25 anni, la – ormai famosa e stracitata – Generazione Z. Stiamo parlando del 13% del corpo elettorale, di cui ben l’8% alla prima volta per Palazzo Madama, dopo una riforma costituzionale approvata grazie al solito "pacchetto di mischia" di deputati che si occupano, da sempre, del ramo suddetto (riforme), cioè Federico Fornaro (LeU), relatore della proposta, Stefano Ceccanti (Pd) e pochi altri che hanno permesso la bella innovazione.

Il primissimo voto dei veri diciottenni e quello dei fuorisede

I debuttanti alle elezioni politiche sono poco meno di 3 milioni, il 5,7%. La repentina ‘chiamata’ alle urne è stata per tutti motivo di sconcerto, ma per loro di più perché le prime volte richiedono consapevolezza e cura. Problema nel problema, c’è pure il tema del voto di studenti e/o lavoratori fuorisede. Un grido di allarme è stato lanciato soprattutto da alcuni piccoli partiti, da +Europa della Bonino, che va sempre molto forte nel voto giovanile, ma anche da formazioni anti-sistema come Italexit o come le varie UP, ISP e altre ancora. Sono, infatti, quasi 5 milioni i cittadini italiani elettori – i quali, però, non sono tutti giovani – che, per poter esprimere il proprio voto, non potranno recarsi nei seggi del luogo di vita, per ragioni di studio (Università, Erasmus, stage, etc.) o lavoro (all’estero, per lo più, ma pure lavoratori full time lontani dalla residenza) e che, per votare, dovranno rientrare nel luogo dove, invece, hanno deciso di tenere la residenza. Solo gli studenti fuorisede sono circa 2 milioni. Detto che, ovviamente, non è affatto questo il caso degli italiani all’estero, che sono iscritti negli elenchi dell’Aire e che votano (per corrispondenza o recandosi ai seggi nelle ambasciate e consolati) nelle loro circoscrizioni di appartenenza (sono 5, il metodo di elezione è un proporzionale puro, eleggono 12 deputati e 6 senatori, decurtati anche loro, dal 2018, dal taglio dei parlamentari), va anche detto, però, che su questo punto si fa notevole demagogia. Infatti, se è vero che la legge prevede pochissime deroghe per il voto a domicilio e non nel luogo di residenza (militari, forze dell’ordine, carcerati, ammalati in ospedali, preti e suore di ordini vari), è anche vero che, per chi deve tornare a votare, sono previste, da sempre, una lunga serie di agevolazioni da usare su treni, navi, aerei.

Con la legge costituzionale 1/2021 è stato tagliato il numero dei parlamentari e modificato l'art. 58 in materia di elettorato attivo

La volontà del legislatore per il cambiamento

Dunque, nella tornata elettorale delle elezioni 2022, previste per il 25 settembre, per la prima volta milioni di giovani maggiorenni voteranno anche per il Senato. Ma qual è il principio dietro a questo cambiamento? Di certo, sarà una grande opportunità, volendo, per far contare il loro voto. Insieme alla riduzione dei parlamentari, che da 945 sono scesi a 600, un’altra novità da non sottovalutare in campagna elettorale è quella della parificazione delle fasce di età degli elettorati di entrambe le Camere. Saranno tanti i diciottenni a cui verrà consegnata, oltre a quella della Camera dei Deputati, anche la scheda elettorale del Senato della Repubblica. Si tratta di circa quattro milioni di giovani, oltre l'8% della totalità dell’elettorato previsto. Con la legge n. 1 del 18 ottobre 2021 il legislatore ha modificato l'articolo 58 della Costituzione, cancellando il limite dei 25 anni di età previsti in precedenza, il cosiddetto elettorato attivo. Invece, l’elettorato passivo, cioè l’obbligo di avere 25 anni per essere eletti alla Camera e 40 al Senato è rimasto intatto. La motivazione di fondo dietro la scelta sta nell’esigenza di maggiore governabilità degli iter legislativi, tramite l’ammorbidimento del ruolo di Palazzo Madama come Camera Alta di ripensamento, controllo e garanzia sull’attività legislativa. La diversità degli elettorati tra le due Aule del Parlamento contribuiva a produrre una disomogeneità nella composizione delle maggioranze, che ha spesso cestinato disegni di legge e mandato in crisi importanti governi.