L'ufficio del procuratore distrettuale che si sta occupando del caso di Lizelle Herrera ha fatto sapere che non si tratta di "una questione criminale", perché la legge non punisce chi si sottopone all'aborto ma chi lo pratica o facilita la procedura di accesso
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Read moreBen 730 gli emendamenti presentati al disegno di legge (484 dal Carroccio). Molti sono stati già respinti in quanto "privi di contenuto". Ma la battaglia delle destre sui diritti dei figli di stranieri in Italia va avanti a colpi di provocazioni
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Read moreIl testo, scritto con l'aiuto del giurista Rotelli, esperto in diritti della comunità Lgbtq+, e di varie associazioni civili, è stato presentato dalla senatrice M5S Alessandra Maiorino. "Il nostro compito - dice - è spingere verso la direzione giusta: quella dell’uguaglianza sostanziale e formale di tutte le persone"
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Read moreAll’apparenza è facile, per la serie tertium non datur. Nelle elezioni in Francia chi ha a cuore i diritti civili, compresi quelli delle persone Lgbt, dovrebbe votare per il presidente uscente, Emmanuel Macron. Chi li vuole restringere o addirittura abolire dovrebbe votare per Marine Le Pen. Ma mai è tutto come sembra. Figurarsi in Francia, paese storicamente amante della figura retorica del 'doppio'. Ma partiamo dai dati di realtà, per capire meglio.
I dati definitivi del ministero dell'Interno di Parigi vedono il presidente uscente Emmanuel Macron al 27,85%, davanti alla leader del Rassemblement National Marine Le Pen, al 23,15%. Il terzo classificato, Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale, France Insoumise, ottiene il 21,95%. Disfatta storica dei socialisti, al palo con il 2%, e del teorico astro nascente della destra, Zemmour, fermo al 7,1%. L'astensione è stata del 26,31%, il livello più alto dal primo turno presidenziale del 2002, quando fu del 28,4%. Il secondo turno, o ballottaggio, sarà il 24 aprile. I primi sondaggi indicano che Macron sarebbe favorito, ma la forbice tra i due è meno ampia rispetto a cinque anni fa.
Secondo i primi sondaggi, usciti dopo il voto di domenica, il presidente uscente potrebbe vincere al secondo turno contro Le Pen con un punteggio compreso tra il 54% e il 51% contro il 46%-49% della candidata di destra. Cinque anni fa Macron vinse il ballottaggio con il 66,1% dei voti contro il 33,9% di Marine Le Pen. Se è vero che il vantaggio del presidente è oggi più sottile, Macron resta il favorito: può contare sul sostegno di buona parte della destra e della sinistra. Ma tutto può tornare in discussione fra 15 giorni. I calcoli degli analisti dicono che su Marine Le Pen convergerà almeno il 7% dei voti in più rispetto a quelli che prese nella sfida di 5 anni fa (si tratta in pratica dell’intero blocco dei voti di Zemmour).
Il panorama delle elezioni francesi vede anche la definitiva evaporazione della sinistra moderata, guidata da un partito socialista la cui candidata, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, si ferma al 2%. Spicca invece il trionfo popolare di Jean-Luc Mélenchon, 70enne ex socialista ora candidato con la sinistra radicale di "France Insoumise", salito per la prima volta oltre il 20% piazzandosi al terzo posto. Male gli ecologisti, con Yannick Jadot sotto la soglia del 5% nel pieno di un'emergenza climatica che è stato uno dei temi più ignorati della campagna elettorale.
Le urne non premiano, a destra, il polemista di estrema destra Eric Zemmour. Se prima del voto era dato al 9,5%, riesce a racimolare uno scarso 7%. Ha pagato le sue affermazioni filo-russe delle ultime settimane, ma soprattutto ha perso la scommessa di soppiantare la presidente del Rassemblement National come guida dell'estrema destra. Le Pen ha preso il triplo dei suoi voti nonostante le fallimentari fughe di alcuni suoi dirigenti - fra questi la nipote Marion Maréchal - per raggiungere Reconquete!, il movimento di Zemmour. Gli altri risultati descrivono altre clamorose sconfitte, come quella di Valérie Pécresse, prima donna a candidarsi all'Eliseo per i Républicains neogollisti, che sprofonda dal 16-17% iniziale al 5%.
"Nulla è ancora deciso, quello che succederà nei prossimi quindici giorni è decisivo per la Francia e per l'Europa", dice Emmanuel Macron ai suoi. "Potete contare su di me", dice il presidente acclamato dai militanti alla Porte de Versailles di Parigi, lanciando un appello ai connazionali di ogni colore politico affinché sbarrino la strada all'estrema destra. Mélenchon ha raccolto subito l’invito: "Neppure un voto deve andare a Marine Le Pen!", ha gridato dal palco per quattro volte. Così come Hidalgo, che ha lanciato un appello "a votare contro l'estrema destra di Marine Le Pen e per Emmanuel Macron". A favore del presidente uscente si è schierata anche Valérie Pécresse, ma il serbatoio neogollista ha subito una fuga del 15% dei voti, che rischiano di finire in parte a Le Pen. Atmosfera opposta in casa Zemmour, che ha invitato il suo 7% a votare per Le Pen.
Cinque anni dopo il suo secondo tentativo, dunque, con l’Europa travolta dall’invasione russa dell’Ucraina e al suo terzo tentativo per l’Eliseo, la 53enne leader dell’estrema destra transalpina punta al colpaccio, dopo aver strappato il 23% delle preferenze al primo turno. Mai aveva incassato tanti voti, con i sondaggi che annunciano un clamoroso testa a testa in vista del ballottaggio finale. 51% Macron, 49% LePen.
Ma il Rassemblement National può davvero puntare all’Eliseo? Nelle ultime settimane Marine ha portato avanti una campagna elettorale più edulcorata e meno aggressiva del solito, quasi intimista si potrebbe dire, facendo dimenticare ai francesi i mille complimenti rivolti negli anni a Vladimir Putin e ammorbidendo la propria immagine. Chiara l’intenzione: ripulire l’immagine di un partito di estrema destra che punta all’inimmaginabile jackpot, conquistando la presidenza di Francia. Le idee di Marine sono ampiamente conosciute, cavalcando perfettamente la visione della destra internazionale, sovranista, estremista e populista, che tanto piace in Itaia a Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Sul fronte dei diritti LGBTQ+, Marine le Pen si è opposta alla legge del 2013 che ha esteso il matrimonio alle coppie di persone dello stesso sesso, promettendo di cambiarla nel caso in cui dovesse approdare all’Eliseo. Eppure, la leader del Rassemblement National piace e non poco a molti francesi LGBTQ+. Anche se, per dire, sul tema ‘gestazione per altri’, Marine ha espresso netta contrarietà su qualsiasi ipotesi di approvazione da parte del governo francese: “È una deriva mortale per la nostra società, l’essere umano non è oggetto di consumo”.
Due ex mariti alle spalle e tre figli, perché la 'famiglia tradizionale' è sacra, Le Pen all’Eliseo potrebbe spaccare in due l’Europa, con Putin ad augurarsi un suo trionfo. Dovesse vincere, la candidata del Rassemblement National ha annunciato l’addio alla Nato della Francia.
Ma cosa potrebbero fare per i diritti LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali) i due candidati? La leader del Front National (Fronte nazionale; FN) non parla quasi mai dei diritti delle persone LGBTQI e questo silenzio è interpretato da molti come mancanza di omofobia o persino come una posizione gay-friendly. Il suo programma, in particolare al punto 87, è però molto chiaro ed esplicito: abrogare i matrimoni tra persone dello stesso sesso e rimpiazzarli con unioni civili senza diritto di adozione, mantenere il divieto per la gestazione per altri, riservare la procreazione medicalmente assistita alle coppie eterosessuali sterili. Insomma, nel programma ufficiale del Front National, c’è l’eliminazione del “mariage pour tous” (il matrimonio gay, autorizzato sotto François Hollande), nel caso il partito di estrema destra andasse al potere: l’Fn vuole ritornare alla situazione precedente, in cui erano disponibili solo i Pacs, le unioni civili.
Inoltre, Marine Le Pen nasconde l’omofobia dell’estrema destra dietro il silenzio e dietro alcuni personaggi gay a cui ha affidato ruoli importanti nel partito. Per esempio Florian Philippot, il suo vice che ha subito un outing e sostiene che non è importante essere gay-friendly. O Sébastian Chenu, fondatore dell’associazione di omosessuali di centrodestra GayLib che, una volta approdato nell’FN, ha rinnegato l’attivismo LGBTQ+ e l’esistenza stessa di una comunità gay.
Ma al di là di quella che il patriarca Jean-Marie Le Pen in testa, che definiva l’omosessualità "un’anomalia biologica e sociale", che ha parlato della “lobby gay” dell’Fn, la Le Pen è riuscita a sfondare incredibilmente nell’elettorato Lgtb+.
“È un po’ uomo e un po’ donna, come è di moda ora. Androgino”: così l’ex presidente Nicolas Sarkozy definì Emmanuel Macron su cui sono circolate voci che fosse omosessuale, nonostante sia sposato con una donna. Solo gossip, ovvio. Il candidato alla presidenza è accusato, oltre che di essere un infiltrato al servizio delle banche e degli Stati Uniti, di essere appoggiato anche dalla “ricchissima lobby gay”. Propaganda bieca. Il suo programma politico, però, resta fumoso: Macron promette grandi cambiamenti, ma non è sempre chiaro cosa voglia fare e quali alleati preferisca. Anche a proposito di diritti LGBTQ+ non si capisce bene cosa aspettarsi, a parte un netto rifiuto della legge sulla gestazione per altri e del fatto che, ovviamente, non intende toccare i Pacs.
Numeri alla mano, Macron sembrerebbe nettamente favorito. Il pallottoliere darebbe un 60% di consensi all’attuale presidente, con Marine appoggiata solamente da Zemmour e da Dupont-Aignan, che hanno conquistato il 9% dei voti al primo turno, arrivando al 35% del totale. Ma un ballottaggio è altra cosa, la rabbia dell’elettorato medio dopo 2 anni di Covid-19 e una guerra in corso con rialzo dei prezzi e una economia stagnante potrebbero incidere sorprendentemente sul risultato finale, anche perché chi non ha votato Macron al primo turno potrebbe semplicemente rimanere a casa. Il 24 aprile andrà in scena il secondo e forse definitivo scontro tra Emmanuel e Marine. Dopo le vittorie del serbo Vucic e dell’ungherese Orban, l’eventuale trionfo dell’ultradestra in Francia potrebbe essere il punto di non ritorno verso un’Europa mai più unita.
L'espressione dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) in Francia è considerata tra le più liberali dell'intera Europa ed una delle più avanzate nel mondo. L'età del consenso per le relazioni omosessuali è stata modificata più di una volta prima di essere equalizzata nel 1982 sotto l'allora presidente della Repubblica francese François Mitterrand. Dopo aver concesso alle coppie omosessuali i benefici di partnership (convivenza) a livello nazionale noti come il "patto di solidarietà civile" (PACS), la Francia è diventato il tredicesimo Paese al mondo a legalizzare il matrimonio omosessuale nel 2013, pur avendo ricevuto l'opposizione da molti gruppi e partiti. Le leggi che proibiscono la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere sono state emanate dal 1985, mentre i transessuali sono autorizzati a cambiare il loro genere legalmente a partire dal 2009. La Francia è diventato inoltre il primo Paese al mondo a declassare il transessualismo come una malattia mentale. La Francia è stato spesso nominato per essere uno dei Paesi più gay friendly del mondo.