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Home » Politica » Non è un paese per sindache, Raggi e Appendino casi isolati: solo il 14%, quasi tutte nei piccoli Comuni

Non è un paese per sindache, Raggi e Appendino casi isolati: solo il 14%, quasi tutte nei piccoli Comuni

Lo studio di Open Polis mostra donne conquistare i municipi meno appetibili, ma lontane dai centri maggiori. Trieste la "provincia" più rosa con l'83% (ma conta appena 6 Comuni). Zero donne al comando nei territori di Benevento, Catania, Prato e Trapani. Alle imminenti amministrative candidature femminili solo da 5 Stelle e Potere al Popolo nelle città più grandi

Domenico Guarino
30 Settembre 2021
CHIARA APPENDINO SINDCO TORINO

CHIARA APPENDINO SINDCO TORINO

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Essere donna in Italia è ancora un problema. Nonostante i progressi indiscutibili degli ultimi anni, la linea del potere reale, e della realizzazione completa, demarca ancora troppo spesso una distinzione netta tra il sesso maschile e quello femminile. Al punto da sembrare una frontiera invalicabile. Soprattutto in politica, con buona pace della rappresentanza e dell’uguaglianza sancita dal articolo 3 della Costituzione. Ed infatti se negli ultimi anni è aumentato il numero di donne in politica, dall’altro sono ancora poche quelle che ricoprono incarichi di vertice.

Una cartina di tornasole sono è da questo punto di vista l’imminente tornata di elezioni amministrative. Tra pochi giorni oltre 1.300 comuni andranno alle urne per eleggere i propri rappresentanti, partendo da un dato che già la dice lunga sullo stato dell’arte nel nostro Paese: le sindache attualmente in carica rappresentano solo 14,86% del totale.

Trieste, primato illusorio. Quattro province con zero donne

Secondo i dati diffusi dalla fondazione Open polis, la provincia in cui si trova il maggior numero di sindache è quella di Trieste (83,3%). Un dato eclatante che deve però fare i conti con la ristrettezza del campione, visto che sono solo 6 i comuni che fanno parte di questa provincia (oggi ufficialmente “Ente di decentramento regionale di Trieste”).

Il resto della classifica infatti propone delle medie ben più basse ed in alcuni casi imbarazzanti: la percentuale di amministrazioni comunali cala drasticamente e in nessun altro caso supera o si avvicina al 40%.
Dopo Trieste infatti è Cagliari la provincia (città metropolitana) con il maggior numero di sindache, 6 su 17, ovvero il 35,29%. Più in generale sono solo 21 i territori in cui questo dato raggiunge o supera il 20%.

In 27 territori invece si tratta di meno di 1 comune su 10.

Particolarmente grave la situazione nelle zone di Benevento, Catania, Prato e Trapani, in cui non si trova neanche una sindaca al vertice di un’amministrazione comunale.

Più sindache nei piccoli comuni

Andando a comparare le diverse situazioni territoriali, vediamo come il Sud si collochi ben al di sotto della già misera media nazionale, con un risicato 10% di sindache sul totale complessivo.
Meglio fanno il centro Italia, appena sopra la media (15,5%), e il nord (17% circa). “Anche in quest’ultimo caso tuttavia non si tratta di cifre particolarmente elevate” sottolineano gli analisti di Open polis.

Interessante notare poi come, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, è proprio nei piccoli comuni che si registrano quote più elevate di donne sindache. Nelle amministrazioni con popolazione inferiore a 50mila abitanti infatti si arriva infatti ad una media del 15%.

Molto basso invece è il numero di sindache nei comuni con popolazione compresa tra 50 e 100milla abitanti (3,3%) e restano comunque sotto la media i comuni con più di 100mila abitanti. Segno che più alta è la posta in palio, maggiori sono gli interessi in gioco, più difficoltà incontrano le donne per  emergere, trovando una minore disponibilità di spazi. Al contrario laddove la competenza immediata ed il rapporto con il territorio è più suscettibile di valutazione diretta, le donne fanno meno fatica. Per quanto la percentuale rimanga minima.

I casi Torino e Roma

Non è un caso se nelle grandi città, con più di 200mila abitanti, solo Torino e Roma hanno una donna al vertice dell’amministrazione comunale. In entrambi i casi peraltro si tratta di sindache del Movimento 5 stelle, quindi di un partito-non partito emerso sulla scena solo recentemente e, all’inizio, con un forte segno di rottura rispetto all’esistente quadro politico.

Valentina Sganga con il ministro delle politiche giovanili, Fabiana Dadone

Nelle maggiori città  candidate solo da 5 Stelle e Palp

E veniamo a quello che potremmo attenderci per il futuro.
Difficile fare previsioni ovviamente. Ma quello che si può già notare è che, nelle grandi città anche la sparuta presenza di sindache verrà messa pesantemente in dubbio, visto che, mentre Virginia Raggi si ripropone alle elezioni per un secondo mandato, Chiara Appendino a Torino ha deciso di non ripresentarsi alle elezioni. Al suo posto tuttavia il Movimento 5 stelle (M5s) ha schierato un’altra donna, Valentina Sganga, oggi consigliera comunale per il movimento.
Anche nelle altre grandi città al voto si presentano delle candidate alla carica di sindaco, ma in nessun caso si tratta dei nomi più quotati.

La candidata di Potere al Popolo a Milano Bianca Tedone

A Milano è sempre il Movimento 5 stelle a sostenere una candidatura femminile (Layla Pavone). Lo stesso fa Potere al popolo (Miriam Tedone) che anche nelle elezioni di Bologna propone una donna (Marta Collot). Sempre a Bologna l’altra candidatura femminile (Addolorata Palumbo) è una consigliera comunale eletta con il M5s, ma sostenuta da una lista di sinistra.

Sia a Napoli che a Trieste, infine, sono due le candidature femminili sostenute da liste civiche o di sinistra. Nel caso di Napoli una delle candidate è Alessandra Clemente, già assessora con il sindaco Luigi de Magistris e da lui sostenuta alle elezioni.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Essere donna in Italia è ancora un problema. Nonostante i progressi indiscutibili degli ultimi anni, la linea del potere reale, e della realizzazione completa, demarca ancora troppo spesso una distinzione netta tra il sesso maschile e quello femminile. Al punto da sembrare una frontiera invalicabile. Soprattutto in politica, con buona pace della rappresentanza e dell’uguaglianza sancita dal articolo 3 della Costituzione. Ed infatti se negli ultimi anni è aumentato il numero di donne in politica, dall’altro sono ancora poche quelle che ricoprono incarichi di vertice. Una cartina di tornasole sono è da questo punto di vista l'imminente tornata di elezioni amministrative. Tra pochi giorni oltre 1.300 comuni andranno alle urne per eleggere i propri rappresentanti, partendo da un dato che già la dice lunga sullo stato dell’arte nel nostro Paese: le sindache attualmente in carica rappresentano solo 14,86% del totale.

Trieste, primato illusorio. Quattro province con zero donne

Secondo i dati diffusi dalla fondazione Open polis, la provincia in cui si trova il maggior numero di sindache è quella di Trieste (83,3%). Un dato eclatante che deve però fare i conti con la ristrettezza del campione, visto che sono solo 6 i comuni che fanno parte di questa provincia (oggi ufficialmente “Ente di decentramento regionale di Trieste”). Il resto della classifica infatti propone delle medie ben più basse ed in alcuni casi imbarazzanti: la percentuale di amministrazioni comunali cala drasticamente e in nessun altro caso supera o si avvicina al 40%. Dopo Trieste infatti è Cagliari la provincia (città metropolitana) con il maggior numero di sindache, 6 su 17, ovvero il 35,29%. Più in generale sono solo 21 i territori in cui questo dato raggiunge o supera il 20%. In 27 territori invece si tratta di meno di 1 comune su 10. Particolarmente grave la situazione nelle zone di Benevento, Catania, Prato e Trapani, in cui non si trova neanche una sindaca al vertice di un’amministrazione comunale.

Più sindache nei piccoli comuni

Andando a comparare le diverse situazioni territoriali, vediamo come il Sud si collochi ben al di sotto della già misera media nazionale, con un risicato 10% di sindache sul totale complessivo. Meglio fanno il centro Italia, appena sopra la media (15,5%), e il nord (17% circa). “Anche in quest’ultimo caso tuttavia non si tratta di cifre particolarmente elevate” sottolineano gli analisti di Open polis. Interessante notare poi come, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, è proprio nei piccoli comuni che si registrano quote più elevate di donne sindache. Nelle amministrazioni con popolazione inferiore a 50mila abitanti infatti si arriva infatti ad una media del 15%. Molto basso invece è il numero di sindache nei comuni con popolazione compresa tra 50 e 100milla abitanti (3,3%) e restano comunque sotto la media i comuni con più di 100mila abitanti. Segno che più alta è la posta in palio, maggiori sono gli interessi in gioco, più difficoltà incontrano le donne per  emergere, trovando una minore disponibilità di spazi. Al contrario laddove la competenza immediata ed il rapporto con il territorio è più suscettibile di valutazione diretta, le donne fanno meno fatica. Per quanto la percentuale rimanga minima.

I casi Torino e Roma

Non è un caso se nelle grandi città, con più di 200mila abitanti, solo Torino e Roma hanno una donna al vertice dell’amministrazione comunale. In entrambi i casi peraltro si tratta di sindache del Movimento 5 stelle, quindi di un partito-non partito emerso sulla scena solo recentemente e, all’inizio, con un forte segno di rottura rispetto all’esistente quadro politico.
Valentina Sganga con il ministro delle politiche giovanili, Fabiana Dadone

Nelle maggiori città  candidate solo da 5 Stelle e Palp

E veniamo a quello che potremmo attenderci per il futuro. Difficile fare previsioni ovviamente. Ma quello che si può già notare è che, nelle grandi città anche la sparuta presenza di sindache verrà messa pesantemente in dubbio, visto che, mentre Virginia Raggi si ripropone alle elezioni per un secondo mandato, Chiara Appendino a Torino ha deciso di non ripresentarsi alle elezioni. Al suo posto tuttavia il Movimento 5 stelle (M5s) ha schierato un’altra donna, Valentina Sganga, oggi consigliera comunale per il movimento. Anche nelle altre grandi città al voto si presentano delle candidate alla carica di sindaco, ma in nessun caso si tratta dei nomi più quotati.
La candidata di Potere al Popolo a Milano Bianca Tedone
A Milano è sempre il Movimento 5 stelle a sostenere una candidatura femminile (Layla Pavone). Lo stesso fa Potere al popolo (Miriam Tedone) che anche nelle elezioni di Bologna propone una donna (Marta Collot). Sempre a Bologna l’altra candidatura femminile (Addolorata Palumbo) è una consigliera comunale eletta con il M5s, ma sostenuta da una lista di sinistra. Sia a Napoli che a Trieste, infine, sono due le candidature femminili sostenute da liste civiche o di sinistra. Nel caso di Napoli una delle candidate è Alessandra Clemente, già assessora con il sindaco Luigi de Magistris e da lui sostenuta alle elezioni.
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