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Home » Politica » “Sola in casa a quindici anni, provò a violentarmi: scappai in terrazza. E l’indomani andai a scuola” #ilgiornodopo

“Sola in casa a quindici anni, provò a violentarmi: scappai in terrazza. E l’indomani andai a scuola” #ilgiornodopo

La giornalista Letizia Cini racconta l'aggressione sessuale subìta da adolescente nell'ambito del dibattito su #ilgiornodopo, aperto da Eva Dal Canto in risposta al video di Beppe Grillo sullo stupro. Lettrici e lettori, raccontate storie, ricordi, testimonianze legate a episodi di violenza sessuale scrivendo a [email protected]

Letizia Cini
27 Aprile 2021
Share on FacebookShare on Twitter

C’è chi ha dato un esame, chi è partita per un viaggio programmato, chi ha deciso di tagliarsi i lunghi capelli. Storie diverse, reazioni differenti, ma una caratteristica accomuna tutte: nessuna ha dimenticato. L’hashtag #ilgiornodopo lanciato da Eva Dal Canto dopo aver visto il video di Beppe Grillo in difesa del figlio Ciro (indagato con altri tre ragazzi con l’accusa di stupro nei confronti di una coetanea), per tante donne è diventata un’occasione. L’occasione per parlare, per raccontarci, per confrontarci. E – forse – per smettere di dare la colpa a noi stesse. Scoprendo che siamo veramente tante a nascondere un “orco“ nell’armadio e che non siamo state noi ad “essercela cercata“.
Come un’onda che pulisce e porta via lo sporco, l’hashtag di Eva #ilgiornodopo continua a correre veloce sui social, accompagnato dalle tante foto e da altrettante frasi che seguono: “Sono andata in spiaggia”, “Ho dato un esame”, “Ho fatto la spesa», «Sono andata da mia nonna“… centinaia, migliaia di racconti. Le condivisioni si rincorrono, diffondendo “quanto drammaticamente sia normale non aver denunciato immediatamente”. Niente di studiato, si tratta di una campagna che nasce dall’istinto, dalla pancia: «Non ci ho pensato molto su e non pensavo che avrebbe avuto rilievo nazionale. Ho preso il primo foglio bianco e ho descritto cosa ho fatto il giorno dopo la violenza», racconta Eva. Un foglio bianco, a caso confuso tra altre scartoffie, che ha generato tanti altri fogli bianchi, simbolo del farsi coraggio a vicenda.

Letizia Cini, giornalista

“Rompo il silenzio, quarant’anni dopo”

Anch’io ho accettato di rompere il silenzio e raccontare la mia storia, che avevo tenuta tappata da qualche parte per oltre 40 anni, confondendola sui social e sul gruppo di cui faccio parte (le mitiche Woman In Charge).

Non mi aspettavo di assistere a quello che è successo, centinaia di risposte, commenti e dichiarazioni di solidarietà. Affetto virtuale, è vero, ma è stato un balsamo per me, che ho sempre continuato a sentirmi in colpa per aver “invogliato“ quell’uomo “in qualche modo“, e per aver “addirittura“ telefonato a mio padre per raccontargli cosa era successo: «Poteva reagire e sarebbe stata una tragedia», mi brontolò mia madre. Lei rispose all’episodio con gli argomenti che le erano stati inculcati da bambina e una certezza malcelata: «In fondo è colpa delle donne se gli uomini non resistono alle loro grazie».No mamma, non è, così, e mi dispiace che non ne abbiamo mai parlato. Ora è tardi, non ci sei più, ma questa storia voglio raccontarla per bene, proprio come se la stessi dicendo a te, che – dopo quel giorno – non mi hai mai chiesto, “come stai?“.

“Sei bella, solleva il vestito”

«#ilgiornodopo Il giorno dopo andai a scuola. Stavo studiando, suonarono alla porta. Era il negoziante che consegnava la spesa; sapeva che ero sola in casa: “Vada pure, le apre la Letizina”. Faceva caldo e avevo un vestitino da casa a fiori; lui mi disse che ero bella, di sollevarlo…  avrà avuto l’età di mio padre e aveva (ha) un figlio poco più grande di me. Odorava di prosciutto, era sudato e gli tremava la bocca. Voleva toccarmi e lo fece, mordendomi un braccio. Faceva caldo, la portafinestra era aperta. Corsi in terrazza, abitavamo al quarto piano, e misi una gamba a cavallo della ringhiera, pronta a saltare: guardandolo negli occhi gli dissi che se non se ne fosse andato mi sarei buttata di sotto. E l’avrei fatto. Lui uscí. Telefonai a mio padre in studio piangendo confusa e gli dissi quello che era successo. Mia madre si arrabbiò: “Non si raccontano queste cose, poteva succedere una tragedia”. In fondo non era successo niente. Il giorno dopo andai a scuola. Ma non ero più la stessa».

 

Raccontate la vostra storia, scrivete a Luce!

Il dibattito #ilgiornodopo lanciato da Eva Dal Canto sta stimolando molte persone a raccontare sui social esperienze e ricordi legati a episodi di violenza sessuale. Tema particolarmente sentito, come conferma l’attenzione ricevuta dal racconto della giornalista Letizia Cini pubblicato su Luce! In seguito alla pubblicazione sul nostro sito,  Letizia Cini è stata invitata dall’emittente  fiorentina Lady Radio che ha dedicato un intero programma al tema dello stupro e delle reazioni da parte della vittima.  Guarda il video  Invitiamo le nostre lettrici e gli stessi nostri lettori a intervenire col racconto di storie,  ricordi e testimonianze legate a episodi  di violenza sessuale e ai momenti successivi. Scrivete e.mail a  [email protected] 

 

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
C’è chi ha dato un esame, chi è partita per un viaggio programmato, chi ha deciso di tagliarsi i lunghi capelli. Storie diverse, reazioni differenti, ma una caratteristica accomuna tutte: nessuna ha dimenticato. L’hashtag #ilgiornodopo lanciato da Eva Dal Canto dopo aver visto il video di Beppe Grillo in difesa del figlio Ciro (indagato con altri tre ragazzi con l’accusa di stupro nei confronti di una coetanea), per tante donne è diventata un’occasione. L’occasione per parlare, per raccontarci, per confrontarci. E - forse - per smettere di dare la colpa a noi stesse. Scoprendo che siamo veramente tante a nascondere un “orco“ nell’armadio e che non siamo state noi ad “essercela cercata“. Come un’onda che pulisce e porta via lo sporco, l’hashtag di Eva #ilgiornodopo continua a correre veloce sui social, accompagnato dalle tante foto e da altrettante frasi che seguono: “Sono andata in spiaggia”, “Ho dato un esame”, “Ho fatto la spesa», «Sono andata da mia nonna“... centinaia, migliaia di racconti. Le condivisioni si rincorrono, diffondendo “quanto drammaticamente sia normale non aver denunciato immediatamente”. Niente di studiato, si tratta di una campagna che nasce dall’istinto, dalla pancia: «Non ci ho pensato molto su e non pensavo che avrebbe avuto rilievo nazionale. Ho preso il primo foglio bianco e ho descritto cosa ho fatto il giorno dopo la violenza», racconta Eva. Un foglio bianco, a caso confuso tra altre scartoffie, che ha generato tanti altri fogli bianchi, simbolo del farsi coraggio a vicenda.
Letizia Cini, giornalista

"Rompo il silenzio, quarant'anni dopo"

Anch’io ho accettato di rompere il silenzio e raccontare la mia storia, che avevo tenuta tappata da qualche parte per oltre 40 anni, confondendola sui social e sul gruppo di cui faccio parte (le mitiche Woman In Charge). Non mi aspettavo di assistere a quello che è successo, centinaia di risposte, commenti e dichiarazioni di solidarietà. Affetto virtuale, è vero, ma è stato un balsamo per me, che ho sempre continuato a sentirmi in colpa per aver “invogliato“ quell’uomo “in qualche modo“, e per aver “addirittura“ telefonato a mio padre per raccontargli cosa era successo: «Poteva reagire e sarebbe stata una tragedia», mi brontolò mia madre. Lei rispose all’episodio con gli argomenti che le erano stati inculcati da bambina e una certezza malcelata: «In fondo è colpa delle donne se gli uomini non resistono alle loro grazie».No mamma, non è, così, e mi dispiace che non ne abbiamo mai parlato. Ora è tardi, non ci sei più, ma questa storia voglio raccontarla per bene, proprio come se la stessi dicendo a te, che - dopo quel giorno - non mi hai mai chiesto, “come stai?“.

"Sei bella, solleva il vestito"

«#ilgiornodopo Il giorno dopo andai a scuola. Stavo studiando, suonarono alla porta. Era il negoziante che consegnava la spesa; sapeva che ero sola in casa: “Vada pure, le apre la Letizina”. Faceva caldo e avevo un vestitino da casa a fiori; lui mi disse che ero bella, di sollevarlo...  avrà avuto l’età di mio padre e aveva (ha) un figlio poco più grande di me. Odorava di prosciutto, era sudato e gli tremava la bocca. Voleva toccarmi e lo fece, mordendomi un braccio. Faceva caldo, la portafinestra era aperta. Corsi in terrazza, abitavamo al quarto piano, e misi una gamba a cavallo della ringhiera, pronta a saltare: guardandolo negli occhi gli dissi che se non se ne fosse andato mi sarei buttata di sotto. E l’avrei fatto. Lui uscí. Telefonai a mio padre in studio piangendo confusa e gli dissi quello che era successo. Mia madre si arrabbiò: “Non si raccontano queste cose, poteva succedere una tragedia”. In fondo non era successo niente. Il giorno dopo andai a scuola. Ma non ero più la stessa».  

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Il dibattito #ilgiornodopo lanciato da Eva Dal Canto sta stimolando molte persone a raccontare sui social esperienze e ricordi legati a episodi di violenza sessuale. Tema particolarmente sentito, come conferma l'attenzione ricevuta dal racconto della giornalista Letizia Cini pubblicato su Luce! In seguito alla pubblicazione sul nostro sito,  Letizia Cini è stata invitata dall'emittente  fiorentina Lady Radio che ha dedicato un intero programma al tema dello stupro e delle reazioni da parte della vittima.  Guarda il video  Invitiamo le nostre lettrici e gli stessi nostri lettori a intervenire col racconto di storie,  ricordi e testimonianze legate a episodi  di violenza sessuale e ai momenti successivi. Scrivete e.mail a  [email protected]   
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