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Home » Politica » Rabbia trans contro Arcilesbica Bologna: lotta intestina sul Ddl Zan. “Prese di mira perché contrarie”

Rabbia trans contro Arcilesbica Bologna: lotta intestina sul Ddl Zan. “Prese di mira perché contrarie”

Imbrattata con offese la sede di Bologna e cancellato il nome dell'associazione con la vernice nera. Il sindaco: "Episodi sempre più frequenti, continueremo a denunciare"

Camilla Prato
13 Maggio 2021
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“L’altra notte – spiega in un post su Facebook Cristina Gramolini, presidente di ArciLesbica nazionale – l’esterno della sede di ‘La Comune’ a Bologna, dove la nostra associazione è ospitata, è stato imbrattato con la scritta “arcistronze”, firmato “Rabbia Trans” e il nome di Arcilesbica cancellato con vernice nera“. Un vero e proprio attacco frontale da parte di ignote persone transessuali nei confronti delle attiviste, ‘colpevoli’ di contestare l’approvazione di alcuni punti del Ddl Zan.

Contrarie all’utero in affitto e all’introduzione della categoria fluida di identità di genere, le femministe sono da tempo bersaglio di feroci attacchi da parte della comunità trans, che invece vorrebbe vedere riconosciuto il proprio diritto all’auto identificazione (self id) in tal senso.
“Ecco il clima che si respira nel movimento – prosegue Gramolini – […] Rattrista assistere alla penetrazione nella comunità Lgbt di forme di intimidazione crescente che fanno pensare ai metodi dell’antagonismo che sta cercando di intestarsi anche la nuova generazione di femministe. Minacciare fisicamente le donne è roba di altre sponde politiche, un fenomeno di non facile interpretazione è sotto i nostri occhi”.

Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, si è espresso in appoggio all’associazione: “Episodi simili, purtroppo sono sempre più frequenti non solo in Italia, con lo scopo di intimidire o colpire chi difende posizioni in difesa delle donne o di diritti civili, rientrano in quelle forme di odio che continueremo a denunciare“.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
"L’altra notte - spiega in un post su Facebook Cristina Gramolini, presidente di ArciLesbica nazionale - l’esterno della sede di 'La Comune' a Bologna, dove la nostra associazione è ospitata, è stato imbrattato con la scritta "arcistronze", firmato "Rabbia Trans" e il nome di Arcilesbica cancellato con vernice nera". Un vero e proprio attacco frontale da parte di ignote persone transessuali nei confronti delle attiviste, 'colpevoli' di contestare l’approvazione di alcuni punti del Ddl Zan. Contrarie all’utero in affitto e all’introduzione della categoria fluida di identità di genere, le femministe sono da tempo bersaglio di feroci attacchi da parte della comunità trans, che invece vorrebbe vedere riconosciuto il proprio diritto all’auto identificazione (self id) in tal senso. "Ecco il clima che si respira nel movimento - prosegue Gramolini - [...] Rattrista assistere alla penetrazione nella comunità Lgbt di forme di intimidazione crescente che fanno pensare ai metodi dell’antagonismo che sta cercando di intestarsi anche la nuova generazione di femministe. Minacciare fisicamente le donne è roba di altre sponde politiche, un fenomeno di non facile interpretazione è sotto i nostri occhi". Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, si è espresso in appoggio all’associazione: "Episodi simili, purtroppo sono sempre più frequenti non solo in Italia, con lo scopo di intimidire o colpire chi difende posizioni in difesa delle donne o di diritti civili, rientrano in quelle forme di odio che continueremo a denunciare".
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