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Home » Politica » Quel ‘comunista’ di Scelba. Il centrodestra ‘non’ vuole applicare la sua legge, mentre un pezzo della Sinistra trasforma la Meloni in ‘vittima’

Quel ‘comunista’ di Scelba. Il centrodestra ‘non’ vuole applicare la sua legge, mentre un pezzo della Sinistra trasforma la Meloni in ‘vittima’

Mentre tutti invocano la messa al bando di Forza Nuova, Fratelli d'Italia non vuole applicare la norma in vigore dal 1952, voluta dall'esponente della destra Dc, improvvisamente divenuto scomodo. Intanto Provenzano (Pd) fa un assist a Giorgia Meloni chiedendo lo scioglimento di FdI. Ceccanti: prima di una nuova legge serve una sentenza della magistratura

Ettore Maria Colombo
12 Ottobre 2021
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Una classe politica sempre ‘un passo indietro’. Doverosa premessa sulle follie del neofascismo.

I disordini dello scorso fine settimana

Dato che la classe politica italiana è sempre un passo indietro rispetto a quanto accade nel Paese, neppure nel caso del rigurgito di un vero e pericolo estremismo di destra neo-fascista – oltre che di rabbia anti e no Green Pass, no-vax, etc. – riesce a ‘sintonizzarsi’ con quanto oggi accade in Italia. Figuriamoci a stare ‘un passo avanti’. Ma procediamo con ordine e inquadriamo il tema.

 

Come si sa, le violenze di piazza che hanno messo a soqquadro il centro di Roma sabato, con tanto di raid ‘squadristico’ alla sede della Cgil, ha messo al centro dell’attenzione del governo come del Parlamento  la possibilità/necessità di sciogliere, d’imperio, Forza Nuova e altre simili organizzazioni di estrema destra. Già lunedì è stata presentata una mozione in merito dal Pd, cui si sono accodati i 5Stelle. L’operazione, come vedremo, non è facile, tanto che lo stesso palazzo Chigi ha ‘messo al lavoro’ una squadra di giuristi e costituzionalisti perché le leggi attuali, che pure ci sono (la legge Scelba del 1952, che vieta la ricostituzione del partito fascista, e la legge Mancino del 1991 che condanna l’odio razziale) ‘non bastano’. Entrambe, cioè, non sono, sufficienti ad ovviare al ‘problema’ e, in ogni caso, abbisognano, in via ordinaria, di una sentenza della magistratura per operare, soprattutto nel caso di applicazione della Scelba: il che vuol dire che bisogna ‘attendere’ che arrivi la – assai auspicata, nei palazzi della Politica – sentenza della magistratura a fare da ‘sponda’.

 

Ma se le leggi fanno le leggi, ma come le pentole non fanno i ‘coperchi’, la Politica sbarella e non si dimostra all’altezza né sul fronte del centrodestra né del centrosinistra.

 

I segnali lanciati da Draghi e Mattarella

Ieri, lunedì 11 ottobre, da Palazzo Chigi e dal Quirinale, sono arrivati due messaggi che vanno letti insieme. Di mattina Mario Draghi ha reso omaggio alla sede della Cgil, presa d’assalto dai violenti No Green pass di sabato, abbracciando Maurizio Landini in una visita irrituale, di persona mentre i sindacati – quelli confederali, tutti – hanno convocato a Roma una manifestazione in solidarietà alla Cgil per sabato prossimo, 16 ottobre. Iniziativa sindacale che già suscita le proteste del centrodestra perché cadea ridosso dei ballottaggi che si terranno nei giorni seguenti e che, secondo loro, ‘inquina’ il silenzio elettorale.

 

Sergio Mattarella, che si trovava in visita ufficiale a Berlino, ha spiegato in modo chiaro agli osservatori europei: “Il turbamento c’è, la preoccupazione no. Si è trattato infatti di fenomeni limitati, che hanno suscitato una fortissima reazione dell’opinione pubblica”.

Eppure,la polemica tra i partiti è fin troppo, vivace e, oggettivamente, fuori sincrono. Enrico Letta, come ripetuto oggi a la Stampa, vorrebbe che si sciogliesse Forza Nuova. Ma un tweet “scivoloso” del vicesegretario del partito Provenzano è stato interpretato da tutto il centro destra come un tentativo di mettere fuori legge Fratelli d’Italia. Così, una telefonata fra Berlusconi, Meloni e Salvini ha sancito una linea comune: se si decide, si deve estendere lo scioglimento a tutte le formazioni eversive, estremiste e violente.

 

Preoccupante tam tam

A proposito di allarme, infine, il Viminale studia le mosse per i prossimi giorni che non saranno proprio una passeggiata. Infine, nelle chat dei No Green pass si registra un tam tam per un crescendo di azioni sempre più violente che mettono nel mirino giornali e giornalisti, male risposte dei partiti sono, al solito, inadeguate.

 

Il centrodestra: no alla legge Scelba, campione dell’anticomunismo 

 

Infatti, di fronte alle violenze di sabato scorso, contro la sede della Cgil (e non solo) e mentre il governo e il Parlamento si apprestano a varare un provvedimento di scioglimento di Forza Nuova (responsabile, non da sola, delle violenze), il centrodestra si rifiuta di applicare – proponendo di scrivere una nuova legge “contro tutti i movimenti estremisti di destra e di sinistra”, contro Forza Nuova e organizzazioni simili (Fronte Nazionale, Casa Pound, Militia Chiristi, etc.), una legge – la ‘legge Scelba’ (la numero 645/1952) – che vietal’apologia di fascismo e la ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Pnf (partito nazionale fascista). Atti che vengono qualificati come reati in una legge scritta e introdotta da Mario Scelba, cioè da un vero ‘campione’ dell’anticomunismo…

“È violenza e squadrismo ma la matrice non la conosco”, dice la Meloni (cioè: matrice ignota). Matteo Salvini, leader della Lega, invece, preferisce criticare il Viminale: “Gli scontri confermano una volta di più l’inadeguatezza della Lamorgese” (che, però, con la gestione dell’ordine pubblico a Roma non c’entra…). Morale, bisognava bastonare di più i no Green pass, dicono i critici, ma lasciar perdere ‘i fasci’.

 

Scalfarotto (Iv): “Valutiamo lo scioglimento di Forza Nuova”

 

E’ notizia di oggi, e la offre, ai microfoni di Radio 24, il sottosegretario all’Interno, Ivan Scalfarotto (Iv), che “il governo sta pensando allo scioglimento di FN in base alla legge Scelba”, con una (inappuntabile) motivazione: “Noi in questi anni abbiamo sempre pensato che fossero quattro nostalgici che andavano a Predappio (dove è sepolto Mussolini, ndr.). Non è così. E’ tutto tranne che folklore, è giusto valutare se sciogliere Forza nuova. Il tema del neofascismo è un tema politico e criminale molto serio che ha addentellato le curve calcistiche, che prova ad infiltrarsi o si infiltra nei partiti politici, c’è stata un’inchiesta giornalistica (quella di Fanpage, ndr.) su cui non si è fatta ancora chiarezza, noi ospitiamo l’unico giornalista d’Europa, Paolo Berizzi (di Repubblica, ndr.) sotto scorta per minacce da parte dei neofascisti”.

 

La pezza di Rampelli: decida la magistratura

 

Poi, certo, il centrodestra capisce, con ritardo, che a limitarsi allo  schieramento contro le ‘violenze’ “da qualsiasi parte appartengano e vengano” o il dire “noi siamo contro la violenza, però” o che “a Milano le violenze erano degli antagonisti di sinistra e degli anarchici” (i quali, nella tormentata storia d’Italia, tornano sempre assai ‘comodi’), come dice, oltre alla Meloni, pure Salvini, è una posizione anti-storica, che ‘spaventa’ persino il proprio elettorato, composto per lo più da moderati, non radicali.

 

E così anche un esponente di FdI che da una storia di destra radicale viene, il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, ci mette la pezza, a modo suo: “C’è una mozione (quella presentata e già depositata dal Pd, ndr.), noi siamo favorevoli anche se bisogna fare attenzione perché quando ci sono questi contenitori le persone malintenzionate, come i dirigenti di Forza Nuova, siano maggiormente controllabili. Io penso che la magistratura, come la legge italiana (la legge Scelba, appunto, ndr.) prevede, abbia tutti gli strumenti per stabilire se una formazione debba essere sciolta o no, forse dovremmo affidarci alla magistratura perché esiste una legge che andrebbe rispettata. Il governo, in quanto tale, credo non abbia particolari strumenti per sciogliere Forza Nuova, c’è una mozione parlamentare, ci sarà una discussione, e noi abbiamo già detto che voteremo si alla mozione, questo non ci toglie la libertà di giudizio su questo che per noi è un atto squisitamente propagandistico”.

Insomma, il buon Rampelli si arrampica sugli specchi, ma resta in piedi il punto: la reazione, soprattutto di FdI, ma pure di Lega e persino di FI è tiepida, bonaria, un colpo al cerchio e uno alla botte, in una sottovalutazione chiara e, forse, colpevole, causa i troppi ‘scheletri nell’armadio’.

 

Provenzano (Pd) vuole ‘sciogliere’ FdI…

 

Dall’altra parte, c’è il vice-segretario del Pd, Giuseppe detto ‘Peppe’ Provenzano – leader della sinistra interna del partito ed ‘eletto’ da Enrico Letta a vicesegretario del Pd – che, con un semplice tweet, fa un ‘favore’ grande come una casa a Fratelli d’Italia, e alla sua leader Giorgia Meloni. Infatti, Provenzano, ieri, si è prodotto in un ‘revanscismo’ di ‘sinistra’, e non di ‘destra’, sostenendo che Fratelli d’Italia, per le sue collusioni con la destra estrema e radicale e per la sua ambiguità (reale) nei confronti delle violenze squadriste di questi giorni, “si pone fuori dall’arco costituzionale e democratico”.

Una teoria, quella dell’arco costituzionale, che ai più giovani non dice nulla, ma che – nella Prima Repubblica – indicava tutti i partiti che avevano scritto la Costituzione e partecipato alla lotta di Resistenza (dai liberali ai repubblicani, dagli azionisti ai socialisti, dalla Dc fino al Pci), escludendone, però, il Msi-Dn in quanto ritenuto ‘erede’ del mai disconosciuto regime fascista (“rinnovare senza restaurare” era l’assai ambiguo slogan del suo fondatore, Giorgio Almirante).

 

Tradotto, voleva dire che, al ‘gioco democratico’, il Pci e le sinistre, variamente intese, potevano partecipare, mentre la destra neo-fascista no, non poteva. Tanto che, per dire, alle consultazioni per formare un governo, l’Msi andava sì, ma era solo un esercizio retorico: era impossibile, cioè, che un governo nascesse con anche i suoi voti e, l’unica volta che successe (governo Tambroni, 1960), il tentativo venne subito stroncato sul nascere.

 

E così FdI, nell’angolo ormai da settimane – dopo l’inchiesta del giornale Fan Page-Piazza Pulita (La 7) sulle compromissioni e i ‘fondi neri’ (su cui, ora, indaga pure la magistratura milanese), di pezzi milanesi e nazionali del suo partito con il peggio del reducismo e nostalgismo ‘para-fascista’ del ‘Barone nero’ (sic) Longhi Lavarini e di ambienti dell’estrema destra (milanese e non solo) che ‘si divertono’ a fare saluti romani, insultare ‘froci’, ‘negri’, ‘ebrei’, e a millantare rapporti con servizi segreti, logge massoniche e ambienti di destra radicale Ue – ecco che la Meloni può ergersi a ‘vittima’ di una ‘cospirazione’ anti-democratica che vorrebbe escludere “l’unica opposizione che c’è nel Paese, quella di FdI, dal normale ‘gioco’ repubblicano”.

 

Un regalo inaspettato e provvidenziale, quello di Provenzano alla Meloni, la quale sentitamente ‘ringrazia’ e che fa mettere le mani nei capelli ai riformisti del Pd che ora si chiedono se “Peppe ci è o ci fa, nel confezionare questo regalo alla Meloni”.

Ivan Scalfarotto, che è di Iv, non perde l’occasione di segnare un goal a porta vuota, aggiungendo, a Radio 24 che: “Non mi trovano d’accordo le parole di Provenzano. Non credo che Giorgia Meloni voglia fare la marcia su Roma”.

 

Come sciogliere Fn? I puntuti distinguo del dem Ceccanti

Il ‘problema’, passando dal lato ‘politico’ del problema a quello ‘giuridico’, è che, tuttavia,una mozione parlamentare e neppure la legge ‘basta’, per sciogliere, oggi, Forza Nuova.  A  inquadrare meglio  il tema, c’è il costituzionalista ‘prestato’ alla Politica, e oggi deputato dem, Stefano Ceccanti. “Fermo restando – spiega – che di questa ipotesi si parla non per l’orientamento ideologico (cosa che non sarebbe comunque possibile), che l’uso della violenza è evidentemente non una scelta di singoli ma del gruppo dirigente dell’organizzazione (non c’entra niente quindi obiettare che la responsabilità penale è personale) e che la mozione del Pd non chiede il decreto legge senza sentenza, è abbastanza surreale che la destra politica sia restia ad utilizzare la legge Scelba.

Mario Scelba – ricorda, puntuto, Ceccanti – era un esponente sì antifascista e anti-monarchico della cosiddetta Prima Repubblica, ma anche uno dei più a destra che esistessero nella Democrazia Cristiana, oppositore strenuo al centrosinistra. Una destra democratica europea lo utilizzerebbe nel proprio pantheon senza temerlo” è il giudizio, sarcastico ma realistico, di Ceccanti.

Venendo al tema giuridico, “Per la precisione – spiega ancora Ceccanti – l’articolo 3 della legge Scelba 645/1952 prevede due soluzioni possibili per lo scioglimento di entità che sostanzialmente ricostituiscano il  disciolto partito fascista, e quindi punite ai sensi della XII disposizione finale della Costituzione.

La prima (non casualmente la prima, vista come la regola) è una sentenza della magistratura a cui faccia seguito un decreto ministeriale che ne trae le conseguenze.

La seconda, che è concepita come eccezione emergenziale, è un decreto-legge non preceduto da sentenze. Per questo, in tutti e tre casi precedenti di applicazione della norma (lo scioglimento, due volte, di Ordine Nuovo e una volta di Avanguardia nazionale, formazioni della destra radicale negli anni Settanta, ndr.) è stata seguita la prima strada (quella del recepimento della sentenza di un giudice, ndr.).

“Il Parlamento può quindi sollecitare una strada o l’altra o un’esigenza generica di applicazione della legge, ma in ultima analisi spetta al Governo valutare bene la strada da perseguire”.

 

Perché non è così ‘semplice’ sciogliere Fn

Insomma, ‘sciogliere’ Forza Nuova (et similia) non è così ‘semplice’ come sembra all’apparenza e strombazzare una mozione parlamentare, che è di semplice indirizzo, non basta affatto.

Ecco perché sia il governo che il Parlamento attendono – o, meglio, ‘sperano’ – che i giudici, si muovano e promuovano, tramite sentenza, una richiesta di scioglimento che, altrimenti, non è per nulla facile eseguire ‘subito’, ex abrupto.

Fra Scelba e Mancino

 

Non a caso, la legge Scelba è stata usata in appena tre casi in 70 anni, mentre la legge Mancino sull’odio razziale non serve, né è utile, alla bisogna, perché punisce la propaganda antisemita, e prescrive pene, ma non ‘scioglie’. E se per ‘operare’ serve, in uno Stato ‘democratico’, attendere che la Giustizia faccia il suo (doveroso) corso, resta però il dubbio del perché la destra e anche il centrodestra facciano così ‘fatica’ ad accettare che venga messa in pratica e in atto una legge voluta dal feroce anticomunista Scelba…

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
Una classe politica sempre ‘un passo indietro’. Doverosa premessa sulle follie del neofascismo.
I disordini dello scorso fine settimana
Dato che la classe politica italiana è sempre un passo indietro rispetto a quanto accade nel Paese, neppure nel caso del rigurgito di un vero e pericolo estremismo di destra neo-fascista - oltre che di rabbia anti e no Green Pass, no-vax, etc. – riesce a ‘sintonizzarsi’ con quanto oggi accade in Italia. Figuriamoci a stare ‘un passo avanti’. Ma procediamo con ordine e inquadriamo il tema.   Come si sa, le violenze di piazza che hanno messo a soqquadro il centro di Roma sabato, con tanto di raid ‘squadristico’ alla sede della Cgil, ha messo al centro dell’attenzione del governo come del Parlamento  la possibilità/necessità di sciogliere, d’imperio, Forza Nuova e altre simili organizzazioni di estrema destra. Già lunedì è stata presentata una mozione in merito dal Pd, cui si sono accodati i 5Stelle. L'operazione, come vedremo, non è facile, tanto che lo stesso palazzo Chigi ha ‘messo al lavoro’ una squadra di giuristi e costituzionalisti perché le leggi attuali, che pure ci sono (la legge Scelba del 1952, che vieta la ricostituzione del partito fascista, e la legge Mancino del 1991 che condanna l’odio razziale) ‘non bastano’. Entrambe, cioè, non sono, sufficienti ad ovviare al ‘problema’ e, in ogni caso, abbisognano, in via ordinaria, di una sentenza della magistratura per operare, soprattutto nel caso di applicazione della Scelba: il che vuol dire che bisogna ‘attendere’ che arrivi la – assai auspicata, nei palazzi della Politica – sentenza della magistratura a fare da ‘sponda’.   Ma se le leggi fanno le leggi, ma come le pentole non fanno i ‘coperchi’, la Politica sbarella e non si dimostra all’altezza né sul fronte del centrodestra né del centrosinistra.  

I segnali lanciati da Draghi e Mattarella

Ieri, lunedì 11 ottobre, da Palazzo Chigi e dal Quirinale, sono arrivati due messaggi che vanno letti insieme. Di mattina Mario Draghi ha reso omaggio alla sede della Cgil, presa d’assalto dai violenti No Green pass di sabato, abbracciando Maurizio Landini in una visita irrituale, di persona mentre i sindacati – quelli confederali, tutti – hanno convocato a Roma una manifestazione in solidarietà alla Cgil per sabato prossimo, 16 ottobre. Iniziativa sindacale che già suscita le proteste del centrodestra perché cadea ridosso dei ballottaggi che si terranno nei giorni seguenti e che, secondo loro, ‘inquina’ il silenzio elettorale.   Sergio Mattarella, che si trovava in visita ufficiale a Berlino, ha spiegato in modo chiaro agli osservatori europei: “Il turbamento c’è, la preoccupazione no. Si è trattato infatti di fenomeni limitati, che hanno suscitato una fortissima reazione dell'opinione pubblica”. Eppure,la polemica tra i partiti è fin troppo, vivace e, oggettivamente, fuori sincrono. Enrico Letta, come ripetuto oggi a la Stampa, vorrebbe che si sciogliesse Forza Nuova. Ma un tweet “scivoloso” del vicesegretario del partito Provenzano è stato interpretato da tutto il centro destra come un tentativo di mettere fuori legge Fratelli d’Italia. Così, una telefonata fra Berlusconi, Meloni e Salvini ha sancito una linea comune: se si decide, si deve estendere lo scioglimento a tutte le formazioni eversive, estremiste e violente.  

Preoccupante tam tam

A proposito di allarme, infine, il Viminale studia le mosse per i prossimi giorni che non saranno proprio una passeggiata. Infine, nelle chat dei No Green pass si registra un tam tam per un crescendo di azioni sempre più violente che mettono nel mirino giornali e giornalisti, male risposte dei partiti sono, al solito, inadeguate.  

Il centrodestra: no alla legge Scelba, campione dell’anticomunismo 

  Infatti, di fronte alle violenze di sabato scorso, contro la sede della Cgil (e non solo) e mentre il governo e il Parlamento si apprestano a varare un provvedimento di scioglimento di Forza Nuova (responsabile, non da sola, delle violenze), il centrodestra si rifiuta di applicare - proponendo di scrivere una nuova legge “contro tutti i movimenti estremisti di destra e di sinistra”, contro Forza Nuova e organizzazioni simili (Fronte Nazionale, Casa Pound, Militia Chiristi, etc.), una legge – la ‘legge Scelba’ (la numero 645/1952) - che vietal’apologia di fascismo e la ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Pnf (partito nazionale fascista). Atti che vengono qualificati come reati in una legge scritta e introdotta da Mario Scelba, cioè da un vero ‘campione’ dell’anticomunismo... “È violenza e squadrismo ma la matrice non la conosco”, dice la Meloni (cioè: matrice ignota). Matteo Salvini, leader della Lega, invece, preferisce criticare il Viminale: “Gli scontri confermano una volta di più l'inadeguatezza della Lamorgese” (che, però, con la gestione dell’ordine pubblico a Roma non c’entra…). Morale, bisognava bastonare di più i no Green pass, dicono i critici, ma lasciar perdere ‘i fasci’.  

Scalfarotto (Iv): “Valutiamo lo scioglimento di Forza Nuova”

  E' notizia di oggi, e la offre, ai microfoni di Radio 24, il sottosegretario all’Interno, Ivan Scalfarotto (Iv), che “il governo sta pensando allo scioglimento di FN in base alla legge Scelba”, con una (inappuntabile) motivazione: "Noi in questi anni abbiamo sempre pensato che fossero quattro nostalgici che andavano a Predappio (dove è sepolto Mussolini, ndr.). Non è così. E’ tutto tranne che folklore, è giusto valutare se sciogliere Forza nuova. Il tema del neofascismo è un tema politico e criminale molto serio che ha addentellato le curve calcistiche, che prova ad infiltrarsi o si infiltra nei partiti politici, c’è stata un’inchiesta giornalistica (quella di Fanpage, ndr.) su cui non si è fatta ancora chiarezza, noi ospitiamo l’unico giornalista d’Europa, Paolo Berizzi (di Repubblica, ndr.) sotto scorta per minacce da parte dei neofascisti”.  

La pezza di Rampelli: decida la magistratura

  Poi, certo, il centrodestra capisce, con ritardo, che a limitarsi allo  schieramento contro le ‘violenze’ “da qualsiasi parte appartengano e vengano” o il dire “noi siamo contro la violenza, però” o che “a Milano le violenze erano degli antagonisti di sinistra e degli anarchici” (i quali, nella tormentata storia d’Italia, tornano sempre assai ‘comodi’), come dice, oltre alla Meloni, pure Salvini, è una posizione anti-storica, che ‘spaventa’ persino il proprio elettorato, composto per lo più da moderati, non radicali.   E così anche un esponente di FdI che da una storia di destra radicale viene, il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, ci mette la pezza, a modo suo: “C’è una mozione (quella presentata e già depositata dal Pd, ndr.), noi siamo favorevoli anche se bisogna fare attenzione perché quando ci sono questi contenitori le persone malintenzionate, come i dirigenti di Forza Nuova, siano maggiormente controllabili. Io penso che la magistratura, come la legge italiana (la legge Scelba, appunto, ndr.) prevede, abbia tutti gli strumenti per stabilire se una formazione debba essere sciolta o no, forse dovremmo affidarci alla magistratura perché esiste una legge che andrebbe rispettata. Il governo, in quanto tale, credo non abbia particolari strumenti per sciogliere Forza Nuova, c’è una mozione parlamentare, ci sarà una discussione, e noi abbiamo già detto che voteremo si alla mozione, questo non ci toglie la libertà di giudizio su questo che per noi è un atto squisitamente propagandistico”. Insomma, il buon Rampelli si arrampica sugli specchi, ma resta in piedi il punto: la reazione, soprattutto di FdI, ma pure di Lega e persino di FI è tiepida, bonaria, un colpo al cerchio e uno alla botte, in una sottovalutazione chiara e, forse, colpevole, causa i troppi ‘scheletri nell’armadio’.  

Provenzano (Pd) vuole ‘sciogliere’ FdI…

  Dall’altra parte, c’è il vice-segretario del Pd, Giuseppe detto ‘Peppe’ Provenzano – leader della sinistra interna del partito ed ‘eletto’ da Enrico Letta a vicesegretario del Pd - che, con un semplice tweet, fa un ‘favore’ grande come una casa a Fratelli d’Italia, e alla sua leader Giorgia Meloni. Infatti, Provenzano, ieri, si è prodotto in un ‘revanscismo’ di ‘sinistra’, e non di ‘destra’, sostenendo che Fratelli d’Italia, per le sue collusioni con la destra estrema e radicale e per la sua ambiguità (reale) nei confronti delle violenze squadriste di questi giorni, “si pone fuori dall’arco costituzionale e democratico”. Una teoria, quella dell’arco costituzionale, che ai più giovani non dice nulla, ma che – nella Prima Repubblica – indicava tutti i partiti che avevano scritto la Costituzione e partecipato alla lotta di Resistenza (dai liberali ai repubblicani, dagli azionisti ai socialisti, dalla Dc fino al Pci), escludendone, però, il Msi-Dn in quanto ritenuto ‘erede’ del mai disconosciuto regime fascista (“rinnovare senza restaurare” era l’assai ambiguo slogan del suo fondatore, Giorgio Almirante).   Tradotto, voleva dire che, al ‘gioco democratico’, il Pci e le sinistre, variamente intese, potevano partecipare, mentre la destra neo-fascista no, non poteva. Tanto che, per dire, alle consultazioni per formare un governo, l’Msi andava sì, ma era solo un esercizio retorico: era impossibile, cioè, che un governo nascesse con anche i suoi voti e, l’unica volta che successe (governo Tambroni, 1960), il tentativo venne subito stroncato sul nascere.   E così FdI, nell’angolo ormai da settimane - dopo l’inchiesta del giornale Fan Page-Piazza Pulita (La 7) sulle compromissioni e i ‘fondi neri’ (su cui, ora, indaga pure la magistratura milanese), di pezzi milanesi e nazionali del suo partito con il peggio del reducismo e nostalgismo ‘para-fascista’ del ‘Barone nero’ (sic) Longhi Lavarini e di ambienti dell’estrema destra (milanese e non solo) che 'si divertono’ a fare saluti romani, insultare ‘froci’, ‘negri’, ‘ebrei’, e a millantare rapporti con servizi segreti, logge massoniche e ambienti di destra radicale Ue – ecco che la Meloni può ergersi a ‘vittima’ di una ‘cospirazione’ anti-democratica che vorrebbe escludere “l’unica opposizione che c’è nel Paese, quella di FdI, dal normale ‘gioco’ repubblicano”.   Un regalo inaspettato e provvidenziale, quello di Provenzano alla Meloni, la quale sentitamente ‘ringrazia’ e che fa mettere le mani nei capelli ai riformisti del Pd che ora si chiedono se “Peppe ci è o ci fa, nel confezionare questo regalo alla Meloni”. Ivan Scalfarotto, che è di Iv, non perde l’occasione di segnare un goal a porta vuota, aggiungendo, a Radio 24 che: “Non mi trovano d’accordo le parole di Provenzano. Non credo che Giorgia Meloni voglia fare la marcia su Roma”.  

Come sciogliere Fn? I puntuti distinguo del dem Ceccanti

Il ‘problema’, passando dal lato ‘politico’ del problema a quello ‘giuridico’, è che, tuttavia,una mozione parlamentare e neppure la legge ‘basta’, per sciogliere, oggi, Forza Nuova.  A  inquadrare meglio  il tema, c’è il costituzionalista ‘prestato’ alla Politica, e oggi deputato dem, Stefano Ceccanti. “Fermo restando – spiega - che di questa ipotesi si parla non per l’orientamento ideologico (cosa che non sarebbe comunque possibile), che l’uso della violenza è evidentemente non una scelta di singoli ma del gruppo dirigente dell’organizzazione (non c’entra niente quindi obiettare che la responsabilità penale è personale) e che la mozione del Pd non chiede il decreto legge senza sentenza, è abbastanza surreale che la destra politica sia restia ad utilizzare la legge Scelba. Mario Scelba – ricorda, puntuto, Ceccanti – era un esponente sì antifascista e anti-monarchico della cosiddetta Prima Repubblica, ma anche uno dei più a destra che esistessero nella Democrazia Cristiana, oppositore strenuo al centrosinistra. Una destra democratica europea lo utilizzerebbe nel proprio pantheon senza temerlo” è il giudizio, sarcastico ma realistico, di Ceccanti. Venendo al tema giuridico, “Per la precisione – spiega ancora Ceccanti - l’articolo 3 della legge Scelba 645/1952 prevede due soluzioni possibili per lo scioglimento di entità che sostanzialmente ricostituiscano il  disciolto partito fascista, e quindi punite ai sensi della XII disposizione finale della Costituzione. La prima (non casualmente la prima, vista come la regola) è una sentenza della magistratura a cui faccia seguito un decreto ministeriale che ne trae le conseguenze. La seconda, che è concepita come eccezione emergenziale, è un decreto-legge non preceduto da sentenze. Per questo, in tutti e tre casi precedenti di applicazione della norma (lo scioglimento, due volte, di Ordine Nuovo e una volta di Avanguardia nazionale, formazioni della destra radicale negli anni Settanta, ndr.) è stata seguita la prima strada (quella del recepimento della sentenza di un giudice, ndr.). “Il Parlamento può quindi sollecitare una strada o l’altra o un’esigenza generica di applicazione della legge, ma in ultima analisi spetta al Governo valutare bene la strada da perseguire”.  

Perché non è così ‘semplice’ sciogliere Fn

Insomma, ‘sciogliere’ Forza Nuova (et similia) non è così ‘semplice’ come sembra all’apparenza e strombazzare una mozione parlamentare, che è di semplice indirizzo, non basta affatto. Ecco perché sia il governo che il Parlamento attendono – o, meglio, ‘sperano’ – che i giudici, si muovano e promuovano, tramite sentenza, una richiesta di scioglimento che, altrimenti, non è per nulla facile eseguire ‘subito’, ex abrupto.

Fra Scelba e Mancino

  Non a caso, la legge Scelba è stata usata in appena tre casi in 70 anni, mentre la legge Mancino sull’odio razziale non serve, né è utile, alla bisogna, perché punisce la propaganda antisemita, e prescrive pene, ma non ‘scioglie’. E se per ‘operare’ serve, in uno Stato ‘democratico’, attendere che la Giustizia faccia il suo (doveroso) corso, resta però il dubbio del perché la destra e anche il centrodestra facciano così ‘fatica’ ad accettare che venga messa in pratica e in atto una legge voluta dal feroce anticomunista Scelba…
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