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Home » Politica » Liliana Segre sul prossimo Capo dello Stato: “Dovrà promuovere memoria e valori antifascisti”

Liliana Segre sul prossimo Capo dello Stato: “Dovrà promuovere memoria e valori antifascisti”

La senatrice a vita e sopravvissuta alla deportazione a Auschwitz, in un'intervista a La Stampa alla vigilia della Giornata della Memoria, ricorda la pagina più buia della storia dell'umanità: "Abbiamo il dovere di denunciare e ricordare"

Marianna Grazi
26 Gennaio 2022
Segre-Mattarella

la senatrice a vita Liliana Segre e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

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Non è mai mancata, in questi primi giorni di voto. Fare la sua parte nell’elezione del prossimo Capo dello Stato è, per Liliana Segre, un dovere morale fortemente sentito. La senatrice a vita, 91 anni, in una lunga intervista al quotidiano La Stampa, specifica però che “Naturalmente non intervengo nella discussione sui nomi, anche se come ovvio farò il mio dovere di ‘grande elettrice’, secondo quanto la mia coscienza mi detterà”.

Liliana Segre, 91 anni, è una senatrice a vita della Repubblica Italiana

La coscienza di una donna, di una cittadina italiana che ha sempre avuto a cuore le sorti del suo Paese e che non ha mai nascosto quali siano i valori che ritiene indispensabili per il bene comune di tutta la cittadinanza. Alla vigilia della Giornata della Memoria, che si celebra ogni anno il 27 gennaio, la Segre, sopravvissuta alla deportazione e all’olocausto, esprime però un desiderio sul futuro inquilino del Quirinale, ricordando il profondo legame, anche di amicizia, che la lega col presidente uscente Sergio Mattarella.

“Un auspicio di valore universale voglio però esprimerlo. Ricordo ancora che quando il Presidente Mattarella, a cui va la mia profonda gratitudine di cittadina prima ancora che di senatrice a vita, fu eletto alla più alta carica dello Stato, la prima cosa che fece fu recarsi alle Fosse Ardeatine a rendere omaggio alle vittime della barbarie nazifascista. Ecco – sottolinea Segre – mi auguro che il prossimo o la prossima Presidente saprà dimostrare analoga cura nel fare della memoria e dei valori antifascisti qualcosa che non ammuffisce nella ritualità delle varie celebrazioni ufficiali, ma forgia sempre più saldamente una autentica coscienza popolare nazionale“.

Il 15 aprile 2021 la 91enne è stata scelta come presidente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. Fenomeni che ha vissuto sulla propria pelle, ai tempi della deportazione ad Auschwitz, nel 1944 e ’45. Per questo, da anni, porta avanti un incessante attività di sensibilizzazione per far sì che la memoria di certe atrocità, di certi episodi storici così segnanti, venga preservata. Perché, dice a La Stampa: “Coltivare la memoria è un dovere di ogni società che voglia dirsi civile. Curare il senso della storia, situare il proprio essere in una prospettiva di lungo periodo che permetta di muoversi meglio nel presente, di vedere meglio i pericoli sulla scorta appunto dell’esperienza, questo il compito di tutti e di ciascuno”. “La memoria è una componente indispensabile di una personalità ricca, vigile, sensibile, democratica”, aggiunge.

Per Liliana Segre l’antifascismo e la memoria storica e culturale sono valori indispensabili per il prossimo o la prossima presidente della Repubblica

Cittadina attenta all’attualità politica e civile, Segre non manca di ricordare anche episodi recenti che invece vanno a negare questo senso della memoria, del ricordo come spunto per il miglioramento, come punto di partenza per costruire un mondo che sia più giusto, che non si basi più sulla discriminazione, sulla violenza e sull’odio. Episodi come quello del funerale con la bara coperta dalla bandiera nazista in pieno centro a Roma, o del bambino di 12 anni insultato e picchiato dalle compagne perché ebreo, richiamano ancora il passato, è vero, ma quello più buio, quello ostile, quello del fascismo, del nazismo, degli orrori compiuti a scapito di persone che avevano la sola colpa di essere nate.

Parlando della Shoah la senatrice sostiene che si tratti “della pagina più buia nella storia dell’umanità. Del tentativo inedito di pianificare e mettere in atto l’eliminazione di un’intera parte del genere umano, colpevole solo di esistere e di avere una sua specifica identità. Naturalmente la storia del mondo è piena di eccidi e di veri e propri genocidi, ma diverso è il caso di un lucido e ‘scientifico’ programma di sterminio, portato avanti con fanatica pervicacia e con metodo industriale, in un breve lasso di tempo”. E prosegue, in vista proprio della Giornata che ne commemora le vittime: “È possibile che questo spaventi, terrorizzi, che si preferisca minimizzare, nascondere, dimenticare. Ma proprio questo ci chiama al dovere di denunciare e ricordare“. “Il negazionismo – conclude Liliana Segre, condannando chi, alludendo a pseudo ricostruzioni storiche e culturali nega quanto la storia tramanda e quanto lei e migliaia di altre persone testimoniano anche solo con la loro stessa presenza – è la forma peggiore, perché intenzionale, strumentale e cinicamente perseguita, di quel processo di rimozione del Male Assoluto“.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Non è mai mancata, in questi primi giorni di voto. Fare la sua parte nell'elezione del prossimo Capo dello Stato è, per Liliana Segre, un dovere morale fortemente sentito. La senatrice a vita, 91 anni, in una lunga intervista al quotidiano La Stampa, specifica però che "Naturalmente non intervengo nella discussione sui nomi, anche se come ovvio farò il mio dovere di 'grande elettrice', secondo quanto la mia coscienza mi detterà".
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La coscienza di una donna, di una cittadina italiana che ha sempre avuto a cuore le sorti del suo Paese e che non ha mai nascosto quali siano i valori che ritiene indispensabili per il bene comune di tutta la cittadinanza. Alla vigilia della Giornata della Memoria, che si celebra ogni anno il 27 gennaio, la Segre, sopravvissuta alla deportazione e all'olocausto, esprime però un desiderio sul futuro inquilino del Quirinale, ricordando il profondo legame, anche di amicizia, che la lega col presidente uscente Sergio Mattarella. "Un auspicio di valore universale voglio però esprimerlo. Ricordo ancora che quando il Presidente Mattarella, a cui va la mia profonda gratitudine di cittadina prima ancora che di senatrice a vita, fu eletto alla più alta carica dello Stato, la prima cosa che fece fu recarsi alle Fosse Ardeatine a rendere omaggio alle vittime della barbarie nazifascista. Ecco – sottolinea Segre – mi auguro che il prossimo o la prossima Presidente saprà dimostrare analoga cura nel fare della memoria e dei valori antifascisti qualcosa che non ammuffisce nella ritualità delle varie celebrazioni ufficiali, ma forgia sempre più saldamente una autentica coscienza popolare nazionale". Il 15 aprile 2021 la 91enne è stata scelta come presidente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. Fenomeni che ha vissuto sulla propria pelle, ai tempi della deportazione ad Auschwitz, nel 1944 e '45. Per questo, da anni, porta avanti un incessante attività di sensibilizzazione per far sì che la memoria di certe atrocità, di certi episodi storici così segnanti, venga preservata. Perché, dice a La Stampa: "Coltivare la memoria è un dovere di ogni società che voglia dirsi civile. Curare il senso della storia, situare il proprio essere in una prospettiva di lungo periodo che permetta di muoversi meglio nel presente, di vedere meglio i pericoli sulla scorta appunto dell'esperienza, questo il compito di tutti e di ciascuno". "La memoria è una componente indispensabile di una personalità ricca, vigile, sensibile, democratica", aggiunge.
Per Liliana Segre l'antifascismo e la memoria storica e culturale sono valori indispensabili per il prossimo o la prossima presidente della Repubblica
Cittadina attenta all'attualità politica e civile, Segre non manca di ricordare anche episodi recenti che invece vanno a negare questo senso della memoria, del ricordo come spunto per il miglioramento, come punto di partenza per costruire un mondo che sia più giusto, che non si basi più sulla discriminazione, sulla violenza e sull'odio. Episodi come quello del funerale con la bara coperta dalla bandiera nazista in pieno centro a Roma, o del bambino di 12 anni insultato e picchiato dalle compagne perché ebreo, richiamano ancora il passato, è vero, ma quello più buio, quello ostile, quello del fascismo, del nazismo, degli orrori compiuti a scapito di persone che avevano la sola colpa di essere nate. Parlando della Shoah la senatrice sostiene che si tratti "della pagina più buia nella storia dell'umanità. Del tentativo inedito di pianificare e mettere in atto l'eliminazione di un'intera parte del genere umano, colpevole solo di esistere e di avere una sua specifica identità. Naturalmente la storia del mondo è piena di eccidi e di veri e propri genocidi, ma diverso è il caso di un lucido e 'scientifico' programma di sterminio, portato avanti con fanatica pervicacia e con metodo industriale, in un breve lasso di tempo". E prosegue, in vista proprio della Giornata che ne commemora le vittime: "È possibile che questo spaventi, terrorizzi, che si preferisca minimizzare, nascondere, dimenticare. Ma proprio questo ci chiama al dovere di denunciare e ricordare". "Il negazionismo – conclude Liliana Segre, condannando chi, alludendo a pseudo ricostruzioni storiche e culturali nega quanto la storia tramanda e quanto lei e migliaia di altre persone testimoniano anche solo con la loro stessa presenza – è la forma peggiore, perché intenzionale, strumentale e cinicamente perseguita, di quel processo di rimozione del Male Assoluto".
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