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Home » Politica » “Mai più bambini in carcere”. La proposta di legge del Pd e il nuovo regolamento penitenziario

“Mai più bambini in carcere”. La proposta di legge del Pd e il nuovo regolamento penitenziario

Solo nel 2021 sono stati oltre 280mila i colloqui tra detenuti e almeno un familiare minorenne. La “Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti”, che punta a riconoscere il diritto dei minori alla continuità del legame affettivo con i genitori in carcere, contiene inoltre una serie di misure a tutela dei diritti dei bambini costretti a vivere in una struttura detentiva con le madri

Ettore Maria Colombo
23 Maggio 2022
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“Mai più bambini in carcere”

Una proposta di legge, che ha ottenuto il via libera della commissione Giustizia della Camera, dove approderà in aula entro il mese di maggio, e un nuovo Regolamento penitenziario, scritto dal costituzionalista Marco Ruotolo, compito che gli ha affidato la Guardasigilli Marta Cartabia, per sostituire il precedente, vecchio ormai di 50 anni. L’obiettivo è semplice, quanto da troppo tempo atteso e invocato: mai più bambini innocenti ‘detenuti’ in carcere, al seguito delle loro madri. Sarebbe, per la giustizia italiana, una vera svolta.

GENITORI DETENUTI
La politica mette in campo due nuove misure per tutelare i minori figli di genitori detenuti

Ma andiamo con ordine. Ai primi di maggio la commissione Giustizia della Camera, presidente il pentastellato Mario Perantoni, ha dato via libera alla proposta di legge, relatore Valter Verini (Pd), alla proposta di legge che impedirà ai bambini figli di madri detenute di andare in carcere. Il testo è ora pronto per l’Aula, dove approderà entro fine mese. “Una legge fortemente voluta dal Pd, grazie all’impegno del primo firmatario, il deputato dem, Paolo Siani (medico, alla prima legislatura, fratello di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso dalla camorra nel 1985, ndr.), che raccoglie gli appelli, le indicazioni, le richieste di tante associazioni, pediatri e pedagogisti. Mai più bambini dietro le sbarre, mai più minori costretti a scontare le colpe dei genitori” commenta in una nota il capogruppo dem in commissione Giustizia, Alfredo Bazoli.

Interviene, a commento della novità legislativa, anche lo stesso Verini per sottolineare come “Nella situazione troppo spesso drammatica delle carceri italiane, la proposta di legge a prima firma Siani potrà essere un passo avanti importante in termini di civiltà nella difesa dei diritti dei bambini che non devono scontare le colpe dei propri genitori. È un provvedimento che si basa sul principio ‘mai più bambini in carcere’ condiviso dagli organismi nazionali e internazionali che si occupano dei diritti dei minori e dalla ministra”, spiega Verini, chiedendo un iter rapido e unitario della pdl Siani.

La ratio della proposta: Case famiglia e Icam

La casetta rifugio nella sezione femminile del carcere di Rebibbia: uno spazio offerto alle detenute per trascorrere un po’ di tempo con le proprie famiglie e soprattutto coi figli

È sempre Verini a spiegare la ratio della proposta: “La relazione tra genitore e figlio deve essere sempre tutelata al massimo delle possibilità esistenti, interpretando e garantendo – con il dovuto e difficile equilibrio – l’interesse prevalente del bambino. La proposta di legge supera la normativa vigente e come alternativa prevede le case famiglia e gli Icam (istituti a custodia attenuata) in caso di impossibilità – per motivi cautelari – di ospitare la madre in una casa famiglia”. Ma cosa prevede, nel dettaglio, la modifica normativa? In sostanza, si immagina un riordino della disciplina che funzionerebbe così: sia per la custodia cautelare sia per l’esecuzione della pena, in caso di madre con figlio minore, si prevedrebbe o la detenzione domiciliare o l’esperienza delle case famiglie. Gli istituti di custodia attenuata per detenute madri (ICAM) che, per loro stessa natura, mantengono una connotazione tipicamente detentiva, con evidenti conseguenze lesive per i minori in essi ospitati, sarebbero utilizzati solo in caso di pericolo per la sicurezza. A queste due regole generali non sono previste eccezioni, salvo, ovviamente, per quanto riguarda il 41bis. Solo in quel caso, ci sarebbe una deroga a tutti i principi generali sottesi alla norma, dato che il carcere duro deroga a quelli dell’ordinamento penitenziari: sarebbe il giudice tutelare a stabilire la collocazione del minore.

Sulla proposta del Pd c’è stata la convergenza di tutti i partiti con l’eccezione dei Cinque Stelle che hanno manifestato perplessità sull’idea che non ci sia nessuna eccezione alle regole previste: in particolare, per qualche tipologia di detenute, ree di particolari reati, avrebbero voluto il carcere e non l’Icam. Ma l’iniziativa legislativa si muove nella direzione segnata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia che qualche mese fa aveva auspicato un carcere senza bambini: “La nostra meta ideale è mai più bambini in carcere”, aveva detto durante un’audizione parlamentare.

Obiettivo vanamente inseguito da più ministri

cartabia-ministero-giustizia
La ministra della giustiza Cartabia ha rinnovato per altri 4 anni la “Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti”

Un obiettivo che, peraltro, diversi Guardasigilli, nel tempo, hanno inutilmente ricercato. “Una vergogna che dobbiamo superare: entro il 2015 nessun bambino in carcere, è un imperativo morale” disse ancora sei anni fa l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando in una sua visita al penitenziario romano di Rebibbia. Poi arrivò il pentastellato Alfonso Bonafede che nel 2018, più timidamente, ma forse realisticamente, disse: “Garantire un maggiore accesso alla detenzione domiciliare e avere più attenzione rispetto alla condizione tragica quale è quella in cui un bambino si ritrova a nascere da una mamma che si trova in carcere”. Di recente, appunto, è stata la ministra Marta Cartabia a rilanciare: “La nostra meta è ‘mai più bambini in carcere’. Tutti i bambini, anche se con genitori detenuti, hanno diritto all’infanzia”. Insomma, i ministri si avvicendano, fanno proclami, ma i bambini restano sempre dietro le sbarre, ma ora l’attuale responsabile di Via Arenula ha più possibilità di raggiungere l’obiettivo ed ha rinnovato per altri quattro anni la “Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti”. La “Carta”, prima nel suo genere in Italia e in Europa, riconosce il diritto dei minorenni alla continuità del legame affettivo con i genitori detenuti e mira a sostenerne il diritto alla genitorialità. Il protocollo prevede che le autorità giudiziarie siano sensibilizzate e invitate ad una serie di azioni a tutela dei diritti dei figli minorenni di persone detenute.

I numeri. La Carta dei figli di genitori detenuti

bambini carcere
In Italia ad oggi ci sono 19 bambini al seguito di 17 madri detenute

Solo nel 2021 sono stati 280.675 i colloqui tra detenuti e almeno un familiare minorenne. La “Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti” contiene inoltre una serie di misure a tutela dei diritti dei bambini costretti a vivere in una struttura detentiva con le madri. A oggi sono 19 i bambini al seguito di 17 madri detenute, a fine 2019 questi numeri erano più del doppio (44 le madri e 48 i minori presenti negli istituti di pena). “Anche con questa Carta, lavoriamo perché i bambini, innocenti per definizione, non paghino le pene inflitte alle madri” ha spiegato la ministra. “Contemporaneamente, lavoriamo perché si riduca il più possibile quella “distanza dagli affetti” provocata dalla detenzione. Tutti i figli hanno il diritto di conservare un rapporto costante con i genitori, anche se reclusi”.

Il nuovo Regolamento carcerario di Ruotolo

Una strategia in cui rientra a pieno titolo anche il nuovo regolamento penitenziario scritto dal costituzionalista Marco Ruotolo, a cui si era rivolta la Guardasigilli Marta Cartabia. Spiega lo stesso Rutolo: “Penso all’utilizzo dei colloqui a distanza. La tecnologia può migliorare sensibilmente il trattamento – penso all’istruzione e alla formazione professionale, al mantenimento dei rapporti affettivi, ma anche garantire maggiore sicurezza (metal detector fissi, body scanner, video sorveglianza). Una pena che funziona può davvero contribuire a ricostruire il legame sociale che si è spezzato con la commissione del reato. Con conseguenze positive, ovviamente, anche e forse soprattutto sul piano della sicurezza sociale”.

La filosofia, dunque, resta la stessa. Mai più i bambini innocenti ‘detenuti’ in carcere, perché dentro ci stanno le loro mamme è la scelta del nuovo regolamento penitenziario del costituzionalista Marco Ruotolo. E ancora, utilizzando il primo decreto legge utile, far diventare abitudinarie tutte le norme utilizzate durante la pandemia – come star fuori dal carcere per chi deve scontare solo 18 mesi – per alleviare una situazione che, in carcere, è stata molto più penalizzante rispetto a chi viveva fuori.

Sempre Verini definisce “importantissimo” il lavoro della commissione Ruotolo perché riscrive tutte le regole interne delle carceri, a prescindere dal colore politico e dalle apparenze. Cartabia, dice Verini, “È una ministra molto sensibile, ma è tempo di fare un decreto che entri subito in vigore. Non c’è nulla di più urgente delle carceri: norme che eliminino il sovraffollamento e rendano il trattamento umano”.

L’impegno del Pd e l’Agorà sul tema carcere

bambini-carcere
Nel 2021 sono stati 280.675 i colloqui tra detenuti e almeno un familiare minorenne

L’impegno del Pd, mentre si approssima la fine di questa legislatura, da questo punto di vista è massimo: il partito di Letta non vuole perdere la scommessa sul carcere com’è accaduto in quella precedente, quando nell’ultimo consiglio dei ministri, il 4 marzo del 2018, la riforma dell’allora Guardasigilli Andrea Orlando, si arenò di fronte alle paure elettorali. Ne approfittò poi il governo gialloverde che buttò la riforma alle ortiche. Ma adesso il Pd ci riprova. Anna Rossomando, la responsabile Giustizia del Pd, ha organizzato, ieri, a Roma, la seconda Agorà democratica dedicata proprio al carcere, dopo quella di Torino del 19 marzo, quando il segretario del Pd Enrico Letta disse: “Per noi la riforma del sistema carcerario è uno dei nostri grandi obiettivi”. Certo, non sarà facile convincere alleati come la Lega che pensa che in carcere devono rimanere tutti i ‘cattivi’. Ma i penitenziari non possono diventare una discarica sociale. Stefano Anastasia, garante detenuti del Lazio, riassume: “Io non penso che in carcere ci debbano stare 70mila persone, ne bastano 30mila, perché per il resto non è l’extrema ratio. A meno che non si voglia tenere in carcere la marginalità sociale”.

Il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma vede nei numeri più attuali dell’universo penitenziario l’attuale anomalia del carcere, con 18 mila in attesa di giudizio su 54mila. Troppi. Politicamente, ecco la proposta del Pd come la spiega la Rossomando: “Servono interventi urgenti per decreto legge recuperando alcune esperienze fatte durante la pandemia, quando ci sono state restrizioni, ma anche la possibilità di sperimentare sul campo misure innovative, e che non hanno avuto smentite, dai permessi straordinari al lavoro all’esterno senza tornare in carcere la sera, le video chiamate, i collegamenti via internet, il braccialetto elettronico per chi sconta la pena ai domiciliari”. Un programma vasto, ma già riuscire a far approvare una norma che impedisca ai figli di genitori detenuti di dover subire, a loro volta, il carcere, sarebbe un passo avanti di gran civiltà.

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“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown

“Mai più bambini in carcere”

Una proposta di legge, che ha ottenuto il via libera della commissione Giustizia della Camera, dove approderà in aula entro il mese di maggio, e un nuovo Regolamento penitenziario, scritto dal costituzionalista Marco Ruotolo, compito che gli ha affidato la Guardasigilli Marta Cartabia, per sostituire il precedente, vecchio ormai di 50 anni. L’obiettivo è semplice, quanto da troppo tempo atteso e invocato: mai più bambini innocenti ‘detenuti’ in carcere, al seguito delle loro madri. Sarebbe, per la giustizia italiana, una vera svolta.

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Sulla proposta del Pd c’è stata la convergenza di tutti i partiti con l’eccezione dei Cinque Stelle che hanno manifestato perplessità sull’idea che non ci sia nessuna eccezione alle regole previste: in particolare, per qualche tipologia di detenute, ree di particolari reati, avrebbero voluto il carcere e non l’Icam. Ma l’iniziativa legislativa si muove nella direzione segnata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia che qualche mese fa aveva auspicato un carcere senza bambini: “La nostra meta ideale è mai più bambini in carcere”, aveva detto durante un’audizione parlamentare.

Obiettivo vanamente inseguito da più ministri

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La ministra della giustiza Cartabia ha rinnovato per altri 4 anni la "Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti"

Un obiettivo che, peraltro, diversi Guardasigilli, nel tempo, hanno inutilmente ricercato. “Una vergogna che dobbiamo superare: entro il 2015 nessun bambino in carcere, è un imperativo morale” disse ancora sei anni fa l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando in una sua visita al penitenziario romano di Rebibbia. Poi arrivò il pentastellato Alfonso Bonafede che nel 2018, più timidamente, ma forse realisticamente, disse: “Garantire un maggiore accesso alla detenzione domiciliare e avere più attenzione rispetto alla condizione tragica quale è quella in cui un bambino si ritrova a nascere da una mamma che si trova in carcere”. Di recente, appunto, è stata la ministra Marta Cartabia a rilanciare: “La nostra meta è ‘mai più bambini in carcere’. Tutti i bambini, anche se con genitori detenuti, hanno diritto all’infanzia”. Insomma, i ministri si avvicendano, fanno proclami, ma i bambini restano sempre dietro le sbarre, ma ora l’attuale responsabile di Via Arenula ha più possibilità di raggiungere l’obiettivo ed ha rinnovato per altri quattro anni la “Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti”. La “Carta”, prima nel suo genere in Italia e in Europa, riconosce il diritto dei minorenni alla continuità del legame affettivo con i genitori detenuti e mira a sostenerne il diritto alla genitorialità. Il protocollo prevede che le autorità giudiziarie siano sensibilizzate e invitate ad una serie di azioni a tutela dei diritti dei figli minorenni di persone detenute.

I numeri. La Carta dei figli di genitori detenuti

bambini carcere
In Italia ad oggi ci sono 19 bambini al seguito di 17 madri detenute

Solo nel 2021 sono stati 280.675 i colloqui tra detenuti e almeno un familiare minorenne. La “Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti” contiene inoltre una serie di misure a tutela dei diritti dei bambini costretti a vivere in una struttura detentiva con le madri. A oggi sono 19 i bambini al seguito di 17 madri detenute, a fine 2019 questi numeri erano più del doppio (44 le madri e 48 i minori presenti negli istituti di pena). “Anche con questa Carta, lavoriamo perché i bambini, innocenti per definizione, non paghino le pene inflitte alle madri” ha spiegato la ministra. “Contemporaneamente, lavoriamo perché si riduca il più possibile quella “distanza dagli affetti” provocata dalla detenzione. Tutti i figli hanno il diritto di conservare un rapporto costante con i genitori, anche se reclusi”.

Il nuovo Regolamento carcerario di Ruotolo

Una strategia in cui rientra a pieno titolo anche il nuovo regolamento penitenziario scritto dal costituzionalista Marco Ruotolo, a cui si era rivolta la Guardasigilli Marta Cartabia. Spiega lo stesso Rutolo: “Penso all'utilizzo dei colloqui a distanza. La tecnologia può migliorare sensibilmente il trattamento - penso all'istruzione e alla formazione professionale, al mantenimento dei rapporti affettivi, ma anche garantire maggiore sicurezza (metal detector fissi, body scanner, video sorveglianza). Una pena che funziona può davvero contribuire a ricostruire il legame sociale che si è spezzato con la commissione del reato. Con conseguenze positive, ovviamente, anche e forse soprattutto sul piano della sicurezza sociale”.

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Sempre Verini definisce "importantissimo" il lavoro della commissione Ruotolo perché riscrive tutte le regole interne delle carceri, a prescindere dal colore politico e dalle apparenze. Cartabia, dice Verini, “È una ministra molto sensibile, ma è tempo di fare un decreto che entri subito in vigore. Non c'è nulla di più urgente delle carceri: norme che eliminino il sovraffollamento e rendano il trattamento umano”.

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Il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma vede nei numeri più attuali dell'universo penitenziario l'attuale anomalia del carcere, con 18 mila in attesa di giudizio su 54mila. Troppi. Politicamente, ecco la proposta del Pd come la spiega la Rossomando: “Servono interventi urgenti per decreto legge recuperando alcune esperienze fatte durante la pandemia, quando ci sono state restrizioni, ma anche la possibilità di sperimentare sul campo misure innovative, e che non hanno avuto smentite, dai permessi straordinari al lavoro all'esterno senza tornare in carcere la sera, le video chiamate, i collegamenti via internet, il braccialetto elettronico per chi sconta la pena ai domiciliari”. Un programma vasto, ma già riuscire a far approvare una norma che impedisca ai figli di genitori detenuti di dover subire, a loro volta, il carcere, sarebbe un passo avanti di gran civiltà.

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