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Home » Politica » Teste Calde, la scuola di politica per il cambiamento. Parola d’ordine parità, di genere e di generazioni

Teste Calde, la scuola di politica per il cambiamento. Parola d’ordine parità, di genere e di generazioni

Costanza Hermanin, presidente dell'associazione EquAll: "Tutti possono partecipare: dalle donne di tutte le età che vogliono mettersi in gioco agli uomini che conoscono i meccanismi escludenti"

Domenico Guarino
13 Gennaio 2023
Costanza Hermanin, ricercatrice dell’Università Europea di Fiesole

Costanza Hermanin, ricercatrice dell’Università Europea di Fiesole

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Un politica che utilizzi il metro delle corrette dinamiche di genere come veicolo per comportamenti virtuosi a beneficio di tutti i cittadini e che veda nelle donne, non la parte debole e minoritaria della società, ma un valore aggiunto in termini di ricchezza e progresso. È questo, in sostanza, l’obiettivo della scuola politica “Teste Calde”, organizzata a Firenze dall’associazione EquAll, di cui è presidente la dottoressa Costanza Hermanin, ricercatrice dell’università Europea di Fiesole e da anni impegnata nella promozione dei diritti e delle libertà fondamentali. L’abbiamo intervistata.

Perché ha sentito l’esigenza di organizzare questa iniziativa?
“Perché mi sono resa conto che la politica è oggi il campo in cui si riscontra, in generale nel mondo e più in particolare in Italia, la maggiore disparità di genere. È un fatto che permea tutti gli schieramenti e tutti i livelli della politica. Anzi, data la nostra presidente del consiglio, oserei dire che sono poche anche le donne che fanno politiche di parità. Questa scuola si rivolge dunque sia a donne sia ad uomini per far si che si capiscano quali sono i vantaggi che si hanno con una maggiore parità di genere in politica, anche dal punto di vista della qualità delle decisioni che si prendono”.

Quando parte la scuola?
“Le iscrizioni sono già aperte. Ci si può iscrivere fino a fine gennaio. La scuola si terrà a Firenze, a partire dalla fine di marzo, tra il 24 e il 26. Sarà preceduta e seguita da alcune sessioni online in cui approfondiremo una serie di politiche pubbliche con un occhio rivolto alla parità di genere. Ad esempio parleremo di politica estera femminista”.

Costanza Hermanin, ricercatrice dell’Università Europea di Fiesole e presidente dell’associazione EquAll che organizza la scuola di politica a Firenze

Ovvero?
“La politica estera femminista è una cosa vera, esiste. Non si tratta di un mero esercizio di stile. Anzi, stati come la Svezia e la Francia la già hanno adotta ufficialmente. Nella scuola ci occuperemo anche di bilanci di genere, che sono tecniche di spesa pubblica oramai abbastanza frequenti anche perché fanno seguito a specifiche direttive europee. . A Firenze ci riuniremo con un gruppo di circa 25 persone ed incontreremo politici sia di sesso maschile e che femminile, per elaborare insieme delle proposte di politica pubblica”.

Dove ci si può iscrivere?
“Sul sito www.equall.eu che è l’associazione da me presieduta che organizza al oppure sui nostri canali social, Instagram LinkedIn etc, dove si trovano anche tutte le info dettagliate sul programma”.

Chi può partecipare? A chi è consigliata la scuola?
“Tutti possono partecipare. Ci rivolgiamo alle persone che vogliono entrare in politica per portare un cambiamento nel senso della parità di genere ed anche della sostenibilità di genere. Ci tengo a dire che il tema della sostenibilità è al centro, anche perché la scuola politica è sostenuta da una fondazione tedesca che è legata al movimento Verde locale. Noi pensiamo, in particolare, che sia importante tanto rivolgersi a donne che vogliano entrare in politica – di qualsiasi età, abbiamo bisogno di tutti e tutte, anche se privilegiamo per ovvi motivi i giovani – quanto cercare di interessare uomini che già fanno politica e ne riconoscono i meccanismi escludenti dal punto di vista della di genere, a partire dalla formazione delle liste elettorali, per arrivare a ai meccanismi che presiedono alla progressione delle carriere, fino al modo in cui si selezionano le professionalità, ad esempio per le presidenze delle commissioni etc. La questione della parità di genere in politica è molto più sottile. Ed ha anche a che fare con i tempi e gli spazi della politica medesima. Con i regolamenti parlamentari, con le leggi elettorali. Per cui puoi anche avere leggi che salvaguardino e promuovano le quote rosa, ma poi alla prova dei fatti, nella concretezza delle cose che accadono, finisce che le donne sono sempre penalizzate rispetto alla componente maschile”.

Costanza Hermanin con alcune allieve della scuola di politica

Però in Italia abbiamo ora un presidente del consiglio donna. Questo non contraddice quanto sta affermando?
“No, perché si vede benissimo in Italia che avere una donne ai vertici del governo o dei partiti non risolve il problema se non c’è una massa critica sottostante di donne che promuovono politiche di parità. Anzi può rappresentare addirittura un problema, perché rischia di banalizzare il tema, portando a ritenere che sia sufficiente avere leggi sulle ‘quote’, che è una cosa sbagliatissima. Perché i partiti possono facilmente aggirare i meccanismi basati sulle quote, ad esempio attraverso le candidature multiple nel proporzionale. Al di là della carta dunque, al di là di poche persone che arrivano ai vertici, una vera consapevolezza sulla parità di genere, su come crearla realmente e su come farla funzionare, non c’è. Siamo a livello di puri formalismi, e non si ha assolutamente contezza di come si possano sostanziare delle politiche realmente incisive dal punto di vista della parità di genere, anche sotto il profilo sociale ed economico. Ad esempio, prendiamo il famigerato PNRR, sappiamo che il 60% dei finanziamenti sono dedicati alla transizione digitale ed alla transizione energetica, peccato che siano settori in cui vengono impiegati prevalentemente uomini. Mentre noi abbiamo un problema di impiego femminile in Italia che per altro si è acutizzato drammaticamente durante e dopo il Covid”.

Lei è mai stata oggetto di discriminazione? Quanto le è pesato essere donna in questi ambiti?
“Non mi è pesato affatto fin quando, dopo 15 anni all’estero, non sono rientrata in Italia e non ho cominciato a lavorare in ambiente politico amministrativo, in particolare al ministero della Giustizia. Lì sono stata letteralmente scioccata dall‘assenza di donne ai vertici, e soprattutto da un ambiente escludente, dalle differenze di trattamento. Devo dire che anche quando sono passata a fare politica con Emma Bonino, che pure è una delle donne maggiormente rappresentative del panorama politico nazionale da sempre in prima linea per la parità di genere, la quota di iscritte era inferiore al 20% e quella delle dirigenti bassissima. Io stessa, che sono stata vicesegretario nazionale di +Europa rappresento più un’eccezione che la norma, anche perché, come ricordavo, nella costituzione delle liste elettorali i meccanismi formali vengono costantemente e regolarmente aggirati con destrezza per favorire il genere maschile”.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Un politica che utilizzi il metro delle corrette dinamiche di genere come veicolo per comportamenti virtuosi a beneficio di tutti i cittadini e che veda nelle donne, non la parte debole e minoritaria della società, ma un valore aggiunto in termini di ricchezza e progresso. È questo, in sostanza, l’obiettivo della scuola politica "Teste Calde", organizzata a Firenze dall’associazione EquAll, di cui è presidente la dottoressa Costanza Hermanin, ricercatrice dell’università Europea di Fiesole e da anni impegnata nella promozione dei diritti e delle libertà fondamentali. L’abbiamo intervistata. Perché ha sentito l’esigenza di organizzare questa iniziativa? "Perché mi sono resa conto che la politica è oggi il campo in cui si riscontra, in generale nel mondo e più in particolare in Italia, la maggiore disparità di genere. È un fatto che permea tutti gli schieramenti e tutti i livelli della politica. Anzi, data la nostra presidente del consiglio, oserei dire che sono poche anche le donne che fanno politiche di parità. Questa scuola si rivolge dunque sia a donne sia ad uomini per far si che si capiscano quali sono i vantaggi che si hanno con una maggiore parità di genere in politica, anche dal punto di vista della qualità delle decisioni che si prendono". Quando parte la scuola? "Le iscrizioni sono già aperte. Ci si può iscrivere fino a fine gennaio. La scuola si terrà a Firenze, a partire dalla fine di marzo, tra il 24 e il 26. Sarà preceduta e seguita da alcune sessioni online in cui approfondiremo una serie di politiche pubbliche con un occhio rivolto alla parità di genere. Ad esempio parleremo di politica estera femminista".
Costanza Hermanin, ricercatrice dell’Università Europea di Fiesole e presidente dell'associazione EquAll che organizza la scuola di politica a Firenze
Ovvero? "La politica estera femminista è una cosa vera, esiste. Non si tratta di un mero esercizio di stile. Anzi, stati come la Svezia e la Francia la già hanno adotta ufficialmente. Nella scuola ci occuperemo anche di bilanci di genere, che sono tecniche di spesa pubblica oramai abbastanza frequenti anche perché fanno seguito a specifiche direttive europee. . A Firenze ci riuniremo con un gruppo di circa 25 persone ed incontreremo politici sia di sesso maschile e che femminile, per elaborare insieme delle proposte di politica pubblica". Dove ci si può iscrivere? "Sul sito www.equall.eu che è l’associazione da me presieduta che organizza al oppure sui nostri canali social, Instagram LinkedIn etc, dove si trovano anche tutte le info dettagliate sul programma". Chi può partecipare? A chi è consigliata la scuola? "Tutti possono partecipare. Ci rivolgiamo alle persone che vogliono entrare in politica per portare un cambiamento nel senso della parità di genere ed anche della sostenibilità di genere. Ci tengo a dire che il tema della sostenibilità è al centro, anche perché la scuola politica è sostenuta da una fondazione tedesca che è legata al movimento Verde locale. Noi pensiamo, in particolare, che sia importante tanto rivolgersi a donne che vogliano entrare in politica - di qualsiasi età, abbiamo bisogno di tutti e tutte, anche se privilegiamo per ovvi motivi i giovani - quanto cercare di interessare uomini che già fanno politica e ne riconoscono i meccanismi escludenti dal punto di vista della di genere, a partire dalla formazione delle liste elettorali, per arrivare a ai meccanismi che presiedono alla progressione delle carriere, fino al modo in cui si selezionano le professionalità, ad esempio per le presidenze delle commissioni etc. La questione della parità di genere in politica è molto più sottile. Ed ha anche a che fare con i tempi e gli spazi della politica medesima. Con i regolamenti parlamentari, con le leggi elettorali. Per cui puoi anche avere leggi che salvaguardino e promuovano le quote rosa, ma poi alla prova dei fatti, nella concretezza delle cose che accadono, finisce che le donne sono sempre penalizzate rispetto alla componente maschile".
Costanza Hermanin con alcune allieve della scuola di politica
Però in Italia abbiamo ora un presidente del consiglio donna. Questo non contraddice quanto sta affermando? "No, perché si vede benissimo in Italia che avere una donne ai vertici del governo o dei partiti non risolve il problema se non c’è una massa critica sottostante di donne che promuovono politiche di parità. Anzi può rappresentare addirittura un problema, perché rischia di banalizzare il tema, portando a ritenere che sia sufficiente avere leggi sulle 'quote', che è una cosa sbagliatissima. Perché i partiti possono facilmente aggirare i meccanismi basati sulle quote, ad esempio attraverso le candidature multiple nel proporzionale. Al di là della carta dunque, al di là di poche persone che arrivano ai vertici, una vera consapevolezza sulla parità di genere, su come crearla realmente e su come farla funzionare, non c’è. Siamo a livello di puri formalismi, e non si ha assolutamente contezza di come si possano sostanziare delle politiche realmente incisive dal punto di vista della parità di genere, anche sotto il profilo sociale ed economico. Ad esempio, prendiamo il famigerato PNRR, sappiamo che il 60% dei finanziamenti sono dedicati alla transizione digitale ed alla transizione energetica, peccato che siano settori in cui vengono impiegati prevalentemente uomini. Mentre noi abbiamo un problema di impiego femminile in Italia che per altro si è acutizzato drammaticamente durante e dopo il Covid". Lei è mai stata oggetto di discriminazione? Quanto le è pesato essere donna in questi ambiti? "Non mi è pesato affatto fin quando, dopo 15 anni all’estero, non sono rientrata in Italia e non ho cominciato a lavorare in ambiente politico amministrativo, in particolare al ministero della Giustizia. Lì sono stata letteralmente scioccata dall‘assenza di donne ai vertici, e soprattutto da un ambiente escludente, dalle differenze di trattamento. Devo dire che anche quando sono passata a fare politica con Emma Bonino, che pure è una delle donne maggiormente rappresentative del panorama politico nazionale da sempre in prima linea per la parità di genere, la quota di iscritte era inferiore al 20% e quella delle dirigenti bassissima. Io stessa, che sono stata vicesegretario nazionale di +Europa rappresento più un’eccezione che la norma, anche perché, come ricordavo, nella costituzione delle liste elettorali i meccanismi formali vengono costantemente e regolarmente aggirati con destrezza per favorire il genere maschile".
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