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Home » Politica » Iran, nei primi sei mesi dell’anno oltre 250 persone condannate a morte

Iran, nei primi sei mesi dell’anno oltre 250 persone condannate a morte

I prigionieri erano colpevoli (alcuni dopo processi farsa e confessioni estorte con la tortura) di reati di omicidio, ma anche droga, rapina, offese al profeta dell'Islam e omosessulità

Domenico Guarino
8 Agosto 2022
Iran pena di morte protesta

Pena di morte in Iran: la denuncia di Amnesty

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Dodici prigionieri messi a morte il 15 giugno nel carcere di Raja’i Shahr, situato nella provincia di Alborz. Il 6 giugno stessa sorte era toccato ad un’altra dozzina di persone, nella prigione di Zahedan, situata nella provincia del Sistan e Balucistan. Prima ancora, il 14 maggio, erano stati messi a morte nove prigionieri in quattro diverse carceri iraniane: ancora Zahedan, Vakilabad (provincia del Khorasan-e Razavi), Adelabad (provincia di Fars) e Dastgerd (provincia di Esfahan). E si tratta solo dei casi più recenti. In Iran, nei primi sei mesi del 2022, sono state condannate alla pena capitale almeno 251 persone, praticamente più di una al giorno. La denuncia è del Centro Abdorrahman Boroumand per i diritti umani e Amnesty International. Solo nel carcere di Raja’i Shahr, che ha uno dei bracci della morte più ampi dell’Iran, sarebbero state messe a morte una media di cinque prigionieri alla settimana, a volte il doppio.

I reati puniti con la pena di morte

Iran pena di morte
In Iran almeno 251 persone sono state condannate a morte nei primi sei mesi del 2022

Per la maggior parte (146) si tratta di esecuzioni ai danni di persone che si sarebbero rese colpevoli del reato di omicidio. Condizionale quanto mai d’obbligo, visto che, come già documentato in passato dalle associazioni, il rischio è che le condanne a morte siano state eseguite al termine di processi gravemente irregolari, in cui vengono di norma utilizzate come prove “confessioni” estorte con la tortura. Tanto che, secondo il Relatore speciale delle Nazioni Unite sull’Iran, “nella maggior parte dei casi, se non in tutti i casi, di esecuzione siamo di fronte a una privazione arbitraria della vita”. Almeno 86 prigionieri sono stati impiccati per reati di droga per i quali, secondo il diritto internazionale, non dovrebbe essere comminata la sentenza capitale. Ma la pena di morte viene inflitta anche per reati come la rapina, l’offesa al profeta dell’Islam, reati di natura finanziaria, stupri. Ma anche atti protetti dal diritto internazionale, come le relazioni omosessuali tra persone adulte e consenzienti, le relazioni extraconiugali e i discorsi ritenuti “offensivi nei confronti del profeta dell’Islam”, così come reati descritti in modo del tutto vago come quello di “inimicizia contro Dio” e “diffusione della corruzione sulla terra”, possono a loro volta essere puniti con la pena capitale. Almeno 65 delle persone messe a morte dall’inizio del 2022, ovvero il 26%, appartenevano in particolare alla minoranza emarginata dei beluci, che rappresenta il 5% della popolazione dell’Iran. Una popolazione montanara, prevalentemente musulmana, ma in gran parte composta da sunniti hanafiti, condizione che distingue dal resto degli iraniani che, come è noto, sono prevalentemente sciiti. Con il sospetto dunque che si tratti di una vera e propria persecuzione etnica.

La denuncia: “Macchina di morte dello Stato”

I dati raccolti dal Centro Abdorrahman Boroumand e da Amnesty International sono stati tratti da varie fonti: prigionieri, familiari di persone messe a morte, difensori dei diritti umani, giornalisti, organizzazioni umanitarie, resoconti degli organi di stampa di Stato e di quelli indipendenti. Siamo di fronte ad una “macchina di morte dello Stato, che mette in atto un abominevole assalto al diritto alla vita. Si rischia di tornare al 2015, quando vi fu un’altra scioccante ondata di esecuzioni” ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord. “Questa nuova crescita delle esecuzioni, comprese quelle in pubblico – ha aggiunto Roya Boroumand, direttrice generale del Centro Abdorrahman Boroumand, un’organizzazione iraniana per i diritti umani – mostra ancora una volta quanto l’Iran non stia al passo col resto del mondo, dove 144 stati hanno abolito, nelle leggi o nella prassi, la pena di morte. Chiediamo all’Iran di istituire immediatamente una moratoria sulle esecuzioni in vista della completa abolizione della pena capitale”. Da notare infine che l’aumento è iniziato nel settembre 2021 quando il capo del potere giudiziario, Ebrahim Raisi, è salito alla carica di presidente della Repubblica e il leader supremo ha nominato al suo posto un ex ministro dell’Intelligence, Gholamhossein Mohseni. Nel 2022 sono anche riprese le esecuzioni in pubblico: almeno una, ma altri due prigionieri nelle province di Esfahan e del Lorestan sono stati condannati a essere messi a morte in pubblico. Nel 2020 c’era stata un’esecuzione in pubblico, nel 2019 e nel 2018 erano state 13.

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«Ho ricevuto un messaggio dalla scuola... hanno messo tutti i bambini in classe perché c’era dell’attività della polizia e il mio cuore è esploso di paura. Per fortuna non è successo niente perciò sto tornando a casa. Però l’idea che mia figlia di 7 anni, suona l’allarme a scuola e deve di corsa andare in classe e chiudersi a chiave... è assurdo.»

Dopo la preoccupazione, ha postato una nuova storia in cui ha rassicurato tutti, annunciando la buona riuscita dell’operazione.

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Dodici prigionieri messi a morte il 15 giugno nel carcere di Raja’i Shahr, situato nella provincia di Alborz. Il 6 giugno stessa sorte era toccato ad un'altra dozzina di persone, nella prigione di Zahedan, situata nella provincia del Sistan e Balucistan. Prima ancora, il 14 maggio, erano stati messi a morte nove prigionieri in quattro diverse carceri iraniane: ancora Zahedan, Vakilabad (provincia del Khorasan-e Razavi), Adelabad (provincia di Fars) e Dastgerd (provincia di Esfahan). E si tratta solo dei casi più recenti. In Iran, nei primi sei mesi del 2022, sono state condannate alla pena capitale almeno 251 persone, praticamente più di una al giorno. La denuncia è del Centro Abdorrahman Boroumand per i diritti umani e Amnesty International. Solo nel carcere di Raja’i Shahr, che ha uno dei bracci della morte più ampi dell’Iran, sarebbero state messe a morte una media di cinque prigionieri alla settimana, a volte il doppio.

I reati puniti con la pena di morte

Iran pena di morte
In Iran almeno 251 persone sono state condannate a morte nei primi sei mesi del 2022
Per la maggior parte (146) si tratta di esecuzioni ai danni di persone che si sarebbero rese colpevoli del reato di omicidio. Condizionale quanto mai d’obbligo, visto che, come già documentato in passato dalle associazioni, il rischio è che le condanne a morte siano state eseguite al termine di processi gravemente irregolari, in cui vengono di norma utilizzate come prove "confessioni" estorte con la tortura. Tanto che, secondo il Relatore speciale delle Nazioni Unite sull’Iran, "nella maggior parte dei casi, se non in tutti i casi, di esecuzione siamo di fronte a una privazione arbitraria della vita". Almeno 86 prigionieri sono stati impiccati per reati di droga per i quali, secondo il diritto internazionale, non dovrebbe essere comminata la sentenza capitale. Ma la pena di morte viene inflitta anche per reati come la rapina, l’offesa al profeta dell'Islam, reati di natura finanziaria, stupri. Ma anche atti protetti dal diritto internazionale, come le relazioni omosessuali tra persone adulte e consenzienti, le relazioni extraconiugali e i discorsi ritenuti "offensivi nei confronti del profeta dell’Islam", così come reati descritti in modo del tutto vago come quello di "inimicizia contro Dio" e "diffusione della corruzione sulla terra", possono a loro volta essere puniti con la pena capitale. Almeno 65 delle persone messe a morte dall’inizio del 2022, ovvero il 26%, appartenevano in particolare alla minoranza emarginata dei beluci, che rappresenta il 5% della popolazione dell’Iran. Una popolazione montanara, prevalentemente musulmana, ma in gran parte composta da sunniti hanafiti, condizione che distingue dal resto degli iraniani che, come è noto, sono prevalentemente sciiti. Con il sospetto dunque che si tratti di una vera e propria persecuzione etnica.

La denuncia: "Macchina di morte dello Stato"

I dati raccolti dal Centro Abdorrahman Boroumand e da Amnesty International sono stati tratti da varie fonti: prigionieri, familiari di persone messe a morte, difensori dei diritti umani, giornalisti, organizzazioni umanitarie, resoconti degli organi di stampa di Stato e di quelli indipendenti. Siamo di fronte ad una "macchina di morte dello Stato, che mette in atto un abominevole assalto al diritto alla vita. Si rischia di tornare al 2015, quando vi fu un’altra scioccante ondata di esecuzioni" ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord. "Questa nuova crescita delle esecuzioni, comprese quelle in pubblico - ha aggiunto Roya Boroumand, direttrice generale del Centro Abdorrahman Boroumand, un’organizzazione iraniana per i diritti umani - mostra ancora una volta quanto l’Iran non stia al passo col resto del mondo, dove 144 stati hanno abolito, nelle leggi o nella prassi, la pena di morte. Chiediamo all’Iran di istituire immediatamente una moratoria sulle esecuzioni in vista della completa abolizione della pena capitale". Da notare infine che l’aumento è iniziato nel settembre 2021 quando il capo del potere giudiziario, Ebrahim Raisi, è salito alla carica di presidente della Repubblica e il leader supremo ha nominato al suo posto un ex ministro dell’Intelligence, Gholamhossein Mohseni. Nel 2022 sono anche riprese le esecuzioni in pubblico: almeno una, ma altri due prigionieri nelle province di Esfahan e del Lorestan sono stati condannati a essere messi a morte in pubblico. Nel 2020 c’era stata un’esecuzione in pubblico, nel 2019 e nel 2018 erano state 13.
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