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Home » Politica » Sposa il tuo stupratore: in 20 Paesi il matrimonio riparatore salva ancora gli uomini dalle condanne

Sposa il tuo stupratore: in 20 Paesi il matrimonio riparatore salva ancora gli uomini dalle condanne

Il report dell'ONU sugli stati in cui la pratica è consentita dalla legge: tra questi Russia, Iraq, Thailandia, Kuwait . La ricercatrice: "Un modo per soggiogare le donne". Cambiare queste norme è difficile ma non impossibile

Marianna Grazi
16 Aprile 2021
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‘Marry-your-rapist law’: così le è Nazioni Unite definiscono quell’insieme di leggi che permette agli stupratori di evitare la condanna sposando le proprie vittime. Russia, Thailandia e Venezuela sono tra i Paesi che permettono agli uomini di beneficiare del cosiddetto ‘matrimonio riparatore’ per sfuggire alle pene.

Il report del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione analizza la capacità delle donne di autodeterminarsi per quanto riguarda il sesso e la riproduzione. Uno degli aspetti più agghiaccianti è dato appunto da questa pratica, presente ancora in 20 nazioni nel mondo. La dottoressa Natalia Kanem, direttrice esecutiva dell’UNFPA, che ha pubblicato il rapporto, ha detto che tali leggi sono “un modo per soggiogare le donne“. Nel rapporto è citata la ricerca di Dima Dabbous. L’esperta ha detto che mentre è “molto difficile cambiare [queste leggi], non è impossibile“. In Marocco la norma è stata abrogata dopo l’indignazione diffusa provocata dal suicidio di una ragazza costretta a sposare il suo stupratore. Giordania, Palestina, Libano e Tunisia hanno seguito l’esempio.

 

Gli Stati in cui è permesso il matrimonio riparatore

Ma in Kuwait, uno stupratore è ancora autorizzato a sposare legalmente la sua vittima con il permesso del suo tutore. In Iraq l’uomo può evitare qualsiasi accusa nei suoi confronti, ma non se c’è un divorzio entro i primi tre anni. Russia e Thailandia permettono il matrimonio riparatore solo se il colpevole ha 18 anni e la sua vittima meno di 16 anni. Il risultato, in questi e negli altri Paesi presi in considerazione, è la sostanziale negazione del diritto delle donne a decidere della propria vita e del proprio corpo. “È una violazione dei diritti fondamentali di donne e ragazze che rinforza le diseguaglianze e perpetua le violenze legate alle discriminazioni di genere” dichiara la dottoressa Kanem.

L’UNFPA ha anche evidenziato che quasi la metà delle donne (45%) in 57 paesi si vede negato il diritto di acconsentire o meno al sesso con il proprio partner, usare contraccettivi o cercare assistenza sanitaria. In Mali, Niger e Senegal, la situazione è particolarmente straziante: meno di una donna su 10 prende le proprie decisioni liberamente.

 

Franca Viola il 26 dicembre 1965, all’età di 17 anni, venne rapita da Filippo Melodia. Violentata, malmenata e tenuta segregata per otto giorni. Quando fu liberata rifiutò il matrimonio riparatore con il suo aggressore.

L’Italia e le conclusioni dell’UNFPA

Sono passati quarant’anni da quando in Italia, finalmente, l’articolo 544 fu abrogato. C’erano voluti quasi vent’anni di discussioni da quando Franca Viola, a soli 17 anni, aveva negato il suo consenso al matrimonio riparatore diventando la donna più famosa d’Italia. Negli anni seguenti molte altre ragazze rifiutarono di sottostare a quella crudele pratica finché, nel 1981, la legge 442 lo abolì definitivamente.

“L’educazione è la chiave per migliorare l’autonomia corporea” dice il rapporto, mentre le leggi devono essere cambiate e le norme sociali devono diventare più equilibrate. Anche gli operatori sanitari possono giocare un ruolo critico.

 

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Instagram

  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
  • La tolleranza, l’inclusione e il rispetto svaniscono nel momento in cui ci si mette davanti alla tastiera di un computer. Gli haters non sono spariti né accennano a diminuire. Esistono, sono molti più di prima, attaccano e anzi rilanciano. Oltre lo schermo, sono le donne soprattutto, e poi le persone con disabilità e le persone omosessuali, a essere i destinatari di insulti e offese di ogni tipo.

È questo il triste podio che ci consegna la ricerca condotta da Vox, Osservatorio italiano sui diritti, che ha fotografato l’odio via social, in particolare attraverso l’esame dei tweet. E le cose non vanno meglio rispetto all’anno precedente, anzi. Dalla settima edizione di questa ricerca è emerso infatti che nel 2022, da gennaio a ottobre, sono stati estratti quasi 630mila tweet, 583mila dei quali negativi, pari al 93% del totale, mentre invece l’anno prima i tweet presi in esame erano stati poco più di 797mila, 550mila dei quali erano negativi, cioè il 69% del totale.

Le donne si confermano essere il bersaglio numero uno, seguite appunto dalle persone con disabilità e dalle persone omosessuali, tornate nuovamente al centro del mirino, e non solo di quello che fa riferimento all’hate speech.

Oltre agli onnipresenti atteggiamenti di body shaming, molti attacchi hanno avuto come contenuto la competenza e la professionalità delle donne stesse. E, dunque, è il lavoro delle donne a emergere anche quest’anno quale co-fattore scatenante lo hate speech misogino, a conferma di una tendenza già rilevata lo scorso anno. Quanto alle persone con disabilità, risultata la seconda categoria più colpita.

Per quanto concerne invece gli stranieri e i migranti, la categoria sociale con una percentuale più alta di incremento di tweet negativi all’interno del cluster rispetto al 2021. Anche qui, va sottolineata la forte attenzione mediatica che si accende sugli sbarchi dei migranti e sulla situazione dei profughi provenienti dall’Ucraina, nonché dal contesto politico italiano e dalla sua relazione con l’Unione europea circa la gestione della situazione migratoria.

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  • “Sesso. Libertà. Uguaglianza. Amore in tutti i sensi. E tutti a tavola!”. È il messaggio che Rosa Chemical, all’anagrafe Manuel Franco Rocati, porta a Sanremo 2023 per quello che sarà il suo esordio al festival con il brano “Made in Italy”.

Il rapper classe 1998, arriva da debuttante, ma con una storia già ben definita alle spalle. Poliedrico, eclettico, difficilmente etichettabile, ha dato sfogo alla sua creatività non solo a livello musicale – con influenze che spaziano dall’hiphop alla trap all’elettronica -, ma lavorando anche come modello per Gucci, come art and creative director e dedicandosi anche alla scrittura di videoclip. 

Nel 2019 ha pubblicato “Forever”, il suo primo album, che è stato certificato disco d’oro, da lì una serie di collaborazioni che lo hanno portato anche ad affiancare Tananai l’anno scorso nella serata cover del Festival.

“Molto spesso sono giudicato perché diverso, ma dal diverso bisogna imparare, assorbire. In Italia invece ciò che è diverso è giudicato. E io da diverso in passato mi sono sentito sbagliato” racconta Rosa Chemical. 

Non a caso, a Sanremo, il 25enne paladino della libertà di essere se stessi senza farsi condizionare dalle norme della società, arriva con il brano “Made in Italy” e un obiettivo ben preciso: “portare un messaggio di libertà contro ogni tipo di discriminazione, per promuovere l’uguaglianza e il rispetto. Cerco di creare dibattito: sono sempre pronto a spiegare il mio punto di vista, ma se non c’è apertura mentale non mi sento di dover dire nulla”.

Il brano “È piedi, con cui calpestare ciò che è generalista e che chiude tutto dentro una gabbia fatta di tabù. ‘Made in Italy vuole’ liberarci dalle censure, dagli stereotipi e dal politicamente corretto”. 

Come il titolo e la copertina, anche il testo è provocatorio e racchiude al suo interno tutta l’essenza e l’irriverenza prorompente di Rosa Chemical perché parla in maniera sfrontata di temi ancora oggi considerati tabù come il sesso, la fluidità e il poliamore. 

“Non c’è cosa più ‘Made in Italy’ del Festival di Sanremo. Non vedo l’ora di salire su quel palco”.

#lucenews #sanremo2023 #rosachemical
'Marry-your-rapist law': così le è Nazioni Unite definiscono quell'insieme di leggi che permette agli stupratori di evitare la condanna sposando le proprie vittime. Russia, Thailandia e Venezuela sono tra i Paesi che permettono agli uomini di beneficiare del cosiddetto 'matrimonio riparatore' per sfuggire alle pene. Il report del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione analizza la capacità delle donne di autodeterminarsi per quanto riguarda il sesso e la riproduzione. Uno degli aspetti più agghiaccianti è dato appunto da questa pratica, presente ancora in 20 nazioni nel mondo. La dottoressa Natalia Kanem, direttrice esecutiva dell'UNFPA, che ha pubblicato il rapporto, ha detto che tali leggi sono "un modo per soggiogare le donne". Nel rapporto è citata la ricerca di Dima Dabbous. L'esperta ha detto che mentre è "molto difficile cambiare [queste leggi], non è impossibile". In Marocco la norma è stata abrogata dopo l'indignazione diffusa provocata dal suicidio di una ragazza costretta a sposare il suo stupratore. Giordania, Palestina, Libano e Tunisia hanno seguito l'esempio.  

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Ma in Kuwait, uno stupratore è ancora autorizzato a sposare legalmente la sua vittima con il permesso del suo tutore. In Iraq l'uomo può evitare qualsiasi accusa nei suoi confronti, ma non se c’è un divorzio entro i primi tre anni. Russia e Thailandia permettono il matrimonio riparatore solo se il colpevole ha 18 anni e la sua vittima meno di 16 anni. Il risultato, in questi e negli altri Paesi presi in considerazione, è la sostanziale negazione del diritto delle donne a decidere della propria vita e del proprio corpo. "È una violazione dei diritti fondamentali di donne e ragazze che rinforza le diseguaglianze e perpetua le violenze legate alle discriminazioni di genere" dichiara la dottoressa Kanem. L'UNFPA ha anche evidenziato che quasi la metà delle donne (45%) in 57 paesi si vede negato il diritto di acconsentire o meno al sesso con il proprio partner, usare contraccettivi o cercare assistenza sanitaria. In Mali, Niger e Senegal, la situazione è particolarmente straziante: meno di una donna su 10 prende le proprie decisioni liberamente.

 
Franca Viola il 26 dicembre 1965, all’età di 17 anni, venne rapita da Filippo Melodia. Violentata, malmenata e tenuta segregata per otto giorni. Quando fu liberata rifiutò il matrimonio riparatore con il suo aggressore.

L'Italia e le conclusioni dell'UNFPA

Sono passati quarant'anni da quando in Italia, finalmente, l’articolo 544 fu abrogato. C’erano voluti quasi vent’anni di discussioni da quando Franca Viola, a soli 17 anni, aveva negato il suo consenso al matrimonio riparatore diventando la donna più famosa d’Italia. Negli anni seguenti molte altre ragazze rifiutarono di sottostare a quella crudele pratica finché, nel 1981, la legge 442 lo abolì definitivamente. "L'educazione è la chiave per migliorare l'autonomia corporea" dice il rapporto, mentre le leggi devono essere cambiate e le norme sociali devono diventare più equilibrate. Anche gli operatori sanitari possono giocare un ruolo critico.  
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