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Home » Politica » La Florida revoca alla Disney lo status fiscale speciale. Lo scontro sulla legge “Don’t say gay”

La Florida revoca alla Disney lo status fiscale speciale. Lo scontro sulla legge “Don’t say gay”

Si chiama Reedy Creek Improvement District ed è un regime di autogoverno che la company ha ottenuto dallo stato della Florida nel 1967. Ora il governatore repubblicano DeSantis sta per abolirlo, come rappresaglia contro l'opposizione della major alla legge sui "sui diritti dei genitori nell'educazione"

Marianna Grazi
22 Aprile 2022
Florida DeSantis vs Disney

Florida: un mese fa lo scontro tra il governatore DeSantis contro la Disney

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In Florida, dove sorge il più grande complesso di parchi a tema del mondo e quello di gran lunga di maggior successo, la Walt Disney Company era abituata a fare e ottenere tutto ciò che voleva. D’ora in poi non sarà più così. A mettersi di mezzo è il governo federale guidato dal repubblicano Ron DeSantis, che non ha preso –diciamo– bene la scelta della major di mettere in pausa le donazioni politiche nello Stato e di condannare apertamente la nuova legge sull’istruzione che gli oppositori chiamano “Don’t Say Gay“. L’era in cui il principale datore di lavoro privato della Florida poteva agire nella quasi totale libertà è finita giovedì, quando la Camera dei rappresentanti ha votato per revocare a Disney World lo status di distretto fiscale speciale, un privilegio che la company ha mantenuto per 55 anni, in modo da autogovernare il suo complesso di parco a tema.

Lo status speciale

Disney Dreamers Academy
Topolino saluta i fan durante una parata al Walt Disney World Resort a Lake Buena Vista, Florida

Giovedì 21 aprile i legislatori della Florida hanno votato per togliere alla Walt Disney il suo speciale status di autogoverno chiamato Reedy Creek Improvement District. Il Senato aveva già dato il via libera il giorno precedente alla decisione. Questa designazione dava all’azienda il potere di imporre tasse, costruire strade e controllare i servizi pubblici sulle terre dei suoi parchi tematici. Lo suo status speciale aveva effettivamente permesso al colosso dell’intrattenimento di operare come un governo municipale autonomi, con un proprio consiglio di supervisori e vigili del fuoco, e per assurdo dava anche il potere alla Disney di costruire il proprio aeroporto, o una centrale nucleare, se lo desiderava. Ovviamente questa libertà d’azione si ritiene che abbia permesso alla major di risparmiare decine di milioni di dollari di tasse e imposte, ed è infatti questo uno dei principali motivi per cui la compagnia aveva scelto di costruire i suoi parchi a tema proprio in Florida, dove è diventata il più grande datore di lavoro privato dello Stato, con circa 80.000 dipendenti.

La ritorsione di DeSantis

Dipendenti disney contro la legge della Florida
Dipendenti Disney contro la legge della Florida chiamata dai critici “Don’t say gay”

La mossa dei repubblicani che va a smantellare il Reedy Creek è stata vista come una rappresaglia per l’opposizione della Disney  alla legge che gli oppositori chiamano “Don’t Say Gay” e dopo che l’azienda ha sospeso le donazioni politiche nello Stato proprio dopo l’approvazione, il mese scorso, della nuova misura. La legge, nota come “Parental Rights in Education“, tra le altre cose proibisce di discutere dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere fino alla terza elementare nelle classi della Florida e limita questa possibilità anche per gli studenti più grandi. Il governatore Ron DeSantis aveva infatti dichiarato qualche giorno fa che avrebbe firmato la nuova disposizione e dopo il voto del Sanato e della Camera il distretto speciale della Disney sarà sciolto il 1° giugno 2023.

La legge Don’t say gay

Formalmente intitolata “legge sui diritti dei genitori nell’educazione“, la norma che il repubblicano DeSantis ha firmato il 28 marzo scorso, e che entrerà in vigore a partire dal 1° luglio, proibisce qualsiasi istruzione sull’orientamento sessuale o l’identità di genere tra la scuola materna e la terza elementare – quando gli studenti hanno all’incirca tra i 5 e i 9 anni. Inoltre chiede anche ai distretti scolastici di evitare di inserire nei programmi argomenti Lgbt “quando non sono adatti all’età o allo sviluppo degli studenti”. La legislazione si estende anche ai servizi di supporto agli alunni, compresa la consulenza, e soprattutto incarica i genitori di fare causa direttamente alle scuole se ritengono che un educatore abbia violato la legge.

Il murale Lgbt friendly della Disney in Florida
Il murale Lgbt friendly della Disney in Florida: le mani di Topolino formano un cuore arcobaleno

I critici sostengono che la legge isolerà e stigmatizzerà i giovani Lgbt, mentre i suoi sostenitori affermano che invece vada a proteggere i bambini da quei contenuti ritenuti inappropriati per la loro età. La Disney inizialmente era rimasta in silenzio sulla questione, ma ha poi scelto di schierarsi in opposizione a questa politica a causa anche delle pressioni dei dipendenti. Dopo che la proposta è diventata una legge a tutti gli effetti, la company ha promesso di fare pressione per la sua abrogazione in tribunale e combattere disegni di legge simili in tutti gli Stati Uniti.
In risposta alle ‘minacce’, il governatore DeSantis ha detto che la società, che ha fatto della Florida la sua patria, aveva “superato il limite”. Inoltre all’inizio di questo mese, i legislatori repubblicani nel Congresso degli Stati Uniti hanno dichiarato che si sarebbero opposti al rinnovo, nel 2024, dei diritti d’autore dell’azienda su Topolino a causa della sua”agenda politica e sessuale”.

Insomma nella partita sui diritti che si gioca in Florida tra il governo statale e il colosso dell’intrattenimento è stata avanzata una controffensiva repubblicana. Ora non resta che aspettare la prossima mossa della Disney.

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  • Il suo desiderio, più che legittimo, è semplicemente quello di partecipare al Jova Beach party di Viareggio, a settembre, insieme ai suoi amici. Eppure Enrico, classe 1965, padre di due meravigliosi figli adottivi e costretto su una sedia a rotelle dal 1988, non è riuscito a fare quello che tutto il resto della sua comitiva ha fatto con pochi semplici click sul sito di Ticketone: acquistare il suo biglietto. 

“Per noi disabili cose come questa sarebbero troppo semplici. Forse non tutti sanno che la realtà è che, se una persona nelle mie condizioni desidera partecipare a un qualsiasi evento, solitamente gli viene richiesto di individuare per conto proprio gli organizzatori, cercare sul rispettivo sito le indicazioni sulla modalità di richiesta dei biglietti (che variano da organizzatore ad organizzatore) e in fine allegare alla domanda di partecipazione il certificato di invalidità e un documento d’identità. Mai ci è permesso di usare le piattaforme online ad acquisto diretto come Ticketone.

Mi sono sentito ulteriormente discriminato: oltre ai miei limiti fisici mi sono dovuto scontrare con ulteriori ostacoli rappresentati da procedure imposte da persone che non hanno la minima idea di cosa significhi la parola ‘inclusione‘. E quello che più mi ha sorpreso è che questi limiti siano arrivati in abbinamento ad un evento di Jovanotti, che ritengo un paladino dell’inclusione. Mi chiedo se lui sia a conoscenza di tutto questo e cosa ne pensi in tal caso”.

Il racconto di Enrico nell’intervista a cura di Caterina Ceccuti ✍

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  • “Per cantare ho affrontato un lungo percorso di logopedia, ma voglio fare della musica un posto più inclusivo. 

Mi chiamo Francesco, in arte Brazzo, sono sordo e nella vita faccio rap”. In una frase, lo specchio di una vita in salita. La fatica di imparare a cantare senza poter ascoltare nulla se non “le vibrazioni delle casse”, gli anni della logopedia e la voglia di mettere in versi la realtà, le battaglie per il riconoscimento della propria comunità e la denuncia sociale.

Brazzo nasce a Taranto in una famiglia di sordi da tre generazioni e si trasferisce a Milano nel 2008.

“Già da bambino desideravo cantare solo che mi sentivo imbarazzato per il fatto che un sordo potesse cantare. Ho iniziato a parlare a cinque anni, all’inizio non parlavo molto bene e ho affrontato un lungo percorso di logopedia. Poi a trent’anni avevo questo desiderio lasciato nel cassetto e ho deciso di lanciarmi”.

Quando rappa – e rappa bene – lo fa anche attraverso la lingua dei segni. Nel 2020 ha partecipato a Italia
In Florida, dove sorge il più grande complesso di parchi a tema del mondo e quello di gran lunga di maggior successo, la Walt Disney Company era abituata a fare e ottenere tutto ciò che voleva. D'ora in poi non sarà più così. A mettersi di mezzo è il governo federale guidato dal repubblicano Ron DeSantis, che non ha preso –diciamo– bene la scelta della major di mettere in pausa le donazioni politiche nello Stato e di condannare apertamente la nuova legge sull'istruzione che gli oppositori chiamano "Don't Say Gay". L'era in cui il principale datore di lavoro privato della Florida poteva agire nella quasi totale libertà è finita giovedì, quando la Camera dei rappresentanti ha votato per revocare a Disney World lo status di distretto fiscale speciale, un privilegio che la company ha mantenuto per 55 anni, in modo da autogovernare il suo complesso di parco a tema.

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Giovedì 21 aprile i legislatori della Florida hanno votato per togliere alla Walt Disney il suo speciale status di autogoverno chiamato Reedy Creek Improvement District. Il Senato aveva già dato il via libera il giorno precedente alla decisione. Questa designazione dava all'azienda il potere di imporre tasse, costruire strade e controllare i servizi pubblici sulle terre dei suoi parchi tematici. Lo suo status speciale aveva effettivamente permesso al colosso dell'intrattenimento di operare come un governo municipale autonomi, con un proprio consiglio di supervisori e vigili del fuoco, e per assurdo dava anche il potere alla Disney di costruire il proprio aeroporto, o una centrale nucleare, se lo desiderava. Ovviamente questa libertà d'azione si ritiene che abbia permesso alla major di risparmiare decine di milioni di dollari di tasse e imposte, ed è infatti questo uno dei principali motivi per cui la compagnia aveva scelto di costruire i suoi parchi a tema proprio in Florida, dove è diventata il più grande datore di lavoro privato dello Stato, con circa 80.000 dipendenti.

La ritorsione di DeSantis

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La legge Don't say gay

Formalmente intitolata "legge sui diritti dei genitori nell'educazione", la norma che il repubblicano DeSantis ha firmato il 28 marzo scorso, e che entrerà in vigore a partire dal 1° luglio, proibisce qualsiasi istruzione sull'orientamento sessuale o l'identità di genere tra la scuola materna e la terza elementare - quando gli studenti hanno all'incirca tra i 5 e i 9 anni. Inoltre chiede anche ai distretti scolastici di evitare di inserire nei programmi argomenti Lgbt "quando non sono adatti all'età o allo sviluppo degli studenti". La legislazione si estende anche ai servizi di supporto agli alunni, compresa la consulenza, e soprattutto incarica i genitori di fare causa direttamente alle scuole se ritengono che un educatore abbia violato la legge.
Il murale Lgbt friendly della Disney in Florida
Il murale Lgbt friendly della Disney in Florida: le mani di Topolino formano un cuore arcobaleno
I critici sostengono che la legge isolerà e stigmatizzerà i giovani Lgbt, mentre i suoi sostenitori affermano che invece vada a proteggere i bambini da quei contenuti ritenuti inappropriati per la loro età. La Disney inizialmente era rimasta in silenzio sulla questione, ma ha poi scelto di schierarsi in opposizione a questa politica a causa anche delle pressioni dei dipendenti. Dopo che la proposta è diventata una legge a tutti gli effetti, la company ha promesso di fare pressione per la sua abrogazione in tribunale e combattere disegni di legge simili in tutti gli Stati Uniti. In risposta alle 'minacce', il governatore DeSantis ha detto che la società, che ha fatto della Florida la sua patria, aveva "superato il limite". Inoltre all'inizio di questo mese, i legislatori repubblicani nel Congresso degli Stati Uniti hanno dichiarato che si sarebbero opposti al rinnovo, nel 2024, dei diritti d'autore dell'azienda su Topolino a causa della sua"agenda politica e sessuale". Insomma nella partita sui diritti che si gioca in Florida tra il governo statale e il colosso dell'intrattenimento è stata avanzata una controffensiva repubblicana. Ora non resta che aspettare la prossima mossa della Disney.
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