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"Vogliamo un Paese più gentile, più aperto, con il cuore nei borghi”. Ermete Realacci e la sfida del ‘Manifesto di Assisi’

di ETTORE MARIA COLOMBO -
1 settembre 2021
SYMBOLA

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Ermete Realacci (classe 1955, di Sora, Lazio) è stato tante cose, nella sua vita, anche deputato, ma soprattutto è uno che l’ambientalismo  l’ha nel sangue. Deputato per quattro legislature, ulivista convinto, tra i fondatori del Pd, da molto tempo ha abbandonato la politica attiva, ma non l’impegno civico e la passione per la politica “fatta con altri mezzi”. Tra i fondatori del Kyoto clud, per la riduzione dei gas-serra, la sua mission è promuovere la soft economy e creare una rete di realtà che rappresentino la ‘qualità’ dell’Italia. Fondatore, animatore e presidente di ‘Symbola’, un movimento culturale originale che vuole mettere in rete soggetti diversi fra loro e parlare alla politica, all’economia e alle istituzioni per indirizzare lo sviluppo del Paese verso la qualità, la sostenibilità e la cultura, promuove rapporti come ‘GreenItaly’, sulla green economy nazionale, o come ‘Io sono Cultura’, sul peso della cultura e della creatività nell’economia. Il 6 settembre, darà vita, ad Assisi, a un incontro sulle “Azioni del ‘manifesto di Assisi’, da lui lanciato insieme ai frati francescani del Sacro convento, con una lunga serie di importanti e 'forti' ospiti.   Realacci, con la pandemia ancora in corso e la tragedia dell’Afghanistan in atto, uno potrebbe dire ‘ma chi se ne frega del clima’… “E’ esattamente come per la pandemia. Lo scontro non è tra emergenze, tutte importanti, ma la necessità di costruire una economia più forte e solidale. La Von der Layen ha varato un grande piano per affrontare i cambiamenti climatici non per far contenta Greta, che fa benissimo a dire quello che dice, o per accontentare qualche ambientalista, ma per rendere più forte la Ue davanti alle sfide del nostro tempo, clima in testa, e per renderla un punto di riferimento nel mondo. Per costruire un’economia più forte bisogna affrontare il tema ambientale e puntare su un mix di qualità, bellezza, produzione di posti di lavoro. L’edilizia, che tanto ha stentato, perdendo 600 mila posti, si regge sul lavoro dei migranti come quello dei mungitori, in pianura padana, sui sikh”.   Di cosa parlerete, il 6 settembre, ad Assisi? “Riprenderemo il filo del ‘manifesto di Assisi, a partire dalla chiave scelta: economia circolare-società-corpi intermedi-istituzioni in modo trasversale e siamo i soli a farlo. Symbola ha ottenuto 3800 sottoscrizioni, sul suo manifesto, il Manifesto di Assisi. Vogliamo ‘usare’ la crisi climatica per costruire una economia a misura d’uomo, la stessa direzione che ha preso la Ue.   Una Ue che è molto cambiata, su questi temi… “Sì, tanto. Nel 2014 mi colpì molto il discorso del Papa davanti al Parlamento europeo quando disse che “la Ue è vecchia e stanca, una nonnina non più fertile e vivace”. Parole forti come scudisciate che colpirono nel segno. La Ue era su un binario morto. Ma la crisi della Brexit e la pandemia hanno cambiato verso all’Unione, già dagli ‘accordi di Parigi’ del 2015. La Ue si è rimessa in modo e ha scelto, in modo consapevole, di varare un Green New Deal in maniera molto netta. La pandemia ha fatto credere al Mondo che solo di questo bisognava occuparsi, ma la Ue ha lavorato e lavora oggi su tre direzioni - coesione e sanità, transizione verde e digitale – in modo armonico. La spinta di papa Francesco è stata fondamentale, sia con la enciclica Laudato sì che Fratelli tutti”.   L’economia italiana, però, è in crisi nera… “Non è vero, abbiamo reagito meglio di altri Paesi. Siamo figli di un Paese che, per ragioni antropologiche, è privo di materie prime. Abbiamo spinto verso un modello economico e sociale in cui l’efficienza e la propensione alla Bellezza vanno di pari passo. Siamo un Paese forte che ha un surplus manifatturiero, oggi. Solo che siamo dei cripto-depressi, come italiani. Eppure, facciamo i mobili più belli e più efficienti, dal punto di vista energetico, del mondo. Siamo primi, per dire, nel settore delle giostre perché, come i mobili, sono belle e consumano meno. Siamo sopra la media Ue come materie prime. Dobbiamo solo avere più fiducia in noi stessi”.   La politica, però, non aiuta… “No. Abbiamo un deficit di politica e di protagonisti della politica. Nessun partito mette le politiche ambientali al centro della sua azione. Il Pd lo ha fatto, ma solo a parole. Ho sentito Letta dire che il Pd è il più grande partito ambientalista d’Europa, ma sono solo parole. Il Pd, da Veltroni a Letta, passando per Renzi, ha perso la sua grande occasione, quella di avere una missione per il futuro, questa è la ragione del suo declino e del suo insuccesso, che ormai sono inesorabili. I 5Stelle si riempiono la bocca di ambientalismo, ma sono degli anti-riformatori. Il governo, oggi, lavora con un imprinting europeista molto forte e, dentro il Next Generation Ue, come dentro i fondi strutturali della Ue, ci sono tante risorse per il green. Spero sappia sfruttarli meglio che puo”.   Ultima domanda. Tu avevi una fissa, i piccoli comuni. Sono ancora il cuore dell’Italia? “Sì. Sono e restano l’asse centrale del Paese. La pandemia, paradossalmente, li ha rafforzati. Oggi nei piccoli comuni si vive bene e iper-connessi. Almeno 500 comuni italiani sono stati capitali di qualcosa. E’ il nostro cromosoma identitario. Mi sono battuto per molte legislature per avere una legge sui piccoli comuni e ora c’è. Volli che la Cei venisse in audizione, cosa mai fatta per discutere di una legge dello Stato italiano. Ora bisogna dotarli di finanziamenti, non prebende. Un comune è il suo campanile, ma anche i suoi servizi: servono uffici postali, scuole, banda larga per attrarre i giovani e fare in modo che li vivano. Nel manifesto di Assisi diciamo, alla fine, che vogliamo “un Paese più sicuro, più civile, più gentile”. Vorrei mettere l’accento sul concetto di ‘gentilezza’, lo stesso richiamato dal Papa. E’ solo così che vinceremo la sfida dell’ambiente”.